Il panorama indie, sempreverde anche nei momenti di magra videoludica, sta innegabilmente contribuendo molto alla diffusione e alla crescita di specifici generi, tra cui i metroidvania.
Lost Ruins, sviluppato da ALTARI Games, si inserisce in questo mercato con un titolo che mischia stile anime ad un’ambientazione in stile pixel art.

Ho perso la memoria…di nuovo

L’incipit narrativo di Lost Ruins è molto essenziale e non risulterà nuovo a chi mastica giochi di ruolo giapponesi. Vestiamo i panni di una ragazza che si ritrova in un dungeon senza alcuna memoria di chi sia e cosa ci faccia li. Molto presto arriverà però in suo soccorso una maga molto potente, Beatrice, che la mette a conoscenza dell’esistenza dei seguaci di una strega, la Dark Lady, che l’hanno evocata li per presentarla in sacrificio durante il risveglio della suddetta strega.
A noi cercare una via di uscita, esplorando le varie location alla ricerca di equipaggiamento, pozioni e pergamene mentre ci facciamo strada tra decine di mostri.

Persi nelle rovine

E come in ogni metroidvania che si rispetti, anche in Lost Ruins l’esplorazione è una colonna portante del gameplay, indispensabile per garantirci quantomeno qualche possibilità di sopravvivenza. Ogni location è infatti divisa in stanze collegate tra di loro che oltre ad essere dimora delle più disparate mostruosità, nascondono trappole, meccanismi che attivano ponti, ascensori e porte, stanze segrete e ad intervalli regolari checkpoint dove non solo salvare la partita ma anche raggiungere velocemente altri checkpoint o fare acquisti da…un distrbutore automatico di bevande riadattato a negozio di pozioni e armi.
Nel mondo di Lost Ruins infatti la nostra protagonista non è stata la prima vittima sacrificale evocata dai seguaci della Dark Lady, ma altre ragazze hanno subito questo destino e non è quindi improbabile trovare in giro per la mappa smartphone o vestiti moderni come un costume da bagno (Immancabile riferimento agli episodi in spiaggia classici di moltissimi anime).
Sebbene quindi l’ambientazione di Lost Ruins non sia delle più ispirate, così come l’idea di aggiungere dei riferimenti moderni, è innegabile una certa curiosità nel trovarsi davanti situazioni e oggetti tanto antagonisti al contesto fantasy.

Spade, magia e waifu

Più di tutto il resto però, l’esplorazione è finalizzata a potenziare e arricchire l’equipaggiamento. Troveremo, in giro per la mappa, una grossa quantità di armi che si differenziano molto in quanto a caratteristiche. Ogni arma infatti possiede una velocità di attacco, un range di danni e una probabiilità di mettere a segno un colpo critico. Starà a noi decidere quindi se combattere con un coltello in grado di ferire velocemente i nemici per poi allontanarsi rapidamente, o rischiare un colpo molto più potente con un’ascia, consapevoli però che richiederà di stare a contatto per qualche millisecondo in più con il nemico, tempo più che sufficiente per lasciarci le penne.
Ad arricchire il pattern di mosse arrivano poi varie pergamene contenenenti il potere magico necessario a lanciare attacchi molto potenti di vario tipo (Legati perlopiù ad un elemento specifico). Il potere magico racchiuso in queste pergamene non è però infinito, ed è quindi indispensabile valutare con accortezza quando consumare parte di questo potere, consapevoli di avere un numero limitato di usi per ogni pergamena.
Il sistema di combattimento risulta quindi abbastanza diversificato, anche grazie al fatto che l’inventario è accessibile in qualsiasi momento, permettendoci di cambiare al volo armi e pergamene, in base anche alle situazioni che ci troveremo di fronte.

Lost Ruins infatti mostra fin da subito una curva di apprendimento molto ripida. Da un momento all’altro anche un semplice scheletro può toglierci la vita se non conosciamo bene i pattern di attacco e la tempistica con la quale eseguire schivate e fendenti. Va da se che nelle situazioni più concitate, dove quindi ci troviamo ad affrontare più mostri, di varie specie, sarà necessario prendere prima di tutto le distanze per avere il quadro completo della situazione e decidere il modo migliore per agire senza rimetterci troppi punti vita.
Se da un lato infatti le pozioni e gli oggetti curativi nell’inventario sono richiamabili rapidamente, è anche vero che si resta spesso a corto, il che unito alla completa assenza di locazioni fisse dove curarci completamente, rende estremamente importante non solo uscire vivi dagli scontri ma possibilmente senza un graffio, cercando disperatamente di salvare l’euipaggiamento migliore in vista degli scontri con i boss, decisamente impegnativi e con scontri divisi in più fasi che rappresentano anche la chiave per accedere a nuove zone.

Comparto tecnico

Infine, per quanto riguarda il comparto tecnico, mentre dal lato sonoro le tracce sono perfettamente dimenticabili e rimangono relegate al loro ruolo di sottofondo, rimarchiamo ancora una volta che la scelta di inserire lo stile anime in un metroidvania è interessante seppur non completamente riuscita. Lo stile dei dungeon, in pixel art, è invece decisamente riuscito, riuscendo a incorporare benissimo, zone di vario tipo con meccanismi e stanze più o meno complesse.