Nell’analizzare la release di questo nuovo capitolo della saga di Call of Duty, abbiamo deciso di dividere la nostra analisi in due parti: una interamente dedicata alla campagna a giocatore singolo ed una per il multigiocatore e la modalità Zombies.

Black Ops 6 è la ventunesima iterazione della serie e, in quanto tale, si trova nella difficile posizione di innovare e perfezionare ulteriormente una formula ormai ben più che maturata nel corso degli ultimi 20 anni.
Questa particolare release vede la luce dopo un periodo di sviluppo durato 4 anni (decisamente superiore alla media dei Call of Duty), durante il quale sono stati lanciati in rapida successione due titoli appartenenti al filone dei Modern Warfare. In particolare, Modern Warfare III, uscito l’anno scorso, ha deluso molti fan a causa di una campagna piuttosto abbozzata e fin troppo derivativa rispetto a quanto visto in Warzone.

Recensione Call of Duty: Black Ops 6 (Campagna) - Sixth Time's the Charm


Con l’uscita di un nuovo Black Ops, Treyarch (in stretta collaborazione con il team di Raven) ha cercato di cogliere il feedback, riportando ai giocatori non solo un’esperienza dai ritmi più classici, ma anche abbandonando l’esperimento della modalità Zombie open world in favore di quella round-based, tanto apprezzata dai fan nelle precedenti iterazioni.

Ma senza perdere ulteriore tempo in anticipazioni, ecco la nostra recensione della campagna di Call of Duty Black Ops 6!

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⠀⠀⠀ Incipit e narrazione ⠀⠀⠀⠀

Se il precedente CoD della serie Black Ops fungeva da prequel agli eventi narrati nei capitoli precedenti, Black Ops 6 si ambienta fra gli eventi del primo e del secondo titolo, usciti più di dieci anni fa.
Verremo immediatamente gettati nei panni di tale Case, un agente della CIA coinvolto in una missione di estrazione al confine tra l’Iraq e il Kuwait. Al nostro fianco, Troy Marshall, Jane Harrow e il leggendario Frank Woods, che, a causa degli eventi raccontati in una parte del secondo capitolo della saga, è ormai ridotto in sedia a rotelle e costretto a ricoprire un ruolo logistico.

La situazione degenera quando Russel Adler (personaggio principale introdotto in Cold War) intercetta il convoglio e uccide il nostro obiettivo, rivelando l’intrusione all’interno dell’organo della CIA di membri di un’organizzazione paramilitare nota come Pantheon. Il gruppo, finora rimasto nascosto, sembra essere legato a numerose operazioni clandestine e utilizza armi chimiche sviluppate in biolaboratori segreti americani.

Da questo momento, verremo coinvolti in una piccola squadra che condurrà investigazioni nel tentativo di risalire ai vertici dell’organizzazione, venendo costretti a separarci dai nostri alleati governativi per agire come una cellula indipendente illegittima. Le tematiche trattate da questa campagna sono molteplici e spaziano dal complotto, al tradimento, alla manipolazione mentale e al sotterfugio politico.

Appare estremamente evidente come il team di Raven, principale incaricato nella realizzazione di questa campagna, abbia avuto una grande libertà nella narrazione di questo progetto. In particolare, tutto ciò che riguarda l’arma biologica nota come “Culla” e ciò che lega il nostro protagonista a quest’ultima è un contenuto estremamente “coraggioso”, destinato ad avere delle implicazioni davvero pesanti sul canone di quello che sembra delinearsi come un universo espanso comune fra i vari titoli della saga.

Anche così, non possiamo fare a meno di percepire alcune occasioni come sprecate, soprattutto considerando che le effettive teorie del complotto che hanno macchiato indelebilmente la storia americana vengono appena sfiorate, se non del tutto ignorate, in questa campagna.

Peccato anche per la conclusione, a nostro avviso fin troppo frettolosa e priva di mordente. Il problema principale di quest’ultima ha a che fare nuovamente con Warzone, poiché pare si sia da tempo diffusa questa pessima idea di far continuare le trame nei contesti delle nuove stagioni della modalità Battle Royale.

I personaggi e la legacy

La narrativa di Cold War, nonostante una longevità davvero pessima, era riuscita a convincerci pienamente grazie all’introduzione di alcuni personaggi interessanti, nonché all’atmosfera allucinata e misteriosa della Guerra Fredda. Alcuni di questi personaggi (Adler e Woods) fanno il loro ritorno in questo nuovo capitolo, accompagnati da una manciata di introduzioni che abbiamo ritenuto piuttosto azzeccate.

Troy Marshall, Felix Neumann e Sevati Dumas sono i nomi dei nuovi volti della saga di Black Ops, e mentiremmo se dicessimo che non siamo rimasti soddisfatti del modo in cui Raven ha trovato il tempo per approfondirne storia e personalità, nella preparazione e durante ciascuna missione. Avremo infatti modo di scambiare qualche parola con la nostra squadra girovagando nell’HUB, potendo inoltre assistere al modo in cui questi si relazionano fra loro con l’avanzare del tempo.

Sfortunatamente, il nostro nuovo protagonista soffre delle stesse limitazioni imposte al povero Bell di Cold War e, nonostante sia importantissimo nel proseguimento della trama nonché nelle sorti del mondo conosciuto, è privo di una voce e perlopiù una vittima degli eventi destinata a non essere ricordata nei capitoli successivi.

Il ruolo dell’eroe tragico e dimenticato sta diventando sempre più una costante negli ultimi titoli della saga, ma non possiamo fare a meno di sperare nel ritorno di un protagonista che possa entrare concretamente nella storia dei videogiochi come fu Mason ai tempi del primissimo Black Ops.

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⠀⠀⠀ ⠀⠀ Il gameplay ⠀⠀⠀

Come in ogni nuovo Call of Duty, anche la campagna di Black Ops 6 si prende il compito di introdurre il giocatore a quella che a tutti gli effetti è la base dell’esperienza multigiocatore.
In questo caso avremo a che fare con la novità dell’omnimovement, che abbiamo già esplorato nell’analisi della beta e che riprenderemo anche nella seconda parte di questa recensione.
Fanno la loro comparsa anche i vari equipaggiamenti tattici come l’iconico RC-XD e il coltello telecomandato, che in singleplayer potranno essere utilizzati liberamente grazie ad un inventario estremamente generoso.

Per il momento basti pensare che la campagna fa pieno utilizzo di tutte le piccole e grandi novità introdotte in questo titolo dal team di Treyarch, includendo tuttavia una manciata di variabili che non troveremo riproposte nell’esperienza online.

L’hub principale, le abilità e i segreti

Avere un HUB in Call of Duty non è di certo una novità, la stessa cosa accadeva infatti nel precedente capitolo del filone Black Ops seppur in chiave molto ridotta.
Se infatti cinque anni fa la nostra base operativa era un garage di modeste dimensioni, stavolta avremo a nostra disposizione una gigantesca villa con annesso un bunker segreto abbandonato del KGB .

Innanzitutto, avremo l’opportunità di costruire al suo interno una varietà di zone utili raccogliendo il denaro durante le 11 missioni della campagna. Queste, ad eccezione del poligono di tiro, ci permetteranno di sbloccare alcune abilità passive per il nostro personaggio che riguardano le armi e l’equipaggiamento. Fra le opzioni disponibili per l’acquisto avremo anche alcune skin uniche utilizzabili nel multigiocatore sottoforma di progetti.

Le abilità non sono di per sé un aspetto necessario dell’esperienza, ma investire qualche soldo nella velocità di ricarica piuttosto che nel numero di armature indossabili potrebbe rivelarsi molto comodo nelle sezioni più concitate della campagna.

Ma l’aspetto inaspettato che abbiamo decisamente gradito di questa nuova ambientazione è la presenza di alcuni segreti del tutto inediti per un titolo della serie Call of Duty.
Armati della nostra lampada UV, di un taccuino e di una non proprio innata capacità nella risoluzione di enigmi, ci siamo trovati a tradurre il russo e scorrazzare avanti ed indietro in cerca del prossimo step.
Peccato soltanto per la ricompensa, decisamente meno interessante di quella che ci saremmo aspettati dopo esserci dedicati con un tale entusiasmo all’investigazione.

Le missioni
fra “Puro CoD” e sperimentazioni sospette

La campagna di questo nuovo capitolo, a differenza di Cold War, è fra le più lunghe dell’intera saga, districandosi in 11 missioni per un totale di circa 9 ore necessarie al completamento. Nell’affrontarle, abbiamo potuto notare come l’approccio degli sviluppatori nella realizzazione di questa campagna si avvicini in maniera decisa alle tipiche esperienze scriptate al cardiopalma che hanno segnato i tempi d’oro del brand, senza però cedere totalmente all’intenzione di non sperimentare a più riprese con nuove formule e variazioni.

Anche in questo caso, infatti, si porta avanti l’idea di affrontare la missione con un certo grado di libertà d’approccio, che si traduce nell’utilizzo di un ingresso piuttosto che l’altro oppure nell’adesione allo stealth. Sostanzialmente, si ha la sensazione che il team abbia ripreso quanto realizzato da Infinity Ward nello scorso capitolo per poi rimuovere qualsiasi traccia del DNA di Warzone dall’esperienza. Il risultato è veramente apprezzabile e crediamo che gli sviluppatori siano finalmente riusciti a trovare il giusto bilancio fra le sezioni adrenaliniche e fortemente scriptate e quelle meno concitate.

A tal proposito, è veramente difficile non citare la presenza di una missione “open-map”, in cui verremo portati a scorrazzare a bordo di un veicolo in una vasta area desertica per distruggere le difese nemiche prima dell’assalto. Pur non trattandosi neppure lontanamente della miglior missione di questa campagna, dobbiamo dire di essere rimasti piacevolmente colpiti da questa introduzione, e ci siamo genuinamente divertiti nel completare anche gli obiettivi secondari.

Inoltre, per i giocatori più improntati al completismo, il team ha ben pensato di disseminare l’interezza delle 9 ore di gioco di sfide totalmente opzionali nel quale cimentarsi.

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Comparto tecnico e artistico

È ormai qualche anno che Call of Duty non sembra avanzare da un punto di vista tecnico, limitandosi piuttosto ad attendere la fine effettiva della scorsa generazione di console prima di mostrare qualche effettivo miglioramento.
In particolare, il comparto grafico di Call of Duty sembra essersi involuto a partire dall’uscita di MW2019, aprendo gradualmente le porte a integrazioni come quella del panorama mobile avvenuta lo scorso anno, a scapito dell’impatto visivo.

La fotocamera ci servirà in alcune particolari missioni d’infiltrazione ed in seguito anche per tracciare i movimenti nemici.

Black Ops 6, sfortunatamente, non fa eccezione, non brillando ed al contempo rimanendo cautamente all’altezza degli standard moderni. Condizione che si nota inevitabilmente anche nell’AI dei soldati nemici, i quali si limiteranno perlopiù a lanciarsi all’attacco e a tenersi in copertura a fasi alterne.

Ed è così che la campagna finisce per regalare scorci impressionanti soltanto nelle aree chiuse o nelle situazioni meno prevedibili, affidando molto alla capacità dei devs di realizzare qualcosa di fuori dagli schemi nel contesto contorto del filone Black Ops.

In questo senso, c’è molto da apprezzare nel lavoro svolto da Raven, che ha persino dotato la campagna di una UI completamente diversa e, francamente, superiore a quella del multigiocatore. Un buon lavoro è stato svolto anche per quanto riguarda l’ottimizzazione, considerando che il titolo gira senza problemi a dettagli massimi su una configurazione di fascia media, anche senza fare uso di tecnologie di upscaling.

Per chi dovesse avvertirne il bisogno, è bene sottolineare che il titolo supporta DLSS, FSR così come XeSS e altre tecnologie utili per la generazione di frame. Sfortunatamente, le problematiche che potreste incontrare sono legate maggiormente all’infrastruttura dei server di Activision piuttosto che all’ottimizzazione, ma di questo parleremo nello specifico nella recensione dedicata alle modalità online del titolo.


Nel concludere, vorremmo dedicare qualche parola alla soundtrack composta dal leggendario Jack Wall, che torna anche stavolta ad accompagnarci con una varietà di tracce di buon livello, che si adattano alla perfezione alla varietà di sezioni adrenaliniche e stealth che compongono questa avventura.

Recensione Call of Duty: Black Ops 6⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀

Ringraziamo Activision per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro sito web per la seconda parte di questa recensione in arrivo nei prossimi giorni!

Call of Duty: Black Ops 6 - Campagna (PC)
In conclusione (parziale)
Ambientata nel ricchissimo contesto di complotti e bioterrorismo, la campagna di Black Ops 6 introduce nuovi personaggi e sfumature narrative inaspettate, pur riprendendo elementi ben noti ai fan della serie. Il gameplay unisce la classica azione adrenalinica di Cod alle nuove meccaniche dell’omnimovement, riprendendo e aggiustando il tiro delle sperimentazioni di Infinity Ward sull'approccio libero alla risoluzione delle missioni.
Pregi
Trama e personaggi interessanti
Alcune scelte coraggiose...
Struttura di gameplay piacevolmente rinnovata
HUB e segreti
Difetti
Diverse occasione mancate per creare momenti iconici e d'impatto
... che potrebbero infastidire alcuni fan della serie
Graficamente in stallo
8.3
Voto

Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.