In un’industria che tenta di innovare ma che spesso fatica nel trovare la giusta direzione, si avverte spesso la necessità di tornare suoi propri passi, lasciandosi avvolgere da quelle sensazioni nostalgiche che solo i grandi classici sono in grado di trasmettere.
Abiotic Factor, tuttavia, sta nel mezzo, adeguando ad una struttura di gameplay tipica dei party games ed ai survival di questa generazione, l’indimenticabile contesto che ci fu presentato più di 25 anni fa in Half Life con l’iconica Black-Mesa.
A separare le esperienze, simili fra loro anche nel feeling e nell’estetica, è innazitutto l’identità del protagonista.
Non parteciperemo più agli eventi nei panni dell’uomo occhialuto armato di piede di porco, bensì in qualità di scienziati coinvolti nel lockdown della struttura, decisi a trovare una via di fuga utilizzando le nostre competenze più varie.
Siete pronti ad unirvi al team scientifico?
Scopritelo con noi in queste prime impressioni di Abiotic Factor!
LA COMPONENTE NARRATIVA E I PERSONAGGI
In qualità di titolo dall’impianto survival, Abiotic Factor deve molto al suo incipit e molto meno alla narrazione sviluppata successivamente, risultato della lettura dei terminali e dell’interazione con gli NPC.
In modo non dissimile da quanto visto in Half Life, verremo catapultati in un impianto di ricerca sotterraneo in cui si verifica un incidente, permettendo alle creature aliene di fare breccia nel nostro pianeta a partire proprio dalla struttura in questione.
Tenuti in lockdown dalle forze militari, queste ultime verranno incaricate di uccidere qualsiasi sopravvissuto e di affrontare le eventuali minacce aliene che dovessero tentare l’uscita dal laboratorio.
Il nostro ruolo, in qualità di scienziato, sarà quello di fuggire dall’impianto di ricerca facendoci strada fra le numerose minacce che teneteranno di ostacolarci.
Sebbene questa sia la trama nella sua quasi totalità, leggere fra i numerosi terminali e incontrare gli NPC in giro per la vasta mappa di gioco ci permetterà di ottenere nuovi elementi utili a comprendere le dinamiche dell’incidente ed il funzionamento precedente del laboratorio.
La sottile ironia di cui possiamo godere nelle interazioni fra gli scienziati, così come la resa effettiva dei personaggi che incontreremo nel corso della nostra avventura, sono l’identità stessa di ciò che rese l’ambientazione di Half Life così iconica e indimenticabile ed il team australiano si è impegnato tantissimo nel catturarne pienamente ogni sfumatura.
IL GAMEPLAY:
LA SCIENZA CHE UCCIDE
Quando avremo modo di iniziare per la prima volta la nostra partita, il gioco ci metterà di fronte alla scelta di una specializzazione fra le tantissime disponibili ed essenziali per il corretto funzionamento di un laboratorio completo.
Vien da sè quindi che il titolo dia molta importanza al lavoro di squadra per il superamento intelligente degli ostacoli, che siano legati alla sopravvivenza o all’eliminazione degli alieni invasori.
Pur tenendo conto di questa scelta, non c’è nulla che fermi ciascuno scienziato dall’approcciarsi ad aspetti non legati alla sua qualifica e, a suo tempo, a migliorare e diventare più efficente.
Ma come può un piccolo gruppo di scienziati sopravvivere alle minacce combinate dell’esercito e degli alieni?
IL CRAFTING E L’ESPLORAZIONE
Se dovessimo trovare un elemento fondamentale nell’esperienza di Abiotic Factor, specialmente nelle prime ore, questo sarebbe senza dubbio il crafting nei suoi aspetti di scoperta e creazione di strumenti utili alla nostra sopravvivenza.
Verremo infatti invitati a raccogliere materiali e oggetti di ogni tipo in giro per la mappa per abbinarli e ideare delle nuove ricette di creazione, fra armi rudimentali ed elementi d’arredo e di costruzione.
Una volta trascinati gli elementi corretti all’interno della ricetta e costruita la nostra workbench (che deve essere alimentata elettricamente!) avremo quindi l’opportunità di destreggiarci in uno dei sistemi di crafting più complessi e completi che abbiamo mai visto in un titolo survival.
Non vi nascondiamo in effetti una certa preoccupazione quando abbiamo osservato per la prima volta che per costruire uno strumento necessario all’avanzamento nella struttura necessitavamo di materiali rari composti a loro volta di altri materiali compositi.
Entra quindi in gioco l’esplorazione, componente altrettanto importante che si collega direttamente al crafting.
Fortunatamente, nel panico dell’incidente, l’impianto è stato abbandonato al suo destino e con esso gli oggetti e i contenuti di cassetti, armadietti, stipetti e perchè no… anche delle televisioni e dei computers. Ogni contenitore presente nel laboratorio potrà infatti essere saccheggiato per le risorse e molti di questi potranno essere persino distrutti in cambio dei materiali che li compongono.
L’esplorazione diventa quindi una componente obbligatoria, specialmente se la missione principale ci chiederà per il proseguimento di costruire un marchingegno complesso i cui materiali non sono affatto facili da recuperare.
Altrettanto essenziale è il base building nelle sue derivazioni culinarie, botaniche e difensive, soprattutto quando per proseguire nella trama sarà comunque necessario tornare sui propri passi per raggiungere una bench o per non sopperire alle componenti survival.
IL COMBATTIMENTO E LA VARIETA’
La vita del laboratorio continua a discapito della nostra presenza nella struttura, e con essa un ciclo giorno/notte che ci costringerà a pianificare al meglio le nostre azioni.
Se infatti di giorno gli alieni vagano liberamente per la struttura, con il calare della notte e l’assenza di elettricità, i robot (contemporaneamente nemici e alleati degli scienziati) faranno piazza pulita combattendo qualsiasi intruso prima di ricaricarsi nelle apposite stazioni.
Il combattimento di per sè non è un elemento in cui il titolo tende a brillare, e verremo portati ad evitarlo il più possibile in favore di un approccio stealth e della possibilità di fuggire.
La varietà dei nemici non è eccellente, parliamo infatti di versioni reinventate di quelle di Half Life con qualche aggiunta aliena e qualche assente al momento di questa analisi.
La maggior parte di questi sarà anche facilmente affrontabile sfruttando le falle dell’intelligenza artificiale bloccandoli in determinati posti senza che possano rispondere al fuoco.
Lo shooting, se non altro, ricorda da vicino quello dei giochi Source nonostante Abiotic Factor abbia puntato sull’utilizzo di un molto più moderno Unreal Engine 5 per la costruzione di un mondo equivalente.
Un discorso decisamente più positivo va speso circa la varietà delle ambientazioni, avendoci sorpreso con l’inserimento del pianeta alieno (l’equivalente di Xen) e con i portali verso le zone estrerne affette dalle anomalie.
Siamo sicuri in tal senso che il titolo abbia ancora moltissimo da offrire, e che l’attuale stato di accesso anticipato non permetta di farsi un’idea completa di quella che sarà la varietà offerta dalla versione completa.
DETTAGLI, DETTAGLI OVUNQUE
Uno degli aspetti più sorprendenti di questo titolo, a prescindere dalla vostra predisposizione al genere, è la sua folle attenzione ai dettagli più piccoli e insignificanti che si riversano anche negli elementi di gameplay.
Parliamo della necessità di dover attaccare la spina di un oggetto elettrico per farlo partire, della possibilità di creare una prolunga o perchè no, della necessità di fasciare singolarmente ogni ferita aperta e di applicare le stecche agli arti fratturati.
Abiotic Factor è, per definizione, science fiction, ma nulla della sua costruzione appare fine a se stessa o incoerente alla realtà che vuole rappresentare. A testimonianza ultima di questo aspetto, non solo ci sarà la necessità di bere, mangiare, dormire e tenersi lontani dalle radiazioni ma persino di lavarsi ed espellere i propri bisogni periodicamente.
Sebbene l’introduzione di questi elementi possa sembrare esagerata e persino fastidiosa per qualcuno, il suo effetto sull’effettiva immersione nel contesto di gioco non va assolutamente sottovalutata.
In sintesi, per quanto si possa criticare una feature del gioco piuttosto che un’altra, Abiotic Factor è un titolo giustamente cervellotico che non abbandona il concetto di scienza neppure nelle meccaniche più piccole e secondarie.
COMPARTO ARTISTICO E TECNICO
Come accennato in precedenza, il titolo fa utilizzo del motore grafico Unreal Engine 5 per riprendere con efficacia il vibe estetico del titolo in GoldSRC del 1998, senza però rinunciare a modernizzarne alcuni aspetti come la resa delle ombre e dell’illuminazione.
Impostando il gioco per priorizzare un’alta qualità grafica possiamo infatti notare come la tecnologia Lumen riesca a dare nuova linfa vitale alle ambientazioni nostalgiche e labirintiche dell’impianto di contenimento.
Un risultato che purtroppo è reso meno apprezzabile dalle problematiche di performance di cui ho fatto esperienza durante l’hosting della partita, dovendo fare l’abitudine a cali di framerate costanti a prescindere dai settaggi scelti.
Siamo fiduciosi che il team di Deep Field Games, già dimostratosi molto attivo in passato, si dimostri in grado di risolvere queste problematiche in tempo per il rilascio definitivo del titolo previsto attualmente per il prossimo anno.
NB: Questo problema in particolare sembra legato unicamente all’esperienza dell’host e gli sviluppatori stanno già lavorando ad una soluzione.
LA CONCLUSIONE… PER ORA
Abiotic Factor è un titolo promettente, figlio della passione di un team australiano per l’ambientazione di un gioco che stravolse per sempre il panorama del gaming con il suo approccio alla narrazione e al gameplay.
Se vi piacciono i survival complessi e non temete la ridondanza di un sistema di crafting che non lascia nulla al caso, Abiotic Factor riuscirà a regalarvi le emozioni che avete sempre cercato.
Ringraziamo Playstack per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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