Non è un segreto il fatto che il mondo degli indie abbia ottenuto una rilevanza non indifferente per l’intero medium, specialmente nell’ambito del genere horror: vi sono stati infatti determinati titoli che, debuttando proprio nel sottobosco delle produzioni minori, sì sono nel tempo trasformati in vere e proprie pietre miliari del genere.

Per questo motivo è sempre interessante tenere l’occhio vigile anche su questo mercato e non solo su quello dei Tripla A: in tal senso, ad aver catturato la mia attenzione ci ha pensato The Greyhill Incident, sviluppato e pubblicato da Refugium Games lo scorso 9 giugno. 

Ebbene, dopo averlo portato a termine sono pronto per parlarvene:
a seguire, la recensione.


TRAMA E NARRAZIONE

Il tutto avrà inizio presso un tranquillo paesino di campagna dell’entroterra americano chiamato Greyhill, dove il protagonista Henry e gli altri abitanti del luogo si ritrovano ad avere a che fare con misteriose sparizioni, inquietanti avvistamenti e persino anomali comportamenti di alcuni di loro.

Presumendo che sia avvenuta a tutti gli effetti una vera e propria invasione aliena, si crea un clima di tensione tra le strade ma anche di diffidenza nei confronti del governo, che avrebbe sempre smentito un avvenimento simile, mentendo ai cittadini e abbandonandoli al loro destino.

In questo modo, dovranno contare solo ed unicamente sulle loro stesse forze per evitare di entrare in contatto con loro, tra chi si chiude in casa sbarrando le porte e chi si ricopre con indumenti fatti di carta stagnola, presumibilmente utile per non farsi identificare.

Ad un certo punto però, dopo aver fatto il punto della situazione, Henry farà ritorno a casa, dove avviene qualcosa di inaspettato: poco prima di entrare, vedrà passare proprio sopra la sua abitazione un vero e proprio disco volante alieno, che tramite un potente fascio luminoso rapirà suo figlio, che era rimasto all’interno.

In preda alla più totale disperazione, prenderà l’iniziativa di scendere nuovamente in strada per andare alla sua ricerca: qui inizierà per davvero la nostra disavventura nella cittadina di Greyhill.

Armati di pistola, mazza da baseball e torcia dovremo muoverci tra i vari punti di interesse del paese, facendoci aiutare da alcuni degli altri personaggi per cercare nostro figlio, scoprire la verità e sopravvivere, evitando ovviamente di farci catturare dagli alieni.

Per quanto l’incipit sia abbastanza coerente e sensato, faccio fatica ad inquadrare e valutare il resto degli eventi e in generale la narrazione di The Greyhill Incident: essa infatti non è altro che un insieme di piccoli eventi sconclusionati e scollegati tra loro, che cercano di porsi al giocatore come imprevisti da risolvere e ostacoli da superare.

Ci si ritrova quindi a perseguire in sequenza obiettivi buttati in mezzo a caso, senza che vi sia un briciolo di filo logico tra le nostre gesta e ciò che avviene attorno a noi: gli altri personaggi sembrano fare di tutto per non farsi prendere minimamente sul serio, a causa di dialoghi talmente imbarazzanti da risultare inquietanti, volutamente anomali ed ambigui, in situazioni così poco credibili da farci pensare che sia tutto un grande scherzo mal organizzato.

Il finale poi è spudoratamente ed inequivocabilmente una barzelletta che non fa ridere nemmeno per un istante: proprio nel momento in cui sembrerebbe esserci una svolta concreta e potenzialmente interessante ci si ritrova dinanzi ad una cutscene conclusiva che, nonostante la natura vistosamente trash della trama, raggiunge livelli di ridicolaggine sinceramente inaspettati.

In generale, anche il concept alla base del contesto di gioco è stato completamente sprecato, in quanto prende una tematica trattata veramente poche volte nell’ambito dei videogiochi e la riempie con cliché e luoghi comuni derivanti dal cinema e dalla letteratura di genere, non provando nemmeno per sbaglio a dargli un qualsiasi spunto creativo caratteristico o identità propria.


GAMEPLAY

Anche in termini di gameplay, purtroppo, ho pessime notizie: i tre strumenti che avremo a disposizione (pistola, mazza da baseball e torcia) funzioneranno nel più banale dei modi, con un sistema di controllo tra i più scomodi ed imprecisi che mi sia capitato di provare di recente.

Oltre al fatto che i colpi di pistola saranno praticamente contati, dovremo vedercela anche e soprattutto con le palesi disabilità motorie del protagonista, che avrà bisogno di una quantità di tempo eccessiva per riprendersi dopo qualsiasi azione compiuta, che sia uno scatto di qualche metro o un colpo con la mazza.

Dall’altro lato, non appena gli alieni si accorgeranno della nostra presenza inizieranno a camminarci incontro ad una velocità non indifferente: se dovessero raggiungerci, ci faranno una presa (con un’animazione disgustosa) dal quale dovremo cercare di scansarci tramite un quick Time event.

Basteranno due di queste prese consecutive per portarci al Game Over. 

Quindi, Il tutto si andrà a ridurre velocemente ad un doloroso ciclo di attacco/fuga che lascia veramente poco spazio all’interpretazione: mi è capitato più volte di dover sperare nel fattore casualità, affinché la loro IA si incantasse e smettessero di seguirmi.

Inutile dire che tali forzature di design siano state immaginate per offrire al giocatore una parvenza di sfida, ma che finiscono immediatamente per rendere il tutto di una macchinosità atroce, frustrante e tutt’altro che divertente.

Game e Level Design

Anche il level design non riesce a combinarne una giusta: nonostante l’estensione tutt’altro che ampia delle zone esplorabili si denota una quasi totale mancanza di punti di riferimento, di chiarezza negli obiettivi da raggiungere ed una prevalenza di zone buie o comunque dense di foschia ambientale, che contribuiscono in maniera sgradevole a farci perdere l’orientamento.

Per ovviare a questo ingenuo problema, gli sviluppatori hanno circondato la mappa di muri invisibili, pensando che potesse essere un’idea intelligente: vi lascio immaginare quanto possa essere tedioso spostarsi ed esplorare (per quanto poco utile) in un level design del genere, considerando la sopracitata lentezza/mancanza di stamina del protagonista.

In tal senso sono convinto che gli sviluppatori avrebbero potuto puntare al vero e proprio Walking Simulator, evitando di proporre componenti ludiche così blande, che hanno fatto solamente danno: in quel modo avrebbero potuto concentrarsi di più sulla componente scenica dell’avventura e più in generale sul fattore immersione.


COMPARTO ARTISTICO E TECNICO

Infatti, almeno dal punto di vista estetico, The Greyhill Incident riesce ad essere quantomeno accettabile, specialmente nei suoi ambienti esterni: tra abitazioni, fattorie, capanni e campi agricoli si respira comunque una tensione atmosferica tutto sommato gradevole.

Peccato per il design degli alieni, che si limitano ad essere dei pupazzi umanoidi con la pelle grigia, il classico testone e gli occhioni neri, vestiti su misura con un imbarazzante tutina nera attillata, in puro stile rapinatore di banche.

Inoltre, non appena ci si sofferma ad osservare i dettagli non si può non notare una certa mediocrità nel comparto tecnico, che tra texture piatte, modelli ripetuti e animazioni poco curate non si fa mancare problemi di ottimizzazione, come cali di framerate inspiegabili e caricamenti più lunghi del previsto.


Ringraziamo  ‎Refugium Games per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

Seguiteci sul nostro curatore e il nostro sito web per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

[editorial-rating id=”4220″]