Nella recensione di oggi parleremo dell’ultimo capitolo appartenente ad una delle saghe più importanti e celebri della storia dei videogiochi, Street Fighter 6.
Risultato piuttosto consapevole di una legacy risalente agli albori dell’industria, con questo capitolo Capcom ha tentato di offrire ai suoi utenti l’esperienza di Street Fighter definitiva, rifinendo il più possibile gli aspetti chiave comuni a ciascun episodio della serie pur senza rinunciare ad introdurre delle grosse novità contenutistiche.

Ci teniamo a sottolineare che questa recensione non andrà ad analizzare il titolo in quanto ai suoi aspetti competitivi, limitandosi a discutere le quantità e la qualità dei contenuti così come gli aspetti tecnici ed artistici apprezzabili da qualsiasi giocatore.

Sarà riuscita Capcom a realizzare un titolo degno del suo nome? Scopriamolo in questa recensione.


INCIPIT

Street Fighter 6 ha una particolarità importante, se infatti di solito non ci ritroveremmo a dover discutere né di trama né di incipit con un titolo di questa serie, l’inserimento del “World Tour” ci pone davanti alla necessità di introdurne le fondamenta narrative.

Verremo quindi catapultati a Metro City, città americana che funziona da introduzione ad un simpatico ed inaspettato universo narrativo in cui chiunque, che sia una signora anziana oppure un poliziotto o un semplice postino, è dedito al combattimento di strada.

Il nostro personaggio avrà la fortuna di incontrare Luke, carismatico allenatore della palestra in cui saremo iscritti che, prendendo a cuore il nostro percorso e quello del nostro compagno Bosch, si occuperà di addestrarci e di riempirci di preziosi consigli con cui sopravvivere alla caoticità delle strade.

Ciò che accade successivamente non è che un susseguirsi di eventi mirati alla conoscenza degli altri maestri ben noti alla saga di Street Fighter, nel mentre andremo alla ricerca di Bosch che sembra tormentato dagli spettri del suo passato.


TRAMA

Detto ciò, la trama di Street Fighter 6 esiste e tutto sommato rappresenta una novità molto gradita per il brand, che è riuscito a trovare attraverso quest’ultima un intelligente strumento per rispolverare il vecchio cast e darvi una parvenza di profondità.

La sensazione è che, per quanto secondaria, Capcom si sia impegnata davvero tanto nell’offrire ai giocatori un’esperienza in giocatore singolo contenutisticamente maestosa.
Che ci crediate o meno stiamo parlando di ben 25 ore di gioco per il completamento delle missioni principali e delle secondarie disponibili in questa modalità, senza contare la possibilità di massimizzare il livello di bond con i maestri e potenziare tutti gli aspetti del nostro personaggio.

Quello che viene presentato attraverso questa aggiunta è un mondo che affonda delle radici nell’identità di Capcom in quanto azienda videoludica protagonista dell’industria ormai da innumerevoli anni, ed il team non si è affatto trattenuto dallo sprigionare questa essenza nei dialoghi, nelle ambientazioni e non di meno nelle continue trovate metanarrative destinate a strizzare un occhio ai fan di Street Fighter e non solo.
Il risultato è un misto fra il calore della nostalgia e la positiva rassegnazione nei confronti di un titolo che cerca costantemente di tenersi lontano dall’eccessiva serietà, privilegiando i toni più frizzantini e divertenti.

Lo stesso può essere largamente osservato nella risoluzione delle numerose missioni secondarie, perlopiù consapevoli della limitatezza che un sistema di gameplay unicamente basato sul combattimento impone alla loro struttura narrativa.

Parliamo del resto di un mondo di gioco totalmente fuori di testa, pieno di personaggi volutamente caricaturali e di estremizzazioni culturali che fanno da sempre parte del DNA del franchise.
È un aspetto che avremo modo di esplorare più concretamente conoscendo i vari maestri presenti in giro per il mondo, protagonisti di piccole esplorazioni fuoriporta che ben trasmettono la forza con cui il team ha ricalcato su queste scelte creative.


GAMEPLAY

Il combattimento

Il cuore di Street Fighter è ovviamente il suo combattimento, più che mai impuntato sulla semplificazione di alcuni elementi fondamentali per chi sentisse il bisogno di una esperienza meno tecnica e più leggera.

I nuovi comandi moderni rappresentano infatti una vera e propria rivoluzione per quanto concerne l’accessibilità degli schemi di combattimento, permettendo anche ai giocatori meno avvezzi alla memorizzazione delle mosse di reagire con rapidità e di scatenare l’interezza del moveset ed attacchi speciali con grande facilità. È una semplificazione che viene giustamente penalizzata dall’introduzione di alcuni malus statistici, ma che non può comunque essere sottovalutata considerandone l’estrema efficienza in-game.

Secondariamente, l’introduzione della barra drive all’interno del sistema di combattimento ha permesso il raggiungimento di un ritmo di gioco decisamente più elevato e divertente rispetto a quello dei titoli precedenti, regalando anche diversi momenti di tensione nel momento in cui gli attacchi si scontrano per decretare il vincitore.

La barra del drive porta con se una interessante serie di novità legate agli attacchi, al parry, alla rottura della stance avversaria ed alla costante necessità di utilizzare con parsimonia le risorse a nostra disposizione per non rimanere vulnerabili.
Sono introduzioni che pur nella loro essenzialità hanno un loro livello di profondità che si va aggiungere al già maturo sistema di combattimento degli ultimi giochi della serie.

Il risultato è una rinascita del brand che, nonostante le difficoltà previste da un compito di questo tipo, è riuscito a reinventarsi pur non discostandosi dalle sue origini.


World Tour

Il World Tour, come già anticipato nelle sezioni della recensione dedicate all’incipit e alla trama, è la nuova modalità giocatore singolo open-world caratterizzata da una narrativa sorprendentemente classica.
In quanto tale si configura come un’avventura dotata di cutscenes, dialoghi a finestra (non completamente doppiati in pieno stile Capcom) e quest primarie e secondarie che seguono binari narrativi ben precisi se non per una comunque limitata libertà nell’ordine di svolgimento.

A queste sequenze si alternano poi gli scontri veri e propri che ne rappresentano il vero cuore pulsante, riconoscibile ed immediato per quanto e vario e ricco di sorprese.
Innanzitutto i combattimenti non si limiteranno più all’1vs1, introducendo la possibilità di farsi aiutare da alcuni personaggi che incontreremo nel corso della storia, ma anche quella di affrontare numerose schiere di nemici contemporaneamente fra umani e robot (come i droni e i roomba).

Ciò che rende il gameplay di questa modalità davvero divertente rimane però la possibilità di plasmare il nostro personaggio in maniera piuttosto libera, scegliendo al volo uno stile di combattimento piuttosto che un altro ed ibridando le nostre carte in tavola scegliendo mosse speciali provenienti da diversi personaggi del cast.

Ad ampliare ulteriormente la profondità di questa modalità vi è un importante studio della progressione del personaggio, fra equipaggiamenti in grado di donare bonus statistici e non solo, ed un grosso e complesso albero di abilità che ci invita a fare diverse scelte nell’utilizzo dei punti, per plasmare nel modo più personale possibile il nostro protagonista e le sue capacità in combattimento.

Progressione che si riflette nell’avanzamento del livello del personaggio ma anche in quello del bond con i vari maestri che avremo modo di conoscere durante la storia, sforzo che ci ricompenserà con dialoghi unici, mosse speciali ed oggetti per il nostro inventario.

Vien da sé che l’introduzione di queste meccaniche e della struttura del mondo di gioco “open world” (per quanto anche questa molto limitata), ha permesso a Capcom di inserire intelligentemente tutta quella miriade di attività e strumenti tipici di un JRPG cittadino.

Parliamo ad esempio degli shop, degli autobus/teletrasporti da un distretto all’altro, degli incontri casuali e di una grande quantità di minigiochi volti perlopiù a celebrare l’importante e generosa legacy della serie.


Le criticità del World Tour

Se da un lato è assolutamente sbalorditivo notare come Capcom si sia impegnata profondamente nella realizzazione di questa modalità da un punto di vista quantitativo, lo stesso non può essere detto della componente qualitativa.

La realizzazione deficitaria dell’Open World è la prima cosa che salta all’occhio e, per quanto legata in gran parte a degli evidenti limiti tecnici che comunque non riusciamo a spiegarci, si rivela un elemento che inficia abbastanza duramente sull’esperienza nel complesso.
La mappa appare sostanzialmente vuota e priva di vita, segnata da un traffico inesistente che lascia spazio ad una sporadica sensazione di finzione alla “Truman Show” laddove le poche auto presenti continuano a muoversi in circolo a causa dei posti di blocco che circondano l’interezza della città.

L’IA del resto, sarà quasi sempre carne da macello per il nostro protagonista, che seppur di livello inferiore sarà in grado di sconfiggere qualsiasi nemico una volta colta la giusta occasione per sfruttare un exploit.

La trama si limita ovviamente a fornire un contesto intelligente e fin troppo decorato in cui ri-presentare un cast che di presentazioni non ha mai avuto il bisogno, ma che riusciamo comunque ad apprezzare per ruolo ed evoluzione nell’industria dei picchiaduro e dei videogiochi.

Il World Tour si presenta quindi come un museo unico del suo genere, dedicato nella sua interezza alla legacy di Street Fighter, la cui mutevole identità vacilla fra l’esperienza totalmente secondaria ed un enorme ripieno d’amore e contenuti divertenti e stratificati.


Battle Hub

Come da titolo, il Battle Hub è un ritrovo in cui gli utenti di Street Fighter che si vedessero interessati agli aspetti più social del titolo o che intendessero duellare utilizzando gli avatar di propria creazione possono incontrarsi ed interagire.

Si tratta se non altro della cristallizzazione delle intenzioni di Capcom di non fare mancare assolutamente nulla in questa release, accontentando qualsiasi giocatore purché sia interessato al genere di riferimento.
Il Battle Hub è, come tante altri introduzioni nel gioco, un monumento al franchise di Street Fighter che sarà sicuramente in grado di rendere contenti i fan della serie, grazie all’inserimento di cabinati con i titoli originali, varie ricompense e tanti altri segreti e citazioni pronti ad essere colti dagli occhi più allenati.


Criticità ed avatar

Siamo sinceri, il sistema di creazione dell’avatar di Street Fighter VI è assolutamente fantastico e davvero molto approfondito, motivo per il quale la maggioranza dei giocatori (fra cui noi) ha trovato immediatamente il suo scopo nel distruggerlo completamente creando abomini mostruosi di qualsiasi genere.

Una osservazione di questo tipo non è chiaramente destinata ad essere una critica nei confronti del lavoro degli sviluppatori quanto piuttosto una presa di coscienza sul fatto che questa specifica modalità difficilmente diventerà qualcosa di serio, limitandosi ad essere una simpatica aggiunta da sfruttare per divertirsi in compagnia di amici.


Fighting Ground

La modalità Fighting Ground è la raccolta di tutto ciò che da sempre ha scandito l’apparato contenutistico di uno Street Fighter.
Per quanto concerne il versus in locale/online e contro l’IA abbiamo l’intramontabile 1vs1 ed il combattimento a squadre fra i 18 personaggi inclusi nel gioco base.
Il cast riporta prevedibilmente la presenza di numerosi personaggi celebri della serie in veste modernizzata, non rinunciando ad inserire ben 6 nuovi personaggi (essendo Luke già presente nell’ultimo DLC del precedente capitolo) dalle più disparate personalità.

Il bilanciamento, sfortunatamente, non è ancora dei migliori e non è raro che ci sia capitato di venire completamente distrutti dall’avversario grazie al ripetersi della presa piuttosto di qualche altra mossa particolarmente devastante.

Altre modalità presenti sono la battaglia estrema, classico versus con l’aggiunta di alcuni simpatici ostacoli e regole malus, l’arcade, in cui combattere contro l’AI e scoprire in maniera riassuntiva la trama dei vari personaggi disponibili, ed infine l’allenamento ed il tutorial, per imparare a padroneggiare con tranquillità le varie combo e capacità combattive di ciascun personaggio.

E’ un’offerta contenutistica tutto sommato molto soddisfacente, soprattutto considerando gli sforzi del team nel rendere l’online più accessibile e dettagliato nella personalizzazione dei parametri.
E’ bene segnalare anche la presenza di un sistema crossplay per tutte le piattaforme, sempre gradito in questa tipologia di videogiochi.


Il battlepass

L’introduzione di un battlepass in un gioco fortemente impuntato sulla componente online, stavolta accentuata ulteriormente dalla presenza del Battle Hub, è un comune sintomo dell’andamento dell’industria videoludica che era lecito aspettarsi anche in questo Street Fighter.
E con l’annuncio della prima ondata di contenuti per il Tier Premium e quello Free possiamo reputarci abbastanza sollevati nel constatare che si tratti comunque di qualcosa di estremamente secondario ed opzionale.

Si tratta, come è giusto che sia, di contenuti estetici, tuttavia è proprio l’estrema scarsità di questa prima ondata che ci rende dubbiosi di fronte all’effettiva utilità di un’aggiunta di questo tipo, nella speranza che un giorno i contenuti si rivelino più generosi sia per gli utenti non paganti che per quelli disposti a pagare 4 euro per la sottoscrizione mensile.


COMPONENTE ARTISTICA E SONORA

L’estetica di Street Fighter 6 è la naturale evoluzione di una scelta stilistica ormai maturata nel corso dei precedenti capitoli ed in quanto tale può piacere o meno a seconda dei gusti personali del giocatore.
In questo specifico caso abbiamo notato un cambio di direzione tutto sommato abbastanza prevedibile verso la “vita di strada”, con evidenti riferimenti ai graffiti, i movimenti giovanili e gli scontri tra gang.

E’ una scelta che riteniamo tutto sommato azzeccata e che si addice in maniera abbastanza naturale allo stile citato in precedenza, dando vita ad un’estetica sorprendentemente vivace e colorata.

La colonna sonora segue senza troppe variazioni la regole tracciate dalla scelta di questo contesto, prediligendo il suono dell’hip-hop laddove questo non accadeva in passato.
Possiamo quindi sostenere con estrema convinzione che la totalità delle tracce della soundtrack di questo Street Fighter si legano perfettamente all’identità del gioco, preoccupandosi di accompagnare le fasi di combattimento con la giusta esplosione di adrenalina.


COMPARTO TECNICO

Inaspettatamente, il comparto tecnico di questo Street Fighter si è rivelato la più grande delusione sotto numerosi punti di vista, nonostante ci fosse l’assoluta certezza che il corretto utilizzo del RE Engine (già utilizzato per i vari Resident Evil moderni e i più recenti Monster Hunter) avrebbe potuto portare ad ottimi risultati.

La natura fallace del lavoro tecnico si riflette soprattutto nella modalità World Tour, laddove possiamo osservare numerosi episodi di eccessiva semplificazione delle animazioni nonostante le vicinanza degli NPC, l’utilizzo di sprite 2d a bassissima risoluzione per quanto concerne gli interni dei negozi e la generale poca cura per i dettagli ambientali da parte del team di Capcom.

Ad inasprire ulteriormente queste problematiche, l’illuminazione (specialmente quella diurna) appiattisce completamente qualsiasi superficie, dando all’ambientazione ed ai personaggi che la abitano un look estremamente datato anche per un gioco crossgen di questa tipologia.

Lo stesso problema rimane presente ma in quantità molto ridotte nella modalità Fighting Ground, combattendo nei vari stage disponibili che, al di là di qualche piccola sbavatura, appaiono sicuramente più curati e visivamente soddisfacenti.

Innegabile è invece la qualità visiva dei modelli dei personaggi appartenenti al cast, dettagliati e ben curati anche nei dettagli e nella resa del sudore durante il combattimento.


Stabilità del software e prestazioni

Al fronte di questi criticità, non abbiamo comunque riscontrato alcun tipo di problema tecnico legato alla stabilità del software, potendo giocare costantemente a dettagli massimi a 120FPS fissi sul nostro PC dotato di RTX 3080, i9 di decima generazione e 32GB di RAM.

Se non altro, i risultati prestazionali raggiunti dal team di Capcom con questo titolo dimostrano la grande flessibilità del RE Engine, strumento multi-genere e multi-generazionale dotato di grande scalabilità ed ormai nel pieno della sua maturità.

Da segnalare anche la totale assenza di bug per tutta la durata del nostro playthrough, così come per eventuali episodi di crash o di stuttering.


Ringraziamo Capcom e Plaion per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

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Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.