Nel panorama souls-like ormai i giochi del genere non si contano più nemmeno sulle dita di due mani, tra progetti realmente ambiziosi e brutte copie carbone, il mercato è stato invaso da questo stile di gameplay che ha catturato milioni di giocatori.
Oggi tratteremo Bleak Faith: Forsaken, gioco sviluppato da Archangel Studios che, tra idee geniali e una produzione tecnica non esattamente eccelsa, ha comunque combattuto con le unghie e con i denti per avere un’anima originale.
NARRATIVA
Come ogni souls-like che si rispetti, più che sulla trama dovremmo concentrarci sulla narrativa che il gioco imbastisce, fornendo al giocatore gli elementi chiave tramite lettura e descrizioni.
Ci troveremo nell’omnistruttura, un complesso architettonico che faceva le veci di un insediamento umano che per degli oscuri motivi sembra avere subito un declino.
Di fatto, non vi saranno persone ad accoglierci, bensì delle creature aggressive che faranno di tutto per eliminarci, e capire come una grande civiltà come quella dell’omnistruttura sia potuta decadere rimarrà nostro appannaggio per l’intera avventura.
GAMEPLAY
Da Bloodborne ad oggi
Per poter parlare del gameplay di Bleak Faith sarà necessario porre una retrospettiva ai titoli piu famosi dello stesso genere, per capire come è stato influenzato in sede di sviluppo per poter quindi comprendere alcune scelte fatte dagli dev.
Andremo dunque a vedere come il titolo, pur ispirandosi all’intero genere souls-like, prenda a piene mani soprattutto da Bloodborne, dal sistema di schivata fino all’uso delle cure.
Combat System
Il sistema di combattimento può essere affrontato con tre diversi approcci, ognuno dei quali è utilizzabile da subito, senza la necessità di scegliere una classe iniziale. Combattere i nemici all’arma bianca risulta piuttosto legnoso, lento e meccanico, ma nonostante ciò, dopo le prime ore di gioco, ci si abitua.
Per affrontare i nostri avversari potremo applicare diverse strategie, avendo a disposizione un sistema di schivata che ci permetterà di scegliere liberamente se rotolare o dashare, un’opzione introdotta per la prima volta in un gioco di questo genere.
Inoltre, il combat system farà suo anche quanto visto in Elden Ring, implementando la meccanica del salto all’Interno degli scontri, ed obbligandoci ad usarla per contrastare alcune mosse specifiche, che sarebbero altrimenti impossibili da schivare.
La magia, che può essere utilizzata come strumento ausiliare o come un secondo stile di combattimento più punitivo, è disponibile fin da subito. Sarà necessario trovare un bastone nei primi momenti di gioco, il quale permette di lanciare incantesimi.
All’inizio, tuttavia, sarà difficile mantenere la magia come arma principale, poiché avremo a disposizione solo due pozioni per recuperare mana. Anche se questo non fosse un problema, i colpi magici consumano un sacco di mana nelle fasi iniziali.
Tutto questo serve a bilanciare la magia all’interno del gioco, poiché si rivelerà essere particolarmente efficace contro più o meno tutti i nostri avversari e con un casting time relativamente basso, che ci concederà di scagliare i nostri incantesimi con estrema rapidità.
Quality of Life
Un aspetto senza dubbio innovativo in Bleak Faith, che non troveremo in nessun altro souls-like, è la possibilità di cambiare equipaggiamento rapidamente tramite la pressione del tasto quadrato.
In pratica, in Bleak Faith avremo a disposizione quattro slot per le nostre armi, simile a quanto visto in Bloodborne. Tuttavia, la differenza principale è che qui potremo switchare istantaneamente tra questi slot, senza dover cambiare ogni arma singolarmente utilizzando le frecce direzionali come nei precedenti titoli del genere.
Tutto questo rappresenta un’arma a doppio taglio, poiché sebbene sia comodo poter cambiare stile senza staccare le dita da L3 per il movimento, è anche vero che questo non ci concederà di eseguire dei mix fra i vari slot.
Pozioni e cure
Le cure che saranno trasportabili ad inizio avventura saranno due, tuttavia sarà possibile sia farmarle ottenendole dai nemici (come in Bloodborne), che craftarle. Questo ci permetterà di avere sempre delle pozioni con noi, estendendo l’avventura senza dover agognare il prossimo checkpoint, che si tratti di un falò o di una lanterna.
Inoltre, anche se dovessimo esaurire tutte le cure durante un combattimento, il gioco ci rifornirà automaticamente nel momento in cui ci troveremo fuori dal combattimento. Questo significa che non sarà necessario tornare a un hub di gioco per fare rifornimento, poiché le cure verranno aggiunte automaticamente allo slot dei consumabili. Lo stesso discorso si applica anche alle pozioni per recuperare il mana, permettendoci di avere sempre a disposizione un po’ di magia.
Parata e Parry
Se si parla di souls-like non si può esimersi dal parlare di parry e di parate, che sono una delle meccaniche più celeberrime di questo sottogenere e dunque c’è da porsi la domanda, come sono state rese queste due funzioni all’interno di Bleak Faith? Purtroppo, nonostante il gioco ti fornisca uno scudo e la possibilità di parare gli attacchi avversari, quel che avverrà una volta parato il colpo del nostro avversario non avremo la possibilità di effettuare una risposta.
Ebbene, ciò che avviene è che il colpo viene parato, ma in una dinamica più simile alla deflessione di Sekiro, senza però averne i benefici (non è presente una dinamica di equilibrio) e senza poter effettuare un colpo critico.
COMPARTO TECNICO
Il comparto tecnico di Bleak Faith ci ha fatto parecchio storcere il naso, dato che, nonostante appena avviato il gioco saremo accolti da una cutscene visivamente accattivante, tutto finisce col decadere non appena iniziamo a muovere i primi passi all’interno del gioco.
I modelli nel loro complesso funzionano, anche se la loro realizzazione non è delle migliori, avendo trovato diversi assets riutilizzati e varie imperfezioni.
Inoltre, il movimento dei personaggi appare spesso legnoso e meccanico, in particolare quello del nostro protagonista. Passare da un colpo in esecuzione a una parata richiede circa un secondo e mezzo, un tempo tutt’altro che trascurabile.
Il framerate su Playstation 5 si presenta stabile, senza cedimenti di sorta, sia durante i momenti tranquilli che nelle sequenze più concitate.
COMPARTO ARTISTICO
Il comparto artistico è chiaramente ispirato a Dark Souls, forse anche troppo all’inizio, ma avanzando nel gioco si nota come l’ambiente acquisisca una propria personalità. La casa di sviluppo riesce infatti a infondere al gioco un’anima artistica distintiva nelle fasi più avanzate.
Lo scenario si concentrerà su elementi urbani come segnali di pericolo, luci d’emergenza e simili, che daranno al gioco una diversità ambientale tutta sua, che di rado si vede nel genere souls-like, che in genere è più orientato ad un’atmosfera e a dei temi medievali.
Purtroppo, nonostante alcune scelte di design particolari e funzionanti, ci siamo ritrovati davanti a diversi asset riutilizzati per alcune strutture. Non solo, anche il terreno presenta una criticità legata all’uso uniforme dei colori che rende alcune zone del gioco visivamente monotone, fornendo un feedback negativo alla vista. Questo non rovina l’esperienza di gioco in sé, ma compromette l’immersività e l’atmosfera, facendole scricchiolare un po’.
Il comparto sonoro, rispetto ad altri titoli simili, subisce una battuta d’arresto, risultando praticamente inesistente. Sebbene l’assenza di suono possa avere una sua valenza a livello di game design e in alcuni momenti contribuisca a creare angoscia, non è certo ciò che ci si aspetterebbe, specialmente durante le boss fight e anche negli incontri più leggeri che il titolo offre.
Ringraziamo Archangel Studios per averci fornito una chiave per realizzare questa recensione.