Nel suo essere “minore”, anche il sottogenere videoludico dei metroidvania ha avuto parecchio da raccontare quest’anno: oltre al meraviglioso Blasphemous 2, molte delle altre produzioni di questo tipo sono arrivato direttamente dal sottobosco indie, come The Last Case of Benedict Fox e The Last Faith.


Tra queste, proprio negli ultimi giorni è stato pubblicato il violentissimo Cookie Cutter, sviluppato da Subcult Joint e pubblicato da Rogue Company: dopo averlo portato a termine, sono pronto per parlarvene in questa recensione!


In un futuro distopico non ben definito, grazie alla scoperta di una misteriosa energia universale, le ambizioni tecnologiche della mega corporazione INFONET hanno portato alla creazione di schiere di robot e androidi chiamati Denzel, che avrebbero aiutato l’uomo in ogni settore: qualcosa però, va irrimediabilmente storto e il mondo per come era conosciuto cade in una disperata rovina.

L’opera è ambientata 200 anni dopo, in un mondo post-apocalittico ormai fuori controllo: qui, entreremo nei panni di Cherry, una Denzel in rovina che verrà ritrovata e “sistemata” da un meccanico chiamato Raz.
Da quel momento, il suo obiettivo sarà quello di andare alla ricerca della Dottoressa Shinji, sua creatrice ed amore della sua vita, per portarla in salvo dalle grinfie di un malvagio e crudele nemico, il leader di INFONET Salem Garbanzos.

In termini prettamente narrativi, Cookie Cutter procede in maniera abbastanza lineare dall’inizio alla fine, ponendo la trama (ahimè, prevedibile e scontata) come base per l’esposizione del contesto e per la costruzione del mondo di gioco.
Quest’ultimo andrà infatti a basarsi su un’insieme di stili di natura prettamente punk, dai settori tecnici della megastruttura pieni di macchinari industriali ai trasandati corridoi ghettistici dei bassifondi ricoperti di graffiti e di luci al neon.

A sottolineare tale direzione creativa ci pensa anche il character design dei personaggi: in primis, le sembianze femminili della protagonista Cherry che la rendono alquanto alternativa nella sua estetica, dal vestiario arrangiato e dalla capigliatura scomposta.


Scordatevi infatti una ragazza graziata e soave come la maggior parte delle protagoniste femminili nei videogiochi poiché Cherry sarà alquanto goffa e scoordinata nei movimenti ma anche volgare e cruda con le parole.
Quest’ultimo andrà infatti a basarsi su un’insieme di stili di natura prettamente punk, dai settori tecnici della megastruttura pieni di macchinari industriali ai trasandati corridoi ghettistici dei bassifondi ricoperti di graffiti e di luci al neon.
A sottolineare tale direzione creativa ci pensa anche il character design dei personaggi: in primis, le sembianze femminili della protagonista Cherry che la rendono alquanto alternativa nella sua estetica, dal vestiario arrangiato e dalla capigliatura scomposta.


Scordatevi infatti una ragazza graziata e soave come la maggior parte delle protagoniste femminili nei videogiochi poiché Cherry sarà alquanto goffa e scoordinata nei movimenti ma anche volgare e cruda con le parole.
Inoltre dietro all’apparenza da “ragazzaccia” si nasconde ovviamente il suo corpo robotico, le quali componenti metalliche si compongono e scompongono all’occorrenza, stracciandone gli abiti e le sembianze umane in maniera del tutto maldestra.

A ciò, si vanno ad aggiungere anche le varie minacce che dovremo affrontare durante il viaggio: oltre ai vari Denzel malfunzionanti, ci imbatteremo in una serie di altre creature a dir poco disumane, tra strani mutanti tentacolari, viscidi ammassi di melma e grossi insetti tossici.

Purtroppo, tutta questo stile identitario tende già solo dopo poche ore a perdere di mordente, a causa di una ridondanza di tematiche ed ad una ripetitività di contesti ambientali che fanno perdere originalità al tutto, e sanno in un certo senso di potenzialità sprecata.
Nonostante ciò, l’opera mantiene questa caratteristica stravaganza dall’inizio alla fine, rendendo evidente una coerenza creativa e stilistica che merita di essere premiata, nonostante possa indubbiamente non piacere a tutti.


Dal punto di vista del gameplay, Cookie Cutter si propone come un metroidvania bidimensionale abbastanza classico, alla base del quale si trova, ovviamente, il combat system.

Nei panni di Cherry potremo sferrare una serie di violenti scalciate che riempiranno la barra dell’Abisso, una specie di “mana” che ci permetterà a sua volta di utilizzare delle vere e proprie “armi” per eseguire sequenze di attacchi più potenti.

A ciò si aggiungono, come di consueto, le abilità di movimento, che, unite al resto delle mosse disponibili ci permetteranno di creare combo devastanti e di gestire al meglio le varie manovre offensive ed evasive.
Il risultato è un sistema di combattimento non particolarmente originale nelle meccaniche ma sicuramente responsivo e soddisfacente: la velocità e la dinamicità degli scontri rendono il gameplay divertente da giocare e galvanizzante da vedere, merito di una spettacolarizzazione delle scene di combattimento a dir poco spiccata, che valorizza l’unicità degli attacchi, delle abilità e delle armi, anch’esse del tutto strambe ed atipiche.

In poche parole, una volta masterato l’arsenale e le varie possibilità di combattimento, sbaraglierete ogni minaccia in un vortice di adrenalina ed effetti speciali che sapranno regalarvi enormi soddisfazioni.

Dall’altro lato, purtroppo si denota una mancanza generale di profondità nelle meccaniche di gioco: le armi e le abilità d’attacco peccano di quantità e varietà nel loro moveset, rendendo le possibilità d’azione più limitate del previsto.
In totale, gli spunti di ingaggio si contano davvero sulle dita delle due mani, il che considerando la lunghezza non esattamente breve del titolo tendono a risultare davvero poche e mal distribuite nel corso dell’avventura.

Purtroppo, anche in termini di struttura il titolo si è rivelato tutto fuorché perfetto: in puro stile metroidvania, per poter accedere a determinate aree inizialmente bloccate dovremo sfruttare le abilità che sbloccheremo durante l’avventura, il che incentiva il backtracking per l’ottenimento di bit extra (questo il nome della valuta di gioco) ma anche di altri potenziamenti e perk passivi.
Ebbene, per quanto anche in questo caso l’esplorazione sia decisamente immediata, il level design della mappa di gioco non riesce mai veramente a brillare, proponendo soluzioni di interconnessione tendenzialmente poco incisive.

Discorso simile va fatto per le abilità di movimento, a dir poco generiche nel loro utilizzo: queste ci vedranno affrontare una serie di sequenze platform che, per quanto risultino effettivamente impegnative, aggiungono davvero poco all’esperienza complessiva, come se fossero state pensate solo ed esclusivamente per spezzare il ritmo dei combattimenti e non come reali spunti creativi.


Purtroppo, anche in termini di struttura il titolo si è rivelato tutto fuorché perfetto: in puro stile metroidvania, per poter accedere a determinate aree inizialmente bloccate dovremo sfruttare le abilità che sbloccheremo durante l’avventura, il che incentiva il backtracking per l’ottenimento di bit extra (questo il nome della valuta di gioco) ma anche di altri potenziamenti e perk passivi.
Ebbene, per quanto anche in questo caso l’esplorazione sia decisamente immediata, il level design della mappa di gioco non riesce mai veramente a brillare, proponendo soluzioni di interconnessione tendenzialmente poco incisive.

In tal senso, le aree di gioco andranno ad offrire spunti di orizzontalità e verticalità abbastanza “quadrati”, con trappole, ostacoli e nemici posizionati un po’ a caso, così come i punti di teletrasporto ed i checkpoint.

Va comunque detto che non si tratta di niente di troppo grave: considerando però la recente esplosione del genere metroidvania nel mercato indie sarebbe stato plausibile a mio avviso aspettarsi un lavoro di design un po’ più certosino.


Ma il vero punto forte di Cookie Cutter risiede senza ombra di dubbio nel suo comparto tecnico ed estetico: l’intera produzione è stata infatti disegnata a mano dagli artisti di Subcult Joint.
La qualità generale dei disegni e più nello specifico delle animazioni è a dir poco impressionante, e rivela in ogni minimo dettaglio una cura artistica semplicemente fuori di testa.

I personaggi, i loro movimenti e i loro attacchi, uniti all’insieme degli effetti speciali e dei particellari compongono un quadro visivo generale che enfatizza la violenza, in particolare per quanto riguarda le esecuzioni finali sui nemici: a tal proposito, Cherry arriva ad inventarsi delle vere e proprie coreografie particolari, per brutalizzare il poveraccio di turno nella maniera più spettacolare possibile.


A dirla tutta, avremmo persino apprezzato la possibilità di mandare a rallentatore determinate scene, per poter godere ogni singolo frame di quelle pazzesche animazioni.
Nessun motore grafico avanzatissimo, tecniche di motion capture o fotorealismo, solamente il grande talento creativo dei disegnatori, dal quale traspare una passione per la cara e vecchia “arte” sincera e palpabile, dando la sensazione che si siano spontaneamente divertiti: questo aspetto vale, da solo, il prezzo del biglietto e di essere premiato ed elogiato con enfasi.

A voler fare i pignoli a tutti i costi, va detto che tralasciando le scene in primo piano relative al gameplay, il resto dello scenario rimarrà praticamente sempre statico ed immutato: a nostro avviso, qualche elemento in movimento in più nel background avrebbe vivacizzato con successo il mondo di gioco, e reso più acceso il contesto ambientale.


Ringraziamo Rogue Company per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

Seguiteci sul nostro curatore e sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Cookie Cutter (PC)
In conclusione...
Cookie Cutter è un metroidvania violento e volgare, che imprime un insieme di stili punk ad un contesto post-apocalittico, rendendolo alquanto stiloso e pieno di personalità: per quanto non si inventi nulla in termini di approccio al genere, il gioco riesce a divertire grazie ad una spiccata spettacolarizzazione delle sequenze di gameplay e alla spaventosa qualità dell’aspetto visivo, disegnato ed animato interamente a mano con una cura a dir poco maniacale.Dall’altro lato, la mappa e la struttura complessiva di gioco non convincono, a causa di una generale piattezza nel level design e degli elementi ludici che li compongono, a loro volta tendenzialmente ripetitivi e privi di varietà.Quindi, per quanto grezza, si tratta di un’esperienza che merita nel suo piccolo di essere valorizzata e supportata: se tutte le opere prime fossero così, quello del gaming sarebbe un posto assai migliore.
Pregi
Pieno di stile ed identità
Veloce, immediato, divertente
Comparto artistico impressionante
Difetti
Narrativamente debole
Mancanza di profondità nelle meccaniche di gioco
Struttura di gioco non brillante
8
voto