Dal momento del suo annuncio nel corso del 2018 fino al suo debutto ufficiale il 21 Febbraio 2023, Atomic Heart ha immediatamente suscitato un notevole interesse grazie al suo eccezionale comparto artistico e al gameplay spesso paragonato ad altri colossi dell’industria videoludica.
L’opera inaugurale dello studio emergente russo Mundfish è stata infatti frequentemente confrontata con titoli del calibro di Bioshock, Wolfenstein e Fallout, offrendo un’esperienza ambiziosa che coinvolge il giocatore, sebbene non priva di difetti.
Dato il recente rilascio della sua seconda espansione, Trapped in Limbo (potete trovare la nostra recensione qui), oggi esamineremo invece il gioco base, evidenziandone i punti di forza e individuando le aree dove poteva essere necessario un maggiore impegno. Scopriremo se il titolo è riuscito a soddisfare le enormi aspettative della sua vasta fanbase che, nel bene o nel male, è riuscita a crearsi nel corso degli anni.
INCIPIT
Ambientato in una realtà alternativa del 1955, in cui l’Unione Sovietica ha raggiunto un notevole sviluppo tecnologico anticipando l’invenzione dell’Internet e perfezionando la robotica, il giocatore assumerà il ruolo di P-3, un veterano della seconda guerra mondiale ora al servizio del KGB.
In questa società altamente avanzata, dove il progresso sembra procedere senza intoppi e la maggior parte delle mansioni è affidata a sofisticati automi computerizzati, si cela in realtà un complotto dalle radici profonde destinato a colpire l’intera nazione.
Durante il lancio del Kollektiv 2.0, il prossimo passo verso il futuro che avrebbe permesso il controllo dei robot tramite il pensiero, tutte le entità meccaniche sono state infatti sabotate e riprogrammate per attaccare e uccidere qualsiasi essere vivente incontrassero.
Sotto il comando del brillante dottor Sechenov, fondatore del Kollektiv e figura paterna del protagonista, saremo incaricati di individuare e fermare il traditore che minaccia di distruggere tutto ciò che ha reso l’URSS la potenza tecnologica che è oggi.
Ci imbarcheremo dunque in questo viaggio accompagnati dal nostro compagno IA CHAR-les, soprannominato Charles e presente all’interno del nostro guanto, attraversando le strade di uno scenario apocalittico ormai dominato da androidi e cadaveri, in cui si cela una storia ben più profonda e corrotta di quanto possiamo immaginare.
STRUTTURA NARRATIVA
Atomic Heart è stato ampiamente elogiato per la sua trama, che riesce a mantenere un equilibrio tra semplicità e colpi di scena, arricchendo così il gameplay con una narrativa coinvolgente in cui ogni azione e cambiamento del mondo risulta sempre motivato chiaramente.
Ciò è reso possibile soprattutto da come il titolo gestisce la distribuzione delle informazioni, con i dettagli cruciali che vengono svelati attraverso dialoghi durante le missioni o in cutscene intermedie che separano le sezioni di gioco.
Per coloro che invece desiderano approfondire la conoscenza del mondo di gioco con dettagli extra e opzionali, numerosi computer disseminati nelle aree forniscono ulteriori informazioni, mentre occasionali registrazioni audio contribuiscono ad ampliare la storia delle ambientazioni.
E’ inoltre importante sottolineare anche l’aspetto della narrativa non esplicita, che si manifesta visivamente attraverso la progettazione dei livelli che esploreremo, ognuno dei quali porta con sé una storia da raccontare. Sotto questo aspetto, in Atomic Heart si è compiuto un lavoro davvero eccellente nel level design, specialmente delle strutture interne, da cui è possibile ricavare gli eventi che hanno plasmato quel luogo prima del nostro arrivo.
Questo approccio consente ai ragazzi di Mundfish non solo di creare un mondo vivo e intrigante da esplorare, ma anche di dare la libertà di decidere come affrontarlo.
I giocatori potranno così scegliere se desiderano approfondire ulteriormente la trama, o semplicemente godersi la storia principale senza sentirsi obbligati a leggere testi e dialoghi eccessivamente lunghi.
Sfortunatamente, benché anche noi ci siamo ritrovati ad appassionarci alla narrativa proposta, non tutti i momenti cruciali della trama si riveleranno delle autentiche sorprese. Alcuni colpi di scena saranno resi infatti fin troppo evidenti, mentre altri sembreranno emergere improvvisamente, privi di basi solide.
Questo importante difetto, tuttavia, trova un bilanciamento nella qualità della scrittura dei dialoghi che, grazie soprattutto ai frequenti scambi tra P-3 e Charles, permetterà al giocatore di esplorare sempre più a fondo il protagonista che si sta interpretando. La caratterizzazione del nostro eroe risulterà perfettamente equilibrata tra il sarcasmo e la profondità, consentendo un’identificazione immediata e un attaccamento al personaggio che, nel corso della storia, subirà un’evoluzione costante.
GAMEPLAY
Atomic Heart offre un gameplay che richiama le caratteristiche tipiche di uno sparatutto classico in prima persona, arricchito dalla presenza di elementi action RPG che conferiscono maggiore profondità e varietà al sistema di combattimento.
Nello specifico, il gioco presenta un sistema di alberi delle abilità che non solo potenzia gli aspetti passivi del nostro personaggio, come la vita o la capacità dell’inventario, ma consente anche di utilizzare capacità sovraumane che ricordano in parte quelle presenti in Bioshock.
Ogni giocatore avrà quindi la possibilità di personalizzare la propria esperienza a piacimento, scegliendo su quali aspetti concentrarsi tra una varietà modesta di abilità disponibili, che consentiranno di congelare o elettrificare nemici, e persino di creare scudi in grado di assorbire gli attacchi avversari.
Per avanzare di livello nei diversi rami, sarà necessario utilizzare degli elementi chiamati neuropolimeri, ottenibili dai cadaveri dei nemici o dalle casse sparse per la mappa, che si riveleranno essenziali per la nostra sopravvivenza in questo ambiente ostile.
Interagendo con l’ambiente durante l’esplorazione, non ci imbatteremo solo nei neuropolimeri, ma anche in numerose altre componenti robotiche utilizzabili in un sistema di crafting presente nel gioco. Questo, seppur semplice e limitato, ci consente di creare nuove armi su misura e di fabbricare munizioni, scorte mediche e potenziamenti per il nostro equipaggiamento, a condizione che disponiamo dei materiali e dei progetti necessari.
Sebbene le modifiche apportate non influenzino radicalmente il gameplay, principalmente aggiungendo più danno o riducendo il rinculo, dobbiamo riconoscere che questa aggiunta migliora significativamente l’esperienza di gioco complessiva.
L’esplorazione diventa così indispensabile e coinvolgente poiché consente di scoprire sempre più materie prime e schemi per l’equipaggiamento, mentre la capacità di smontare e modificare facilmente le armi mantiene un ritmo di gioco costantemente fresco e mai monotono per tutta la durata del titolo.
COMBAT SYSTEM
Volendo approfondire più nel dettaglio il sistema di combattimento, possiamo notare che Atomic Heart presenta due modalità principali di battaglia incentrate sulle armi da fuoco, che spaziano dal classico fucile a pompa ad armi elettriche, e sulle armi da mischia.
In entrambi i casi, avremo sempre la possibilità di schivare gli attacchi nemici, capacità che ci consente di mantenere la precisione di mira o di allontanarci da un androide prima che possa infliggerci danni.
Particolarmente interessante è il combattimento corpo a corpo che, sorprendentemente, si rivela quasi sempre la scelta più divertente ed efficace per abbattere nemici e persino i boss. La considerevole potenza dei danni inflitti, soprattutto quando combinata con le abilità precedentemente menzionate, rende estremamente soddisfacente il gameplay ravvicinato, in cui si riesce ad avvertire ogni colpo dato o subito.
Ogni nemico presenta debolezze o resistenze specifiche, che possono essere analizzate tramite lo scan con Charles. Spetterà quindi al giocatore comprendere e adottare le tattiche più adatte per affrontare le varie tipologie di avversari.
Tra queste vi è anche la possibilità di agire furtivamente, cogliendo gli avversari di spalle per disattivarli tramite un quick time event. Tuttavia, purtroppo, l’implementazione dello stealth non si dimostra soddisfacente, e abbiamo riscontrato che spesso risulta essere quasi impossibile o comunque poco utile.
Nonostante lo stile di gioco di Atomic Heart abbia suscitato in noi un’impressione estremamente positiva, grazie alla varietà di armi e abilità passive e attive, è importante sottolineare che molte animazioni appaiono fin troppo lente nel contesto del gioco.
Finché ci si trova di fronte a pochi nemici, questo problema quasi non si percepisce o non rappresenta una difficoltà significativa; tuttavia, quando invece ci si ritrova circondati e il gameplay diventa molto più dinamico, con la necessità di spostarsi e schivare continuamente, molti movimenti risultano inadeguati e talvolta frustranti.
CURVA DI DIFFICOLTÀ
È quindi evidente che il gioco manca di una curva di difficoltà vera e propria che si sviluppi gradualmente durante l’avventura, ma che piuttosto aumenta in base al numero dei nemici che affrontiamo, specialmente nelle fasi finali.
Se inizialmente nel gioco si percepiva una progressione della sfida, con nemici sempre più forti e pericolosi, nelle fasi conclusive ci siamo ritrovati costantemente in situazioni scomode con un numero eccessivo di automi in spazi troppo angusti.
La principale fonte di difficoltà non deriva nemmeno tanto dalla limitazione dei nostri movimenti, ma piuttosto dalla natura dei nostri avversari che possono essere definiti in gergo nemici “damage-sponge“. Questi sembrano infatti resistere a tutti i nostri proiettili senza subire danni significativi, mentre un loro singolo “colpo vagante” può drasticamente ridurre la nostra salute.
Fortunatamente, in Atomic Heart è possibile modificare la difficoltà del gioco in qualsiasi momento, scegliendo tra tre opzioni diverse, anche se purtroppo non risolve completamente il problema.
Infatti, anche optando per la modalità più semplice, la sfida diventerà completamente assente e saremo noi a non subire più alcun danno, nemmeno se circondati completamente da nemici.
L’unico modo in cui siamo riusciti a goderci appieno il gioco è stato cambiando costantemente la difficoltà in base alle diverse sezioni di gioco, senza mai trovare un equilibrio soddisfacente con una difficoltà adeguata che mantenesse il gioco stimolante senza diventare frustrante.
Le battaglie contro i boss rappresentano un altro esempio di un bilanciamento non sempre adeguato della difficoltà. Alcune di questi combattimenti, sebbene visivamente spettacolari, possono risultare troppo semplici, mentre altre possono causare non pochi problemi e risultare estremamente impegnativi.
PUZZLE E SEZIONI PLATFORM
Nel mondo di Atomic Heart non ci troveremo soltanto a combattere per progredire all’interno delle strutture, ma spesso dovremo affrontare anche piccoli puzzle che possono bloccare serrature o addirittura intere sezioni di mappa.
Questi si rivelano nella maggior parte dei casi particolarmente semplici, variando da minigiochi ritmici a risoluzioni di enigmi logici e spaziali, senza risultare mai una sfida troppo complessa che si discosta troppo dal resto del gameplay più caotico e frenetico.
Potremo anche imbatterci in brevi sezioni dedicate al platforming, dove dovremo saltare da una zona all’altra, spesso risolvendo qualche tipo di puzzle correlato. Purtroppo questi segmenti, nonostante cerchino di spezzare la monotonia dei combattimenti, soffrono degli stessi problemi di rigidità discussi in precedenza, rendendo l’esecuzione dei salti troppo imprecisa e legnosa.
UN FALSO OPEN WORLD
Finora ci siamo limitati a parlare del combat sytem e dei livelli più lineari che si svolgono all’interno degli edifici esplorabili, ma è importante sottolineare che Atomic Heart presenta anche un mondo aperto che collega tutte le diverse strutture della Facility 3826, sia quelle principali che opzionali.
Qui i giocatori avranno la possibilità di muoversi per le strade quasi liberamente, scegliendo se esplorare a piedi per un approccio più silenzioso ed esplorativo, oppure spostarsi da una zona all’altra alla guida di un veicolo, investendo qualsiasi cosa ci si trovi davanti.
Purtroppo, gli elementi open world sono stati fra quelli più criticati, e non senza validi motivi. Nonostante l’intero mondo offra un’apparente sensazione di libertà, la presenza costante di barriere artificiali impedisce al giocatore di scegliere liberamente la propria strada o di deviare anche leggermente dal percorso previsto.
Inoltre, la mappa non particolarmente dettagliata, che mostra solo gli edifici da completare e le telecamere di sorveglianza, suggerisce che la vastità dell’area non sia pienamente sfruttata in termini di contenuti.
Esplorando le strade, ci si accorge infatti presto che si incontrano principalmente case e abitazioni abbandonate, dove al massimo si possono trovare alcuni materiali extra e numerosi robot da affrontare. Anche le strutture opzionali si rivelano spesso trascurabili, dal momento che servono principalmente per recuperare progetti di armi che non sono così essenziali per il proseguimento del gioco.
La sensazione predominante che ne deriva è quella di procedere attraverso un livello di distacco che separa i luoghi legati alla trama, conferendo più l’idea di un’open map piuttosto che di un open world. Questo non necessariamente deve essere considerato in maniera negativa, poiché questi segmenti si rivelano comunque intrattenenti e investire i robot con i veicoli risulta non poco soddisfacente. Tuttavia, è innegabile che l’esperienza offerta non corrisponda completamente a quanto promesso nei vari trailer.
COMPARTO ARTISTICO E SONORO
Indubbiamente, l’aspetto che ha catturato maggiormente l’attenzione degli utenti e che non ha deluso nemmeno al momento del rilascio è il comparto artistico, che si presenta eccezionale in tutte le sue forme. La grafica offre paesaggi straordinari arricchiti da un’illuminazione immersiva che contribuisce a rendere l’esperienza visiva davvero spettacolare.
Non si tratta tuttavia solo di una questione di qualità grafica, ma anche la direzione artistica del gioco riesce a rendere questo mondo sorprendente in ogni suo aspetto. Ogni area, sia chiusa che aperta, si esprime al massimo delle sue potenzialità, regalando un’esperienza visiva coinvolgente e memorabile.
Al contempo, la colonna sonora di Atomic Heart si distingue come una delle migliori nel mercato videoludico per questo genere, con delle tracce musicali che riescono a variare e ad unire generi completamente diversi, come l’Heavy Metal e la musica classica.
Tutto ciò si fonde in un’esperienza sonora sensazionale e assolutamente unica, che non esita a fare diversi richiami alla cultura pop che sicuramente non mancheranno di strapparvi un sorriso durante il gioco.
Purtroppo questo comparto non è completamente privo di difetti, con tracce audio non sempre ben calibrate che possono avviarsi in momenti del tutto casuali o lasciarci in completo silenzio durante le scene d’azione. Anche se nella nostra esperienza questo non si è dimostrato particolarmente fastidioso, c’è il rischio che tali problemi possano compromettere l’enorme lavoro di immersione sonora realizzato dal geniale Mick Gordon (noto per i suoi lavori su Doom, Prey e Wolfenstein) insieme a molti altri talentuosi artisti.
Un punto di orgoglio tutto italiano riguarda l’enorme impegno dedicato alla realizzazione del doppiaggio, il quale, a nostra grande sorpresa, si è rivelato estremamente ben curato e un vero piacere da ascoltare in ogni momento. Con la partecipazione di figure del calibro di Pietro Ubaldi, non possiamo che pensare che parte del motivo per cui ci siamo affezionati così tanto ai personaggi risiede anche nella loro perfetta interpretazione, che vogliamo senza dubbio promuovere a pieni voti.
COMPARTO TECNICO
Dedichiamo ora due parole al comparto tecnico di Atomic Heart che, purtroppo, non riesce ancora oggi a dimostrarsi adeguato per un gioco del suo calibro. Il titolo infatti presenta ancora diverse difficoltà nel mantenere una stabilità senza cali di frame durante l’avventura, rendendo l’esperienza non sempre fluida nemmeno sulle schede video più performanti.
Inoltre, nella nostra esperienza ci siamo imbattuti più volte in bug e problemi grafici, che vanno da quelli meno gravi, come la momentanea uscita della telecamera dalla mappa di gioco, a quelli più fastidiosi che ci impedivano di impugnare le armi senza un motivo specifico.
Fortunatamente, non siamo mai stati costretti a ricaricare un salvataggio precedente, ma trovare così tanti problemi dopo quasi un anno dall’uscita non lascia di certo una buona impressione nei giocatori, che si ritrovano a dover affrontare continue seccature.
Ringraziamo Keymailer e Mundfish per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Qui potete trovare la nostra recensione del secondo DLC di Atomic Heart: Trapped in Limbo!
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