Nell’universo videoludico, l’evoluzione è inevitabile: dai platform agli RPG, ogni genere ha dovuto adattarsi per restare rilevante e competitivo nel mercato moderno, dovendo sopravvivere dove altri hanno invece fallito.
Il survival-horror non fa eccezione, con saghe storiche come Resident Evil e Silent Hill che ci hanno sorpreso con nuovi capitoli e remake spettacolari, distanti dalle loro radici ma necessari per abbracciare il pubblico di oggi, offrendo esperienze lontane da quelle originali ormai considerate superate.
Questo non significa che i titoli classici, con le loro idee ai tempi innovative e indimenticabili, debbano essere relegati al passato, grazie anche ai molti appassionati che continuano a riscoprirli come vere e proprie gemme videoludiche, ispirando una nuova generazione di sviluppatori indie.
Questi a loro volta scelgono di non seguire le orme dei grandi colossi, ma di offrire invece una rivisitazione nostalgica, autentica ma al tempo stesso moderna di quel periodo dorato del survival-horror.
Ed è proprio così che nasce Crow Country, piccolo gioiello indie che trae ispirazione dai capisaldi del genere come il già citato Resident Evil o Alone in the Dark, con omaggi talmente evidenti da risultare a tratti persino sfacciati.
Oggi torniamo a parlare di questo titolo che vi avevamo già portato nel dettaglio non troppo tempo fa sul nostro sito, ma che da solo oggi vede il rilascio ufficiale anche su Nintendo Switch e PS4.
Riuscirà Crow Country a regalare anche ai possessori di Nintendo Switch un Halloween indimenticabile? Scopriamolo insieme nella nostra recensione!
CROW COUNTRY:
Il terrore dei nostalgici anni ‘9O
Avendo già discusso del gioco qualche mese fa, oggi non ci soffermeremo in una ripetitiva analisi approfondita, per la quale vi invitiamo invece a consultare il nostro articolo originale, preferendo piuttosto addentrarci in aspetti diversi dell’esperienza che meritano attenzione.
Detto questo, un breve riepilogo è comunque d’obbligo per contestualizzare l’avventura anche a chi non ha idea di cosa stiamo parlando.
Ci caliamo nei panni di Mara Forest, una giovane agente di polizia chiamata ad indagare sulla misteriosa scomparsa di Edward Crow, avvenuta due anni prima e denunciata dalla figlia.
Ambientato negli anni ’90, Crow Country ci trascina in una spirale di esplorazione dentro il parco divertimenti omonimo, dove luoghi apparentemente innocui si trasformano in scenari perfetti per un survival-horror, mentre cerchiamo risposte su Crow ed affrontiamo creature inquietanti e deformi lungo il nostro cammino.
Con dialoghi semplici ed una trama lineare, che però non si priva di riservare sorprese e momenti di tensione, Crow Country ci riporta indietro nel tempo non solo per l’ambientazione ma anche per il suo gameplay.
Punti di salvataggio limitati a specifiche stanze, munizioni scarse da usare con attenzione, ed una serie di enigmi ambientali da risolvere per proseguire nell’avventura: tutto è studiato per ricreare quel sapore autentico dei survival-horror classici.
Il gameplay si concentra infatti su puzzle impegnativi che riescono sempre a mantenere il giusto equilibrio tra sfida e divertimento, non risultando mai frustranti ma nemmeno prendendo mai per mano il giocatore.
Starà solo a noi esplorare, riflettere e trovare la propria strada, con orde di nemici che si faranno sempre più numerose man mano che procediamo nella nostra avventura.
Per chi però preferisce un’esperienza più rilassata, il gioco offre anche una modalità alternativa selezionabile all’inizio della partita, che permette di disabilitare completamente le creature nemiche così che il giocatore possa concentrarsi solo sugli enigmi e sulla trama.
Certo, Crow Country non è privo di difetti: i comandi, per esempio, prendono così tanta ispirazione dal passato da ereditare anche alcune scomodità tipiche dei giochi di quell’epoca, mentre l’endgame è caratterizzato da un numero eccessivo di trappole che, anziché accrescere la sfida, causano più frustrazione che divertimento.
Nonostante ciò riesce a ritagliarsi un posto tra i migliori titoli ispirati ai classici del survival-horror, evocando una forte nostalgia nei veterani del genere grazie anche alla sua meravigliosa estetica in stile PS1, che non riusciamo ad esprimere a parole quanto abbiamo apprezzato.
Il brivido dell’horror su console portatile
Passiamo ora al cuore stesso di questa riesamina di un gioco che abbiamo già avuto modo di scoprire qualche mese fa e che ci aveva fin da subito appassionato: Ma come si comporta su Nintendo Switch?
La risposta è un entusiasta e quasi sorpreso “molto bene”.
Durante tutto il nostro test il titolo ha mantenuto prestazioni impeccabili, sia in modalità docked che portatile, senza mai mostrare cali di framerate o problemi tecnici e riuscendo ad offrire un’esperienza fluida e priva di intoppi, indipendentemente dalla modalità di gioco scelta.
Anzi, abbiamo trovato che Crow Country si adatti perfettamente alla natura portatile della console Nintendo, diventando un compagno ideale per sessioni di gioco brevi e poco impegnative.
Poter portare il titolo con noi ovunque ci ha permesso di sperimentare nuove idee e risolvere enigmi, precedentemente lasciati in sospeso, durante i piccoli momenti liberi della giornata.
Tuttavia va menzionato un leggero e (a nostro parere) quasi impercettibile compromesso visivo: la risoluzione sulla Switch subisce un lieve downgrade grafico rispetto ad altre piattaforme, con una minore pulizia dei pixel.
Paradossalmente, questo dettaglio non rovina l’esperienza ma si adatta piuttosto bene all’estetica retrò che richiama i titoli PS1, quasi rendendo questo difetto un elemento stilistico in linea con il resto del gioco, che a sua volta rende il tutto quasi più autentico.
Il vero tallone d’Achille di questa versione riguarda però i tempi di caricamento dato che, ogni volta che si entra in una nuova area o si torna in una stanza già visitata, si viene accolti da uno schermo nero che può durare fino a 40 secondi, un tempo così lungo che ci è capitato spesso di mettere da parte il controller e prendere il cellulare nell’attesa.
Questo difetto diventa particolarmente frustrante considerando che il gioco richiede di cambiare stanza di frequente, soprattutto durante le sessioni di backtracking in cui si è costretti a tornare in aree già esplorate.
La lentezza dei caricamenti, completamente assente nella versione Steam, rende l’esperienza molto più lenta e frustrante di quanto dovrebbe essere, specialmente nei momenti in cui si rimane bloccati e si è costretti a girovagare senza meta.
Ringraziamo SFB Games per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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