Flint: Treasure Of Oblivion – Un tesoro davvero dimenticabile

Se c’é un tema che nelle ultime generazioni videoludiche è stato poco sfruttato, questo è quello della pirateria.
Dai tempi dell’ormai storico Sid Meyer’s Pirates, sono pochissimi i titoli specificatamente incentrati sul mondo dei corsari che hanno trovato fortuna nel mare magnum delle uscite videoludiche e l’unico successo che ci viene in mente è il coop action adventure Sea Of Thieves della Rare.
Alcuni ottimi giochi hanno preso elementi pirateschi e li hanno sapientemente utilizzati per costruire il mondo di gioco o determinate meccaniche, seppur senza porli al centro del discorso, come il grandissimo Pillars Of Eternity II: Deadfire o Assassin’s Creed IV: Black Flag (che Ubisoft ha recentemente riproposto, rovinando tutto, con il progetto Skulls and Bones).

Il titolo di cui parliamo, Flint: Treasure Of Oblivion, è invece un’avventura totalmente incentrata su tutti gli stilemi classici della vita piratesca ma rielaborata in versione GDR/tattico a turni.

Un titolo con un pedigree letterario niente male, visto che il Flint e il tesoro nominati nel titolo non sono altro che il James Flint e il bottino da cui partono le vicende raccontate da Robert Louis Stevenson nel suo capolavoro ”L’Isola del Tesoro”.

Flint: Treasure of Oblivion rappresenta un vero e proprio prequel di uno dei grandi capolavori della letteratura d’avventura di sempre, ed è assolutamente inspiegabile il fatto che né i Savage Levels (sviluppatori), né Microids (publisher) abbiano voluto insistere su questo punto nella (magrissima) campagna pubblicitaria o nelle descrizioni del gioco reperibili in giro per il web.

Ma aldilà di questa bizzarra scelta di marketing, riuscirà Flint a ritagliarsi un posticino tra gli appassionati del gioco di ruolo e tra i tantissimi estimatori della figura del filibustiere? Scopritelo nella nostra recensione!


LA VITA DEL BUCANIERE:
LA TRAMA DI FLINT

Come in ogni classica avventura corsara, Flint: Treasure Of Oblivion si apre con l’omonimo protagonista e il suo fido secondo in comando Billy Bones alle prese con un poco piacevole naufragio.

Il duo, salvato da una nave francese di passaggio, verrà riconosciuto e sbattuto nella prigione locale dove troveremo uno strano vecchio che ci metterà sulle tracce di un tesoro favoloso.
In seguito a un’evasione rocambolesca dovremo formare una ciurma e impadronirci (con ben poca gentilezza) di un vascello utile per metterci alla ricerca del bottino promesso.

Qui iniziano ad emergere i primi problemi del titolo, sin dai primi momenti di gioco e nel come ci viene presentata la trama: se infatti quello che vi abbiamo descritto in poche righe potrebbe giusto sembrare l’introduzione del gioco, in realtà corrisponde all’incirca a metà dell’avventura.

Anche se lasciano a desiderare, i dialoghi sono illustrati benissimo tramite delle ottime illustrazioni in stile fumetto d’avventura vintage.

Il problema non sta tanto nell’onesta (considerando che parliamo, comunque di una produzione indipendente) durata di circa 7 ore, quanto nel pessimo bilanciamento temporale della trama.
I ritmi della narrazione infatti sono, per buona parte del gioco, lenti al limite della tediosità, per poi accelerare e portarci in un tempo troppo breve a quello che é in sostanza un finale davvero poco soddisfacente.

Anche la qualità della storia e dei dialoghi è abbastanza bassa, e infatti sia la prima che i secondi sono parecchio scontati e infarciti di cliché visti e rivisti che contribuiscono solo ad annoiare e stancare il giocatore.
Si aggiunge, come se non bastasse, la pessima traduzione in italiano, che sembra davvero realizzata con qualche chatbot e traduttore automatizzato.

Se siete abbastanza sicuri del vostro inglese e non vi preoccupa giocarlo in lingua d’Albione, allora ci auguriamo che ben conosciate il gergo marinaresco, perché noi siamo stati messi parecchio in difficoltà dal lessico utilizzato, tanto che in alcuni momenti non ci è stato ben chiaro cosa stesse succedendo a schermo.


IL GAMEPLAY:

Dal punto di vista del gameplay, Flint: Treasure of Oblivion vorrebbe essere un gioco di ruolo alla Baldur’s Gate 3, ma finisce per assomigliare alla versione pirata di Mutant Year Zero, altro titolo che, se non ricordate, è per dei motivi parecchio validi.
A differenza del GDR più premiato del 2023 tutta la parte di effettivo gioco di ruolo risulta praticamente assente, e questo si evince sia dalla differenziazione, totalmente assente, delle varie classi di gioco in combattimento, ma soprattutto sulle scarsissime interazioni con NPC e ambiente circostante.

In soldoni, esattamente come il titolo citato poc’anzi, Flint si divide in due nettissime componenti di gioco: una di “esplorazione” e progressione narrativa, e una di combattimento.
Nella prima il giocatore si limiterà a gironzolare per una caotica e incomprensibile mappa di gioco, svolgendo semplicemente delle quest davvero poco impegnative e/o intrattenenti e che anzi, risulteranno noiose e lente.

I vari obiettivi delle quest saranno raggiunti , nel 90% dei caso, andando da punto A a punto B.

Questo vagare, quasi senza meta, continuerà sino a quando capiterà davanti a dei nemici ed entreremo in contatto con la seconda componente del gioco: i combattimenti.
Ed è proprio in questa sua limitatezza che Flint risulta ancora meno interessante e strategicamente profondo di un titolo già problematico come Mutant Year Zero, dato che almeno in questi potevamo schierare la nostra squadra in vari punti della mappa e sfruttare diverse meccaniche per ottenere diversi tipi di vantaggi tattici sul nemico.

La mappa di gioco di Flint, creata per far bestemmiare l’utente.

Per fare compagnia a una già scarna modalità di esplorazione, i nostri combattimenti risultano altrettanto carenti e sin troppo macchinosi, governati dal lancio di dadi per gestire degli effetti che non vengono minimamente spiegati nel tutorial iniziale, alcuni dei quali non abbiamo capito neanche giunti alla fine del gioco, per quanto erano criptici.

Le mappe da gioco durante i combattimenti a turni, sono suddivise nella classica modalità a caselle esagonali, in maniera simile a tantissimi altri titoli strategici (o giochi di ruolo) a turni.

Questi turni sono divisi in due fasi, una di movimento e una di attacco, dove potremo spendere un numero limitato di punti per differenti azioni.

Nella prima fase potremo (ovviamente) muoverci in giro per la mappa e sfruttare differenze di altezza per portarci in posizioni di vantaggio rispetto al nemico, o metterlo k.o. con un death from above senza rinunciare ai nostri punti attacco.
Sempre durante il turno di movimento potremo sfruttare le interazioni ambientali, con barili e casse che possono essere fatti rotolare o lanciati verso gli avversari dall’alto.

Durante la fase di attacco invece potremo colpire il nemico con le nostri armi corpo a corpo o a distanza, in base alle caselle che ci separano, alle nostre abilità e ai tipi di arma in nostro possesso.

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La classica situazione in cui telecamera, H.U.D. e oggetti sulla mappa renderanno i combattimenti un inferno.

A peggiorare enormemente i combattimenti, che potrebbero (e dovrebbero) essere uno dei punti di forza di Flint, troviamo anche diverse gravi lacune.
Come prima cosa il ritmo di gioco, davvero troppo lento e pieno di momenti morti, accompagnato rispettivamente dalla scomodissima telecamera e dall’altrettanto scomodo HUD che, sopratutto in bassa risoluzione (come su Steamdeck) e in situazioni caotiche impediscono di vedere con attenzione tutti i dettagli intorno ai nostri personaggi, impedendoci di capire quali sono le ”mosse” più efficaci a nostra disposizione.


Ci ha particolarmente deluso l’assenza di quella che dovrebbe essere una meccanica standard in un GDR piratesco, ossia la possibilità di personalizzare e migliorare il nostro vascello e comandarlo in delle battaglie navali a turni, come avveniva ad esempio in POE II: Deadfire.

PERSONAGGI E CARATTERIZZAZIONE.

Per quanto riguarda la caratterizzazione, parliamo di un altro immenso buco nell’acqua da parte di Flint: Treasure Of Oblivion.
Eccezion fatta per il protagonista che dà il nome al gioco e per il suo socio Billy Bones, gli altri personaggi sono appena abbozzati, con pochissime linee di dialogo e nessuno sviluppo a livello psicologico o anche solo di minima rilevanza all’interno dello storia, e a questo punto non riusciamo a capire la ragione di doverne inserire tantissimi, sull’ordine delle decine, dato che non servono praticamente a nulla se non come soldati generici nei combattimenti.

Tantissimi personaggi, tutti tanto piatti quanto inutili.

Dal punto di vista del gameplay tantissimi i difetti anche in questo caso, come la già citata poca differenziazione nelle azioni di gioco in base alla classe, ma anche le scarsissima possibilità di personalizzazione, un altro punto che dovrebbe essere letteralmente la base di qualsiasi GDR ma che qui è parecchio carente.

L’unico modo che avremo di personalizzare i vari personaggi sarà attraverso gli oggetti che in Flint troviamo a fine combattimento o nel nostro vagare, come vestiario e armi, ma che, vi diciamo sin da ora, sono pochissimi, talmente pochi che a metà gioco quasi tutti i nostri pirati andranno a combattere a mani nude.

Se già i nostri personaggi risultano poco sviluppati, lo stesso discorso è ancora più grave per i vari NPC, talmente piatti e ininfluenti da risultare quasi fastidiosi.


ANALISI TECNICA:

GRAFICA E SUONO:

Dal punto di vista tecnico Flint raccoglie le migliori (e uniche) frecce al suo arco.
Graficamente parliamo di un gioco veramente ben fatto, la classica visuale in isometrica, accompagnata da una grafica quasi cel shaded e da una palette di colori che fa risaltare alla perfezione le varie ambientazioni marinaresche.

Il motore grafico mostra inoltre un sapiente e moderno uso del sistema di illuminazione e dei vari effetti (fuoco, liquidi vari)

Anche i modelli, seppur pochi, risultano molto gradevoli alla vista.
A livello di suoni rimaniamo nella qualità videoludica standard, senza infamia né lode, idem per la colonna sonora, a base di pezzi epici e marinareschi che si mescolano con chitarre metal.

I BUG:

Anche se a livello prestazionale il gioco è leggero e basta un pc di fascia bassa per farlo girare decentemente, abbiamo avuto tantissimi problemi con Flint.
Infatti un altro punto decisamente negativo del gioco è rappresentato dai tantissimi e inspiegabili bug: abbiamo trovato tantissimi errori che hanno rotto il gioco e ci hanno fatto perdere un sacco di ore di gameplay.

Per fare un velocissimo esempio siamo arrivati praticamente alla fine dell’avventura fino a capire che non potevamo salire di livello a causa di un’errore del gioco, che ci impediva di ridistribuire i punti esperienza tra i membri della nostra ciurma.


Flint: Treasure Of Oblivion è un titolo disponibile per: PC, Xbox Series S ed X, Playstation 5 e Nintendo Switch; non è attualmente un gioco verificato per Steam Deck.
Ringraziamo Cosmocover per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

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Flint: Treasure Of Oblivion
In Conclusione
Flint: Treasure of Oblivion è un gioco carino da vedere ma pieno di problemi. Dal punto di vista grafico e sonoro decisamente curato, ma appesantito da tantissime lacune, che lo rendono lento, difficile da capire, scomodo da giocare e decisamente noioso.
Pregi
Grafica, effetti e modelli molto carini.
Colonna sonora e suoni non indimenticabili ma gradevoli.
Difetti
Personaggi ed NPC appena abbozzati.
Lento e tedioso, sia nella narrazione che nelle diverse fasi di gameplay.
Decisamente buggato.
Mappa di gioco caotica.
H.U.D. e telecamera renderanno i vari scontri davvero fastidiosi.
4
Voto