Nell’articolo di oggi tratteremo delle nostre prime impressioni in merito a No Rest For The Wicked, titolo ARPG sviluppato dal pluripremiato team Moon Studios e da tempo atteso da un gran numero di giocatori.
Ci ritroviamo a scrivere un’analisi preliminare anziché una classica recensione dal momento che il gioco è uscito di recente in accesso anticipato sulla piattaforma di Steam, non rispecchiando per tanto la forma finale del prodotto su cui sicuramente torneremo in futuro.
Le motivazioni dietro ad un rilascio di questo tipo vanno ricercate nella volontà degli sviluppatori di raccogliere il feedback del pubblico al fine di realizzare l’esperienza ARPG rivoluzionaria a cui stanno lavorando già da tempo.
Sarà riuscito il team di Moon Studios a delineare delle solide fondamenta per un progetto così ambizioso?
Scopriamolo in questa analisi!
La narrazione e il contesto
Pur essendo un prodotto non finito, Moon Studios ha comunque dotato il titolo delle necessarie fondamenta narrative utili ad introdurre il contesto, i suoi personaggi e le sue unicità.
In No Rest for the Wicked interpreteremo il ruolo di un Cerim, membro di un’antica setta che si dedica a sconfiggere la Pestilenza, una piaga che minaccia di sconvolgere il mondo ancora una volta.
Gli eventi narrati si svolgono nell’anno 841, in un regno sull’orlo del caos al seguito della morte del re Harol Bolein, il cui erede decide di prendere il ruolo sotto l’influenza manipolatoria della Chiesa e dell’Inquisizione.
A conti fatti, le fondamenta narrative del titolo sembrano trarre elementi di ispirazione dalle più classiche avventure fantasy, con qualche vago rimando anche a Game of Thrones.
Ciò in cui l’universo di Moon Studios riesce maggiormente a distinguersi è infatti nella creazione di un contesto che riesce ad immergere totalmente il giocatore, soprattutto grazie alla resa eccellente dei personaggi e alla buona scrittura dei dialoghi.
Che sia un incontro con un NPC in pericolo o il chiacchierare dei passanti nella magnifica città di Sentiment, il gioco si dimostra straripante di vita e di carattere e sarà davvero difficile non rimanerne ammaliati.
Quello di No Rest for the Wicked è un mondo deprimente ed in preda alla rovina, in cui la resistenza della civiltà e delle accese personalità che la compongono sono un muro separatorio per gli incubi che aspettano oltre la nebbia.
Il gameplay:
fra soddisfazioni e incertezze
Un aspetto di questo early access su cui si potrebbe discutere lungamente è quello del gameplay nei suoi numerosi elementi compositivi.
Nel tentativo di creare un ARPG stratificato e complesso, il team di Moon Studios ha ben pensato di realizzare un ibrido figlio delle migliori intenzioni ma con tante luci quante ombre.
Parliamo innanzitutto della telecamera, la quale staticità è stata molto a lungo discussa fra gli utenti di Steam negli scorsi giorni.
Se da un lato è vero che il team l’ha utilizzata per rendere ancora più meravigliosi i fantastici paesaggi e le ambientazioni suggestive offerte dal gioco, permettendoci di ammirare in profondità gli scenari in background, non poterla regolare e neppure ruotare in alcun modo rischia di limitare eccessivamente la visione dei giocatori, portandoli ad ignorare strade secondarie e ad approcciare in maniera errata le fasi di combattimento.
Ed è proprio il combattimento a risultare ancora una volta controverso a causa del suo peculiare funzionamento, risultando soddisfacente e scenico quanto pesante e metodico.
Traendo evidente ispirazione dai titoli soulslike ma ottenendo un effetto del tutto differente pad alla mano, No Rest for the Wicked può vantare di scontri di estremo impatto sia a livello coreografico che di gameplay.
Parliamo di un’azione con regole di combattimento ferree e per nulla permissive, che ci obbligheranno a tenere costantemente d’occhio il consumo della stamina ed i tempi di attacco se vogliamo resistere al più scarso dei mob.
Indubbiamente molti aspetti di questo sistema verranno alterati e bilanciati con il tempo e tramite i consigli della community, ma non c’è dubbio che il titolo sia stato progettato per offrire un livello di sfida generalmente elevato.
Per questo motivo, il titolo potrebbe rivelarsi estremamente difficile per alcuni giocatori, specialmente durante le prime sezioni ed in assenza di un buon arsenale.
Fortunatamente, a differenza di quanto accade nei souls, i nemici non respawneranno una volta uccisi e non ci sarà il rischio di perdere i propri averi ad ogni morte, penalità che viene invece sostituita con la degradazione dell’equipaggiamento.
Quest’ultima è anch’essa un’introduzione molto discutibile, dal momento che il suo inserimento difficilmente si rivelerà una vera problematica, rimanendo solo un fastidio a cui rimediare attraverso costanti viaggio verso il fabbro di Sacrament.
A questo va ad addizionarsi un sistema di inventario assolutamente scomodo e limitante, aggravato dalla strana introduzione di un grinding di risorse costante e noioso per l’avanzamento nelle attività di ricostruzione secondarie.
Queste, portate avanti dal costruttore, oltre a richiedere una quantità eccessiva di risorse, necessiteranno anche di numerose ore reali per il completamento.
Sembra insomma che il gioco perda spesso e volentieri traccia della sua identità, soprattutto quando ci verranno proposte quest giornaliere e settimanali che ricordano il funzionamento di un MMORPG.
Per quanto sia vero che il multigiocatore, attualmente non presente, è stato definito uno dei punti focali dei prossimi major update, è anche vero che il gioco è stato sponsorizzato come “principalmente sigle-player” e l’inserimento di queste meccaniche anomale nella struttura di gamplay fa sicuramente storcere il naso.
Nonostante queste considerazioni, in quasi tutte le altre istanze il titolo riesce a brillare di una luce anomala nel mercato di riferimento, facendosi forza di una serie di piccole meccaniche uniche strepitose e di una rielaborazione geniale dei fondamentali.
Dovremmo ad esempio lodare la gestione dei livelli di peso nelle loro unicità, del potenziamento degli equipaggiamenti e soprattutto il modo il lavoro magistrale di game design fra ambienti esplorabili e dimostrazioni di eccellente verticalità.
Non dimentichiamo neppure il modo in cui le zone esplorate in precedenza vengono rielaborate attraverso l’inserimento di nuovi nemici e tesori, rendendo l’esplorazione ed il backtracking delle esperienze davvero divertenti.
Altrettanto positive sono le nostre impressioni sul loot randomico e sulla varietà di armamenti, seppur la mancanza momentanea di un sistema di respec ci abbia impedito di sperimentare come avremmo voluto.
In sintesi, il gameplay di No Rest for the Wicked è un insieme di buone idee con altre discutibili, che risultano in un’esperienza generalmente positiva ma ricca di punti deboli da smussare nelle prossime release.
Due facce della stessa medaglia:
Comparto artistico e comparto tecnico
Con sorpresa dei pochi che non hanno imparato a conoscere Moon Studios dai suoi titoli precedenti, l’aspetto che più ci ha colpiti di No Rest for the Wicked è senza dubbio il comparto artistico in tutte le sue sfaccettature.
Parliamo infatti di un titolo che merita a tutti gli effetti di essere definito un’opera d’arte, ricordando sia idealmente che nel concreto un magnifico quadro in movimento, minuzioso nei dettagli quanto nella resa ipnotica dei colori.
Non volendo esagerare, il modo in cui il team ha curato ogni singolo modello e texture presente a schermo lo rende a pieno titolo una delle esperienze visive più belle ed impattanti che il medium videoludico abbia mai offerto ad oggi.
La stessa cura si può trovare applicata alle animazioni fluide e onnipresenti nello scenario, dal moveset unico di ogni arma allo scontrarsi della pioggia sulla superfice terrosa dell’isola Sacra.
Il tutto realizzato grazie all’engine Moonity, versione personalizzata del motore Unity con cui sono stati realizzati i già meravigliosi Ori I e II.
Non delude neppure la soundtrack nonostante la mancanza del leggendario compositore Gareth Cooker si faccia sentire.
Ciò che sfortunatamente va a cozzare con una realizzazione tecnica impeccabile a tutto tondo sono i gravissimi problemi di ottimizzazione che hanno caratterizzato il gioco al rilascio e che continuano a rovinare l’esperienza nonostante il rilascio di ben 6 patch hotfix nella prima settimana.
Fra gravissimi episodi di stuttering, mappe che si caricano in ritardo ed un framerate che oscilla pericolosamente fra i 60 e i 18fps su un PC di fascia alta, è stato davvero difficile costringersi a giocare il titolo nel suo stato attuale per scrivere queste prime impressioni.
Pur cercando disperatamente una soluzione a questi problemi abbiamo appurato che alternare fra le pochissime opzioni grafiche disponibili in questa versione non aiutava in nessun modo la resa delle performance, le quali si accompagnavano ad un discreto input lag che ci spesso e volentieri portato all’esasperazione fra una sfida e l’altra.
Le speranze per il futuro
Pur avendo terminato queste prime impressioni con una nota prettamente negativa, teniamo a sottolineare che le nostre aspettative nei confronti del futuro del gioco sono del tutto rosee, fiduciosi che un team talentuoso ed esperto come quello di Moon Studios sia in grado di risolvere tutte le problematiche di stabilità e di bilanciamento entro la release definitiva.
Le grandi e piccole mancanze dell’EA, fra multigiocatore e rebinding dei comandi, rendono piuttosto difficile consigliare l’acquisto immediato del titolo per quanto già adesso si possano delineare nitidamente le fondamenta di un gioco eccezionale, la cui natura è ancora da definire pienamente.
Vi lasciamo ad una roadmap che, seppur senza date, può darvi un’idea concreta dei piani di Moon Studios per il futuro del titolo.
Ringraziamo Keymailer e CiDiverte per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa riesamina.
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