Nell’articolo di oggi tratteremo finalmente di Call of Duty Modern Warfare III, titolo tanto atteso dalla redazione e di cui abbiamo seguito con grande attenzione i complicati sviluppi .
Il frutto della forza congiunta di tutti gli studi di Activision evidenzia una crisi nella rotazione triennale degli studi che, dall’ormai lontano 2003, ha permesso agli sviluppatori di rilasciare un titolo l’anno .
Il risultato è un prodotto che risente, inevitabilmente, di uno sviluppo accelerato ma soprattutto fortemente derivativo dal suo predecessore.
Non a caso, Call of Duty MWIII è il primo sequel nella saga ad essere uscito a solo un anno dalla release precedente dello stesso filone, scelta che sembra essere stata celebrata dagli sviluppatori come un successo ma molto discussa dagli utenti e fan di vecchia data.
Sarà riuscito questo terzo reboot a guadagnarsi il successo nonostante una storia di sviluppo così travagliata?
Scopriamolo in questa recensione!
Gameplay
Un punto cardine nella produzione decennale di Call of Duty è sempre stato il suo gameplay adrenalinico e di facile lettura per i giocatori meno hardcore, senza mai rinunciare a fornire ai più esperti gli strumenti necessari a realizzare imprese iconiche e memorabili.
L’approccio di Modern Warfare III a questo aspetto si è rivelato particolarmente trasformativo, ricostruendo il sistema di movimento al fine di rendere l’esperienza ancora più rapida e reattiva.
Seguendo questa filosofia di sviluppo, l’aggiunta di meccaniche quali lo slide cancel, la TAC stance come anche i numerosi modifiche alla velocità delle animazioni hanno contribuito a donare al titolo una sensazione di fluidità mai sfiorata prima d’ora da una serie già rinomata per i suoi ritmi al cardiopalma.
Un discorso analogo può essere applicato allo shooting, ancora una volta ulteriormente perfezionato e rifinito grazie alla forte sinergia fra elementi visivi e sonori, con un hitmarker più distinto e un hitsound d’impatto.
Meno entusiasmanti sono invece i cambiamenti al TTK (Time to Kill), generalmente più alto ma al contempo fastidiosamente inconsistente (sugg: “inconsistente in maniera quasi fastidiosa”).
Avendo passato a riesamina le fondamenta di gameplay quasi impenetrabili della serie sparatutto, è necessario analizzare il titolo da un punto di vista contenutistico, scomponendolo in ciascuna delle sue parti.
Campagna
La campagna di Call of Duty rappresenta da sempre una sicurezza, proponendosi come una breve e lineare, ma intensa, esperienza cinematografica in cui la completa immersione è favorita soprattutto dall’enorme utilizzo di scripting nelle fasi di gameplay.
Per la prima volta tuttavia, in Modern Warfare III si è deciso di infrangere questa regola, sperimentando in maniera abbastanza pigra su una struttura di gioco alternativa per la sua componente single-player.
Alla luce di questa scelta, avremo a che fare con una campagna dalla durata esigua (completabile in circa 3/4 ore di gioco), costituita da un alternarsi fra le classiche missioni lineari e le nuovissime e discusse Open Combat missions.
Quest’ultime in particolare prendono luogo in delle grandi mappe che ci daranno la libertà di raggiungere un dato obiettivo, permettendoci nel frattempo di lootare armamenti e corazze e di adottare un approccio stealth qualora lo ritenessimo preferibile.
Ciò che ne risulta è un’esperienza di gioco fin troppo derivativa da Warzone/DMZ e generalmente noiosa se paragonata all’offerta dei titoli passati della stessa serie.
A scandire il passaggio tra una missione e la successiva, delle cutscenes prenderizzate di buon livello svolgeranno il compito di trasportarci attraverso le fasi principali della narrazione, donando al titolo quell’immancabile cinematografia che abbiamo imparato ad apprezzare nelle release più recenti.
Sensazione che viene però messa a dura prova dalle particolari scelte di trama intraprese da Infinity Ward, a partire dalla reinterpretazione dell’amatissimo villain Makarov, stavolta fin troppo scialbo e quasi forzato, se messo a confronto con il suo originale.
Ancora peggio, gli eventi di MWIII si sviluppano in maniera piuttosto inconcludente ed approssimativa, rendendo le evoluzioni del suo predecessore completamente inutili, al punto da ignorare le passate introduzioni nel cast e ribaltando i colpi di scena verificatisi nelle fasi più avanzate.
Inoltre, avendo completato la modalità storia di questo Call of Duty in difficoltà esperto possiamo dirci abbastanza delusi dall’intelligenza artificiale dei nemici, poco reattiva e resa letale solo dall’elevato danno inferto in mancanza di corazze.
In sostanza, la campagna di Call of Duty MWIII (2023) è considerabile un esperimento fallito, forse realizzato per avvicinare gli utenti di Warzone alla componente single-player ma proprio per questo vistosamente sbrigativo e pigro nella realizzazione.
Multigiocatore
A prescindere dal sapore lasciato dall’esperienza della campagna, Call of Duty è ormai da considerarsi un’esperienza orientata al multigiocatore e questo terzo capitolo della saga reboot non fa differenza.
Forte di un core gameplay più che mai rifinito, la componente online di questo titolo è senza dubbio una delle migliori della saga considerando i titoli usciti nell’ultimo decennio.
Potendo vantare di un corredo di ben 16 mappe rimasterizzate provenienti dall’originale Modern Warfare 2, MWIII eredita la filosofia di sviluppo del suo predecessore, offrendo un sistema di Season complementate dalla presenza di un Battlepass e di numerose skin a pagamento.
Ad accompagnarci in questo tuffo nel passato è anche il ritorno di alcune meccaniche ormai da tempo assenti quali il map voting e la classica minimappa.
Avendo collezionato più di 300 ore di gioco in MWII, la sensazione che si ha è che questa iterazione sia una conveniente levigazione dell’esperienza ottenuta nel corso dello sviluppo precedente, nonché un progetto in cui far convergere l’offerta contenutistica dell’intero filone di Modern Warfare, a partire dagli intramontabili capitoli originali.
A sottolineare queste intenzioni, l’aggiunta nella settimana post-lancio del porting diretto di diverse mappe del titolo del 2022 in una playlist separata, così come l’introduzione del sistema Cod Forward.
Ed è proprio grazie a quest’ultimo che l’offerta contenutistica del multigiocatore di MWIII ha acquisito un peso inaspettato, rendendo disponibili al giocatore più di 100 armi (di cui solo 30 inedite) da potenziare e livellare per un totale di quasi 1000 mimetiche sbloccabili.
Inevitabilmente, assieme a queste, anche l’intero sistema di armeria (che trovate esaminato nella nostra recensione di MWII) è stato trasportato nel suo successore, seppur con una complessità aggiunta.
Innanzitutto, l’introduzione del sistema aftermarket permette ai giocatori di modificare alcune particolari armi fra quelle introdotte nel nuovo capitolo, trasformandole in strumenti completamente differenti e di gran lunga più letali.
Secondariamente, le sfide di unlock armeria permettono di sbloccare in anticipo attachments ed armi tramite il completamento di alcune mansioni giornaliere.
Questo nuovo sistema contribuisce a donare al giocatore un senso ulteriore di progressione, invitandolo a spendere più tempo nell’esplorazione dell’intero arsenale.
Gamemodes e perks
Fra le novità introdotte in questa nuova iterazione troviamo anche un paio di modalità, “Tagliagole” (2v2v2) e “Guerra” di ritorno da Cod WW2 (2017).
Quest’ultima, senza dubbio la più interessante e divertente della coppia, viene presentata come un percorso ad obiettivi in cui i giocatori dovranno sfidarsi nel completamento di obiettivi a parti alterne.
Fanno una graduale comparsa anche le classiche modalità party quali gioco delle armi ed infetto ma anche Hardpoint, Invasione e Guerra Terrestre.
Un’ulteriore modifica al sistema di gioco è riscontrabile nel sistema di perk, stavolta inserito sotto forma di equipaggiamenti indossabili, sbloccabili con il proseguire dei livelli ed attivati sin dall’inizio dello scontro, contrariamente a quanto accadeva in MWII.
Volendo infine analizzare le principali criticità dell’esperienza multigiocatore possiamo concludere che si tratti di un progetto fin troppo derivativo dal passato e che, al momento, non offra abbastanza contenuto originale da giustificarne l’esoso prezzo d’accesso.
È tuttavia innegabile che il team si sia prodigato nella realizzazione di una solida base per il futuro del franchise, ed il team ha già mostrato di voler supportare attivamente il gioco aggiungendo una marea di contenuti a partire dalla Season one in arrivo il 7 Dicembre.
Approfondimento sullo skill-based matchmaking
Una componente intrinseca della modalità multigiocatore che è ormai da tempo sulla bocca di tutti i giocatori, detrattori e fan, è l’algoritmo dello skill-based matchmaking che si occupa di creare delle lobby bilanciate secondo il recente K/D rateo dei giocatori.
Ciò che risulta da un’analisi superficiale del sistema è che questo rischi di risultare un’ingiusta punizione per il giocatore che, dopo aver dominato una partita, si ritrova immediatamente in competizione con avversari di gran lunga più temibili di quelli che aveva affrontato in precedenza.
Zombies
Presente per la prima volta in un progetto ambientato nell’universo narrativo di Modern Warfare, la modalità zombies, ancora una volta a cura di Treyarch, è un contenuto aggiuntivo sicuramente ben accetto.
Attualmente l’offerta di questa modalità si articola lungo tre atti narrativi, accessibili al seguito del completamento di numerose missioni sfida.
Queste mansioni dagli obiettivi più disparati dovranno essere svolte nella nuova mappa di Warzone, Urzikstan, e richiederanno al giocatore di accettare dei contratti e fare squadra per portare al termine il maggior numero di obiettivi fino all’estrazione.
La mappa di gioco, fin troppo grande e dispersiva, risulta divisa in settori da livelli di difficoltà predefiniti, donando alle fasi esplorative una netta sensazione di progressione qualora potenziassimo le armi o ne trovassimo di più rare.
Ritornano come di consueto le meccaniche simbolo della modalità quali il Pack-A-Punch ed il Perk-A-Cola, inserite senza troppe difficoltà in un contesto non più round-based e molto più rilassato nei ritmi.
La vecchia struttura ha quindi lasciato spazio ad una progressione più modulare, includendo anche diverse classi di nemici e boss da abbattere in compagnia.
Le sensazioni che questa modalità ci ha lasciato possono efficacemente essere condensate in un moderato senso di sorpresa, considerato che sì, MWIII Zombies offre una buona dose di divertimento, ma si percepiscono anche alcuni elementi potenzialmente critici, come la presenza di una fase di grinding eccessivo che potrebbe portare la maggior parte dei giocatori ad allontanarsi.
Sledgehammer e il supporto post lancio
Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall’approccio di Sledgehammer ai feedback e allo sviluppo post lancio del titolo sin dalla fase beta, dimostrandosi molto attenti alle necessità e consigli della fanbase.
A confermare ulteriormente la dedizione degli sviluppatori, per la prima volta il team ha introdotto una playlist sperimentale in cui testare in anticipo eventuali modifiche e meccaniche aggiuntive prima dell’effettiva introduzione, al fine di ottenere feedback dalla community.
Non a caso molti problemi della beta del gioco, tenutasi poco meno di un mese prima del rilascio, sono stati risolti nella release finale, se non addirittura durante la seconda settimana di test.
Questo approccio, unito al costante aggiornamento delle playlist e alla sicura uscita di almeno 6 season nei prossimi 12 mesi, ci fanno ben sperare sulle evoluzioni future del titolo.
Comparto tecnico
Lo scorso anno nel recensire Modern Warfare II evidenziammo come a nostro parere il gioco non riuscisse a brillare tecnicamente come il suo predecessore del 2019, ebbene Modern Warfare III si è dimostrato ancora una volta inspiegabilmente inferiore al titolo in questione da un punto di vista estetico.
La principale causa di questa mancanza è probabilmente da attribuire ad un utilizzo poco sapiente dell’illuminazione e delle ombre, talvolta artefici di una resa delle mappe piuttosto piatta e monocromatica nonostante l’impegno nella rimasterizzazione.
Abbiamo infatti notato una certa inconsistenza fra il buon livello di definizione delle texture e l’effettiva presentazione nel suo insieme.
La situazione fortunatamente migliora nella campagna, occasione in cui il team ha dato il suo meglio per offrire paesaggi di discreta qualità e qualche sporadico gioco di luci.
Sembra in sostanza che il gioco abbia seguito un percorso centrato sull’ottimizzazione di quanto ottenuto nella precedente iterazione, a discapito dell’impatto estetico.
Se non altro ciò che ha giovato totalmente da questo filosofia è la UI, che ha mantenuto lo stesso DNA dell’originale, semplificata e resa più accessibile da un design non più verticale ma orizzontale dei menu.
Un buon risultato condiviso anche delle performance su PC, del tutto superiori rispetto al passato a partire dallo stesso menu di gioco, in precedenza inspiegabilmente pesante da renderizzare.
In questo caso con una RTX 3070ti ed un Ryzen 7 di sesta generazione il titolo si è tenuto costantemente sopra i 110 FPS di media in full-HD e con dettagli massimi.
Da segnalare anche il supporto a tutte le più recenti tecnologie di upscaling, fra cui il nuovissimo DLSS 3.5 di Nvidia in corredo alla tecnologia Frame Generation (limitata alle RTX 40).
Ringraziamo Activision per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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