Il post-apocalittico è una delle ambientazioni più abusate dell’intero panorama videoludico, da Fallout a Metro passando per Wasteland e Mad Max potremmo pensare che non ci sia più niente legato a questo genere narrativo in grado di stupirci, eppure i ragazzi di Demagog Studio ci dimostrano dal 2018 quanto possiamo sbagliarci.
Ambientato alcuni decenni prima dell’acclamato Golf Club: Nostalgia e di The Cub, la ex-esclusiva Netflix chiamata Highwater continua la tradizione dello studio serbo di portare titoli diversissimi tra di loro ambientati nello stesso universo narrativo, accomunati da un art design minimalista ed una colonna sonora indie assolutamente sopra le righe.

Se il primo era un simulatore di golf ambientato in un mondo distopico ed il secondo un platform, quest’ultimo sarà un inusuale mix di avventura narrativa, esplorazione navale e combattimento strategico a turni.

Highwater racconta una storia triste, molto triste, in cui l’élite politica/economica si prepara ad abbandonare un pianeta reso inabitabile dall’avidità delle multinazionali e completamente sommerso da un’alluvione causata dallo scioglimento dei ghiacciai, in pieno stile Waterworld.


Sappiamo già come andrà a finire questa storia grazie ai precedenti giochi di Demagog Studio, infatti il mondo sommerso e devastato diventerà un campo di golf per ricchi emigrati su Marte, che torneranno ogni tanto per farsi due buche mentre rimpiangono una Terra che non esiste più; dall’altra parte gli ultimi terrestri ormai mutati lottano con le unghie e con i denti per sopravvivere.
Facciamo dunque un passo indietro e mettiamoci nei panni di coloro che stanno per venire lasciati indietro.


TRAMA E ANALISI

Deeper Waters..

Highwater non si è sempre chiamata in questo modo, prima dello scioglimento dei ghiacci, della radioattività, dei mutanti e delle epidemie di dissenteria era infatti una città chiamata Hightower, beffardamente rinominata così dopo che un’inondazione di proporzioni titaniche l’ha spazzata via insieme a buona parte del pianeta.
Il gioco ci mette nei panni di Nikos, un orfano della ormai ex-città, che cerca di aiutare come può la comunità di sopravvissuti e nel frattempo accumulare abbastanza risorse per riuscire a raggiungere a bordo del rattoppato gommone ribattezzato Argo la città di Alphaville, unica zona sicura, abitata dai sopravvissuti più ricchi e dai loro scagnozzi.


Durante il viaggio, Nikos scopre voci sempre più insistenti di un piano per trasferire l’intera Alphaville su Marte, e resosi conto della crescente insostenibilità di Highwater per la vita umana cerca di raccattare quanti più membri della sua ”famiglia” per scappare dal nostro mondo e rifarsi una vita sul pianeta rosso.
Usiamo il termine famiglia perché, in un parallelismo con un grandissimo titolo indie chiamato Kentucky Route Zero, Highwater parla di ambientalismo, di avidità e stupidità, ma soprattutto di una comunità di persone legatissime fra di loro, che farebbero di tutto per aiutare il proprio vicino a sopravvivere nonostante il resto della civiltà stia regredendo nella barbarie.


This Land Was Our Land.

Non parliamo certo di una comunità ideale, bisogna essere pronti a lottare e anche ad uccidere se si vuole difendere il piccolo angolino di civiltà che si aggrappa con tutte le sue forze di fronte alla fine incombente, come ci ricorda sconsolato Nikos, dopo aver rotto la testa di un ladro a pagaiate nel primo vero scontro del gioco.

All’interno dell’ultimo vero e proprio tentativo di collettività ci sono tanti personaggi che avremmo voluto vedere rappresentati meglio in questa malinconica avventura, ma sfortunatamente i dialoghi a volte non brillano esattamente per profondità e a molti di questi sopravvissuti non viene lasciato abbastanza spazio all’interno della storia, se non come pedine nelle fasi di combattimento.

Conosceremo George, enorme esponente di una razza mutante creata dalla multinazionale Orinoco (gioco di parole satirico non proprio subdolo) come strumento di lavoro migliore degli umani non potenziati, afflitto da problemi di alcolismo ma innamoratissimo della sua compagna Mila, meccanica e guardiana della centrale elettrica che fornisce energia alla cittadina.
Abbiamo poi Laura, temibile praticante di parkour e di arti marziali, Rimbaud marinaio e cuoco di Hightower insieme a Suzuki-San, che rifornisce la comunità di ramen preparato col pesce radioattivo.
Ma soprattutto spicca Nana come figura positiva, madre adottiva e mentore di Nikos e di tutti gli altri superstiti, che nel mezzo dell’apocalisse gestisce un orfanotrofio di ben 50 bambini.

È una vita dura che ha trasformato anche gli esseri umani migliori (persino in senso letterale, come ci mostrerà The Cub) e che porterà inevitabilmente a scelte difficili, ma la popolazione di Highwater rimane unita e solidale a differenza di molte delle altre fazioni che incontreremo poi nel corso del gioco.

Abbiamo già parlato degli Alphavilliani, multimiliardari chiusi a riccio nelle loro quattro inespugnabili mura e pronti ad abbandonare tutto e tutti.
Ma ci sono anche gli Insurrezionalisti, un gruppo di ribelli che è intenzionato a spodestare i primi senza un vero scopo se non la violenza fine a sé stessa.
A parte le due fazioni principali abbiamo i Vichinghi, che a bordo di un finto drakkar (con tanto di drago gonfiabile come polena) e costumi di scena escono dai propri confini solamente per depredare delle poche risorse disponibili il territorio circostante, o i Train Squatters, una setta che attacca chiunque si muova su un mezzo che non è un treno (cosa non molto facile, in un mondo sommerso).

E infine c’è la natura, più incattivita che mai e mutata dagli agenti contaminanti della Orinoco e delle altre multinazionali, fra orsi in grado di ridurci a brandelli con una zampata, rane gigantesche e piante carnivore particolarmente voraci.
Sarà un viaggio duro, quello di Nikos, in cui capirà che se vuole mettersi in salvo dovrà dire addio ad Highwater ed a molti di coloro che decideranno di non imbarcarsi in un esodo interplanetario, dovendo rompere contatti, amicizie ed anche malinconiche promesse.


Gameplay:

Il gioco si divide in due fasi ben distinte: una esplorativa ed una di combattimento a turni, a cui seguono di solito delle lunghe cutscenes che manderanno avanti la trama e ci introdurranno ad un nuovo capitolo di gioco.
Nella fase esplorativa navigheremo per la mappa di gioco a bordo dell’Argo, guidati da una bussola e da un indicatore di mappa davvero minimalisti.

Potremo dunque scegliere se raggiungere la quest principale del momento o esplorare alcune isolette secondarie alla ricerca di armi, booster da utilizzare durante le lotte e di collezionabili.
Questi ultimi sono rappresentati da libri e giornali che raccontano con ironia la vita pre e post alluvione e da indicatori che una volta raggiunti ci permetteranno di immortalare gruppi di sopravvissuti intenti nelle attività più varie con la Polaroid di Nikos.


Il nostro girovagare sarà fortemente limitato, infatti a bordo dell’ Argo non potremo allontanarci per più di qualche metro dal percorso prestabilito senza che il timoniere ci riporti a forza sulla giusta rotta, e le isole visitabili saranno nella maggior parte dei casi davvero piccole.

Dalla fase di esplorazione arriveremo dunque alla fase di combattimento, non dandoci alcuna alternativa se non quella di affrontare i nemici in un faccia a faccia.
Questa è una versione estremamente semplificata del gameplay già portato da grandi classici della strategia a turni in scenari divisi in caselle come X-Com o Final Fantasy Tactics.
Durante queste fasi, a tutti i personaggi schierati a mo’ di pedine verranno affidate una fase di movimento ed una di azione in cui poter usare un booster, un’abilità o un’attacco; entrambe saranno skippabili per passare direttamente a un nuovo turno.

A seconda del punto della storia e dello scontro che stiamo per affrontare avremo a disposizione differenti personaggi, ognuno appartenente ad una classe dotata di abilità particolari; ad esempio il bruto George potrà usare la sua forza per scagliare massi, la cyborg ninja Josephine sarà dotata di un braccio prostetico che si trasforma in una pistola, e c’è anche un prete senza nome che scaglierà maledizioni e benedizioni contro gli avversari.


Oltre ad avere delle abilità innate, potremo equipaggiare molti dei protagonisti del gioco con un range di armi ben definito che recupereremo nella fase esplorativa, o come ricompensa per le battaglie.
Ogni arma è dotata di un numero specifico di munizioni, tempi di ricarica in turni ed effetti sul bersaglio nemico.

Dato che molto spesso saremo in svantaggio sia numerico sia nella forza bruta, sarà importantissimo unire l’azione di armi e skill dei vari combattenti tra loro per creare combo micidiali.
Queste si combineranno ulteriormente con le tantissime trappole ambientali e coperture che ci forniranno un bonus alla difesa e che troveremo posizionate sul campo di battaglia.

Ad esempio Rimbaud parte già di base con un fucile subacqueo e Nikos può equipaggiare una canna da pesca già dalle prime fasi del gioco, queste, oltre a provocare un danno fisico al nemico, lo spingeranno verso l’utilizzatore, rendendole utili per lanciare i nostri avversari dentro buche, piuttosto che in mezzo alle fauci di qualche animale o su un cavo elettrico scoperto in una pozza d’acqua.

Durante queste missioni potremo avere diversi obbiettivi che divergono dal classico ‘kill em’all’, ad esempio potremo dover coprire un personaggio che spinge la Argo da una parte all’altra dell’isoletta in cui stiamo combattendo, o difendere un macchinario essenziale per la comunità di Highwater.

Nonostante l’apparente complessità di questo aspetto del gioco, le fasi di combattimento sono assolutamente affrontabili da un neofita e rappresentano una sfida al massimo moderata per un veterano degli strategici a turni.

L’intelligenza artificiale non brilla infatti per capacità di ragionamento, e spesso i nemici si lanceranno come Lemmings in bocca alle trappole che prepareremo.
Per di più qualsiasi ferita verrà curata al termine dello scontro e anche i personaggi sconfitti ritorneranno sia nella fase esplorativa che nel combattimento successivo senza nessun bisogno di oggetti, incantesimi, o altri metodi di cura.
A questo va aggiunto anche l’impossibilità di effettuare tiri mancati, rendendo la vittoria davvero facile da ottenere.

Nonostante la scarsa difficoltà, Highwater si dimostra uno strategico a turni che riesce ad intrattenere, grazie alle tante combinazioni di armi, attacchi e difese ambientali a nostra disposizione.


Art Design e Aspetto Tecnico:

Highwater, come i suoi predecessori, adotta un approccio minimalista sia nella grafica che nella colonna sonora, ma riesce comunque a creare un design audio e video che lo rende iconico a suo modo.
Parliamo di un titolo graficamente semplice, con pochi poligoni e dettagli appena accennati, ma che nonostante ciò possiede una bellezza particolare che si manifesta soprattutto attraverso le peculiari scelte cromatiche, i giochi di luci e ombre e i paesaggi liminali in mare aperto, che ritraggono un mondo che vogliamo abbandonare ma che già guardiamo con nostalgia.

Nonostante la scena di renderizzare i personaggi con meno poligoni possibili, questi hanno comunque un’aspetto incredibilmente riconoscibile, non faticherete infatti a trovare Nikos, George e tutti gli altri, né sul campo di battaglia né nelle scene più tranquille.

Al design iconico si aggiunge un altro classico delle produzioni di Demagog Studio, se in Golf Club: Nostalgia e in The Cub abbiamo ascoltato il podcast e la musica di Radio Nostalgia From Mars in Highwater troveremo la stazione radio precorritrice: Highwater Pirate Radio, che ci accompagnerà nelle fasi di esplorazione con delle canzoni autoprodotte con pochissimi mezzi, tutte davvero molto minimali ed intime (e assolutamente hipster).
Inoltre, in un ulteriore paragone con Kentucky Route Zero troveremo uno struggente brano eseguito ”dal vivo” che rappresenta il momento centrale di un capitolo nonché uno dei momenti fondamentali del gioco.

A livello prestazionale non stupisce il fatto che il gioco giri praticamente su qualsiasi computer e console, data la scelta di un design low-poly e considerando che il gioco è stato pubblicato in origine come esclusiva Android da Netflix nel 2023, prima di venire rilasciato questo marzo su qualsiasi piattaforma dedicata al gaming.

L’unica opzione grafica che potrebbe darvi problemi in caso di PC non proprio performanti è l’occlusione ambientale, siamo infatti stati costretti ad abbassarla su Steam Deck per tenere il frame rate fisso sui 60 fps; questa scelta ha inoltre allungato di molto la carica della batteria per il mini-pc di casa Valve, che ha toccato le 3 ore.

Per quanto sia un gioco che si presta tantissimo alle piattaforme handheld, noi vi consigliamo comunque di provarlo su uno schermo bello grande, per non perdervi i tanti, meravigliosi e colorati dettagli con cui questo mondo condannato sarà in grado di commuovervi.


Highwater è disponibile per: Pc, Ps5, Xbox Series S e Series X, Switch e Android, non è un titolo verificato Valve per SteamDeck ma durante la nostra prova non abbiamo avuto il minimo problema.

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Highwater (PC)
In conclusione...
Uno degli Indie più interessanti di questo 2024, uno strategico a turni atipico con pochi mezzi tecnici ma tanto cuore. Vi consigliamo di soprassedere sui dialoghi a volte claudicanti e sulla semplicità dei combattimenti per farvi conquistare dalla sua retorica e dai suoi paesaggi minimali.
Pregi
Una storia struggente di comunità e sacrifici che vi rimarrà nel cuore.
Bellissima colonna sonora.
Paesaggi e atmosfere incredibili.
Combattimenti a turni ricchi di possibilità.
Bellissimi effetti di luci e ombre.
Difetti
Esplorazione limitatissima.
Dialoghi a volte non proprio brillanti.
I Combattimenti a turni potrebbero risultare troppo semplici per gli appassionati del genere.
Alcuni personaggi avrebbero meritato molto più spazio all'interno della trama.
8.5
voto

Di Nicola Lecis

Classe 1988.Nerd sin dalla più tenera età, cresce con un'infinita passione (ossessione?) per videogiochi, musica, fumetti, arte, letteratura, strumenti musicali a corda, hardware, cinema, arti marziali e fitness.