From Software è ormai una delle case produttrici di videogiochi più popolari in assoluto, in ascesa sin da quando Dark Souls ha conquistato i giocatori nel lontano 2011, tuttavia sembrano essersi incasellati in un genere di videogiochi che nonostante la grande qualità è diventato quasi prevedibile.
Mentre From sta vivendo un epoca d’oro grazie al successo planetario dei propri titoli, oggi vi parleremo delle origini di tutto, del periodo in cui questa famosa casa di produzione dava alla luce serie tanto diverse quanto di nicchia come Armored Core e King’s Field.

In questo nuovo appuntamento di “Uno sguardo al passato”, affronteremo uno dei titoli più trascurati e dimenticati di From Software, ma che già ai tempi sfoggiava la stessa narrativa acuta che riscontriamo nei Souls, Echo Night per PS1.


Incipit narrativo

La storia comincia in medias res con il nostro giovane protagonista Richard Osmond che, dopo aver ricevuto una chiamata dalla polizia, viene scortato a casa di suo padre che è stata vittima di un misterioso incendio su cui si sta ancora indagando.
Avventurandoci nei resti carbonizzati della villa di famiglia, cominceremo le nostre ricerche scavando tra le rovine e trovando ben presto passaggi segreti e opere d’arte quasi intatte nascoste da strani meccanismi.

Toccando un libro nascosto tra le intercapedini di un muro, veniamo trasportati improvvisamente nel passato dove, seguendo le orme di nostro padre, saliamo su un antico treno a vapore che è il palcoscenico delle prime fasi di gioco e di un rudimentale tutorial che non rinuncia a colpi di scena e a rivelazioni importanti.

La narrativa di Echo Night presenta una buona parte dei trope per cui From è diventata tanto famosa, ma in un modo unico, quasi rudimentale ma non meno affascinante.
La trama è asincrona e ci viene presentata attraverso flashback o sezioni di gioco ambientate in diversi punti del passato, richiedendo un impegno costante da parte del giocatore per seguire tutti gli intrecci presentati.

In poche parole, bisognerà formulare le ormai classiche speculazioni sugli avvenimenti a cui assisteremo e trarre le conclusioni giuste per poter apprezzare la storia di tutti i personaggi presenti che risultano in questo modo parecchio approfonditi e interessanti.
Altro punto in comune con le opere di From a cui siamo più abituati, è l’amore che Echo Night nutre per lo scripting spettacolare, risultando quasi teatrale e riuscendo, nonostante le limitazioni dell’hardware su cui è nato, a lasciare a bocca aperta durante alcune sequenze di gioco.

Purtroppo, per quanto la narrativa di Echo Night risulti tanto stratificata da richiedere più di una run per essere apprezzata appieno, all’uscita venne aspramente criticata per gli stessi motivi per cui tanto apprezziamo attualmente quella dei Souls.


Gameplay

Quando pensiamo a From Software, immaginiamo uno stile di gioco implacabile, veloce e brutale, in cui la sfida è posta nei riflessi dei giocatori pronti a combattere schiere di nemici sempre più impegnativi, ma non è di certo questo il caso quando si parla di Echo Night.
Il titolo si presenta infatti come un misto tra un’avventura punta e clicca in prima persona ed un classico survival horror, con scelte di design che lo rendono unico nel suo genere persino dopo tutti questi anni.

Esplorare gli ambienti di Echo Night

Dopo la rocambolesca introduzione sul treno in corsa, Echo Night rallenta nei ritmi e ci introduce alla nave abbandonata Orpheus, la location principale in cui passeremo la gran parte delle ore della nostra avventura.
Ci si muove in ambienti completamente tridimensionali, richiedendo al giocatore un approccio metodico all’esplorazione per svelare i numerosi indizi e modi di proseguire nascosti nelle varie stanze del complesso.

From adotta una prospettiva in prima persona, permettendoci di interagire con una quantità impressionante di oggetti circostanti tramite un cursore centrale.
Ogni singolo cassetto della Orpheus è apribile, quasi ogni oggetto a schermo è esaminabile e quasi ogni sedia del gioco può essere spostata sia per risolvere gli enigmi ambientali che per puro divertimento.

Si parla di una cura dei dettagli ed un’accortezza ludo-narrativa paragonabile al leggendario Shenmue, e di una narrativa ambientale degna dei titoli successivi sfornati da From Software.
Ad ogni modo, la nave è sospesa in un limbo e per avanzare sia negli ambienti che nella trama, dovremmo risolvere parecchi puzzle che renderebbero orgogliosi i primi Resident Evil.
Infatti, questi non risulteranno mai ottusi o con soluzioni astruse ma sfideranno ripetutamente la capacità di guardarsi attorno di molti giocatori.

Ciononostante, il principale ostacolo del gioco non saranno porte chiuse o combinazioni da trovare, bensì le manifestazioni spettrali di tutti i morti che si aggirano per i corridoi della Orpheus, anime intrappolate in una sofferenza perenne e capaci di decimare i già pochi HP del nostro Richard.

Affrontare gli Echi del passato

Al contrario della maggior parte dei survival horror, i fantasmi che incontreremo non saranno da combattere ma bensì da comprendere, infatti Echo Night sceglie un approccio particolare per quanto riguarda la gestione dei nemici durante l’avventura.

Ogni singolo spettro ha una storia e un background completamente sviluppati, spesso molto tragici, con una motivazione per non essere ancora asceso nell’aldilà. Il nostro compito è quindi scoprire la storia dei fantasmi che ci sbarrano la strada e aiutarli a lasciare indietro i loro ultimi rimpianti.

Ma come fare?
Ecco che entra in gioco la seconda meccanica principe dell’avventura, i viaggi nel tempo.
Esplorando le stanze o dialogando con gli spettri, spesso verremmo trasportati nel passato dell’oggetto toccato o del fantasma con cui stiamo dialogando, in questo modo potremo vivere in prima persona ogni avvenimento importante della diverse vittime che incontreremo.

Una volta nel passato, il nostro compito principale sarà capire quale rimpianto ancora lega il defunto al mondo naturale e semplicemente aiutarlo a passare oltre interagendo con gli oggetti giusti o aspettando il momento più opportuno per svolgere una determinata azione.
Non tutti gli spettri però saranno tanto amichevoli, e molti saranno più che felici di darci la caccia in modo spietato.

L’unico modo per difenderci dai fantasmi è usare la luce, e nelle prime fasi di gioco la sfida consisterà spesso nel trovare un modo per illuminare le stanze che esploriamo, diventando sempre più difficile con l’avanzare del tempo.
Echo Night, infatti, presenta un ciclo giorno-notte in tempo reale che influisce direttamente sui comportamenti di alcuni fantasmi e sull’accessibilità di alcune zone della Orpheus.

Il gioco tuttavia non si limita solo a questo e, riuscendo a prendersi poco sul serio quando necessario, cambia spesso le carte in tavola non risultando praticamente mai noioso e proponendo sempre un enigma o una meccanica nuova per stravolgere il ritmo.
Per esempio, durante la parte di mezzo del gioco, avremmo la possibilità di sfidare la sorte alla roulette o di giocare a Black Jack con una famosa campionessa ormai passata a miglior vita.


Comparto artistico e tecnico

A livello tecnico non c’è niente di cui lamentarsi, il gioco gira tranquillamente senza intoppi, frutto di un passato in cui le famigerate patch al day one non potevano salvare le case di produzione da un lancio approssimativo.
Il comparto artistico invece è semplicemente superbo, mentre la maggior parte dei fantasmi si presenta come una semplice silhoutte nera, gli ambienti e gli spettri aggressivi sono un vero gioiello.

Impossibile non notare l’impressionante varietà delle location che avremo modo di esplorare, da un Casinò spettrale ad un enorme castello medioevale che sembra aver ispirato alcune delle architetture che riscontriamo nei più moderni Souls.
Le ambientazioni sono sempre state uno dei punti focali delle opere di From Software, e questo è evidente anche nei suoi primissimi titoli. Ogni dettaglio è stato cesellato con cura per raccontare una storia visiva ben congegnata, che il giocatore potrà seguire in modo completamente autonomo.
Anche le musiche sono di tutto rispetto, con alcune delle OST più ispirate della generazione ma che sfortunatamente sono passate sotto i radar dei più.


In conclusione

From Software è indubbiamente unica, ma in un periodo in cui ci siamo un po’ abituati all’ennesimo colosso alto tre metri che fa capriole in arena con due spade sguainate, è interessante riscoprire il passato di questa casa produttrice.
Sebbene abbia nel tempo sviluppato una forte identità che tutti apprezziamo, sarebbe un peccato dimenticare queste affascinanti origini precedenti ai draghi e ai cavalieri.


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Di Emanuele Annunziata

Cresciuto a pane e videogames, amante dei Survival horror e anime anni ottanta. Particolarmente interessato a tutti i vecchi giochi che oramai sono finiti nel dimenticatoio.