La quinta e la sesta generazione di console videro il Giappone come unica grande potenza nei videogiochi horror, tutti i titoli più famosi e a cui subito si fa riferimento in quel periodo sono infatti nipponici, complice probabilmente la crescente influenza del cinema d’orrore giapponese che aumentava in popolarità a vista d’occhio grazie a giganti del genere come Ju-on o Ringu.

Tuttavia nel mondo videoludico nessuno era riuscito a catturare efficacemente ciò che rendeva così singolari i film orientali, optando la maggior parte delle volte per ambientazioni e trame chiaramente ispirate all’occidente.

Ad esprimere tutto il potenziale nascosto delle ambientazioni e folklore giapponese arrivò un gioco unico sia per idee che per meccaniche, quindi per il nostro secondo appuntamento di “Uno sguardo al passato”, vi presentiamo: Project Zero.


Incipit narrativo

Il gioco si apre con un prologo in cui vestiremo i panni di Mafuyu Hinasaki, un giovane studente e medium in cerca del famoso scrittore Junsei Takamine, che, nella speranza di trovare ispirazione per il suo prossimo libro, è sparito assieme ai suoi assistenti mentre cercava di svelare i segreti della magione Himuro.
Una volta messo piede all’interno dell’antico maniero, Mafuyu scoprirà molto presto che l’equipe di scrittori è andato incontro a un’orribile destino e prima che possa scappare, viene attaccato da uno spaventoso fantasma mutilato. Si chiude così il prologo: improvvisamente e lasciandoci con più domande che risposte.

Due settimane dopo la scomparsa di Mafuyu è Miku Hinasaki, sua sorella, ad addentrarsi all’interno della magione Himuro per ritrovare l’unico membro della famiglia che le rimane, armata solo della vecchia fotocamera di famiglia, capace di intrappolare i fantasmi su pellicola.

La narrativa del gioco si presenta purtroppo difficile da seguire, a parte le cutscene ben animate e sempre in grado di tenerci sul filo del rasoio, e la maggior parte delle informazioni sul mondo di gioco e sul destino dei personaggi coinvolti ci vengono date in note di testo dalla lunghezza non indifferente.
Molti giocatori potrebbero trovare tediosa la costante interruzione dell’azione, ma questa rappresenta un passaggio fondamentale: infatti, senza leggere alcun tipo di documento in-game, che si tratti di lettere o dei diari sparsi per la magione, quasi nessuna domanda riceverà risposta.

Se da una parte questo tipo di narrativa può scoraggiare, per chi invece vuole perdersi nel mondo di gioco le informazioni abbondano, e ogni fantasma che incontreremo sarà parte integrante del mistero della magione Himuro e ne scopriremo per intero il passato, compresi gli ultimi, truculenti, istanti di vita.
Insomma la scelta di destinare così tanti dettagli del mondo di gioco a note di testo per quanto ben scritte, rimane un’arma a doppio taglio che può forse allontanare più giocatori di quanti ne possa avvicinare.


Gameplay

Project zero è un survival horror single player, ambientato per intero in una tradizionale magione giapponese colma di stanze segrete ed enigmi, l’obiettivo del gioco è sopravvivere agli incontri con i fantasmi e svelare, capitolo dopo capitolo, i più reconditi misteri della villa.
Tutto è presentato tramite inquadrature fisse e ambientazioni dettagliate e piene di eventi casuali che rendono ogni partita unica persino rigiocando il titolo più volte: è infatti quasi impossibile venir a contatto con tutti i fantasmi presenti in gioco in un’unica run.

Camera Obscura

Quando qualcosa ci spaventa è naturale volersi girare dall’altra parte, ma allo stesso tempo temiamo ciò che non possiamo vedere. In moltissimi giochi horror, questo aspetto della psiche umana viene sfruttato grazie a nemici e inseguimenti frenetici che ci gettano nel panico e nella confusione.
Project Zero però di opta per un tipo di paura diversa, costringendo i giocatori a fronteggiare la fonte di spavento faccia a faccia, in una lenta e dolorosa battaglia di attrito.

Da questa semplice idea nasce la meccanica principale del gioco, catturare fantasmi attraverso l’uso di una fotocamera speciale, la Camera Obscura.
In ogni momento e in modo del tutto autonomo, potremmo impugnare la Camera Obscura e il gioco passerà da un inquadratura in terza persona ad una soggettiva della telecamera, trasformandosi quasi in un FPS, rendendo di fatti le ambientazioni esplorabili in due prospettive diverse.

La fotocamera è a tutti gli effetti il perno fondamentale di tutte le nostre sessioni di gioco e ha due funzioni ben distinte: aiutarci nella risoluzione di enigmi mentre esploriamo e difenderci dai fantasmi in caso di attacco.

Meccaniche di esplorazione

La Camera Obscura ha proprietà paranormali e permette di vedere ciò che è invisibile, questo si traduce in gioco con un piccolo indicatore a schermo che si illuminerà di azzurro in presenza di oggetti nascosti o di enigmi.
Più l’indicatore aumenta di intensità, più ci stiamo avvicinando al nostro punto di interesse e una volta trovato basta scattare una foto per ricevere un modo per progredire nella storia o un oggetto nascosto, come erbe medicinali o della preziosissima pellicola per la nostra fotocamera.


Come la maggior parte dei survival horror infatti, in Project Zero le nostre risorse saranno estremamente limitate e persino i giocatori veterani troveranno pane per i loro denti dovendo stare attenti ad ogni singola foto scattata.

Meccaniche di combattimento

I fantasmi possono arrivare in ogni momento, a volte annunciati solo da un flebile scricchiolio del legno, e dobbiamo perciò essere pronti ad affrontarli impugnando la nostra fedele macchina fotografica.
Una volta passati in soggettiva con la Camera Obscura avremo diversi indicatori a schermo: un reticolo centrale che simboleggia il raggio d’azione dei nostri scatti, una semplice barra degli HP sulla destra e una sfilza di kanji in basso che si illuminano quando inquadriamo il viso del fantasma di turno, facendoci sapere quanti danni stiamo per infliggergli.


La base del combattimento è cercare di inquadrare la faccia dei nostri avversari con una foto, unico modo per danneggiarli, ma non sarà facile come sembra, infatti i fantasmi tendono a nascondersi tra le pareti o a diventare momentaneamente invisibili per poi riapparire improvvisamente e pronti ad attaccarci.
Un istante prima di essere colpiti, il reticolo della Camera Obscura si illumina di rosso segnalandoci il momento opportuno per scattare un tipo di foto speciale chiamato Zero Shot, ossia il modo più efficace per liberarsi in fretta dei nostri avversari.


Una volta sconfitto il fantasma quest’ultimo si trasformerà o in una piccola pioggia di scintille, segno che dovremmo affrontarlo ancora durante il corso della partita, o in una fiammella che verrà assorbita dalla Camera Obscura, sinonimo della sua completa sconfitta e cattura.
In ogni caso il sistema di combattimento è parecchio immersivo e complesso, per quanto sia difficile abituarcisi per via di controlli non troppo intuitivi rimane un esperienza unica persino ai giorni nostri. Dover seguire ogni movimento dei fantasmi in cerca dell’attimo giusto per colpire porta infatti il giocatore a sperimentare una sensazione di tensione come pochi altri giochi sanno creare, rendendo il gameplay una sfida costante, in cui ogni attimo è cruciale.

Potenziamenti e lenti

Durante le nostre battaglie a suon di foto, verremo ricompensati con un punteggio in base a quanti danni abbiamo fatto con uno scatto, per spingere i giocatori a puntare sempre al massimo possibile, questi punti servono per sbloccare diversi potenziamenti ed effetti speciale della Camera Obscura.

Potremmo acquistare dal menù di pausa diverse modifiche, che vanno dal semplice aumento di danni per foto, ad effetti più particolari come rallentare o rendere più visibile il fantasma contro cui stiamo lottando.
Non lasciatevi ingannare dal costo esorbitante, questi potenziamenti non sono opzionali e, anzi, molte delle fasi finali del gioco risulteranno particolarmente complesse se non ci si è preparati a dovere, motivo per cui vi consigliamo quindi di farvi coraggio e a puntare ogni volta al massimo numero di punti ottenibili.

Fantasmi

Un altro fiore all’occhiello di Project Zero sono ovviamente i fantasmi. Non importa quanto si è abituati ai videogame horror, alcuni di questi incontri riusciranno comunque a farvi rabbrividire di paura grazie ai loro design ispirati e ai loro movimenti innaturali.
Come detto in precedenza ogni fantasma è unico e il loro aspetto riflette il modo in cui sono morti, ciò non influenza solo come appaiono ma anche come la lotta si svolge meccanicamente, per esempio: ad una dei residenti della magione Himuro sono stati strappati gli occhi, di conseguenza in forma di spettro sarà incapace di vederci e reagirà solo ai nostri movimenti.

Quasi ogni scontro del gioco quindi ha una cura e caratterizzazione che ci si aspetta da un boss, con attacchi unici ogni volta ed un passato ricco da scoprire, imparando a conoscere che tipo di persone fossero in vita i fantasmi che infestano la magione da morti.

Inquadrature fisse

il gioco presenta inquadrature fisse semplici ma funzionali, nella maggior parte dei casi i punti di interesse saranno ben visibili a schermo ed in caso contrario, si può sempre impugnare la nostra fidata Camera Obscura per dare un occhiata in giro.

Molte delle inquadrature però vengono usate per spaventi improvvisi, nascondendo fantasmi in ogni anfratto, fuori dal campo visivo della nostra protagonista ma non di noi giocatori regalandoci parecchi momenti di tensione che potremmo immortalare con una foto se abbastanza rapidi.

Enigmi e puzzles

I principali enigmi del gioco saranno abbastanza semplici, la maggior parte delle volte infatti ci troveremo davanti una porta sbarrata e grazie ad una foto ci verrà indicato il posto dove trovare l’oggetto chiave per andare avanti, altre volte però sarà più complesso e verremo messi di fronte a stanze chiuse da un pannello circolare e una serratura.
Queste serrature si riveleranno essere uno scoglio parecchio ostico per chi le affronta la prima volta, perchè i numeri per la combinazione sono strettamente in kanji, basta però usare un briciolo di intuito per capire che si tratta dei numeri da uno a nove in senso orario.


Non mancheranno però anche enigmi più sporadici e in linea con il genere dei survival horror dove sarà necessario spremersi le meningi e interagire con ciò che ci circonda in maniera più creativa.


Comparto artistico e tecnico

L’intero gioco si svolge per intero in una tradizionale quanto fatiscente dimora giapponese, piena di passaggi segreti e porte di riso nascoste, ispirata in tutto e per tutto ad autentiche magioni disseminate per tutto il Giappone e curata nei dettagli quasi al limite del maniacale, insomma si capisce istantaneamente che il team era parecchio ispirato costruendo la magione Himuro.
I paesaggi sono parecchio variegati tra boschi e giardini interni, caverne sotterranee e vere e proprie camere votive nascoste tra le stanze più comuni della casa.


Project Zero non sarà una punta di lancia e non sfrutterà a pieno gli hardware su cui è uscito ma la sua direzione artistica fa sorvolare su quasi ogni scivolone tecnico.
Il gioco ovviamente è bloccato sui 30 FPS sia su XBOX che su PS2 e nasconde i caricamenti delle aree in modo intelligente ma palese. Infatti, ad ogni porta Miku si ferma tremante con la maniglia stretta tra le mani prima di convincersi a proseguire.

La OST del gioco è ben presente ma non invasiva, le canzoni si uniscono bene ai rumori ambientali regalando scene memorabili. Particolare nota di merito va effettivamente ai suoni ambientali perché tra sussurri che provengono dai muri e ululati sinistri dal fondo di pozzi, il gioco riesce sempre a tenere il giocatore sulle spine.

Sul fronte doppiaggio invece proprio non ci siamo: le voci giapponesi sono parecchio ispirate e credibili, anzi da brividi nel caso dei fantasmi, mentre quelle inglesi invece risultano robotiche e prive di qualsivoglia emozione.


Conclusioni

Nonostante alcuni evidenti difetti, Project Zero è frutto di una scommessa che ha ripagato, infatti ogni meccanica legata alla Camera Obscura funziona perfettamente, rendendo il gioco un esperienza unica nel suo genere complice anche una storia ben scritta ed originale anche se difficile da seguire.
Edizioni fisiche del gioco hanno raggiunto come sempre prezzi esorbitanti, e il nostro consiglio, se davvero volete metterci le mani sopra, è di rintracciare la versione PS2 che tende ad avere un costo più abbordabile.

Negli ultimi tempi fortunatamente il quarto e quinto capitolo di Project Zero hanno visto una rinascita su console moderne e anche se manca un po’ della magia originale, sono un altro ottimo punto di inizio per recuperare questa fantasmagorica saga.


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Di Emanuele Annunziata

Cresciuto a pane e videogames, amante dei Survival horror e anime anni ottanta. Particolarmente interessato a tutti i vecchi giochi che oramai sono finiti nel dimenticatoio.