Sin da quando si è intuita la possibilità di accompagnare all’essenzialità dei primi videogiochi dell’industria un comparto sonoro, fosse anche limitato ai pochi bit supportati dalla piattaforma, questa componente ha contribuito in maniera essenziale alla costruzione dell’iconografia di quella che sembrava palesarsi come una nuova arte in grado di sintetizzarle tutte in un unico grande pacchetto.

Basti pensare al leggendario tema di Super Mario quanto piuttosto a Zelda o ancora a Doom, Pacman e Tetris, volendo citare solo alcuni dei simboli di un’industria che non ha mai smesso di celebrare i suoi traguardi più memorabili.

La soundtrack è spesso una presenza scontata nella produzione odierna dei videogiochi, venendo considerata un elemento non fondamentale ai fini della valutazione ed a volte neppure degno di menzione.
In questo articolo vorremmo approfondire l’argomento, ribadendo con forza l’importanza di una buona OST fra le caratteristiche chiave di un videogioco di pregio, laddove quest’ultima non solo si conferma uno strumento fondamentale per la costruzione del mood ma addirittura diventa parte integrante ed indivisibile dell’esperienza di ciascun giocatore.

Di seguito analizzeremo alcuni dei ruoli che una buona soundtrack svolge nei confronti del videogioco di riferimento, portando un esempio riconosciuto ed uno “di nicchia” per ciascuna categoria.


La soundtrack come strumento di comunicazione

Quante volte un menu è stato in grado di rendersi portavoce dell’intera esperienza di gioco e quante volte il ritrovarci ad ascoltare la OST “portante” di un titolo ci ha rivelato più di quanto ci aspettassimo sulla natura più profonda di quest’ultimo?

Non è infatti un errore sostenere che la musica possa rappresentare un potentissimo mezzo di comunicazione e che in quanto tale possa raccontarci a suo modo degli eventi facendo leva sulla nostra intuizione.
Con queste premesse, la soundtrack può efficacemente riassumere ed anticipare i contenuti chiave di un videogioco, preparando psicologicamente il giocatore a ciò che si ritroverà ad affrontare nel corso del suo playtrough.


È questo l’esempio di Dark Souls III, culmine e conclusione di un’avventura che ha cambiato per sempre il genere e l’intera industria videoludica.
Il brano chiamato per l’appunto “Dark Souls III” funge da epica introduzione a tutto ciò che il gioco ha da offrire, sottolineando con una certa epicità il culminare del lungo viaggio che ci porterà ad affrontare un ultimo e definitivo ciclo di tragedie e vacuità.

Il lavoro svolto da Yuka Kitamura è grandioso, complesso e degno della più accurata analisi che una persona non esperta ma senz’altro appassionata possa offrire.
Non c’è dubbio che l’elemento di maggior risalto in questo brano sia il coro che si sovrappone al vorticoso utilizzo del violino, dapprima femminile e quasi malinconico e successivamente pronto ad esplodere con la drammatica introduzione delle voci maschili.

Una delle caratteristiche fondamentali di quasi tutti i lavori della maestra Kitamura è ritrovabile nell’utilizzo di una lingua parlata molto simile al latino per quanto grammaticalmente scorretta, ed è proprio per questo motivo che non è affatto difficile reperire “lyrics” per quasi la totalità delle soundtrack del gioco, spesso e volentieri frutto di una traduzione ad orecchio che tende comunque a generare dei risultati estremamente convincenti ed esaltanti.

Questa caratteristica non può che contribuire alla sensazione generale che la OST stia cercando di raccontarci qualcosa e che nel farlo stia lasciando intuire al giocatore molto più del semplice tono delle vicende.


Un esempio altrettanto drammatico può essere facilmente individuato nell’ascolto dell’intera soundtrack di Frostpunk, videogioco city builder post-apocalittico di 11bit studios.

Nel gioco avremo un unico incarico, sopravvivere a tutti i costi alla nuova glaciazione, e la traccia portante che analizzeremo in questa sezione dell’articolo lo mette in chiaro sin dal titolo.

“The City Must Survive” è infatti molto più che un semplice tema per il menù principale del gioco, è un monito con cui il giocatore è chiamato a confrontarsi, perché sia consapevole di star per combattere con un nemico invisibile ed estremamente mortale che ha divorato il mondo trasformandolo in una carcassa desolata.

Ancora una volta l’utilizzo degli elementi dell’orchestra si mostra violento ma estremamente elegante, richiamando la complessità della musica classica senza rinunciare ad una dimensione umana fatta di sofferenza ed inevitabile fallimento.


La soundtrack come elemento di world building

Una tipologia molto simile di soundtrack che tuttavia svolge un compito totalmente parallelo alla narrazione è quella presente nei giochi che calcano fortemente sul world building.
È questo il caso di tutte quelle tracce che appaiono tipicamente agli antipodi, rivelandosi estremamente complesse e varie nella composizione oppure estremamente dirette e nitide nella comunicazione del messaggio.


Un esempio celebre è reperibile in una delle serie simbolo di più generazioni di giocatori, Halo.
In particolare, il “Main Theme” di Halo è una di quelle tracce che è riuscita ad ottenere un posto fra le memorie collettive di tantissimi giocatori per il suo inconfondibile carisma e personalità.

In particolare, il compositore Martin O’Donnell è riuscito perfettamente nel catturare le componenti chiave dell’universo di Halo attraverso un sapiente utilizzo del coro, stavolta non raccontando delle vicende quanto piuttosto analizzando i profondi contrasti e le fazioni che ci ritroveremo ad impersonare.

Halo è infatti un’avventura estremamente umana nelle tematiche della speranza, resistenza e patriottismo e tuttavia molto lontana dal limitarsi a quest’ultime, articolandosi invece in una molteplice visione del conflitto.
Viene quindi esternata con potenza una sensazione di misteriosa aulicità, simbolo delle antichissime civiltà aliene con cui l’umanità è chiamata a combattere.


Un esempio altrettanto d’impatto ed indubbiamente molto più diretto è quello di Warframe ed in particolare “We All Lift Together”, tema introdotto con la presentazione dell’espansione open world di Fortuna.

In questo caso il preciso intento del compositore Keith Power era quello di presentare nella maniera più efficace possibile l’identità e le credenze di Fortuna e dei numerosi personaggi che la abitano.

Il risultato è una traccia estremamente orecchiabile che fa un importante uso della lyrics nel narrare la metodica routine dei lavoratori della colonia mineraria.

Da questo semplice testo è quindi incredibilmente facile far trasparire non solo i compiti della colonia ma anche le loro credenze, il loro scopo ultimo e la fortissima sensazione di fratellanza su cui questi basano la loro convivenza.
Impossibile non notare anche l’utilizzo dei picconi come strumento musicale in grado di scandire i ritmi della traccia, una trovata semplice quanto estremamente efficace nel presentare gli elementi chiave del nuovo mondo di gioco.


La soundtrack che guida l’azione

Uno dei fondamenti che la composizione di una traccia musicale condivide con la costruzione di un buon gameplay è senza dubbio il ritmo, molto simile a tutti gli effetti ad un lavoro di regia su un diverso piano di dinamicità. Il ritmo è infatti un elemento quanto più necessario se si intende realizzare un’esperienza di gioco immersiva e soddisfacente ed il riuscire a conciliare le fasi di gioco a quest’ultimo è un compito delicatissimo.

Il compito del ritmo musicale nei videogiochi potrebbe riassumersi nella necessità di guidare il giocatore manipolandone in maniera diretta i comportamenti, con estrema naturalezza e con un particolare attenzione nel non tradire gli avvenimenti su schermo.


E quale esempio più azzeccato nel descrivere l’utilizzo di questa particolare capacità se non il reboot di Doom ed il suo seguito diretto Doom Eternal.

Il lavoro svolto da Mick Gordon su questa soundtrack non ha assolutamente bisogno di presentazioni e non è difficile reperire su internet una serie di interessanti documentari sulla fase di ideazione e realizzazione di quest’ultima.

Se infatti il gioco risulta essere una perfetta sintesi delle componenti che rendono un FPS una buona esperienza, Doom non sarebbe altrettanto apprezzabile senza la sua caratteristica soundtrack “Argent” metal.
Si tratta a conti fatti di un tripudio di sintetizzatori, chitarre, cori gutturali e veri e propri sample di ogni tipo (sapevate che uno degli strumenti utilizzati da Mick per la realizzazione della soundtrack è una motosega?) che si fondono con lo scopo di guidare il giocatore nello sterminio delle armate demoniache.

Non bisognerà giocare molto per capirlo, in Doom è inseparabile dalla sua colonna sonora al punto che non sarebbe troppo errato sostenere che è il gameplay a seguire la musica e mai il contrario.


Il nostro secondo esempio, seppur tutt’altro che sconosciuto, non può che essere Payday 2.

Non è un caso che questo titolo si ponga il difficile compito di non lasciare che la musica accompagni l’azione quanto piuttosto si impegni di portare entrambi gli elementi allo stesso livello con risultati a dir poco stupefacenti.
Attraverso i ritmi delle sue soundtrack, l’esperienza di gioco di Payday è in grado di trasformarsi in un’adrenalinica danza che dapprima seminerà tensione ed anticipazione nella fase stealth, per poi esplodere in una fragorosa sinfonia di morte e distruzione nelle fasi più concitate
.

Nell’ascoltare queste tracce è inevitabile che il giocatore si lasci trasportare divenendo tutt’uno con la musica ed i suoi ritmi adrenalinici.
Che siano i leggendari lavori di Simon Viklund o quelli più recenti ed apprezzabili di Gustavo Countinho, la OST di Payday è semplicemente fantastica e non possiamo fare a meno di consigliarvene l’ascolto.


La soundtrack come climax emotivo

Non è affatto un segreto, le immagini sono un potentissimo mezzo di trasmissione emotiva, eppure né l’industria del cinema né quella dei videogiochi avrebbero raggiunto il loro picco comunicativo se non avessero investito sul costante accompagnamento musicale.
È altrettanto normale sostenere che i videogiochi nello specifico facciano un enorme utilizzo della soundtrack per emozionare e coinvolgere il giocatore, manipolandolo a tutti gli effetti nel provare una qualsiasi sensazione.

In questa categoria parleremo nello specifico di quelle tracce che si identificano come climax emotivi, segnando il punto più alto di immersione ed attenzione da parte del giocatore.


Un esempio riconosciuto e pluripremiato è senza dubbio Red Dead Redemption 2, titolo monumentale del 2019 la cui storia, grazie alla sua narrativa eccezionale e ad un cast semplicemente fuori scala, è riuscita a fare breccia nel cuore di milioni di giocatori.

L’esempio che ci sentiamo di portare fra i tanti presenti nel gioco è senza dubbio “Unshaken” di D’Angelo, traccia che ci accompagnerà in alcune delle fasi più significative e drammatiche del titolo.

Si tratta di una soundtrack di genere gospel, ed in quanto tale estremamente rara nel panorama videoludico, caratterizzata da un coro composto da più voci sovrapposte dal tono profondo ed emozionante tipico del genere soul.

L’utilizzo estremamente sapiente degli strumenti musicali diventa immediatamente un godibilissimo sfondo per quella che sembra presentarsi come una preghiera ricca di rassegnazione da parte del nostro protagonista.

Rappresenta a tutti gli effetti un momento di profonda fragilità che siamo portati a condividere con Arthur e la scelta musicale è stata senza dubbio il principale mezzo di cui gli sviluppatori si sono serviti per raggiungere lo scopo.


Esempio vicino nei risultati eppure lontanissimo nell’esecuzione è quello della musica composta per GRIS, fantastico titolo indie sviluppato da Nomada Studio e prodotto da Devolver Digital.

In particolare, nella “Gris PT II” possiamo godere a pieno di quello che a tutti gli effetti si configura come un climax musicale oltre che videoludico.

Si tratta infatti di un potente crescendo musicale che accompagna dolcemente gli ultimi sforzi della nostra protagonista che, reduce di un lungo viaggio introspettivo nelle debolezze della sua psiche, riesce finalmente a trionfare sui propri traumi per trovare la pace.

L’effetto ottenuto dall’unione fra le meravigliose immagini realizzate in animazione digitale e la soundtrack fra vocal ed orchestra è semplicemente sbalorditivo e sono tantissime le testimonianze di giocatori che non hanno potuto fare meno di emozionarsi (fra cui la nostra!).


La soundtrack nei videogiochi dall’8 bit ai 64bit

Nello scrivere un articolo di questo genere ho trovato corretto inserire una piccola postilla di carattere informativo che trattasse della storia del mezzo musicale nei videogiochi.
La sua evoluzione è infatti totalmente separata da quella della normale musica d’ascolto, essendo strettamente legata ai limiti passati dell’hardware su cui i videogiochi dovevano girare.

Quando i compositori dell’epoca 8 bit si trovarono a comporre le prime OST videoludiche, queste limitazioni si palesarono nella necessità di creare delle musiche più simili a dei jingle, semplici ma estremamente catchy ed efficaci.
Fra queste ricordiamo alcuni dei temi più famosi e rinomati dell’industria, opere destinate a rimanere nella storia proprio grazie alla loro immortale essenzialità.

Nell’era del 16bit gran parte di queste limitazioni vennero superate, permettendo la scrittura di tracce più dettagliate e di conseguenza l’utilizzo dell’orchestra.
Attualmente l’utilizzo del 32 e 64bit permette ai compositori di videogiochi di realizzare degli arrangiamenti privi di qualsivoglia requisito tecnico.


La soundtrack come abilitazione dell’orrore

Cosa sarebbe un gioco horror se fosse privo di un comparto audio di un certo livello?
Questa è la prima domanda che dovremmo porci nel riesaminare un titolo di questo genere, che si tratti dei suoni scricchiolanti di una casa infestata o dell’avvicinarsi costante di un ragliante violino di sfondo che sembra preannunciare l’arrivo di un imminente pericolo.

Del resto il fascino di una melodia dissonante è da sempre stata fonte di ispirazione per meravigliose opere creative di stampo horror, basti pensare ad H.P Lovecraft in “la musica di Erich Zann”, meraviglioso racconto breve in cui il maestro esprime alla perfezione le potenzialità della musica come portale verso il terrore cosmico.

La soundtrack negli horror è senza dubbio uno degli strumenti più delicati e potenzialmente efficaci nelle mani di un creativo e questa caratteristica si riflette nelle molteplici modalità di utilizzo di quest’ultima.
Basti pensare che talvolta è proprio l’assenza improvvisa di una soundtrack che ci ha accompagnato fino a quel momento ad abilitare l’orrore e renderlo palpabile e persino insopportabile per i giocatori più sensibili.


Una delle menzioni a dir poco obbligatorie per quanto riguarda le soundtrack appartenenti a questo genere è senza dubbio il lavoro svolto da Akira Yamaoka per Silent Hill 2.

La spettrale città di Silent Hill è una delle ambientazioni più memorabili della storia dei videogiochi e non è un caso che la soundtrack si limiti perlopiù ad offrire un lento e talvolta delirante background sonoro composto di echi e melodie dissonanti.

È questo il caso della musica ambient, destinata a diventare un tutt’uno inseparabile con il mondo di gioco contribuendo attivamente alla resa finale.

Una traccia particolarmente significativa in questo senso è “White Noiz”, destinata a fare da background all’introduzione del nostro protagonista James Sunderland nelle primissime fasi di gioco.

James è un individuo complesso, psicologicamente provato e soprattutto confuso e questa traccia racchiude alla perfezione non solo l’identità del protagonista ma anche l’oscurità intrinseca del luogo in cui si è misteriosamente ritrovato.


Un esempio vicino che congiunge questa caratteristica a quelle di cui abbiamo discusso in precedenza è Dead Space, classico videogioco horror del 2009 che ha recentemente ricevuto una fantastica operazione di remake.

La traccia nello specifico è “Welcome Aboard the U.S.G Ishimura”, nonché una delle prime che avremo il piacere di ascoltare una volta iniziata la nostra avventura nei panni dello sfortunato capitano Isaac Clarke.

La struttura di questa OST si rifà perfettamente al discorso sulla narrazione affrontato nel primo capitolo della nostra riesamina, quasi andando a raccontare i progressivi stati d’animo del protagonista nel subire gli eventi catastrofici che lo porteranno ad approdare sulla U.S.G Ishimura.

Ed è attraverso il suono dei violini e dell’orchestra che lo stupore si trasforma prima in sospetto e subito dopo in pure terrore nella seconda parte della traccia, fra crescenti dissonanze sonore e minacciose note roboanti che prendono il sopravvento.
Attraverso il graduale e lento sviluppo di questa traccia abbiamo tutto il tempo di assorbire la gravità del nostro esodo spaziale e l’entità dei pericoli che ci attendono.


Le soundtrack come simbolo di un personaggio

È naturale, come la soundtrack può efficacemente riassumere e rappresentare un videogioco nei suoi elementi essenziali, lo stesso può accadere nel rievocare un personaggio e la sua storia.
È questo il caso di alcune delle tracce più famose e significative nella storia del gaming, basti pensare ai personaggi di Super Smash Bros ed ai temi di ciascun personaggio aggiunto al roster per ciascuna release.

La musica è talvolta in grado di diventare essa stessa il personaggio, lasciandone intuire la presenza anche laddove l’opera tende a non mostrare con chiarezza.


Pensiamo ad esempio alla famosissima traccia “One Winged Angel”, tema di Sephiroth, villain di Final Fantasy VII nonché personaggio ricorrente in altri capitoli della serie.

Si tratta a tutti gli effetti di un capolavoro compositivo che assume delle qualità sempre nuove ogni qual volta che viene ripreso e rielaborato per accompagnare il suo personaggio.

Il tema di Sephiroth funge non solo come una efficace scarica di adrenalina ma anche come riesamina profonda del suo personaggio, descrivendo dapprima la sua personalità violenta ed aggressiva, poi la sua terribile forza ed infine lasciando una piccola ma significativa hint sul suo passato da persona comune, ricorrendo a dei toni inaspettatamente rilassanti e positivi poi inghiottiti nuovamente dall’oscurità incombente dei cori.

E sono proprio i cori ad occupare un ruolo centrale nel comunicare questi step al giocatore, scritti in latino e realizzati allo scopo di sopraffare l’ascoltatore con un crescendo che continua ad evocare a gran voce il nome del nostro villain.
Le sensazioni che non possiamo far a meno di provare sono quindi paura, tensione e forse un pizzico di malinconia.


Un tema sicuramente meno conosciuto proveniente da una serie videoludica tutt’altro che piccola è quello di Bell in Call of Duty: Cold War.

Attraverso questo tema il leggendario composito Jack Wall porta evidenzia in maniera inaspettatamente efficace la natura misteriosa del nostro protagonista e degli avvenimenti di trama di questo capitolo.

Dopo una breve sezione realizzata con il sintetizzatore, un corposo coro in lingua russa che ricorda molto da vicino quello dell’armata rossa recita solennemente:

Attenzione la seguente lyrics contiene degli spoiler leggeri sulle prime fasi di gioco

Who am I?
What am I?
Who am I?
I don’t remember.
I don’t know.
Why? Something is wrong.
I’m breaking through in spite.


La combinazione fra questo testo e la musicalità della OST offrono un’analisi semplice quanto perfetta del nostro personaggio, instillando nel giocatore più attento i primi dubbi sulla natura degli eventi narrati nella campagna di questo Call of Duty, senza dubbio una delle più sorprendenti degli ultimi anni.


Le soundtrack come esperimento creativo

La musica in quanto arte è forse uno degli strumenti più creativi e liberi con cui si possa lavorare ed è proprio per questo motivo che la voglia di espandere i nostri orizzonti conoscitivi sembra non finire mai.

Fra bizzarre firme autoriali e veri e propri esperimenti sonori, le soundtrack dei videogiochi sono una vera e propria miniera d’oro per chi ama lasciarsi stupire.
Questi guizzi creativi, frutto della mente di alcuni fra i compositori più geniali dell’industria, vengono spesso utilizzati per stupire il giocatore e lasciarlo stordito di fronte ad un cambiamento profondo ed inaspettato nel mood dell’opera di riferimento.

Talvolta è proprio la musica a trasformare completamente un’esperienza di gioco altrimenti piuttosto regolare.


Un esempio perfetto è “Zero” da Ace Combat: The Belkan War pubblicato da Namco nell’ormai lontano 2006.
Ace Combat è una serie di apprezzabili videogiochi action improntati sull’utilizzo di aerei da combattimento e, per quanto possa sembrare strano, è da sempre riconosciuta per vantare alcune fra le soundtrack più assurde e spettacolari offerte dell’industria videoludica.

In questo caso parliamo di una traccia che sembra iniziare in maniera stupefacente ma abbastanza regolare, fra spaziosi cori femminili ed una deliziosa chitarra classica, per poi sbalordire l’ascoltatore con l’introduzione delle nacchere e la conseguente trasformazione in un mix fra il flamenco spagnolo, l’orchestra ed i solenni cori in lingua latina.

“Zero” è senza dubbio una traccia unica del suo genere e non possiamo fare a meno di consigliarvene caldamente l’ascolto.


Il secondo esempio per questa categoria proviene da un titolo molto particolare che, grazie alle sue unicità, è riuscito a costruire una solida fanbase di appassionati.
Pur essendo LISA: The Painful un gioco da cui ci si aspetterebbe una soluzione di tipo sperimentale, stupire i giocatori con una OST così ben riconoscibile non è un traguardo scontato.

La soundtrack in questione è infatti un susseguirsi di “sfoghi” musicali di difficile collocazione musicale che si accompagnano alla perfezione alle tematiche ed ambientazioni estranianti dell’opera.
Seppur la maggior parte delle tracce non sia fatta per venire apprezzata particolarmente all’infuori della atmosfere del gioco, è innegabile che in esse si nasconda un fascino irreplicable.

In definitiva Lisa: The Painful è un gioco delirante ed originale e le soundtrack non fanno che confermare questo aspetto.


Cosa sono i leitmotiv?

Come ultima postilla in questo articolo vorremmo fare chiarezza su uno degli elementi fondamentali che ricorrono nella scrittura di queste tracce, i leitmotiv.

I leitmotiv sono tutti quei rimandi, talvolta espressi attraverso la ripetizione di un motivetto fondamentale nella musica del gioco, che vengono spesso e volentieri riproposti all’interno di altre tracce della soundtrack.
Questi ultimi sono uno strumento fondamentale per risvegliare nell’ascoltatore delle sensazioni familiari, riportandolo alla lucidità (o alla speranza) anche nei momenti più drammatici.


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Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.