Il mondo videoludico è costellato da personalità di spicco come Kojima o Miyazaki, autori che imprimono la propria creatività nei giochi a cui lavorano, rendendoli tanto unici quanto riconoscibili. Tuttavia, di rado abbiamo visto collaborazioni tra questi grandi nomi del settore.
Immaginate la sorpresa generale del pubblico, perciò, quando nel lontano 2011 viene lanciato Shadow of the Damned, un survival horror nato dalla mente di Suda51 e Shinji Mikami, firme che non hanno bisogno di presentazioni ma che sono note ai più per essere i creatori di No More Heroes e Resident Evil.

Il gioco ebbe un discreto successo ma non raggiunse mai grandi picchi di popolarità, ritagliandosi invece un posto di nicchia nei cuori dei giocatori che, durante un anno di uscite colossali come Uncharted 3 e Portal 2, decisero comunque di dare una possibilità a questo psichedelico titolo.
Oggi, a distanza di due generazioni, Shadow of the Damned ha la possibilità di tornare a far parlare di sé con questa remaster, di cui Grasshopper ha parlato spesso sul suo canale YouTube ufficiale e che ha dato la possibilità agli sviluppatori di sistemare alcuni rimpianti che la release originale si portava dietro.

Saranno riusciti davvero a presentarci una versione definitiva di questa storia?
Scopriamolo assieme nella recensione di oggi.


Incipit narrativo

Il gioco si apre in un vicolo scuro, dove quello che sembra essere un osceno miscuglio tra un uomo e una capra giace sul freddo selciato agonizzando nel proprio sangue. 
A sovrastarlo c’è il nostro protagonista, il cacciatore di demoni Garcia Hotspur.
Dopo qualche sagace scambio di battute, il demone morente suggerisce a Garcia di tornare a casa per controllare in che stato versa la sua adorata mogliettina Paula e, intuendo la non troppo velata minaccia, il cacciatore si getta in una sfrenata corsa nella vana speranza di salvarla.

Arrivati negli appartamenti, scopriremo che è troppo tardi per Paula e che il signore degli inferi Fleming ne sta già reclamando il corpo per poterne fare la propria concubina nell’altro mondo.
Deciso ad impedirlo ad ogni costo, Garcia insegue le schiere di demoni in un portale che conduce all’inferno, ed una volta arrivato comincia la sua avventura per riconquistare il suo defunto amore.
La narrativa di Shadow of the Damned è una delle caratteristiche più uniche del titolo, riportando il classico tipo di storia che è tanto fuori di testa da sembrare ridicola, ma è qui che si riconosce lo zampino di Suda51,
L’autore ha infatti dimostrato più volte di riuscire a rendere seri e interessanti persino i Concept più assurdi.

Fin dalle prime ore di gioco possiamo notare come i vecchi film horror anni ottanta siano tra le ispirazioni più presenti nel titolo, a sottolineare questo aspetto è Garcia stesso, che chiama la propria disavventura il suo “film on the road personale”, ed in una delle sezioni di gioco avanzate ci ritroveremo persino intrappolati nella baita della Casa2.
Questo richiamo ad un tipo di horror ormai poco diffuso funziona molto bene grazie al fatto che, nonostante il gioco mantenga un tono divertente dall’inizio alla fine, riesce comunque ad essere spaventoso ed emozionante nei momenti che lo richiedono.

In ogni caso però, Shadow of the Damned non risulta per niente derivativo e anzi ha una personalità tanto forte da presentare, a distanza di anni dall’uscita, una delle versioni più interessanti dell’Inferno, senza riproporre i triti e ritriti gironi danteschi.
Tuttavia chi conosce le opere di Suda sa perfettamente quanto queste possano risultare ostiche per chi si approccia ai suoi giochi per la prima volta, e anche in questo caso la follia delle scelte narrative che permeano l’intero titolo potrebbe far storcere il naso a chi cerca una storia più strutturata e schematica al contrario di una vera e propria montagna russa di emozioni.

Ci sentiamo comunque in dovere di esplicitare che gli argomenti trattati saranno piuttosto pesanti, e il gioco lascia spesso poco all’immaginazione.
Se siete dei giocatori dal cuore sensibile, oppure che si disgustano facilmente, preparatevi a dovere prima di iniziare la vostra partita.


Gameplay

Il gameplay di Shadow of the Damned si presenta simile a quello delle altre opere realizzate da Shinji Mikami, infatti, se Suda si è chiaramente occupato della maggior parte dello studio creativo di trama e narrativa, è chiaro che all’esperienza pad alla mano ci abbia pensato il padre dell’horror videoludico moderno.
In Shadow of the Damned ci muoveremo tra corridoi e arene in cui dovremmo affrontare orde di nemici con una visuale in terza persona molto simile a quella di Resident Evil.
Persino mirare con la nostra arma utilizzando solo un laser e non un classico reticolo, ricorderà in modo particolare l’avventura di Leon.

Uno stile di gioco prettamente action e che si presta molto bene a questo tipo di avventure, ma che al lungo andare potrebbe stuccare, fortunatamente non in questo caso.
Infatti, anche se la maggior parte del tempo la impiegheremo a far esplodere teste di demoni a destra e a manca (con un sistema di smembramento niente male), è anche vero che il gioco si reinventa spesso in segmenti di gameplay del tutto unici e parecchio differenti tra di loro.

Alcuni degli esempi che ci vengono in mente sono aree in cui per avanzare dovremo letteralmente giocare a Bowling con delle bombe, o le sezioni di gioco in cui Garcia verrà trasformato in una bambola di carta in una sorta di run and gun inaspettato.
Insomma, questa avventura nasconde sorprese ad ogni angolo anche sul lato del gameplay, e riesce a prendere alla sprovvista perfino giocatori di vecchia data con questi cambi repentini di formula che possono di sicuro lasciare spaesati, ma che aiutano in ogni caso ad evitare la monotonia.

È anche vero, però, che non è tutto oro ciò che luccica.
Infatti, anche se questi segmenti di gameplay alternativi divertono a primo impatto, alcuni vengono riutilizzati fino a tre volte di fila, andando un po’ contro quello che è il loro scopo originale.
Inoltre, se dal lato action il gioco presenta sempre una sfida adeguata per tutte le sue sei ore di durata, non è lo stesso per questi segmenti di gameplay alternativi, che hanno una difficoltà un po’ altalenante e che potrebbero risultare persino frustranti.

Johnson

Durante il nostro lungo viaggio nella corte di Fleming, verremo accompagnati dal migliore amico di Garcia, l’immancabile Johnson.
Johnson è un demone che, stanco dei soprusi ricevuti, ha deciso di lasciare l’Inferno e di diventare il partner di Garcia, questo ex diavolo non è solo uno dei personaggi più carismatici dell’avventura grazie alla sua parlantina da signorotto inglese ma è anche la nostra arma più fidata.

Johnson possiede infatti il potere di trasformarsi in una moltitudine di armi da fuoco e da mischia, ognuna delle quali ha diversi parametri da potenziare e modalità di fuoco secondarie da sbloccare, offrendo una buona profondità al sistema di shooting.
Per migliorare questo arsenale senziente ci serviranno delle gemme di diverso colore: quelle rosse ci permettono di aumentare statistiche come cadenza di fuoco e danni, e possiamo ottenerle trovandole in giro per le aree oppure acquistandole dal mercante infernale Christopher.

Invece, per sbloccare nuove armi e nuove modalità di fuoco, avremo bisogno delle ben più rare gemme blu, ottenute solo dopo ogni boss fight del gioco come ricompensa per essere sopravvissuti. Anche in questo tipo di meccaniche già note e riviste in diversi giochi, il team dietro Shadow of the Damned è riuscito a mettere un twist iconico che lo distingue dalla massa. In fin dei conti, in quanti giochi potremmo dire di avere uno shotgun come migliore amico?

I VIP infernali

Non possiamo fare a meno di prenderci un piccolo spazio per parlare delle bossfight del gioco, questi VIP infernali sono persone che sono morte con stile, tanto che una volta arrivati all’Inferno sono stati trasformati in demoni da Fleming in persona.
Ogni boss fight si presenta in modo molto scenico, alcune persino con più fasi. Purtroppo, però, anche se sono tutte ben strutturate, il gioco cade facilmente in un cliché di cui i titoli dell’epoca abusavano e non poco.

La maggior parte dei combattimenti si limiterà infatti a cercare il modo per costringere il VIP di turno ad esporre le sue riserve di sangue, cioè punti deboli luminosi sparsi sul corpo, su cui poi dovremmo fare fuoco per spaccarli ed ucciderlo.
Anche se il modo per esporre questi punti deboli è sempre diverso, si tratterà comunque di un processo che a lungo andare perderà il proprio fascino, complice il fatto che sparare alle riserve di sangue è l’unico modo per danneggiare questo tipo di nemici.

A sopperire a queste mancanze di gameplay arriva la scrittura dei dialoghi, poiché avremmo la possibilità di scoprire il passato di ogni boss del gioco grazie a dei libri che potremmo trovare nelle zone precedenti in maniera del tutto opzionale.
La cura che Shadow of the Damned ha per i propri antagonisti è qualcosa che si dovrebbe vedere di più nei videogiochi, non solo perchè i design riflettono in modo perfetto ciò che i VIP hanno passato in vita, ma anche le sezioni in cui Garcia e Johnson passano il tempo a leggere le loro storie sono facilmente tra le più divertenti del titolo.

I libri sono impostati come fiabe nere e hanno una narrazione molto onirica che fa a pugni con i costanti commenti dei nostri due protagonisti, che invece non perderanno occasione per insultare il demone di turno.
Insomma, in questi spazi si intravede a tutti gli effetti quanto i dialoghi siano scritti bene e quanto interazioni semplici tra i personaggi possano in ogni caso offrire un bell’approfondimento nella psiche dei nostri eroi.

New Game +

Una delle novità principali di questa remaster è la possibilità di affrontare il gioco conservando tutti i propri potenziamenti, una meccanica che ormai è diffusa da tempo ma che il titolo in origine non aveva.
Non ci sono particolari cambiamenti alla difficoltà o ai nemici, limitandoci semplicemente a riaffrontare le vecchie zone ma sentendoci dei gran fichi armati fino ai denti.
Rimane comunque un peccato che non siano presenti ulteriori cambiamenti, e per un gioco tanto narrativo e lineare, questo tipo di Newgame + lascia un po’ il tempo che trova.

Un’altra novità è la possibilità di selezionare un nuovo costume per Garcia ad inizio di un NG+, questi costumi sono una lettera d’amore non solo ai concept iniziali del protagonista ma anche ad altre opere di Suda51.
Potremmo infatti giocare nei panni di Eight Hearts o di Wateru Kamikaze, personaggi che hanno già fatto la loro comparsa in alcune delle storie più belle dell’autore.


Comparto artistico e tecnico

Abbiamo già accennato a quanto sia particolare l’Inferno in questo videogioco, che ci verrà presentato come una sorta di città divisa in borghi in cui vivono i diversi dannati; la mondanità della cosa e le assurdità delle regole in vigore nel mondo, però, vengono accentuate dal design degli ambienti.
Questo è un universo in cui la normalità non ha spazio, è pieno zeppo di teste di capra viventi che fanno da lampadario e di strani ibridi tra bambini e porte che ci sbarreranno il passaggio a ogni angolo, ma tutto ha una sua logica interna che ci verrà esposta da piccole locandine pubblicitarie sparse per le strade.

La remaster, inoltre, fa un lavoro discreto nello svecchiare alcune delle texture più datate e le ambientazioni offrono un buon colpo d’occhio.
Volendo avanzare una critica, però, molti oggetti faticano a caricare la nuova risoluzione ed è presente, seppur in minima parte, un fastidioso pop up.
Per quanto riguarda le OST invece Shadow of the Damned offre una vera e propria chicca, alla musica di questo gioco ha lavorato una delle menti più premiate del settore, cioè Akira Yamaoka.

Il tocco di Yamaoka è più unico che raro, le sue musiche riescono ad essere sempre evocative in qualsiasi contesto e questo titolo non fa eccezione.
Durante i momenti cruenti, le canzoni riescono a far salire il panico alle stelle, così come a commuovere nelle parti più toccanti del gioco.


Ringraziamo Netease per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Shadow of the Damned Hella remastered (PS5)
In conclusione
Shadow of the Damned è un diamante grezzo e la ruvidezza fa parte del suo fascino. Ha degli angoli che il tempo non ha smussato, ma non sarebbe la stessa esperienza senza. Per rispondere alla domanda che ci siamo posti all'inizio di questa recensione, forse si sarebbe potuto fare di più per svecchiare questo titolo e questo non sembra essere il modo definitivo per vivere la strampalata avventura di Garcia, ma al momento è il migliore. Non possiamo ignorare il fatto, però, che chi ha la possibilità di giocare la versione originale ha pochi motivi per ritornare a sterminare demoni in questa riedizione. Per chi invece non ha mai avuto il piacere di perdersi nelle strade di questo inferno, possiamo consigliarla senza alcuna remora.
Pregi
Ambientazione interessante
Gameplay variegato
Trama imprevedibile
Johnson!
Difetti
Scelte di design un po' datate
Sezioni di gioco leggermente frustranti
8.5
Voto

Di Emanuele Annunziata

Cresciuto a pane e videogames, amante dei Survival horror e anime anni ottanta. Particolarmente interessato a tutti i vecchi giochi che oramai sono finiti nel dimenticatoio.