Finalmente la serie post-apocalittica più amata dai videogiocatori ha raggiunto le televisioni di tutto il mondo grazie agli Amazon MGM Studios, siete pronti a ritornare nella zona contaminata di Fallout? Tenete a mente però: questa volta lo faremo…da spettatori!
La produzione Kilter Films e Bethesda Studios ha debuttato su Amazon Prime Video il 10 Aprile, raggiungendo immediatamente il primo posto nelle classifiche di tutto il mondo e il cuore di tutti gli appassionati del franchise.
Cattiva, provocatoria, e magicamente bizzarra, con fortissimi richiami al western (grande amore del regista e produttore Jonathan Nolan), alla spy story e con un livello di attenzione ai dettagli della serie videoludica che sfiora l’ossessivo-compulsività, pur senza risultare pesante e incomprensibile a chi è nuovo all’universo di Fallout.
Da fan dell’universo nato dall’immaginazione di Timothy Cain abbiamo seguito i primi 8 episodi come dei bambini che scartavano i loro regali sotto l’albero di Natale, e ci auguriamo che a questa prima stagione ne seguano tante altre, tutte con la stessa (altissima) qualità.
La trama
I DON’T WANT TO SET THE WORLD ON FIRE…
2077, ogni aspetto della vita contemporanea è molto simile a come gli americani degli anni 50′ immaginavano il futuro.
Il design di capi d’ abbigliamento, oggetti e veicoli, è influenzato pesantemente dalla fantascienza di serie B tanto amata nei Fabulous Fifties, e anche la cultura pop è totalmente condizionata da quella decade, basti pensare che ogni hit musicale dell’epoca risale ad almeno 120 anni prima.
Intanto il mondo, in seguito a una guerra per le risorse durata 25 anni, abbandona del tutto i combustibili fossili in favore di fissione e fusione nucleare.
Nonostante in questa linea temporale alcune tecnologie rimangano sostanzialmente obsolete (tv in bianco e nero, computer allo stato dei primi modelli da tavolo degli anni 60′) altre, perlopiù militari, vedono uno sviluppo incredibile grazie alla ricerca sul nucleare.
Vengono così prodotte avanzatissime intelligenze artificiali e robot (prima militari e poi domestici) , armi a energia, farmaci capaci di stimolare una rigenerazione cellulare quasi immediata, veicoli alimentati da celle nucleari e colossali armature atomiche che (almeno in teoria) proteggono i soldati da qualsiasi arma e danno, conferendogli al tempo stesso una forza inarrestabile.
Nonostante il grande avanzamento tecnologico però, o forse proprio per questo, il mondo è tutto fuorché un posto sicuro.
Un decennio dopo una guerra tra gli Stati Uniti e la Cina, culminata con l’annessione del Canada da parte dei primi e un tentativo di invasione dell’Alaska da parte dei secondi, gli attriti tra le due fazioni riprendono, e tutto il pianeta trattiene il fiato mentre l’ipotesi di uno spaventoso conflitto nucleare diventa giorno dopo giorno sempre più reale.
Oltre alla tensione tra le nazioni, i cittadini degli Stati Uniti vedono il loro paese, sempre più a corto di risorse dopo decenni di spese militari folli, venire letteralmente smembrato e venduto a una serie di aziende che prosperano grazie allo stato di terrore crescente e dal ritorno del Maccartismo, che ha portato all’instaurazione di uno stato di polizia e alla persecuzione di ogni critica e protesta nei confronti di questo libertarismo incontrollato.
Tra tutte queste aziende spicca la Vault-Tec Corporation, l’azienda di difesa più importante nel mondo, incaricata dal governo U.S.A. di costruire una serie di bunker sotterranei autonomi in grado di resistere per centinaia di anni.
Questi sono sparsi per tutta la nazione e sono noti come Vault, il loro scopo ultimo è quello di garantire la preservazione della razza umana anche di fronte all’annichilimento nucleare.
Nonostante la Vault-Tec abbia una mission aziendale pacifica nasconde degli obiettivi ben più sinistri, come chi ha già giocato ai vari capitoli della saga sa bene.
In questo contesto di paranoia e terrore veniamo introdotti al mondo di Fallout, e all’inizio del primo episodio di questa stagione conosciamo il primo dei protagonisti principali della serie, Cooper Howard (splendidamente interpretato da Walton Goggins).
Cooper è un’attore western hollywoodiano specializzato nel ruolo del cowboy. Durante questi momenti iniziali della puntata sta attraversando un momento di profonda difficoltà, dopo essere caduto in disgrazia tacciato di comunismo e mentre sta affrontando un pesantissimo divorzio.
Le primissime scene di Fallout vedono Howard, ridotto a dover intrattenere col lazo dei bambini durante una festa di compleanno per sbarcare il lunario, accompagnato da sua figlia Janey (Teagan Meredith).
I due, insieme ai partecipanti della festa, saranno colti all’improvviso dall’esplosione di diversi ordigni tattici nel pieno centro di Los Angeles.
L’attore e la bambina scapperanno a cavallo verso un futuro incerto nel mezzo del caos più totale, mentre la distruzione mutua assicurata dell’intero pianeta darà il via alla linea cronologica degli eventi della saga di Fallout.
Non conosceremo immediatamente il destino di Cooper e Janey, ma dopo questa scena introduttiva faremo un salto di 200 anni, sino al 2296 (10 anni dopo gli eventi di Fallout 4), trovando il cowboy ancora vivo e mutato dalle radiazioni, psicologicamente cambiato da secoli di lotta per la sopravvivenza.
Il vecchio Howard Cooper è morto e sepolto, quello che un tempo era un eroe hollywoodiano dotato di forti principi morali è diventato il cacciatore di taglie noto come Ghoul: cinico,spietato e pronto a tutto pur di guadagnare qualche tappo.
Oltre al fato del Ghoul, questo balzo nel futuro ci permetterà di conoscere il Vault 33, uno dei 3 bunker dell’area di Santa Monica, Los Angeles.
La particolarità dei suoi Vaultie (come vengono definiti dagli ”esterni” gli abitanti di questi habitat sotterranei) è proprio quella di non essere totalmente isolati da qualunque altro essere umano sulla faccia del pianeta.
A differenza di tutti gli altri Vault che abbiamo conosciuto nella saga videoludica il Vault 31, 32 e 33 sono comunicanti tra di loro, e le sue impenetrabili porte possono aprirsi per gli abitanti degli altri due bunker, ma solo per delle occasioni specifiche.
È proprio durante la preparazione per uno di questi momenti che facciamo la conoscenza di Lucy McLean (Ella Purnell), figlia del capo del Vault 33, Hank McLean ( Kyle MacLachlan).
Uno degli eventi durante cui gli abitanti di due Vault possono incontrarsi è durante i matrimoni (combinati, per scongiurare tare genetiche nella prole) tra gli individui dei due habitat.
Con un discorso in cui dimostra tutte le sue abilità (una chiara citazione del ruleset S.P.E.C.I.A.L. presente sin dal primo videogioco) e presentando i risultati di un test che dimostra l’assenza di mutazioni genetiche, Lucy consegna al consiglio di amministrazione del suo Vault la richiesta formale di potersi sposare e riprodurre con uno sconosciuto abitante del 32 assegnatogli da un sistema informatico, in maniera tale da continuare a portare avanti la popolazione di queste comunità.
Durante quest’avvenimento veniamo introdotti all’apparentemente idilliaco ambiente sociale dei Vault, ai loro abitanti (vestiti esclusivamente con le iconiche divise blu e oro Vault-Tec) e ai loro usi e costumi, che appaiono terribilmente fuori posto e naïve nell’universo narrativo di Fallout .
I Vaultie, grazie al loro isolamento, sono le ultime persone sul pianeta a possedere una vera e propria educazione e dei valori risalenti all’epoca pre-bellica, per quanto condizionata dalla propaganda pubblicitaria asfissiante operata dalla Vault-Tec.
Nelle intenzioni dell’azienda, il destino degli occupanti del Vault 31, 32 e 33 è quello di risalire in superficie (prima o poi) e riprendere le redini del mondo a qualunque costo, strappandolo in teoria solamente da bande di predoni nomadi e fungendo quindi da classe dirigente.
Chiunque abbia giocato ai diversi capitoli di Fallout sa bene però che queste informazioni sono in realtà false, a dispetto delle valutazioni fatte prima della guerra dalla Vault-Tec infatti nel 2296 (ben prima, come visto in Fallout 1) esistono organizzazioni e comunità sociali organizzate che cercano di governare, con vari metodi e seguendo varie ideologie e forme religiose, quanto è rimasto del mondo.
Una di queste è la Confraternita d’Acciaio, un’ordine tecno-monastico, ultimo detentore della tecnologia militare del 2077.
Braccio armato della Confraternita d’Acciaio è un’esercito di stampo neo-cavalleresco costituito da unità di élite note come Cavalieri; queste sono equipaggiate con tute protettive alimentate da pile atomiche, chiamate per l’appunto armature atomiche, e sono armate con gigantesche chain gun ed enormi fucili d’assalto.
Dotati di un’addestramento e di un’equipaggiamento di prim’ordine, i membri della Confraternita percorrono la landa desolata degli Stati Uniti a bordo di aeronavi e VTOL con lo scopo di preservare e mettere al sicuro (anche con la forza) qualunque tecnologia prebellica sopravvissuta, dalle armi avanzate ai tostapane.
Tra i ranghi più bassi dell’organizzazione troviamo il terzo e ultimo protagonista principale della serie: Maximus (Aaron Moten),il quale, a differenza degli altri due, è apparentemente privo di particolari abilità.
Il bullizzato sguattero verrà promosso alla carica di scudiero di un Cavaliere (in pratica un portaborse tuttofare altamente sacrificabile) grazie a un colpo di fortuna, scoprendo alla prima missione che la presunta nobiltà d’animo e coraggio di questi titani corazzati è pura propaganda.
Le vicende dei tre individui, così diversi tra loro per origine e capacità, saranno intrecciate a doppio filo a quelle di uno scienziato in fuga dopo aver tradito un’organizzazione politica che spadroneggia nelle wasteland, L’Enclave.
Composto da tecnocrati senza scrupoli che sperimentano su ogni tipo di essere vivente (e non), questo gruppo ha messo una taglia sulla testa del fuggitivo, che è scappato portando con se una preziosissima tecnologia che potrebbe cambiare per sempre il corso della vita dei sopravvissuti della zona contaminata e dare potere illimitato a ogni governo che dovesse mettervi le mani sopra.
Il world-building
CRAZY HE CALLS ME…
Se è vero che la stragrande maggioranza dei film e delle serie televisive basate sui videogiochi potevano al massimo aspirare alla mediocrità sino agli ultimi anni, c’è da considerare il fatto che recentemente produttori e sceneggiatori televisivi e cinematografici hanno cominciato finalmente a ”capire” questo medium e le esigenze di un pubblico di ”gamer”, e stanno cominciando a sfruttare in maniera efficace la potenzialità di raccontare delle storie interessanti e ”nuove” per un target che non ha mai preso in mano un joypad.
Partendo questo presupposto per noi Fallout si impone come una delle migliori trasposizioni videoludiche mai portate su schermo, se non la migliore in assoluto.
L’unico difetto che abbiamo notato in questa prima stagione è semplicemente il fatto che 8 episodi da 45 minuti sono davvero troppo pochi, ne avremmo davvero voluti almeno 12.
Scrivendo queste righe ci viene subito da pensare all’unico vero contendente degno di nota per il titolo, The Last Of Us, che è stato però pensato, scritto e girato in maniera radicalmente diversa da Fallout.
Mentre Craig Mazin e Neil Druckmann hanno raccontato in maniera pedissequa le avventure di Ellie e Joel, aggiungendo delle (ottime) sotto-trame per arricchire un’esperienza televisiva che sarebbe stata altrimenti troppo scarna, Lisa Joy e Jonathan Nolan sono andati ben oltre, il duo è riuscito a creare un prodotto perfetto sia per i videogiocatori che per i semplici appassionati di fantascienza e/o serie tv che non si sono mai approcciati prima a questo universo narrativo.
Fallout supera il concetto di semplice adattamento per diventare un nuovo capitolo della saga ma su un diverso formato mediatico, in grado di funzionare benissimo anche senza la conoscenza pregressa di quanto avvenuto nei videogiochi.
Questo nuovo episodio non si limita ad espandere la linea cronologica e la mitologia delle Wasteland, la grande intuizione della serie è che va a ripercorrere i mesi prima della Grande Guerra fornendoci uno scorcio della vita pre-apocalisse.
Tra un’avventura post-apocalittica e l’altra ci viene mostrata un’America terribilmente contemporanea alle prese con la paura dell’annichilimento nucleare, cosa che nessun Fallout aveva mai fatto, se non si considerano i primissimi momenti del quarto capitolo.
Ci viene inoltre offerto anche uno sguardo ”dietro le quinte” sui preparativi per la sopravvivenza della razza umana operati dalla Vault-Tec e sugli sforzi da parte delle big companies di sfruttare l’apocalisse incombente per puro guadagno.
Le nostre lodi spassionate e il giudizio assolutamente positivo sono merito dell’ottima regia, della fotografia impeccabile e della recitazione assolutamente sopra la media di praticamente tutti gli attori, ma la caratteristica che davvero eleva e differenzia la prima stagione di Fallout è l’impressionante lavoro di world-building operato dagli sceneggiatori.
Grazie all’attenzione per l’ambientazione la produzione è riuscita a trasporre perfettamente l’iconico e originalissimo mix di post-apocalittico, retrofuturismo e umorismo nerissimo tipico di Fallout, umorismo reso in maniera molto più contemporanea e sottile di quello che avevamo visto sulle piattaforme videoludiche.
Insomma, quella che sarebbe in ogni un’ottima serie televisiva ascende e diventa un prodotto televisivo di primissima qualità che travalica i limiti di entrambi i medium di riferimento; per far capire quanto consideriamo positivo il risultato, il paragone è quello con le stagioni migliori de Il Trono di Spade.
La mole mastodontica di dettagli a volte davvero minuscoli o apparentemente ininfluenti, presi dalla lore dei videogiochi, non solo servono ad attirare chi è cresciuto coi titoli Interplay o Bethesda e diciamocela tutta, anche ad accontentare i fan più intransigenti, che spesso pretendono una fedeltà assoluta all’opera di riferimento; essi contribuiscono a creare un’ambientazione solida e realistica come solo le migliori narrazioni fiction possono ambire ad avere, un plauso al fatto che il tutto viene poi integrato senza appesantire minimamente la narrazione e lo svolgersi degli eventi.
Le nostre aspettative sul fatto che venissero mostrati oggetti (come l’iconico Pip-Boy), personaggi, creature e luoghi già visti e visitati nei capitoli della saga videoludica non sono state disilluse, e anzi siamo rimasti stupiti dal grado di attenzione e cura nei confronti degli ”originali”.
La vera sopresa è stato vedere in una tv del 2077 lo show di Grognak il Barbaro, oppure i tappi di Nuka-Cola utilizzati come valuta nel 2296, o ancora osservare l’immediato effetto degli stimpak, capaci di curare in un attimo ferite di quasi ogni tipo, anche mortali.
L’unico dettaglio che inspiegabilmente non appare nello show è rappresentato dalle armi ad energia, probabilmente per ragioni di budget, ma volerlo considerare un difetto sarebbe davvero cercare il pelo nell’uovo.
E se il riferimento mostrato in quel momento stona in una serie televisiva? lo si modifica in maniera che sia il più accuratamente fedele all’ambientazione creando nuovi ed esilaranti elementi per la lore di Fallout.
Ed è così che viene mostrata la rigenerazione degli arti che abbiamo visto centinaia di volte nei giochi, non più con delle iniezioni (sempre di stimpak) in grado di far ricrescere il braccio o la gamba mancante, ma con le non molto confortevoli Jim’s Limbs (scelte dai veterani!)
Oltre a questo nuovo brand di arti prostetici vengono introdotti nel canone di Fallout tutta una serie di nuovi oggetti pre e post guerra , come le dissacranti pillole Piano D della Vault-Tec; delle pillole di cianuro (al sapore di banana!) che tutti quelli che non potevano permettersi il costosissimo ingresso nei Vault potevano utilizzare per morire in maniera tranquilla in tempi prebellici in caso di attacco dei nemici cinesi, usati invece nel sadico mondo del 2296 da chi è stanco di lottare per la sopravvivenza.
Oltre ai riferimenti visivi anche gli eventi ma sopratutto i dialoghi della prima stagione sono una fonte inesauribile di informazioni sulla zona contaminata, arrivando a citare in maniera metanarrativa alcune feature dei videogame della serie.
Ad esempio non possiamo non vedere una grandissima ironia sul poco realistico sistema di gestione dell’inventario dei videogiochi Fallout quando Maximus inizia a trascinarsi in giro un borsone da caddy in formato gigante che contiene tutto l’equipaggiamento del Cavaliere a cui è stato assegnato, esattamente come quando il giocatore riempiva il companion di attrezzature inutili per riuscire a viaggiare leggero.
O ancora come non trovare riferimenti metanarrativi nell’epica scena in rallenty in cui la baraccopoli di Filly diventa il teatro di una sparatoria alla Mezzogiorno di Fuoco? Per noi è una citazione della meccanica di puntamento S.P.A.V. introdotta proprio da Fallout 3.
Forse poi è la nostra immaginazione malata, ma nell’episodio successivo, quando Walton Goggins dice:
”In questo maledetto posto c’è sempre qualcosa che ti distrae da quello che devi realmente fare” ci è davvero sembrata una rottura della quarta parete e una citazione direttissima del tipico sistema di fetch quest ed eventi casuali degli rpg open world Bethesda.
Quest’immensa opera citazionista non poteva poi includere la colonna sonora.
La produzione ha capito che le decine di canzoni presenti nelle radio dei vari titoli, pezzi che spaziano temporalmente dalla jazz age degli anni 30′ alla rock’n’roll era dei primi 50′, erano parte integrante dell’originalissima ambientazione retrofuturista di Fallout, ed è per questo che la OST della serie è composta per la maggior parte dagli stessi brani che abbiamo ascoltato centinaia di volte nelle nostre peregrinazioni radioattive, con qualche aggiunta di rilievo del country americano, come la bellissima ”So Doggone Lonesome” di Johnny Cash.
A queste si intervallano i brani della colonna sonora originale composta da Ramin Djawadi e alcuni brani originali delle colonne sonore dei vari giochi, tra cui spicca, in un intensissimo ed epico momento, il
”Fallout 4 Main Theme” di Inon Zur.
Regia
IT AIN’T THE MEAT, IT’S THE MOTION.
La prima stagione di Fallout è divisa in maniera netta tra il 2077 e il 2296, questo taglio tra i due periodi è così profondo che nei vari momenti temporali la narrazione cambia decisamente, spaziando tra diversi generi e con un tono molto differente.
Nel 2077 assistiamo essenzialmente a un dramma umano, che coinvolge prima di tutto una famiglia ma che in secondo luogo parla di un intera nazione e di un’intero pianeta che conta i minuti in attesa di un fungo atomico che spazzerà via la civiltà.
Il dramma diventerà poi spy story e fanta-thriller quando Cooper si alleerà con una sorta di resistenza che sta disperatamente cercando di evitare la catastrofe.
Il tutto come è intuibile viene dipinto con dei toni seri e fortemente politicizzati, e non sfugge l’ironia che una delle serie che affronta in maniera molto critica temi come il fanatismo lungotermista da parte delle élite tecnologiche e il capitalismo incontrollato in cui il guadagno viene posto addirittura al di sopra della stessa esistenza della razza umana sia prodotta da Amazon.
Per quanto riguarda il 2296 vediamo ripetersi ancora una volta eventi già affrontati in game in dozzine di quest. Ci viene mostrato il paradosso grottesco tra una società regredita alla barbarie dove è la legge del più forte a fare da padrona e il benessere artificiale dei Vaultie, che vivono le loro finte vite (le uniche in una parvenza di ordine e civiltà, per quanto fasulla) a decine di metri sottoterra, dietro spessissime porte di piombo, isolati da un mondo che li divorerebbe vivi, letteralmente.
Il tutto viene mostrato come un’action che sfocia spesso e volentieri in una sorta di Western fantascientifico (genere in cui Jonathan Nolan ha già dimostrato col suo Westworld di saper eccellere) e raccontato con un black humor di altissima qualità, con dei personaggi secondari caricaturali e grotteschi.
Ogni vicenda mostrata in questo momento storico assume, nonostante la gravità di quello che avviene su schermo, i toni della farsa satirica, persino un sopravvissuto agonizzante nel deserto radioattivo o un’azienda di schiavisti che rapiscono ghoul e umani per smembrarli e rivenderne gli organi vi strapperanno una risata.
Il character design
A WONDERFUL GUY…
Anche i personaggi di Fallout riflettono la scelta di mostrare i due momenti temporali in maniera così dualistica, tutte le figure che vivevano nel 2077 sono persone normali, che hanno una personalità sfaccettata, requisito necessario in una società complessa e in un momento storico difficilissimo (le famose maschere pirandelliane).
Tutto questo viene abbandonato nel 2296, dove tutti sembrano essere personaggi monodimensionali da videogioco che al massimo passano da uno ”status” a un altro, con il ritorno di una sorta di dualismo delle personalità che pare essere il trait d’union della serie, e attenzione, questo non è assolutamente un difetto, ma anzi crea una sorta di effetto paradossale che carica di umorismo grottesco tutte le varie situazioni.
Abbiamo riso come matti quando Maximus, da fedelissimo membro della Confraternita d’Acciaio scopre per la prima volta in vita sua le comodità pre-belliche di un Vault, decidendo di buttare tutto quello per cui aveva lavorato fino allora alle ortiche per passare il tempo sdivanato guardando il video di una cascata su una tv e mangiando pop corn; e anche quando Lucy realizza la realtà sul mondo che la circonda, abbandonado la sua innocenza e tutto il finto patriottismo per i vecchi U.S.A. inculcatogli dall’educazione marchiata Vault-Tec.
L’unica eccezione parziale è rappresentata dal Ghoul/Cooper Howard, personaggio che ovviamente ha un cambiamento fisico e psicologico nettissimo, ma tra i due periodi storici, e non verrà mai mostrato durante la prima stagione il suo momento di ”illuminazione”.
Oltre a questa monodimensionalità caratteriale un’altra peculiarità dei personaggi della serie di Fallout è che sembrano veramente tutti creati da un giocatore usando il sistema S.P.E.C.I.A.L, un orientamento morale alla Dungeons & Dragons e le varie skill sbloccabili degli ultimi tre giochi Bethesda, cosa che aggiunge un tocco di originalità e freschezza incredibile alla serie e che cementa la sensazione di stare letteralmente ”guardando un videogioco”.
Si parte dall’inetto Maximus (chiaramente di bassissimo livello) al classico pg dei giochi Bethesda ”bravo un po’ a fare tutto ma che non eccelle in niente”, incarnato sin dal primo minuto da Lucy, chiude il cerchio dei protagonisti principali il Ghoul, chiaramente il fenotipo del pistolero che alcuni di noi hanno scelto di giocare in New Vegas: moralmente riprovevole e con tutti i malus al ”carisma” dovuti alla sua condizione di ghoul.
Anche i personaggi secondari e le comparse poi corrispondono perfettamente a degli stereotipi statistici, come Norm (Moises Arias), il classico nerd che svolge il ruolo di hacker in un sistema informatico ”ancestrale” ricalcato esattamente sulle meccaniche videoludiche di hacking che abbiamo visto negli rpg, o Betty Pearson (Leslie Uggams), che prende il posto del padre di Lucy come sovraintendente ed è dotata di una capacità oratoria degna del miglior venditore porta a porta.
Ringraziamo Amazon per averci consentito di realizzare questa recensione.
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