Recensione Chainsaw Man – La prima stagione non si scorda mai

Se siete appassionati della cultura pop orientale, sicuramente il nome Tatsuki Fujimoto non vi sarà nuovo, soprattutto per due motivi chiamati Fire Punch e Chainsaw Man, quest’ultimo ancora in corso d’opera. Il battle shonen di Fujimoto porta con sé follia, comicità, erotismo, sangue, ma anche temi più profondi, fino a sfociare in una sottile – quanto percettibile – critica sociale.

Negli ultimi anni, il giovane mangaka giapponese è diventato sempre più celebre grazie alla diffusione della sua opera, inizialmente serializzata nel formato cartaceo sulla rivista Shonen Jump per poi passare alla versione digitale su Shonen Jump+. Successivamente, grazie a un immenso potenziale di vendite, la serie ha ricevuto un adattamento anime da parte dello studio MAPPA, trasmesso da TV Tokyo nel 2022 e qualche settimana dopo da Crunchyroll, che ne detiene i diritti di trasmissione al di fuori dell’Asia.

Come i fan già sapranno, l’uscita del lungometraggio sequel “Reze Arc Movie” nelle sale cinematografiche è sempre più vicina, come ci ricorda lo stesso trailer pubblicato lo scorso dicembre. Per coloro che invece non fossero al passo con questo capolavoro, facciamo un passo indietro e parliamo dei primi dodici episodi della serie, dei quali possiamo già anticipare che ne consigliamo caldamente la visione.


Vita da cani

Denji è un ragazzo di 16 anni che non ha molte pretese da parte della vita, se non dormire, mangiare e, perché no, riuscire a palpare il seno di una ragazza. Purtroppo per lui, la vita che sogna è lontana dal realizzarsi, visto che è sommerso di debiti nei confronti della yakuza, anche a causa del suicidio del padre avvenuto quando lui era ancora un bambino. 
Indebitato fino al collo, le giornate si svolgono in modo sempre uguale: sveglia, si salta la colazione, e si parte a cercare un lavoretto per cercare di sopravvivere. Per fortuna al suo fianco c’è un adorabile diavolo-cagnolino, Pochita, capace di trasformarsi in una motosega.

In seguito ad una serie di vicissitudini, Denji si ritrova in fin di vita e viene salvato proprio dal suo animale, divenendo in grado di trasformare qualsiasi parte del suo corpo in una lama di una motosega. Dopo essere quindi diventato un essere ibrido tra umano e diavolo, fa la conoscenza di Makima, una funzionaria della Pubblica Sicurezza che opera nel reparto Cacciatori di Diavoli.
Quest’ultima, colpita dalle sue abilità in combattimento, decide di inserirlo nella Quarta Divisione, un’unità sperimentale che impiega dei Devil Hunter per combattere i diavoli ostili. Sarà proprio qua che Denji farà la conoscenza di diversi compagni, tra cui il burbero Aki e Power, una diabolica quanto simpatica majin con la quale formerà un “disaster duo” degno di Josuke e Okuyasu in JoJo Parte 4.

È così che hanno inizio le varie peripezie dei nostri protagonisti, tutti estremamente diversi tra loro ma accomunati dalla passione per il sangue dei demoni (e da dei background altrettanto tristi). Da questo punto di vista, la trasposizione animata si limita a replicare la storia originale, senza rielaborarla o fare quei caratteristici taglia e cuci che abbiamo già visto in altri adattamenti (Attack on Titan, ad esempio).


Un cast memorabile

Uno tra i migliori vanti attribuibili a Fujimoto è probabilmente la capacità di caratterizzare profondamente i personaggi della storia. Per quanto approssimativi possano apparire a primo impatto, essi celano sempre un aspetto molto più profondo, come spesso ci viene raccontato dai vari flashback e backstory.

L’esempio più calzante è proprio il nostro protagonista, Denji, che mentre potrebbe sembrare spensierato e superficiale, in realtà nasconde tutti i suoi problemi, ansie e dolori dietro un sorriso e un ottimismo fuori dalla norma. Inoltre, è veramente atipico se paragonato ai soliti main character stereotipati degli shonen in quanto, a differenza di essi, il suo sogno non è quello di diventare il (Devil Hunter) più forte di tutti, bensì solamente quello di riuscire, un giorno, a vivere una vita serena. Nessuna ambizione di diventare re dei pirati o Hokage, solo il desiderio di potersi svegliare senza alcuna preoccupazione e di fare una ricca colazione, possibilmente con delle fette di pane e tanta marmellata sopra. 

Proseguendo con l’irriverenza di Power, la serietà di Aki e la freddezza di Makima, Chainsaw Man vanta un cast di personaggi variegato ma allo stesso tempo omogeneo, capace di far affezionare lo spettatore già dalle prime due puntate. 

Coloro che hanno già letto il manga sapranno di certo quanto Fujimoto sia bravo nel disegnare le espressioni facciali e nel riuscire a rappresentare efficacemente le emozioni nel volto delle sue creazioni. Da questo punto di vista le lamentele non sono mancate, specie da parte dei fan, dato che nella serie animata non ritroviamo la stessa cura ed espressività che abbiamo già apprezzato quando leggemmo il fumetto: lo sguardo gelante di Makima, l’apatia di Aki e la rassegnazione di Himeno non sono purtroppo espressi in maniera abbastanza convincente, per quanto cerchino di avvicinarsi il più possibile all’opera dell’autore.


La trasposizione funziona?

Ad occuparsi del passaggio dalla staticità in bianco e nero all’animazione a colori, troviamo lo studio MAPPA, che sicuramente conoscerete già per i suoi prestigiosi lavori, quali Hajime no Ippo, Ranma Remake, Jujutsu Kaisen e persino la stagione finale di Attack on Titan. La regia di Ryu Nakayama (attualmente separato da MAPPA per fondare il suo studio, Andraft) non è tuttavia esente da imperfezioni, per quanto sia godibile il prodotto finale. 

Non intendiamo parlare di problemi tecnici, bensì di difetti contenutistici: l’atmosfera dell’anime si discosta in alcuni punti, a causa di toni più accesi e colorati rispetto al tono più melanconico che aleggia nelle pagine del fumetto. Inoltre, nonostante le animazioni degli scontri siano state rese in maniera eccellente, ciò che talvolta non convince è l’impatto che ci viene dato dalla resa grafica di alcune scene, che animate non rendono giustizia alle tavole originali. Un esempio lampante può essere lo spezzone dove Denji squarta il Diavolo Pipistrello, il cui panel risulta molto più cupo e cruento nel manga che nel suo adattamento, anche a causa dell’utilizzo di colori sgargianti.

Non serve una didascalia per parlarvi delle differenze.

Dettagli insignificanti se vengono messi a paragone con l’effettiva difficoltà di animare le tavole in questione, soprattutto cercando di mantenere lo spirito che Fujimoto intendeva trasmettere. Le rocambolesche acrobazie della Quarta Sezione sono state riportate in maniera eccellente, così come la verticalità e il caos negli scontri. Ci sono state inoltre non poche lamentele per l’utilizzo della CGI, ma personalmente non l’abbiamo trovata così eccessiva o fastidiosa da reputarla un difetto. 

Altrettanto prezioso è il lavoro fatto nell’opening e nelle varie ending, una per ciascuno dei 12 episodi e ognuna ricca di easter egg e foreshadowing relativo a eventi successivi della serie. L’intro, diretta e sceneggiata da Shingo Yamashita, è un’ode al cinema occidentale, ricca di citazioni a celebri pellicole come Pulp Fiction, C’era una volta a… Hollywood e Il Grande Lebowski, che ovviamente non si scorda di fare l’occhiolino ai cult orientali, come Neon Genesis Evangelion.

Aggiungiamo inoltre il fatto che la canzone presente, Kick Back di Kenshi Yonezu, calza a pennello col mood generale della sigla di apertura, trasformandola in una vera e propria esplosione di adrenalina che verrà iniettata già dai primi minuti nelle vene dello spettatore. Da lodare anche la colonna sonora all’interno degli episodi, composta da Kensuke Ushio, che grazie al suo ritmo incalzante durante gli scontri, diventa perfetta per un’animazione altrettanto esplosiva.


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Chainsaw Man (anime)
In conclusione...
L’anime di Chainsaw Man è una gioia per gli occhi principalmente per chi non ha avuto occasione di leggere il fumetto, del quale vi consigliamo ovviamente la lettura. Nonostante le animazioni risultino fluide e chiare, la trasposizione tralascia uno degli elementi più importanti che segnano l’opera originale di Fujimoto, vale a dire l’atmosfera cupa e malinconica. Tuttavia, con l’avvento del sequel nelle sale cinematografiche, vi consigliamo di recuperare questa perla dello studio MAPPA, che non può mancare nella vostra watchlist.
Pregi
Animazioni chiare
Scontri fluidi
Personaggi credibili e memorabili
OST adrenalinica
Difetti
Atmosfera un po' diversa dal manga
Alcune scene non impattano a dovere
8
Voto
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