Non è una novità, il genere horror è uno dei più gettonati dai creativi indipendenti, i quali vanno spesso e volentieri oltre le barriere del convenzionale per proporre esperienze autoriali e straripanti di carattere. Fra le tante tendenze degli ultimi anni, una delle più apprezzate è senza dubbio l’horror radicato nelle tradizioni oscure e dimenticate delle civiltà che furono: il folklore.

Il corredo di storie e leggende è talmente ampio e variegato che questa tematica potrebbe tranquillamente considerarsi una delle poche “tele bianche” di un’industria videoludica in costante mitosi creativa. Se nel cinema ricordiamo produzioni come The Wicker Man, Midsommar, The Witch o November, fra i videogiochi possiamo menzionare Mundaun, Bramble: The Mountain King o anche il nostro Saturnalia.

Il titolo di cui parleremo in questa sede è Daemonologie dello sviluppatore Katanalevy (Chris Evry), una piccola esperienza punta e clicca fortemente ispirata dai processi alle streghe della Scozia del 1600.


Il gioco

In Daemonologie interpreteremo i panni di un cacciatore di streghe incaricato dalla Chiesa di indagare sulle accuse di stregoneria in un piccolo villaggio rurale scozzese. Il tempo stringe, e avremo solo pochi giorni per indicare quale fra gli abitanti si sia macchiato di stregoneria per condannarlo all’esecuzione.

L’investigazione potrà essere gestita in due modi: chiedendo informazioni con le buone o estrapolandole con la forza attraverso una varietà di torture corporali.
I sospettati sono pochi, ma la giornata avanzerà ogni volta che porremo una domanda, imponendo la necessità di scegliere con attenzione il soggetto delle nostre interrogazioni.
Nonostante gli sforzi, scopriremo che quasi tutti continuano ad accusarsi a vicenda, creando un circolo vizioso di disapprovazioni che lascia spazio a molte domande e pochissime risposte concrete.

Vien da se che difficilmente riusciremo ad assaporare la totalità di ciò che la narrativa ha da offrire in una sola partita, dovendo ricominciare il gioco 3 o 4 volte per arrivare ad un quadro generale più completo di ciascun personaggio. Chi è la strega? Chi mente e chi ha dice sempre e solo la verità… ma soprattutto, le streghe esistono davvero?

Non aiuta l’aspetto grottesco e distorto degli abitanti, riflesso dell’animo cupo e inquieto di un periodo storico segnato dalla paura e dalla superstizione. Le interazioni non sono molte, ma oltre a dover torturare manualmente i nostri interlocutori attraverso macabri minigiochi, avremo anche il compito di “tradurre” la lingua dialettale utilizzata dal gioco attraverso un apposito glossario.

Questa introduzione aggiunge una profondità inaspettata al titolo, che ne guadagna anche e soprattutto in atmosfera. Ed è forse questo l’aspetto meglio riuscito dell’esperienza, che ci vede completamente immersi in una visione opprimente e distorta ma al contempo storicamente ricercata.
Aspetto artistico che entra in perfetta sincronia con la soundtrack realizzata dallo stesso autore, ricca di cori e melodie riecheggianti.

Fra disegni realizzati in una pixel art inquietante ed incubi notturni in un piacevolissimo stop-motion, Daemonologie trova la sua realizzazione in una piccola gemma di grande portata creativa ad un prezzo davvero irrisorio.


L’intervista

Attratti dal lavoro meticoloso dello sviluppatore, e interessati in quanto amanti del genere horror in tutte le sue derivazioni, abbiamo pensato di inquisirlo per realizzare una piccola intervista:

  • Quali sono state le principali ispirazioni dietro la creazione di questo titolo?

Originariamente, era un progetto per l’Haunted PS1 Halloween Jam del 2020, il cui tema era l’horror folcloristico. La Scozia ha leggende popolari incredibilmente vivaci e una storia ricca, ma è raro vedere giochi che ne facciano uso, quindi, essendo scozzese, mi è sembrato un abbinamento perfetto.
In quel periodo ero innamorato di The Lighthouse di Eggers e volevo creare qualcosa che si adattasse a un formato quadrato e a una palette scura in scala di grigi. Inizialmente volevo creare una storia molto fantastica, ma dopo aver rivisto Witchfinder General di Michael Reeves, sono stato ispirato a dare l’impressione di orrori soprannaturali, ma mantenendo il tutto radicato nella realtà.

E’ interessante notare come il fenomeno delle Game Jam abbia influito sulla crescita del mercato indie, portando inoltre al rilascio di alcuni titoli dalla grande fama come Superhot, Inscryption, Celeste e molti altri.

  • Nel gioco ci sono alcune sezioni realizzate in stop-motion; come si è svolto quel processo?

La versione del 2020 aveva stanze statiche per gli incubi, e la cosa principale che volevo rinnovare in questo remake era creare piccole storie in forma di vignette. Ho sperimentato diverse tecniche di animazione come la classica animazione pixel art, il rotoscoping e l’animazione con marionette deformate, prima di decidere di provare la stop-motion. Adoro il lavoro di Tippett e Harryhausen. Purtroppo non ho lo spazio di uno studio né l’esperienza con le marionette per rendere la stop-motion fisica un’opzione praticabile, quindi ho creato i personaggi in 3D e li ho animati muovendo manualmente le ossa ogni 4 fotogrammi, come si farebbe con un’armatura fisica, per dare quell’aspetto da stop-motion. Ho creato le texture in Substance con trame su larga scala, così che i vestiti sembrassero fatti di piccoli pezzi di stoffa. Penso che sia anche fortunato il fatto che io sia piuttosto scarso nell’animazione, poiché aiuta a vendere l’aspetto amatoriale della stop-motion.

  • Pensi che ci sia un mercato per esperienze così brevi nel panorama indie?

Credo di sì. Sono abituato a pubblicare su itch.io da oltre un decennio e penso che il pubblico lì sia molto aperto alle esperienze più brevi. Questo primo passo su Steam è stato un modo per capire come un gioco breve sarebbe stato accolto su quella piattaforma. Ci saranno sempre persone con strane aspettative sul rapporto prezzo/tempo, ma ci sono anche molti giocatori come me, che si avvicinano ai 40 anni con meno tempo libero a disposizione e sono affamati di esperienze più brevi che possano adattarsi alla vita quotidiana.

Non potremmo essere più d’accordo!

  • Qual è stata la sfida più significativa durante il processo di sviluppo?

Scrivere i dialoghi, senza dubbio! Mi sento decisamente più a mio agio con i media visivi e il design audio/musicale. Tutti i miei giochi precedenti erano quasi completamente privi di dialogo per questo motivo. Ma volevo sfidarmi durante la jam originale per superare la mia paura di scrivere dialoghi. Col senno di poi, cercare di intrecciare sei diverse narrative che si ramificano a seconda di chi hai parlato è stato un compito piuttosto arduo, ma alla fine mi sono divertito. In particolare, ho trovato liberatorio scrivere le imprecazioni colorite per Auld Crone Griselda.

Passare dall’assenza di dialoghi al dialetto scozzese antico deve essere stata una sfida memorabile…

  • Hai già idee per futuri progetti? Stai lavorando a qualcosa di più grande?

Ho sempre diversi prototipi su cui sto lavorando. Di recente ho giocato al classico per PS1 Alien Resurrection su un vecchio CRT e adoro l’aspetto e il suono di quel gioco! Ho anche un paio di lettori VHS collegati a un mixer video “sporco” con cui sto sperimentando, quindi molto probabilmente il prossimo progetto incorporerà tutte queste estetiche, insieme a una storia in stile PKD su una cremazione nello spazio che mi ronza in testa da un po’. Senza dubbio sarà più grande di Daemonologie, ma comunque un’esperienza compatta e contenuta.

Non vediamo l’ora!

  • Il titolo sembra fortemente radicato nelle tradizioni popolari; la sua creazione ha richiesto un processo di ricerca?

Crescendo a Fife e vivendo a Edimburgo, vicino a North Berwick, avevo già una certa conoscenza dei processi alle streghe. Ma questo progetto ha richiesto una costante ricerca, non solo per verificare i dettagli, ma anche per immergermi nella storia. Ho spesso letto Familiar Dialogues di Jacques Bellot per comprendere meglio la lingua dell’epoca quando scrivevo i dialoghi. Ho letto ampi estratti sia di Daemonologie che del Malleus Maleficarum e ho studiato tutto quello che ho potuto su John Kincaid e Matthew Hopkins per cercare di capire la mentalità dei cacciatori di streghe. È stata una fortuna anche il fatto che mio padre fosse un autista di autobus turistici a Edimburgo, così ho potuto sfruttare le sue conoscenze su Giacomo VI/I, Maria Stuarda, il conte di Bothwell e le condizioni che hanno portato ai processi alle streghe del XVII secolo in Scozia.

Infine, ci sembrava opportuno lasciare un messaggio per tutti coloro che fossero interessati al progetto da un punto di vista realizzativo…

  • Che consiglio daresti a chiunque voglia dare vita alla propria visione dell’horror sotto forma di videogioco?

Le esperienze interattive/videogiochi potrebbero essere uno dei medium più difficili in cui lavorare, poiché richiedono competenze da molte altre discipline e una buona dose di conoscenze tecniche, ma sono assolutamente uno dei migliori per l’horror.
Grazie alla partecipazione del pubblico, è più facile puntare all’immersione e giocare con le aspettative. Gli strumenti sono più accessibili e facili da imparare di quanto non lo siano mai stati e c’è un pubblico per un’ampia gamma di esperienze. Inizia in piccolo, non avere paura di sperimentare e sbagliare. Stai lontano dalle “scorciatoie” come le AI generative. Impara le basi degli strumenti e inizia semplicemente a creare qualunque cosa strana ti passi per la testa.


Ringraziamo Katanalevy per averci fornito una chiave del gioco e per il tempo dedicato all’intervista.
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Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.