Il genere del survival horror ha da sempre occupato un posto di rilievo nell’universo dei videogiochi, suscitando non pochi apprezzamenti e critiche nel corso degli anni. È innegabile che questo genere abbia mantenuto una presenza significativa nel mercato videoludico fino ad oggi, ottenendo successi straordinari come dimostrato dalle storiche saghe di Resident Evil e Dead Space, entrambe delle quali hanno recentemente ricevuto entusiasmanti remake.
Non c’è dunque da meravigliarsi nel fatto che ci siano numerosi studi indipendenti che cercano di sviluppare la propria visione ispirandosi ai grandi colossi dell’industria, come nel caso del team italiano “Invader Studios” con il loro gioco “Daymare 1998”. Questo primo titolo ha ricevuto opinioni discordanti, con alcune critiche ma anche molti elogi per la determinazione del team nel portare avanti un progetto dallo sviluppo così turbolento.
Ciò non ha comunque scoraggiato lo studio romano, che al contrario ha deciso di pubblicare un prequel della serie, con la promessa di perfezionare ogni aspetto del capitolo precedente e di offrire un’esperienza di gioco ancora più gratificante. Esploriamo quindi insieme se “Daymare 1994: Sandcastle” si è dimostrato all’altezza delle numerose aspettative che circondano questo progetto.
TRAMA
Come si evince dal titolo, “Daymare 1994: Sandcastle” è ambientato quattro anni prima del precedente gioco “1998”, e vestiremo i panni della veterana di guerra Reyes, ora al servizio delle unità speciali H.A.D.E.S.
Seguiremo i suoi passi in una missione apparentemente semplice, che ci porterà a recarci nella famosa Area 51 per recuperare uno scienziato e la sua valigetta, rimasti intrappolati all’interno della struttura a seguito di un misterioso incidente.
Scopriremo ben presto che dietro le apparenze si cela molto di più, e quanto più c’immergeremo in questo inquietante labirinto sotterraneo, tanto più chiariremo la verità sugli eventi che si sono realmente svolti, rendendoci lentamente conto che ci troviamo al centro di un evento di portata molto più ampia di noi.
Nel corso della nostra avventura ci troveremo di fronte a presenze oscure costantemente sulle nostre tracce, con una natura a tratti aliena, capaci di teletrasportarsi e altamente ostili, costringendoci a difenderci se vogliamo rivedere ancora una volta la luce del sole. Seguiremo Reyes in un viaggio che si rivelerà più un incubo che la farà dubitare non solo di chiunque le stia intorno, ma anche di sé stessa e del suo passato.
Struttura Narrativa
Il gioco segue una narrativa che richiama molto i grandi titoli presenti sul mercato, con chiare influenze – forse eccessive – da Resident Evil. La trama si sviluppa in modo piuttosto lineare durante il progresso del gioco, alternando cutscene, dialoghi in-game e occasionali documenti disseminati nella mappa che contribuiscono ad ampliare la lore dell’universo di riferimento.
Pur nella sua semplicità, nel complesso la storia risulta comunque sufficientemente intrigante per coinvolgere il giocatore, desideroso di scoprire sempre di più sui personaggi e sui segreti celati nella struttura. Tuttavia, come accennato in precedenza, il gioco trae fin troppa ispirazione dalla saga di Resident Evil, utilizzando spunti di trama e ambientazioni che spesso suscitano un senso di “già visto”, rendendo così la progressione piuttosto prevedibile.
Sfortunatamente questa situazione è ulteriormente complicata da alcune scelte narrative, soprattutto nella seconda metà del gioco, che si rivelano eccessivamente vaghe e non sufficientemente approfondite. Ciò genera una costante sensazione di confusione in una trama piena di domande che probabilmente rimarranno senza risposta.
Atmosfera e Ambientazioni
Queste difficoltà narrative vengono in parte offuscate dalla straordinaria creazione di un’atmosfera perfettamente calibrata, elemento essenziale per l’aspetto horror del gioco. Infatti Daymare 1994 riesce in modo intelligente a tenere costantemente il giocatore in uno stato di allerta, facendogli percepire appieno il peso della situazione del soldato Reyes e suscitando vere e proprie sensazioni di ansia in alcuni momenti chiave del gameplay.
Questo risultato è senz’altro ottenuto anche grazie alle ottime e variegate ambientazioni presenti che, seppur anche qui non particolarmente originali, rimangono sempre affascinanti offrendo esperienze di esplorazione uniche tra di loro.
Senza dubbio questo è uno degli aspetti che abbiamo maggiormente apprezzato in questo titolo, soprattutto tenendo conto che il compito di creare scenari sempre diversi è tutto tranne che semplice, dato che l’intera trama si sviluppa all’interno di un labirinto sotterraneo.
Personaggi
Anche la scrittura dei personaggi è stata un elemento che abbiamo generalmente apprezzato all’interno della narrativa, seppur con le giuste specificazioni.
Purtroppo la maggior parte di loro non riceve un’adeguata attenzione, indipendentemente dalla loro importanza per la trama del gioco, e molti sembrano essere semplici comparse utilizzate solo per avanzare in determinati punti della storia e poi scomparire.
Anche i personaggi più interessanti raramente attraversano una vera e propria evoluzione, e spesso sono privi di un finale narrativo davvero soddisfacente.
Un discorso speciale va dedicato a Dalila Reyes, la protagonista della storia nonché la geniale inventrice e soldatessa H.A.D.E.S. che segue fedelmente gli ordini. Anche se il suo personaggio non brilla particolarmente nella trama e talvolta sembra essere poco sviluppato o affrettato, ciò che ci ha fatto affezionare a lei è sicuramente il suo carisma che emerge costantemente attraverso brevi dialoghi in-game, tenendoci compagnia in una storia che non sempre riesce a mantenersi solida.
GAMEPLAY
Proprio come negli spunti narrativi e nelle ambientazioni, possiamo notare una chiara e costante influenza dai recenti remake di Resident Evil 2 e 3 nella struttura globale del gameplay, talmente forte che potremmo quasi definirla un omaggio piuttosto che una semplice ispirazione. In effetti, ci sono molti elementi in comune tra i giochi e durante l’esperienza di gioco abbiamo avvertito un feeling praticamente identico, portando con sé i suoi aspetti positivi ma anche quelli negativi.
Una differenza significativa, tuttavia, si riscontra nell’impossibilità di evitare gli scontri. A differenza dei giochi precedentemente menzionati, dove la fuga da un conflitto non solo era un’opzione possibile ma spesso la scelta più saggia e raccomandata, in Daymare 1994 saremo costretti ad affrontare e sconfiggere tutte le ondate di zombie-alieni che ci assaliranno.
Questa modifica alla formula, sebbene possa apparire minima e trascurabile, combinata con altri aspetti del gameplay che esamineremo a breve rivela invece una rilevanza notevole nell’esperienza complessiva del prodotto, contribuendo a rendere l’intera avventura frustrante e monotona.
Level Design
Ciò che salta immediatamente all’occhio è l’estrema semplicità e linearità delle aree di gioco.
Nonostante le ambientazioni possano risultare interessanti da un punto di vista concettuale, l’esplorazione si riduce invece a banali corridoi da seguire senza possibilità di deviazioni significative, tranne che per brevi tratti di piccoli passi prima di essere ostacolati da barriere. Questo vale indipendentemente dal tipo di ambiente in cui ci troviamo, sia esso un angusto laboratorio, una miniera o persino le strade all’aperto di una città.
Come è facile intuire, questo ha un impatto notevole anche sulla perlustrazione delle aree di gioco, rendendo l’esperienza particolarmente monotona e priva di quel senso di scoperta. Questo problema è ulteriormente aggravato dalla posizione del tutto casuale in cui troviamo munizioni e kit medici, poiché mentre in alcune zone del gioco ne troveremo in abbondanza anche nei luoghi più inaspettati, in altre occasioni potremmo passare intere ore di gioco con una scarsa disponibilità di munizioni.
Anche con un percorso incredibilmente lineare e chiuso, talmente tanto che la possibilità di perdersi sembra un’eventualità inimmaginabile, Daymare 1994 continua a sorprenderci rendendo realtà l’impensabile.
La luce negli ambienti è straordinariamente scarsa, rendendo in alcuni luoghi del tutto impossibile vedere qualcosa e, nonostante disponiamo di una torcia, risulta una vera sfida discernere la direzione in cui stiamo andando, tanto che più di una volta ci siamo ritrovati bloccati proprio perché a causa dell’oscurità non riuscivamo a capire dove la strada proseguisse.
Senza contare che, nel corso delle sue 10 ore di gioco necessarie per completarlo, il titolo richiede più volte al giocatore di tornare indietro in sezioni precedenti della mappa, creando momenti di backtracking che risultano estremamente noiosi e prolungati, anche a causa della lentezza con cui la protagonista si sposta.
Nemici e Armi
Durante il corso della nostra avventura, avremo a disposizione solo tre armi per affrontare le numerose orde di alieni che ci attaccheranno. Nello specifico, potremo contare solo su un fucile a pompa, una mitraglietta e un’arma speciale della H.A.D.E.S. chiamata “Frost Grip“, che ci consentirà di congelare i nostri nemici limitandone i movimenti o addirittura permettendoci di frantumare i loro corpi con potenti pugni una volta immobilizzati.
Sebbene l’aggiunta di più equipaggiamento avrebbe sicuramente migliorato l’esperienza rendendola più varia, è innegabile che il team di Invaders Studios abbia gestito in modo intelligente le poche armi a nostra disposizione, distinguendo ognuna di esse in modo unico nel gameplay e spingendoci ad utilizzarle tutte in base alla situazione. Nonostante ciò, avremmo comunque apprezzato delle modifiche più significative alle armi già presenti, invece dei minimi miglioramenti occasionali che abbiamo trovato e che spesso risultano addirittura impercettibili.
Parlando di nemici, anche questi possiamo suddividerli in solamente tre categorie:
- Decoy: Semplici zombie il cui unico attacco sarà quello di afferrarci e consumarci lentamente la vita, sono estremamente veloci (molto più della nostra protagonista) e possiedono la capacità di teletrasportarsi, ma sono vulnerabili e possono essere eliminati con pochi colpi.
- Mutated Decoy: Con un design che ricorda molto la categoria precedente ma con uno stomaco notevolmente ingrossato, anche questi nemici saranno in grado di attaccare afferrando, ma la loro caratteristica principale sarà lanciare sfere di elettricità che ci colpiranno anche da lontano.
- Sparker: Gli avversari più potenti del gioco escludendo il boss finale, condivideranno le stesse abilità degli zombie precedenti ma con la pericolosa aggiunta di poter uccidere istantaneamente con la loro presa, anche se abbiamo la massima quantità di vita. Inoltre, saranno estremamente resistenti e avranno la capacità di potenziare o resuscitare altre categorie di nemici, rendendoli gli antagonisti più temibili di tutta l’avventura.
Inoltre, ciascuno di questi nemici (ad eccezione dello Sparker) ha una variante rossa, resistente a tutti i colpi delle nostre armi da fuoco e che possono essere sconfitti solo attraverso il congelamento del Frost Grip.
Sebbene possiamo chiudere un occhio sulla mancanza di varietà nelle armi, la creazione di un survival horror con solamente tre gruppi di nemici, oltretutto molto simili tra loro e con solo una o due tipologie di attacco spesso anche condivise, risulta decisamente limitante. In un gioco che richiede di affrontare costantemente tutti i nemici, diventa difficile trovare divertimento nell’incontro ripetuto con le stesse categorie dove ad un certo punto si imparano i movimenti a memoria, rendendo l’esperienza di gioco estremamente monotona.
Curva di difficoltà
Le problematiche discusse finora sono indubbiamente questioni più o meno gravi, ma nessuna di queste è in grado di compromettere completamente l’esperienza di gioco. Purtroppo non possiamo fare lo stesso discorso quando si tratta della gestione della difficoltà, soprattutto nel modo in cui questa varia nelle diverse fasi del titolo, che si è rivelato l’aspetto più critico generando notevole frustrazione nel corso della nostra avventura.
Il problema non risiede nella disponibilità di risorse come medikit o munizioni poiché, anche se in alcune sezioni del gioco queste venivano fornite in quantità limitate costringendoci a ponderare attentamente ogni colpo, non ci siamo mai trovati completamente a secco. Allo stesso modo, anche se i nemici non sono perfettamente bilanciati rispetto alla velocità del nostro personaggio, non si sono rivelati una minaccia così significativa dato che è sufficiente imparare i loro movimenti per contrastarli efficacemente.
Tuttavia questa affermazione è vera quando dobbiamo affrontare uno o due zombie, se invece ci troviamo circondati (una situazione che si verifica spesso), ci piazziamo in una situazione completamente diversa. Il gioco infatti ci chiude ogni via di fuga per sfuggire al combattimento, bloccandoci spesso in spazi troppo angusti per muoverci liberamente, in mezzo ad avversari più veloci di noi e capaci di eliminarci con un solo colpo.
Soprattutto quando si presentano in gran numero non è raro essere colti di sorpresa più volte alle spalle, considerando che questi avversari non emettono alcun suono che permetta al giocatore di percepire la loro effettiva vicinanza. Inoltre, mantenere la concentrazione su tutti gli aspetti dello scontro risulta particolarmente impegnativo, dato che il rischio di commettere un minimo errore può far scattare rapidamente una catena di attacchi che può consumare tutta la nostra vita in pochi istanti.
Considerando poi quanto sia cruciale il Frost Grip in battaglia, dato che le varianti rosse degli zombie non sono affatto rare e che è essenziale per evitare che questi si rianimino, troviamo sconcertante la decisione di limitarne così drasticamente l’utilizzo tramite una ricarica automatica estremamente lenta, anche quando è potenziata. È vero che sono disponibili dei rifornimenti per il Frost Grip, ma questi sono limitati e occupano prezioso spazio nel nostro inventario, e non di rado ci troveremo senza.
Abbiamo dovuto spesso fare i conti con situazioni assurde dove la nostra unica opzione era di correre in cerchio finché non accumulavamo abbastanza energia per attaccare, portando così ad un gameplay noioso, frustrante e monotono, che si è rivelato senza ombra di dubbio l’aspetto meno convincente dell’intero titolo.
COMPARTO TECNICO E GRAFICO
Tenendo sempre presente che il prodotto di cui stiamo discutendo non appartiene alla categoria dei titoli tripla A, non possiamo non apprezzare l’eccezionale impegno del team di Invaders Studios nel conferire al gioco una notevole bellezza visiva. Nonostante alcune problematiche legate al frame rate in alcune zone, il titolo si distingue per la realizzazione di ambienti suggestivi che si fondono perfettamente con l’atmosfera generale, attentamente curati nei minimi dettagli.
Un aspetto che di certo non va dato per scontato è che nel corso della nostra esperienza abbiamo riscontrato solo pochi bug, principalmente di natura grafica e di entità minore, i quali non hanno in alcun modo compromesso la fluidità del gameplay.
COMPARTO SONORO
Nonostante l’origine italiana del titolo, il gioco sarà dotato esclusivamente di un doppiaggio in inglese che purtroppo non sempre riesce ad essere convincente, soprattutto in alcuni momenti cruciali della trama in cui in particolare la protagonista fatica a esprimere l’adeguata emotività vocale necessaria alla scena.
Per i giocatori italiani sono comunque disponibili i sottotitoli, ma abbiamo notato che la loro realizzazione è stata per la maggior parte trascurata, con alcune imprecisioni grammaticali e semplificazioni eccessive nella traduzione.
D’altro canto, dobbiamo apprezzare la qualità della colonna sonora del titolo, la quale, pur non essendo particolarmente memorabile, riesce a creare con maestria l’atmosfera adeguata nei momenti più misteriosi o tesi, fornendo anche la giusta drammaticità alle scene che la richiedono.
Ringraziamo la pizza fritta per averci fornito la chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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