Quello degli horror è senza dubbio uno dei generi più versatili dell’intero mercato videoludico: ne esistono di ogni tipo e tra sparatutto immersivi, survival ansiogeni ed inquietanti puzzle game vi sono anche esperienze narrative lineari, più contenute ma comunque cariche di tensione.
A proposito di quest’ultima categoria, abbiamo avuto modo di giocare e portare a termine Amygdala, sviluppato e pubblicato lo scorso 16 marzo dall’italianissimo Stigma Studios, sulla piattaforma steam.
Ecco a voi la nostra recensione.
CONTESTO NARRATIVO
In anatomia, l’amigdala è quell’insieme di strutture cerebrali che si occupa della gestione di ogni tipo di emozione, sia dal punto di vista sensoriale (gusti, odori e così via) sia da quello prettamente psicologico.
In quest’ottica, l’opera di Stigma Studios si prende la briga di interpretare e raccontare a modo suo la parte più oscura e tenebrosa di questa parte del corpo, quella adibita al controllo delle paure, delle ansie e degli incubi.
In questo senso, si pone al giocatore come una breve avventura horror in prima persona, che basa la sua essenza creativa nel cercare di trasmettere sensazioni di disagio e sconforto tipiche, appunto, degli incubi.
In questo, Amygdala trova quello che è probabilmente l’unico vero punto forte della produzione, dato che almeno creativamente parlando riesce a cavarsela tutto sommato bene.
Nel paio d’ore abbondante che serve per portarla a termine, l’esperienza mette in scena una serie di sequenze effettivamente angoscianti, facendoci attraversare ambientazioni piacevolmente cupe e portandoci faccia a faccia con mostruosità dal design ispirato ed inquietante.
La curiosità di scoprire in quale stramba situazione ci saremmo ritrovati è ciò che a tutti gli effetti ci ha spinto a voler portare a termine il titolo, dato che il resto sarà, ahimè, davvero poco invitante.
GAMEPLAY E STRUTTURA DI GIOCO
Dal punto di vista del gameplay Amygdala si pone come un walking simulator abbastanza basilare, che trova le sue uniche componenti ludici nell’esplorazione e nella ricerca di determinati oggetti chiave necessari per l’avanzamento: sotto questo punto di vista, viene fatta risaltare sin da subito l’assoluta ossessione dello sviluppatore per le porte chiuse ed i passaggi bloccati, presenti all’interno degli scenari con una tale insistenza da rendere il titolo quasi un simulatore di raccolta chiavi.
Ciò rivela di conseguenza un level design complessivo spiacevolmente piatto, che si limita a proporre un’alternanza di corridoi, scale e spiazzi interni posti a rettangolo in maniera a dir poco anonima, talvolta con qualche sporadica stanzetta laterale.
Girovagando per i suddetti ambienti dovremo, in alcune sezioni, vedercela con alcune creature ostili che, non appena si accorgeranno della nostra presenza, proveranno a raggiungerci e a danneggiarci.
Ebbene, il termine ”proveranno” non è stato usato a caso: infatti, l’intelligenza artificiale dei suddetti nemici sarà rilegata a zone di mappa estremamente limitate e limitata da tempi di reazione esilaranti.
Infatti, una volta compresa la direzione da seguire per raggiungere l’obiettivo non avrete mai e poi mai voglia di stare ad osservarne i pattern di movimento per poi ricorrere allo stealth, bensì preferite correre e andare oltre, prendendovi il rischio di venire colpiti.
Nonostante quindi non sia nulla di intricato o complesso, vi è comunque una mancanza di chiarezza negli obiettivi da raggiungere: non vi è una reale logica nei procedimenti necessari per avanzare, il che costringe il giocatore a muoversi compulsivamente in ogni angolo e a cercare una qualsivoglia tipologia di interazione che possa sbloccare un passaggio o risolvere l’enigma di turno.
Ciò cela inoltre un altro problema di quality of life, riguardante la gestione dell’inventario: che vogliate leggere la descrizione di una chiave/collezionabile o ricorrere agli oggetti di cura, vi ritroverete a dover scorrere orizzontalmente l’intera fila di icone (a loro volta poco chiare e riconoscibili), il che, considerata l’assenza della pausa durante l’apertura del menu, rende l’operazione scomoda e tutt’altro che immediata.
COMPARTO TECNICO
Dal punto di vista tecnico Amygdala prova a coprire i suoi numerosi difetti con la componente artistica: per quanto luci e ombre facciano dignitosamente il loro lavoro, vi è un curioso filtro grigiastro davvero poco piacevole, che neutralizza quegli effetti di occlusione ambientale che avrebbero potuto rendere giustizia agli ambienti dell’immaginario del titolo, che rimane senza dubbio suggestivo e affascinante.
Inoltre è praticamente impossibile distogliere lo sguardo alla quantità di texture e modelli ambientali ripetuti più e più volte in ogni tratto di gioco, che spesso e volentieri risultano comunque slavati, totalmente privi di dettaglio ed a bassa risoluzione.
Nonostante tutto, il framerate si mantiene fisso ma sempre e comunque sotto i 60FPS su un PC dotato di RTX 2080 e Ryzen 7 in 1080p, il che rende evidente una certa trascuratezza anche nell’ottimizzazione del software.
La situazione sembra star migliorando con il rilascio delle patch post-lancio e siamo fiduciosi che il gioco possa raggiungere una discreta stabilità con il passare del tempo.
Ringraziamo lo sviluppatore per averci fornito una chiave del gioco per questa riesamina.
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