C’è stato un tempo in cui le parole “Legacy of Kain” significavano qualcosa, e trovarsi tra le mani uno di questi titoli era una garanzia che ciò che si stava per infilare nella propria console non solo era un bel gioco, ma un capolavoro di narrativa ed innovazione. Con il tempo però, e per colpa di alcune scelte commerciali discutibili, anche questa magnifica serie è caduta vittima dello scorrere degli anni.
Difficile spiegare quanto questa saga fosse un picco qualitativo ai tempi in cui uscì a giocatori che non ne sentono parlare dal 2004, eppure questo nuovo pacchetto di remaster targato Aspyr ci permette di riesumare la storia di Raziel e di Kain, riproponendola a coloro che già si erano innamorati della serie e presentandola ad un pubblico tutto nuovo.

Legacy of Kain è una saga composta da cinque giochi e iniziata con il lontano Blood Omen per PS1, ma i due Soul Reaver presentati in questa raccolta sono tuttavia un perfetto punto d’entrata per chiunque si affacci a questo mondo per la prima volta.
D’altronde è inutile negare che si trattano dei due titoli che hanno riscosso il maggior successo tra il pubblico dell’epoca e che si rivelano quindi una scommessa sicura piazzata sui propri cavalli di battaglia più forti.

Ciò che ci troviamo a recensire non è però un mero frutto di mosse commerciali, ma una vera e propria lettera d’amore per questa serie e per tutti i fan vecchi o nuovi.

A conferma di ciò troviamo infatti a capo del progetto proprio Monika Erősová, un membro molto attivo della community di Soul Reaver fin dal 2003 e conosciuta dai più con il nick di Raina Audron, di cui abbiamo potuto apprezzare il lavoro svolto già nella raccolta dei primi tre Tomb Raider uscita di recente.

Ma questo pacchetto rappresenta davvero il modo definitivo per entrare nel mondo di Nosgoth, offrendo magari un trampolino di lancio per la rinascita della serie?
Scopriamolo assieme nella recensione di oggi.


Incipit Narrativo

Da mille anni Kain e i suoi figli vampiri tengono stretti in pugno i pochi sopravvissuti di un mondo morente, venendo servito fedelmente da Raziel, primo tra i suoi generali, almeno finché un giorno non ha avuto la pessima idea di farsi crescere le ali.
Accecato dalla gelosia di quell’evoluzione, Kain ordina ai suoi uomini di gettare Raziel in un malestrom gorgogliante, mentre le acque spumose strappano via la carne del vampiro condannandolo a centinaia di anni di tormento.

Ma una voce risuona nella mente del generale in fin di vita, la voce di un’entità pronta a rassicurarlo: non tutto è perduto ma anzi, la vendetta è a portata di mano.

Questa introduzione tanto semplice quanto di impatto è solo il punto d’entrata di una delle narrazioni più articolate nel mondo dei videogiochi, al punto che persino tra i titoli moderni difficilmente riusciamo a trovare una tale coerenza ludo-narrativa tra le diverse entrate di una saga.
Si tratta di una storia che va seguita in pieno, da titolo a titolo, in cui ogni tassello trova il proprio incastro se lo si cerca nel posto giusto, con solo poche domande che vengono lasciate senza risposta nella miriade dei misteri di Nosgoth.

Seguire la trama di base dei diversi titoli risulta quindi molto facile, con il primo Soul Reaver che per esempio si concentra su una semplice storia di vendetta, ma bisogna anche tenere in mente come tutti gli eventi di un gioco avranno ripercussioni enormi su quello successivo, e ogni scena e dialogo fanno parte di uno schema più grande.
Insomma è chiaro che fin dai primi capitoli della saga di Legacy of Kain la trama fosse già ben delineata per tutta l’opera, permettendo quindi diversi foreshadow ad avvenimenti che sarebbero stati affrontati solo molto più avanti nei titoli seguenti.
Questa storia rappresenta quindi una boccata di aria fresca dato che, specialmente nell’ultimo periodo, molte delle saghe tripla A spesso mancano di una visione coesa a causa dei continui cambi di staff e direzione.


Gameplay

Il gameplay dei Soul Reaver è a tutti gli effetti quello di un Metroidvania, esplorando vaste aree ricolme di segreti in cui per avanzare spesso è necessario risolvere enigmi ambientali o sfruttare una nuova abilità appena sbloccata per accedere a zone prima irraggiungibili.
Tutto però è presentato in tre dimensioni, e spiccano parecchio anche le meccaniche di combattimento e quelle di platforming…nel bene e nel male.

Un mondo da riscoprire

Oltre ad un’ottima trama, i titoli di Soul Reaver sono famosi anche per la complessità del mondo e della sua atmosfera, rendendo impossibile quindi non parlare della loro lore ricca e tutta da scoprire.
Ben prima delle avventure di From, Nosgoth presentava una narrativa ambientale, e guardarsi attorno con attenzione permetteva di scoprire risposte a segreti importanti senza il bisogno di dialoghi espositivi per sottolineare l’ovvio.

Tutt’oggi il mondo di gioco risulta tra i più interessanti e divertenti da esplorare: lo studio dietro ogni architettura e design ha una sottile implicazione tematica e l’interconnessione tra i livelli mantiene ancora un discreto impatto, dandoci l’impressione di esplorare davvero un mondo vasto.
Inoltre è possibile passare in ogni momento dal piano materiale a quello spirituale, una dimensione diversa in cui l’ambiente circostante e i nemici subiscono cambiamenti importanti, che non solo fa comparire spesso nuovi percorsi per avanzare ma di fatto raddoppia le aree esplorabili del gioco.

Questo passaggio tra una dimensione e l’altra è la meccanica principe del titolo e anche la più riuscita, soprattutto considerando che ai tempi non c’era niente di simile e, a dimostrazione di quanto fosse ben implementata, risulta ancora estremamente intuitiva e funzionale.
La maggior parte degli enigmi di gioco infatti ne fanno uso e per quanto risultino spesso semplici, come dover posizionare il blocco giusto al posto giusto, riescono a non stancare proprio in virtù del cambio di prospettiva e di gameplay, rendendo infatti alcune abilità di Raziel disponibili solo nel mondo spirituale mentre altre solo in quello materiale.

Anche se per l’epoca il lavoro fatto è sicuramente ambizioso e di prima classe, l’esplorazione non è priva di difetti e in alcuni punti è invecchiata relativamente male, con alcune delle soluzioni per avanzare che risultano davvero troppo astruse, richiedendo per esempio di dover spingere due volte consecutive lo stesso blocco in una parete anonima.
Di sicuro c’è tanta varietà e tanto da apprezzare, ma ci si può facilmente imbattere in vicoli ciechi che possono spazientire anche il più tranquillo tra i giocatori, specialmente nel primo Soul Reaver.

Altra nota dolente sono le ampie sezioni di platforming che nel primo capitolo sono spesso troppo punitive e costringono a ripetere intere sezioni di gioco a causa di un solo salto andato male, ma a renderle davvero pesanti contribuiscono i controlli saponosi e poco responsivi, che tuttavia sono stati fortunatamente sistemati in Soul Reaver 2.

Una fame più profonda

Da quando Raziel è stato riportato in vita per la seconda volta, la sua fame di sangue è stata sostituita da una fame di anime, e per fortuna Nosgoth è piena di prede da divorare.
La nostra barra degli HP, rappresentata da una spirale bianca, si svuota perennemente e per tenerla piena dovremmo mangiare le anime dei nostri nemici, un’idea che incapsula perfettamente il concetto di fame insaziabile dei vampiri e che spinge i giocatori a non ignorare i diversi mostri che infestano Nosgoth.

Il combat system dei due titoli però è piuttosto rudimentale, tramite un semplice lock-on si hanno i classici attacchi leggeri e pesanti, una schivata e una parata (solo a partire da Soul Reaver 2).
Può risultare estremamente semplice e persino tedioso in alcuni punti, ed è chiaro che il combattimento non fosse il focus di questi due videogiochi, tant’è che la maggior parte delle bossfight vengono trattate come veri e propri enigmi e non mostri da combattere.

Si cerca di sopperire alla monotonia di questi scontri con l’introduzione di semplici incantesimi, ma di fatto riescono ben poco nel loro intento, e sbalzare lontano i nemici o bloccarli sul posto non rendono le cose particolarmente più interessanti.
Unica nota davvero positiva è che le animazioni truculente con cui si finiscono i mostri che affrontiamo sono ancora oggi impressionanti e divertenti, rese ancora più sceniche grazie alla nuova veste grafica.


Novità della remaster

Questo pacchetto di remaster cambia ben poco in quanto gameplay, ma le modifiche che presenta sono di sicuro d’impatto.
Oltre ad una nuova veste grafica delle ambientazioni e per i personaggi, che si può disattivare in ogni momento premendo un solo tasto, sono stati introdotti anche dei prompt per segnalare gli oggetti interagibili, un ciclo giorno-notte e una mappa del mondo per il primo Soul Reaver.

Tutte aggiunte apprezzabili, specialmente se teniamo conto del fatto che alcune di queste erano state già pensate per l’uscita PS1 ma non erano state portate a termine, ma purtroppo implementante con alcuni scivoloni, come nel caso del ciclo giorno-notte.
Nonostante il cambio dinamico di illuminazione permetta in alcuni momenti di avere un’avventura più scenica che mai (avventurarsi nella cattedrale del silenzio di giorno e vederla cambiare in notte quando si sta uscendo è davvero spettacolare), alcuni punti del gioco risultano davvero troppo scuri, tanto da risultare un problema.

Alcune aree erano state chiaramente pensate per essere ben illuminate ed esplorarle nel buio più totale è praticamente impossibile, rendendo imperativo il bisogno di sistemare la luminosità e la frequenza con cui si passa dal mattino a notte fonda, dato che la nostra esperienza con questo sistema si è rivelato sostanzialmente pieno di bug.
Tuttavia, l’amore con cui i modelli tridimensionali sono stati ricostruiti fa dimenticare in parte questi problemi, e anche se Soul Reaver2 non ha ricevuto la stessa quantità di upgrade specialmente per quanto riguarda gli ambienti, ora i due titoli sembrano avere la stessa qualità grafica e il passaggio dal primo al secondo capitolo lascia di sicuro meno spaesati di prima.

La vera novità di questo pacchetto di giochi però è presente nei contenuti bonus dove, oltre alle diverse fanart dei fan e ai concept art originali, è presente persino tutto il cut-content di questi due titoli leggendari.
Si parla di interi livelli che, per quanto non siano del tutto finiti per ovvie ragioni, sono comunque una grandissima sorpresa per i fan di lunga data e permettono di scoprire idee scartate dal team originale per questioni di budget o di tempo.


Comparto artistico e tecnico

I character design dei due Soul Reaver sono sicuramente tra i più iconici di sempre ed il mondo presentato è riconoscibile ad un solo sguardo, anche grazie alle splendide ambientazioni che hanno una direzione artistica che ancora nessuno è riuscito davvero a replicare.
I vampiri di questo mondo seguono quasi tutte le regole delle storie gotiche, compresa la debolezza alla luce del sole e all’acqua, ma vengono presentati in un modo unico e variegato.

Ogni progenie vampirica dei fratelli di Raziel ha infatti caratteristiche differenti che si legano perfettamente agli ambienti in cui abitano e ai modi in cui cacciano, dando una rappresentazione dei vampiri che trasuda personalità e unicità.
Impossibile poi non parlare dei doppiatori di questa saga, il lavoro svolto da Simon Templeman nei panni di Kain è entrato nella leggenda e non ha niente da invidiare ad alcune delle performance più iconiche dei videogiochi.

Ad accompagnare l’incredibile doppiaggio c’è anche una delle colonne sonore più particolari di sempre, che sfrutta strumenti poco ortodossi e ritmi selvaggi per dare vita ad un’esperienza che vi resterà impressa per parecchio tempo.
Il livello tecnico invece è buono, con un framerate stabile a 60FPS e senza particolari bug ad inficiare la nostra partita (se escludiamo quello introdotto dal ciclo giorno-notte). Possiamo assicurare quindi che siete in una botte di ferro e, se Aspyr ha intenzione di replicare il lavoro svolto su Tomb Raider, anche i pochi difetti elencati verranno sistemati con delle Patch.


Ringraziamo Sandboxstrat per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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Legacy Of Kain: Soul Reaver 1 e 2 Remastered (PS5)
In conclusione
Legacy Of Kain è passata alla storia per una ragione, e nonostante alcune incertezze di design dettate dall’invecchiamento delle meccaniche, i picchi qualitativi che raggiunge in tutti gli altri campi fanno dimenticare facilmente quel poco che non funziona più. I due Soul Reaver in particolare sono ancora oggi delle esperienze più che apprezzabili e con questa nuova versione di Aspyr si presentano come mai prima d’ora, vi consigliamo di armarvi di pazienza e di gettarvi a capofitto nelle terre desolate di Nosgoth perché nonostante qualche attimo di frustrazione, vi aspetta un viaggio semplicemente unico.
Pregi
Direzione artistica superba
Una tra le migliori trame dei videogiochi
Cut content ripristinato
Colonna sonora e doppiaggio memorabili
Mondo interconnesso
Difetti
Meccaniche che sentono il peso degli anni
Ciclo giorno-notte da sistemare
Comandi non troppo responsivi
8
Voto

Di Emanuele Annunziata

Cresciuto a pane e videogames, amante dei Survival horror e anime anni ottanta. Particolarmente interessato a tutti i vecchi giochi che oramai sono finiti nel dimenticatoio.