Sviluppare un remake significa molte cose: svecchiare, ricostruire, reinventare, ma soprattutto amare e comprendere fino in fondo un progetto e ciò che lo ha reso un successo.

In un’epoca videoludica che sembra fare un utilizzo persino eccessivo “dell’operazione nostalgia”, questo meccanismo è stato messo alla prova ripetutamente, portando in auge un susseguirsi di rifacimenti di successo che hanno riunito, a distanza di generazioni, l’esperienza di nuovi e vecchi giocatori.

È bene sottolineare che la stessa Capcom ha avuto modo di dimostrare le sue abilità in tal senso con l’uscita di un meraviglioso rifacimento di Resident Evil 2 e di un più discutibile e sbrigativo Resident Evil 3 Remake, ma sarà riuscita la casa nipponica a lasciare intatta la magia del titolo più famoso ed amato della serie?
Scopriamolo in questa recensione!


STORIA

Resident Evil 4 ci mette nei panni di Leon Kennedy, un agente governativo sopravvissuto al terribile incidente di Racoon City nonchè alle vicende narrate nel secondo capitolo della saga.
Inviato in missione, Leon deve recuperare Ashley Graham, la figlia del presidente degli Stati Uniti, che viene tenuta in ostaggio in un villaggio sperduto nelle montagne spagnole.

Le vicende iniziano a prendere una brutta piega già nei primi minuti di gioco, scoprendo l’esistenza di un parassita in grado di rendere gli abitanti del villaggio incredibilmente resistenti e privi di volontà, costretti a seguire il volere di un culto che li ha trasformati in mostri assetati di sangue.

La trama di questo Resident Evil è senza dubbio un aspetto brillante della produzione, ma il cuore pulsante va senza dubbio ricercato nei personaggi e nelle loro personalità distintive.

Il villaggio di El Pueblo come visto nelle prime ore di gioco

In particolare, Leon e Ashley hanno ricevuto un notevole ritocco nello sviluppo della loro relazione, diventando personaggi molto più convincenti e naturali nei rispettivi ruoli.
Lo stesso vale per il carismatico Luis e la misteriosa Ada, che ancora una volta si dimostra un personaggio sfuggente e poco approfondito, forse in previsione del rifacimento del quinto capitolo.

Per quanto riguarda il ritmo della storia, gli avvenimenti si susseguono in modo lineare, seguendo una struttura divisa in sedici capitoli e in tre atti in cui il giocatore ha modo di esplorare ambientazioni molto diversificate fra loro.

Come da tradizione, non mancheranno vari foglietti e note atte all’arricchire il background delle vicende principali con approfondimenti sul villaggio, la storia dei suoi abitanti e sull’arrivo del virus nelle loro vite.


PERSONAGGI

Come accennato in precedenza, Resident Evil ha piantato le proprie radici nei cuori di milioni di fan grazie alla presenza di personaggi ricorrenti ed estremamente riconoscibili per le loro spiccate personalità.

E se nel quarto capitolo originale avevamo modo di approfondire il carattere saccente e provocatorio di Leon soprattutto attraverso le sequenze “statiche” della radio, in questo rifacimento sarà il suo costante commentare l’azione e gli eventi di trama a farla da padrone.

E’ impossibile non affezionarsi ad Ashley e Leon durante l’evolversi della loro relazione.

Anche in questo remake Leon si dimostrerà un uomo forte, coraggioso ed impavido, senza rinunciare a dimostrare un lato umano ritrovabile soprattutto nella sua prontezza a sdrammatizzare, a lamentarsi e nel rapportarsi con il prossimo.  

Il risultato è un eroe a cui, grazie ad un eccellente lavoro di scrittura e riscrittura, viene donata un’ulteriore dimensione di quotidianità, che lo mette facilmente un passo avanti al classico personaggio d’azione rigido e perfetto.

Ashley, d’altra parte, mostrerà inizialmente il carattere che ci aspetteremmo da una persona colta sorpresa da un destino orribile e subirà una trasformazione chiara e palpabile durante l’avanzamento della trama

Ashley Graham.

Si tratta di un personaggio che, ben conscio di star recitando nel ruolo di “principessa in pericolo”, riesce a adeguarsi alle circostanze ed a mostrare ammirazione ed affezione verso il giocatore che difficilmente riuscirà a resistere dal ricambiare.

Personalmente non ho potuto che adorare l’intero cast di questo Resident Evil, che è stato comunque attento a non trascurare personaggi secondari e terziari come Micheal, Luis, Ada, Krauser e l’immancabile mercante.

L’abilità nel descrivere i numerosi intrecci fra tutti questi personaggi è una testimonianza più che valida di come il medium dei videogiochi si presti perfettamente alla creazione di un senso di legame ed affezione che solo un’opera a cui viene offerto un certo grado di creatività potrebbe trasmettere.


GAMEPLAY

Il gameplay, così come il comparto tecnico, è senza dubbio l’aspetto su cui il team di Capcom ha lavorato maggiormente nella creazione di questo remake, e il risultato è a dir poco straordinario.

Le modifiche sono sin da subito apprezzabili, persino nel basilare sistema di movimento.
E’ bene ricordare che al momento del rilascio originale, questo elemento rappresentò un’evoluzione radicale per la formula di gioco rispetto ai precedenti capitoli della saga.
In questa release, questo sistema è stato ricostruito da zero, per risultare più fluido e permissivo nei confronti del giocatore.

Allo stesso modo, lo shooting è stato migliorato sotto ogni aspetto, restando ancorato ad alcuni principi ridondanti nei primi capitoli della saga senza rinunciare a calcare ancor di più l’aspetto action introdotto da questo capitolo già nel lontano 2005.

Uno dei nemici più ostici del gioco, l’armatura infetta.

L’introduzione del sistema di crouching e della conseguente meccanica stealth ha completamente rivoluzionato il ritmo di gioco e le possibilità di approccio offerte al giocatore, rendendo necessario un intervento di miglioramento del comparto AI che ora risulta molto più letale ed aggressivo.

Inoltre, la buona varietà di nemici impone un certo grado di versatilità al nostro equipaggiamento, dovendo switchare velocemente fra un’arma ad un altra laddove sarà necessario privilegiare un approccio piuttosto che un altro.

Il risultato è un gioco è ben bilanciato in termini di difficoltà, poiché anche gli infetti meno pericolosi, specialmente se dotati di armi da lancio come molotov o dinamiti, possono darci filo da torcere, indipendentemente dalle risorse di cui disponiamo.

Il gioco offre un gran numero di momenti di tensione.

Nonostante la struttura delle mappe risulti radicalmente più lineare rispetto a quella delle ultime iterazioni della saga, l’esplorazione rimane un elemento chiave.
La struttura interna delle mappe, prima fra tutte quella del villaggio, è stata modificata per dar sfogo a questa nuova direzione dettata dalle superiori capacità hardware della nona generazione di console.

Gli oggetti da trovare sono tanti e nascosti ovunque, fra tesori, gemme, collezionabili o semplici rifornimenti. E proprio sulla costante ricerca di questi ultimi si forma l’intera formula survival horror del titolo, spietata ma comunque mai troppo ingiusta quantomeno al livello standard di difficoltà

Come di consueto, la gestione degli spazi dell’inventario sarà una parte non meno fondamentale dell’esperienza di gioco, che richiederà non solo una certa maestria nel posizionamento dei vari oggetti negli slot, ma anche un particolare pensiero strategico nel decidere cosa craftare e in che misura, per non rimanere a secco durante le fasi action più concitate.

L’inventario durante le fasi finali del gioco.

Si tratta ovviamente di una meccanica che non verrà a mancare nemmeno nelle fasi più avanzate del gioco, considerando che le armi a disposizione di Leon continueranno ad aumentare sino anche ai capitoli finali e, pur volendo mantenere una singola arma per ogni tipologia di fuoco, ci ritroveremo con poco spazio a disposizione per tutto il resto.

È una costante piuttosto stressante ma che regala al titolo un boost ulteriore di terrore e ansia che si addice perfettamente alle circostanze orrorifiche della storia.

Infine, la componente “puzzle” che da sempre fa parte della saga è presente anche in questo quarto capitolo, seppur in quantità sensibilmente ridotta rispetto ai suoi predecessori.


COLLEZIONABILI ED EXTRA

Un’altra firma stilistica di Capcom sono i minigiochi, le sfide e i collezionabili che rappresentano da sempre una manna dal cielo per i completisti, nonché un buon modo per inserire un ulteriore elemento di longevità al titolo.

Avremo quindi a che fare con le sfide a tempo proposte dal mercante negli shooting range, in cui i nostri traguardi verranno premiati con gettoni utili per potenziare la valigetta con vari bonus statistici.

Allo stesso modo, ci verranno proposte sfide volte all’uccisione di topi e nemici speciali in aree già esplorate in precedenza oppure alla ricerca di oggetti nascosti alla vista in cambio di “spinelli” scambiabili per armi speciali, modifiche ed altro ancora.

Capcom dimostra sempre un grande amore per le proprie creazioni.

Oltre alla presenza piuttosto ovvia degli achievements, avremo anche modo di sbloccare dei punti spendibili in game per l’acquisto di modelli, concept art ed extra di vario genere, tra cui costumi per i nostri protagonisti.

La rigiocabilità è quindi un elemento fondamentale per questa produzione, che grazie alla presenza del New Game Plus garantisce anche un’esperienza radicalmente diversa nel caso si intendesse ricominciare l’avventura per raggiungere un miglior punteggio finale.


ATMOSFERA

Le ambientazioni sono una legacy estremamente importante del titolo originale e Capcom ha svolto un lavoro magistrale nell’apportare una valanga di modifiche estetiche e persino strutturali senza incidere negativamente sul feeling offerto dall’allora rivoluzionaria versione Gamecube, dandone invece una reinterpretazione in chiave ancora più oscura ed angosciante.

Fear the old blood… ah no.

E’ bene sottolineare che queste modifiche permettono al giocatore di usufruire di una migliore navigazione generale della mappa di gioco e di un’interconnessione più sporadica ma utile fra le aree di gioco. Il risultato si riscontra in un game design che si adatta perfettamente alle nuove caratteristiche di gameplay e movimento, che sono maggiormente incentrate sull’esplorazione rispetto a quanto non lo fossero in precedenza.

Tornando all’argomento appena toccato qualche paragrafo più sopra, il nuovo look scelto da Capcom per la rielaborazione di tutte le ambientazioni rende il titolo molto più oscuro e a tratti veramente spaventoso, cosa che l’originale non faceva concretamente.

La componente horror è molto più forte rispetto al passato.

Questa particolare modifica estetica si può notare soprattutto nella sezione intermedia e finale del gioco, in cui la scelta di una palette cromatica più tenebrosa diventa un elemento importante del gameplay e non solo di sfondo.
Nonostante ciò, l’esperienza di gioco è costellata di sequenze ricche di tensione, che spingeranno il giocatore al limite e metteranno alla prova le sue capacità nel mantenere calma e lucidità.

Se dovessimo trovare un piccolo difetto nella regia artistica di questo titolo, per quanto rientri in parte nei tecnicismi di cui parleremo più approfonditamente in seguito, alcune delle scelte cromatiche sopracitate non ci hanno pienamente convinto. Specialmente nella parte finale, il gioco non riesce ad impressionare come dovrebbe, a causa di una palette di colori fin troppo piatta e generalmente tendente al grigio anziché al nero.

La ragione di una tale sensazione è forse da ricercare nella non troppo accurata illuminazione degli ambienti e dei modelli fra cui quello dello stesso Leon, che seppur incredibilmente dettagliato risulta davvero poco convincente se esaminato in alcuni ambienti.

Nota di merito per quanto riguarda la resa dei capelli, estremamente dettagliati e ben realizzati anche dal punto di vista della fisica.


COMPARTO TECNICO

Sebbene il comparto tecnico di Resident Evil 4 Remake risulti spettacolare sotto numerosi aspetti, l’utilizzo del RE Engine inizia purtroppo a mostrare le sue prime limitazioni.

Se da un lato abbiamo un livello di dettaglio poligonale davvero impressionante, reso ancor più impressionante nel suo insieme dalla telecamera in terza persona, è difficile considerare questo titolo come uno dei migliori da un punto di vista meramente grafico.

Le texture sono ottime, perdendo di continuità solo nelle zone meno rilevanti e su cui difficilmente il giocatore avrà intenzione di soffermarsi.
Tuttavia, l’illuminazione non è uniforme e offre risultati estremamente altalenanti, in particolare nelle zone esterne.

Pare che Leon si stia per fare un viaggetto a Midgar.

A solidificare ulteriormente l’inadeguatezza di questo particolare aspetto, il gioco presenta alcune instabilità gravi a livello di ottimizzazione, principalmente per quanto riguarda l’implementazione del ray tracing.

Sul nostro sistema dotato di RTX 3080 ed i9 10850k, l’attivazione del ray-tracing ha provocato il crash costante del titolo dopo appena qualche minuto in risoluzione full-hd, costringendoci a disattivarlo nel corso dell’intera prova.

Allo stesso modo, il gioco sembra consumare quantità esorbitanti di VRAM in dettagli ultra anche a questa risoluzione, rendendo obsolete la maggioranza delle schede grafiche di fascia alta della generazione appena terminata.

Pur non avendo avuto alcun altro problema di instabilità all’infuori di questi specifici casi ci sentiamo di mettervi in guardia e vi invitiamo ad utilizzare le tecnologie di downscaling (FSR 2.1 sicché il DLSS non è supportato nativamente) disponibili nel caso aveste difficoltà a raggiunge un framerate stabile.


COMPARTO SONORO

Da un punto di vista tecnico, il comparto sonoro di questo remake è semplicemente impeccabile, offrendo numerose opzioni di mixaggio e permettendo l’attivazione degli effetti surround su dispositivi supportati.

Esaminando il comparto musicale, possiamo sostenere con tranquillità che è stato svolto un lavoro magistrale nel reinventare la soundtrack del titolo originale, aggiungendo quel pizzico di orchestra e dettaglio audio che non può che giovare alla produzione.

In alcune sequenze l’illuminazione da il meglio di sè.

Particolari tracce, come la OST della battaglia con Salazar, contribuiscono a raggiungere un nuovo grado di profondità di caratterizzazione del personaggio.
In questo caso, l’accompagnamento della furia cieca del boss ad un valzer mortale si adatta perfettamente all’ambientazione medievale del castello.

E come non menzionare l’immancabile “Serenity”, ora OST del mercante… o la musica del salvataggio, sempre pronta ad inebriarci di calde sensazioni di riposo e allontanamento dal pericolo.

Grandissimo lavoro anche sul doppiaggio italiano, professionale e ricco di espressività in ogni situazione nonostante l’originale fosse disponibile solo in inglese.

In particolare grande performance da parte di Alessandro Rigotti e Laura Cherubelli nei ruoli di Leon Kennedy ed Ashley Graham.


Ringraziamo Plaion e Capcom per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

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Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.