Uscire dallo stato di Accesso Anticipato è sempre un enorme passo da compiere per i videogiochi indie, presentandosi al pubblico in una versione che riesce finalmente a rispecchiare ciò che i creatori avevano in mente durante la realizzazione del progetto.
Questo è infatti il caso di un titolo che abbiamo seguito fin dal suo primo annuncio e che oggi avremo la possibilità di recensire: Battle Shapers. Sviluppato e pubblicato da Metric Empire, questo FPS roguelite ci propone diverse sfide e promette altrettante soluzioni per personalizzare il modo in cui le affronteremo.
Una città da salvare (ancora)
Senza girarci troppo intorno, la trama di Battle Shapers non è altro che un semplice pretesto per giustificare le nostre azioni e il contesto stilistico. Trasportati in New Elysium, una metropoli un tempo utopica creata da JANOS, ci renderemo conto di come una misteriosa “corruzione” abbia infestato le strade seminando terrore e caos tra gli abitanti.
Il personaggio che andremo ad impersonare, Ada (una vecchia Shaper rimasta in standby da prima che la città cadesse sotto il controllo degli Overlords e della corruzione), viene risvegliata dal robot-assistente Meemo che, dopo averle fatto il punto della situazione, si offrirà di aiutarla nel suo nuovo compito: salvare New Elysium.
Sebbene la solita dinamica dell’eroina arrivata dal nulla che ora dovrà salvare la città non contribuisca molto a creare una narrazione particolarmente coinvolgente, nelle varie zone di battaglia ed arene avremo la possibilità di trovare delle Memorie dei diversi luoghi, accumulando brandelli di lore in grado di aggiungere un minimo di spessore al mondo di gioco.
Anche i dialoghi tra personaggi, siano essi una semplice chiacchierata tra Ada e Meemo o uno scambio di frecciatine con l‘Overlord che stiamo affrontando, diventano presto ripetitivi vista la natura roguelite del titolo (non è raro rileggere le stesse identiche frasi una volta raggiunta una zona già scoperta in precedenza). Inoltre, la totale assenza di un doppiaggio rende i discorsi piuttosto scomodi da seguire, costringendoci a scegliere se prestare attenzione agli attacchi nemici o leggere le linee di dialogo.
un GAMEPLAY su misura
Fortunatamente, ciò che Battle Shapers non riesce a trasmettere con la trama viene prontamente compensato da un gameplay discretamente frenetico, lanciandoci fin dai primi istanti di gioco in combattimenti serrati che lasciano ben poco spazio a eventuali domande.
Tutto inizia nel nostro rifugio, dove saremo in grado di decodificare nuovi elementi e potenziamenti permanenti da aggiungere al nostro arsenale spendendo il Turinio, ottenuto sconfiggendo i Bot Corrotti e saccheggiando le Casse di Bottino sparse nei diversi livelli.
Ritornando in questa zona dopo ogni run, che sia riuscita o meno, avremo modo di scoprire nuovi contenuti grazie a questo sistema di progressione che, seppure non sia nulla di estremamente innovativo e ricordi molto quello di Dead Cells e altri roguelike, non ha mai fallito nel motivarci ad iniziare una nuova partita.
Ad essere sinceri, una delle maggiori criticità di Battle Shapers è proprio l’earlygame: avere poche armi, potenziamenti e elementi di mobilità sbloccati ha reso le nostre prime ore piuttosto ripetitive e stagnanti, limitandoci molto spesso al dovere utilizzare lo stesso equipaggiamento.
Superata questa difficoltà iniziale, e come il nome stesso del gioco vuole suggerire, saremo in grado di plasmare le battaglie e le zone di combattimento grazie a un’ampia varietà di armi e potenziamenti, ciascuno in grado di modificare diversi aspetti e statistiche del nostro personaggio.
Partendo da una solida base per un FPS, con tanto di arene pensate per includere anche una componente di verticalità e pericoli ambientali, le diverse torri in cui dovremo combattere si presentano fin da subito come il perfetto playground per testare le molteplici combinazioni disponibili.
Che sia aggiungere alla propria arma la possibilità di sparare occasionalmente colpi speciali, vedere i proiettili rimbalzare sui muri o accumulare HP massimi per ogni nemico sconfitto in un determinato modo, la varietà e la quantità di configurazioni disponibili ci hanno davvero sorpresi. Uno dei possibili stili di gioco che abbiamo preferito (e trovato estremamente soddisfacente) è stato soprattutto quello incentrato sull’utilizzo delle “Esecuzioni”, potenti attacchi finali in grado di ripristinare anche le nostre difese che, chiunque abbia giocato ai nuovi Doom avrà sicuramente riconosciuto.
Colpire un nemico in fin di vita e finirlo con un attacco corpo a corpo non solo gli farà rilasciare preziose cariche di armatura ma, anziché bloccarsi in un’animazione, il pugno lo scaglierà indietro trasformandolo a tutti gli effetti in un proiettile, permettendoci di dare origine a creative e potenti combo senza interrompere il flusso del combattimento.
TRE TORRI, TRE BOSS
Superata la zona iniziale che accomuna ogni run, la scelta dei boss e dei nemici che affronteremo sarà affidata a noi, lasciandoci decidere l’ordine con cui introdurci nelle tre torri che compongono i livelli principali da completare. Ciascuna di esse è sorvegliata da un Overlord con modificatori scelti casualmente ad ogni nostro nuovo tentativo, mitigando la ripetitività e permettendo ad ogni partita di risultare diversa dalla precedente.
Inoltre, ogni Overlord che batteremo renderà più forti quelli rimanenti, incrementandone le statistiche e e fornendo loro nuove abilità con cui ostacolarci durante il nostro percorso, assicurandoci così una sfida costante che non ci permetta mai di abbassare la guardia.
Decidere di affrontare un determinato boss quando è ancora debole e dotato di un kit limitato ci è stato molto d’aiuto nel comprendere, passo per passo, il suo set di mosse e i cambiamenti che lo coinvolgono quando viene invece rafforzato dai suoi compagni caduti, premiandoci ulteriormente per la sperimentazione e l’attenzione ai dettagli.
COMPARTO ARTISTICO E TECNICO
Come menzionato in precedenza, le torri in cui si svolgono i combattimenti non solo eccellono in termini di puro gameplay, ma anche da un punto di vista artistico: le arene sono perfettamente contestualizzate grazie a un’estetica che riesce ad amalgamare con successo i layout semplici e ricchi di verticalità tipici degli FPS arena al design futuristico di una metropoli utopica.
Le diverse piattaforme, pedane e elementi con i quali è possibile interagire non sembrano mai essere messi a caso, dandoci l’impressione che faccia tutto effettivamente parte dei laboratori o delle fabbriche in maniera completamente naturale.
Inoltre, i colori vivaci e brillanti adottati per ciascuna tematica delle singole torri riescono a creare delle identità ben distinte tra loro, incentivandoci sempre all’esplorazione che, puntualmente, viene ricompensata da premi nascosti e stanze segrete.
Per ciò che concerne il lato tecnico, sebbene non abbiamo rilevato alcun bug né registrato crash, la superiorità grafica di Battle Shapers rispetto a molti altri titoli del genere ci ha dimostrato come anche una 3070Ti fatichi a mantenere gli FPS stabili (>60, risoluzione 1440p) a meno che non si imposti la qualità su “Medio“.
Ringraziamo Cosmocover per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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