Il 2024 è stato un anno particolarmente prolifico per Capcom, che ha continuato a riportare in vita i suoi grandi classici per offrire alle nuove generazioni e ai nostalgici giocatori la possibilità di rivivere o scoprire titoli iconici.
Abbiamo quindi visto il ritorno della saga di Ace Attorney, con la collection dedicata ai due titoli Investigations, così come la raccolta di Marvel vs. Capcom che rappresenta una vera pietra miliare dei picchiaduro, con ulteriori voci di corridoio che suggeriscono il futuro ritorno di altri titoli storici, ormai in parte datati.
Ed è tra questi revival che troviamo Dead Rising Deluxe Remaster, la rinascita del primo capitolo di una saga che, sebbene spesso messa in ombra dai titoli più blasonati della casa nipponica, ha saputo nel corso degli anni costruirsi una solida schiera di fan che hanno accolto con entusiasmo la possibilità di rivivere questa esperienza in una veste rinnovata.
Con un restyling grafico e qualche aggiunta moderna che porta con sé l’ossessiva cura caratteristica di Capcom, questo titolo cult torna sotto i riflettori, pronto a far riscoprire il suo gameplay eccentrico e le sue caotiche atmosfere che lo hanno reso famoso.
Ma dopo le tante esperienze positive con le remastered precedenti, ci chiediamo:
Sarà riuscita anche questa volta Capcom a modernizzare un titolo che, anche più degli altri, necessitava di un aggiornamento? O siamo di fronte ad un semplice lifting che non risolve i controlli non ottimali e alcune delle caratteristiche negative già ampiamente discusse all’epoca?
Scopritelo con noi in questa recensione!
TRAMA
– E C’ERA ANCORA CHI SI LAMENTAVA DI NON AVERE LA PANCIA PIENA –
Siamo entrati ufficialmente nel mese più spaventoso dell’anno, quello in cui i titoli horror fanno a gara per terrorizzarci e tenerci col fiato sospeso, e quale modo migliore di iniziare se non con una storia di zombie eccentrica e fuori dagli schemi?
Anche Capcom sembra pensarla allo stesso modo: invece di puntare sull’atmosfera cupa e seria dei classici Resident Evil, ci propone una trama volutamente esagerata che, pur non spaventando, promette di intrattenerci per una decina di ore con un’avventura in mezzo ad orde chilometriche di morti viventi.
Per chi non ha mai messo mano su un Dead Rising, il gioco si apre con un incipit piuttosto semplice che man mano si evolve in una narrazione sempre più complessa, arrivando persino ad offrire una critica sociale inaspettatamente profonda.
Questa volta vestiremo i panni di Frank West, un reporter freelance decisamente fuori dal comune che, senza un briciolo di timore, riesce a raggiungere una cittadina in quarantena facendosi lasciare con un elicottero sul tetto di un centro commerciale, chiaramente teatro di qualcosa di losco.
Con la promessa di essere recuperato dopo tre giorni, inizia così la sua investigazione all’interno dell’edificio, presto rivelatosi invaso da creature prive di intelletto che possono essere definite soltanto come zombie.
Armato unicamente con la sua fedele macchina fotografica, dovrà sopravvivere per le 72 ore previste, scoprire cosa si cela dietro questa catastrofe e, infine, fuggire per avvertire il mondo intero di quanto sta accadendo a Wilamette.
Come accennato in precedenza, la trama, pur offrendo qualche intrigo e colpi di scena – a volte interessanti, altre prevedibili – rimane comunque molto leggera per tutta la sua durata.
Il gioco infatti non si prende mai troppo sul serio, mantenendo un’atmosfera decisamente “caciarona” e tipica del periodo della sua uscita originale, che ad oggi è quasi impossibile trovare in altre produzioni.
La storia si sviluppa attraverso 12 casi di lunghezza variabile, da seguire ad orari differenti all’interno del gioco e tutti obbligatoriamente da completare per ottenere l’unico finale canonico tra i sei disponibili, che svela la verità dietro l’epidemia.
Sebbene questa non sia particolarmente eccezionale o capace di tenervi costantemente col fiato sospeso, offre un contesto che dà struttura e linearità ad un’esperienza altrimenti volutamente caotica e frenetica, che viene così bilanciata dalla componente narrativa.
PERSONAGGI
Tale bizzarria, più che riscontrarsi nella trama che si mantiene comunque coinvolgente senza mai oltrepassare i limiti dell’assurdo, è maggiormente evidente nei personaggi, siano essi alleati o antagonisti.
Incontreremo infatti individui di ogni tipo, con design fortemente stereotipati (al punto che alcuni di questi, nella remastered, sono stati ridisegnati per attenuare stereotipi razziali) e spesso del tutto irrealistici, ma che proprio per questo motivo riescono ad offrire un piacevole contrasto con la situazione catastrofica che ci circonda.
Le esagerazioni sia della personalità che dell’aspetto di questi personaggi, che in certi casi sfiorano la pura follia più che la semplice stravaganza, contribuiscono a creare nel giocatore un senso di disagio ed inquietudine, accentuando un lato horror di solito assente ma che emerge quando ci si ritrova messi all’angolo da uno degli psicopatici che ci urlerà contro mentre si lancia all’attacco.
Per quanto queste eccentricità possano talvolta intaccare l’immersione nel mondo di gioco – che, va detto, non è mai stato il fulcro dell’esperienza – aiutano tuttavia a caratterizzare subito i vari personaggi, rendendo memorabili anche le figure minori e trasformando ogni incontro in un’esperienza unica.
Purtroppo, una volta messe da parte tutte le stravaganze, ci troviamo di fronte ad un cast dalla scrittura piuttosto mediocre, che non sono riusciti a coinvolgerci appieno nelle loro vicende salvo qualche rara eccezione.
Al di là del nostro carismatico protagonista, che saprà sempre strapparci un sorriso con le sue reazioni, e del buon vecchio Otis, che ci farà compagnia durante tutta l’avventura chiamandoci ogni volta che troverà un superstite da salvare, gli altri personaggi, proprio come la trama, si rivelano abbastanza piacevoli da non annoiare ma non sufficientemente memorabili da lasciare il segno.
GAMEPLAY
Il gameplay di Dead Rising si distingue per la sua frenesia: dovremo farci strada tra orde infinite di zombie, utilizzando qualsiasi oggetto possiamo trovare nel centro commerciale, che va da mazze e pistole fino a carrelli della spesa.
L’intero ambiente diventa così il nostro parco giochi, con la possibilità di entrare in qualsiasi negozio per cambiarci d’abito, trovare libri che potenziano alcune nostre abilità o rimpiazzare le nostre armi, che si romperanno dopo un breve utilizzo o una volta finite le munizioni.
Se non fosse per gli episodi legati alla trama, potremmo dire che il 90% dell’esperienza si riduce all’eliminazione di centinaia, se non migliaia, di zombie che affollano ogni spazio disponibile, con l’unica area sicura situata nella nostra base.
È proprio qui che dovremo portare i superstiti, NPC che incontreremo sparsi per la mappa e che stanno disperatamente cercando di sopravvivere, ognuno con personalità e comportamenti unici,
Per quanto riguarda il resto, Dead Rising si configura come un classico survival horror-action, dove dovremo evitare di essere sopraffatti dalle creature nemiche, alcune delle quali potranno usare armi da mischia o persino da fuoco, mentre ci muoviamo da un punto all’altro del centro commerciale.
Un dettaglio che vale la pena citare è il sistema di checkpoint, che mentre originariamente permetteva di memorizzare i progressi solo nei bagni o in pochi altri punti prestabiliti, nella remastered viene introdotto il salvataggio automatico che ci ha reso l’intera esperienza decisamente meno frustrante di quanto fosse nell’originale.
Progressione del personaggio
Dead Rising presenta anche alcuni elementi tipici del genere RPG, come un sistema di progressione del personaggio che permette di aumentare di livello, sbloccando contemporaneamente nuove abilità o migliorando le statistiche.
I punti esperienza necessari si ottengono eliminando zombie o psicopatici, salvando superstiti, completando missioni o semplicemente scattando delle foto particolarmente belle (tutti elementi di cui parleremo a breve più nel dettaglio), con cui potremo migliorare aspetti cruciali come la salute, la quantità di oggetti trasportabili e la velocità del nostro protagonista.
Tutti questi miglioramenti si rivelano essenziali per la nostra sopravvivenza, trasformando un’esperienza che altrimenti sarebbe fin troppo punitiva e a tratti frustrante.
Oltre alle statistiche, potremo anche imparare nuove mosse speciali come il calcio volante o la capriola, che non possiamo nemmeno contare quante volte ci hanno letteralmente salvato la vita, consentendoci di sfuggire ad orde di zombie pronti a farci a pezzi.
La Deluxe Remastered ha poi notevolmente migliorato questo sistema, rendendo molto più facile e veloce ottenere i “PP” (i punti esperienza necessari per salire di livello) rispetto alla versione originale.
Anche i comandi per eseguire alcune abilità sono stati semplificati: la capriola, ad esempio, che in precedenza richiedeva una combinazione di tasti piuttosto complicata, può ora essere eseguita con un singolo comando, permettendoci di reagire più rapidamente agli attacchi nemici e rendendo il combattimento decisamente molto più fluido.
Sistema di combattimento
Direi che è proprio giunto il momento di affrontare l’elefante nella stanza: il sistema di combattimento, che rappresenta l’elemento cardine dell’esperienza di Dead Rising e da cui dipenderà gran parte del nostro divertimento.
In effetti, si potrebbe quasi dire che la trama e gli altri momenti del gioco siano solo contorni rispetto a questo aspetto principale, che ci pone contro centinaia di nemici in una vera e propria carneficina caotica.
Tuttavia, non possiamo dire di essere completamente soddisfatti.
Anche se la Deluxe Remaster, con il suo salto grafico sostanziale e la cura maniacale per i dettagli, ci fa spesso dimenticare che non si tratta di un remake, resta chiaro che ci troviamo di fronte ad un lavoro di restauro principalmente estetico.
Il sistema di combattimento, infatti, soffre ancora di comandi rigidi e poco precisi, con colpi che spesso mancano il bersaglio o che sono appesantiti da animazioni lente, rendendo difficile reagire alle orde di nemici sullo schermo.
Le hitbox imprecise contribuiscono ad un’esperienza frustrante, dove il senso della prospettiva non è sempre all’altezza.
Già a metà del gioco ci siamo trovati ad ignorare quasi del tutto i nemici, preferendo correre attraverso le folle piuttosto che affrontarli in combattimento, visto che schivare alcuni attacchi era più veloce e meno stressante che cercare di combattere.
Almeno c’è una piccola miglioria per quanto riguarda le fasi di shooting, in cui è ora possibile muoversi mentre si mira, un dettaglio fondamentale in un gioco che cerca anche solo di apparire moderno.
Nonostante questo e qualche altro ritocco minore rispetto all’originale, pensiamo che il sistema di combattimento avrebbe potuto essere rivisitato meglio per garantire un’esperienza più fluida ed appagante.
Tutti questi problemi si fanno sentire soprattutto nelle fasi iniziali del gioco, dove la nostra esperienza è stata più che frustrante a causa della pochissima vita disponibile e di una conoscenza limitata delle zone, che ci ha reso l’esplorazione e la sopravvivenza molto complicate.
La difficoltà iniziale è davvero notevole e si attenua solo con il progredire del gioco, man mano che si sbloccano armi più potenti e si migliorano gli attributi di Frank, anche grazie ai libri speciali che è possibile trovare in giro.
Tuttavia, alcune prese immediate e attacchi a distanza di certi nemici che ci stordivano ad ogni colpo, togliendoci al contempo una buona quantità di salute, rendono l’inizio del gioco un’esperienza ben lontana dall’essere piacevole.
Quando gli zombie non bastano
Gli zombie diventeranno tuttavia presto solo una delle tante minacce da affrontare, poiché i corridoi del centro commerciale vedranno l’arrivo di altri esseri umani, ma completamente fuori di testa!
È qui che entrano in scena gli psicopatici, nemici molto più pericolosi e complicati da affrontare rispetto a qualsiasi creatura priva di intelletto, che non mancheranno di darci filo da torcere ma anche di ricompensarci con una grossa quantità di PP una volta sconfitti.
Questi si presentano principalmente come boss, dotati di una barra della vita enorme e spesso più vulnerabili agli attacchi corpo a corpo che a quelli a distanza.
Abbiamo un’opinione parecchio altalenante su queste battaglie: se da un lato offrono una variazione rispetto agli scontri con gli zombie, evitando che il gameplay diventi troppo ripetitivo, dall’altro portano con sé tutti i problemi già menzionati riguardo il sistema di combattimento.
Inoltre, molte di queste boss fight possono risultare eccessivamente difficili e lente, soprattutto se affrontate senza una preparazione adeguata, cosa che è quasi inevitabile giocando senza guide o aiuti esterni.
Come per altri aspetti del gioco, anche questi scontri diventano più gestibili man mano che si procede nell’avventura, ma le prime esperienze con questi psicopatici potrebbero costarci diversi tentativi oltre che un’enorme quantità di munizioni o armi.
Scatti da incubo
Un’altra meccanica che ci accompagnerà durante l’avventura è rappresentata dalla fidata fotocamera di Frank, con cui potremo immortalare i momenti più salienti della nostra esperienza, che si tratti di uno scontro con un boss o di un’invasione di zombie.
A seconda della qualità della foto e dei dettagli catturati, otterremo una quantità variabile di PP, particolarmente utili nelle prime fasi del gioco per salire di livello, mentre in alcune missioni secondarie sarà fondamentale per il completamento degli obiettivi.
La fotocamera avrà un rullino con capacità limitata di foto, suddivise in categorie come macabre, comiche, violente e drammatiche (con quella erotica completamente rimossa nella versione Deluxe Remaster), che dovremo gestire cancellando quelle meno significative oppure conservandone alcune particolarmente memorabili.
Nel corso del gioco sarà anche possibile potenziarla con nuovi pezzi trovabili nel centro commerciale, dovendo però al contempo tenere d’occhio la batteria che dovrà essere costantemente ricaricata per garantirne l’utilizzo continuo.
Nonostante si tratti di una meccanica simpatica e distintiva, nonché uno degli elementi più iconici del gioco, alla fine dei conti risulta poco sviluppata e spesso superflua.
Nelle fasi avanzate, infatti, ci saranno modi più rapidi ed efficienti per accumulare punti esperienza, e la macchina fotografica finirà per diventare un elemento di contorno, raramente sfruttato nel gameplay o nella trama principale.
Tra zombie da schivare e superstiti da scortare
Tutto ciò che abbiamo descritto finora rappresenta però solo una frazione dell’intera esperienza di Dead Rising, che è in realtà principalmente composta dalle interazioni con i superstiti sparsi per il centro commerciale.
Casualmente ne troveremo alcuni lottare disperatamente per sopravvivere, mentre altri ci vengono direttamente segnalati dalla base che ci guiderà alla loro posizione; alcuni salvataggi si concludono in pochi istanti, rapidi e senza problemi, mentre altri si trasformano in operazioni decisamente più complicate che certe volte culminando persino in furiose battaglie contro boss che non ci daranno tregua.
Questo elemento, al di là della trama, rappresenta di certo l’aspetto del gameplay più corposo, con decine di superstiti da salvare (o abbandonare al loro destino), al punto che potrebbe diventare un vero incubo per i complezionisti.
I superstiti, infatti, hanno un periodo limite per essere raggiunti, e non rispettarlo significa condannarli a morte certa, costringendoci a correre freneticamente per tutta la mappa di gioco in una corsa contro il tempo.
Ma la vera sfida, o per meglio dire tragedia, si manifesta nella scorta dei superstiti.
Questa meccanica, già temuta di base da qualsiasi videogiocatore, in Dead Rising diventa un vero incubo a causa di un’IA spesso imbarazzante e dei movimenti incredibilmente lenti degli NPC.
Certo, la Deluxe Remaster ha apportato alcuni miglioramenti, ma non abbastanza da rendere l’esperienza davvero piacevole.
Ci siamo trovati di fronte a situazioni grottesche: superstiti che, nonostante brandissero un’arma, restavano immobili come se volessero farsi catturare dai nemici, mentre altri, presi da un’insensata furia, spingevano zombie “innocui” che nemmeno li stavano guardando.
In generale, le loro abilità di sopravvivenza sono quasi nulle, ma è la lentezza esasperante che rende ogni tentativo di navigare in loro presenza un’impresa insopportabile, e poiché devono essere praticamente incollati a noi per attraversare le diverse aree, non è un mistero il perché troviamo questa meccanica una delle più noiose dell’intero gioco.
CAMBIAMENTI E AGGIUNTE
Nel corso della recensione abbiamo già evidenziato alcune novità introdotte nella Deluxe Remastered di Dead Rising, ma in che modo il gioco cambia davvero?
Senza soffermarci per ora sui miglioramenti estetici e sonori che analizzeremo più avanti, Capcom ha saputo sorprendere i fan della saga con una serie di aggiunte totalmente inattese per una semplice remaster.
Oltre ai miglioramenti nel gameplay di cui vi abbiamo già parlato, troviamo una serie di modifiche che migliorano sensibilmente l’aspetto Quality of Life del titolo.
Un esempio è la nuova barra di durabilità delle armi, che sostituisce il vecchio sistema in cui il punto di rottura veniva segnalato solo pochi colpi prima della distruzione, offrendo ora una visione più chiara dell’usura degli strumenti.
Anche la macchina fotografica ha subito dei miglioramenti: il rullino è ora più capiente, permettendoci di scattare più foto prima di doverne cancellare, e l’aggiunta del flash rende gli scatti più efficaci in situazioni di scarsa illuminazione.
Inoltre, è presente anche una segnalazione degli obiettivi più chiara, che rende la navigazione tra le varie aree del centro commerciale decisamente più agevole.
Alcuni moveset delle armi sono stati invece completamente riprogettati, mentre i superstiti ora hanno una nuova meccanica di affinità, con oggetti preferiti che sanno usare con maggiore efficacia.
E non finisce qui: elementi dai capitoli successivi della serie sono stati integrati, come per esempio un armadio nella base che ci permette di cambiare abito, e in aggiunta possiamo trovare alcune facilitazioni nelle richieste di determinati NPC, ora rese meno frustranti da gestire.
Una delle aggiunte più apprezzabili riguarda però la possibilità di velocizzare il passare del tempo sedendosi su una panchina, permettendoci finalmente di raggiungere gli orari cruciali della trama senza doverci perdere in azioni inutili e ripetitive.
Insomma, siamo di fronte ad un tipico lavoro meticoloso e attento da parte di Capcom, che ha inserito in questa remaster molto più di quanto fosse necessario, dimostrando ancora una volta la sua dedizione ai dettagli che non possiamo che apprezzare e premiare.
COMPARTO ESTETICO E SONORO
La vera essenza di questo restauro, attraverso la Deluxe Remaster, risiede tuttavia senza dubbio nel nuovissimo aspetto grafico e sonoro, che donano al titolo una luce del tutto nuova.
Vogliamo chiarire fin da subito che, nonostante il miglioramento, la grafica, soprattutto per quanto riguarda i personaggi, non raggiunge i livelli di molti titoli contemporanei, con animazioni e modelli che in certi momenti risultano ancora parecchio datati.
Un esempio evidente è dato dai capelli dei personaggi, dove il RE Engine fatica ad integrarsi perfettamente con lo stile visivo del gioco, creando colori sbiaditi e sovrapposizioni di modelli poco convincenti.
Tuttavia, rispetto a ciò che il titolo originale offriva, questo revamp grafico è incomparabile e rende il mondo di Dead Rising molto più piacevole da guardare e maggiormente espressivo, con un’atmosfera decisamente più macabra di quanto sia mai stata.
L’aspetto sonoro, invece, merita solo elogi.
In primo luogo troviamo un ottimo doppiaggio in italiano, completo e di alta qualità, in ogni singolo dialogo del gioco che coinvolge anche tutti gli NPC secondari, migliorando notevolmente l’immersione e rendendo l’intera esperienza complessivamente più godibile.
La colonna sonora è altrettanto notevole, con una selezione di ost che ben si adatta al contesto del gioco e una modalità streamer che elimina tutte le tracce coperte da copyright.
Il sound design, poi, è impeccabile: i rumori ambientali sono ben bilanciati e mai fastidiosi, nemmeno con i continui lamenti dei non morti a farci compagnia, permettendoci di goderci l’azione senza alcuno stress acustico.
Ringraziamo Capcom e Plaion per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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