Recensione Dynasty Warriors: Origins – Quando il numero non conta niente!

Quello degli action è sempre stato uno dei generi più ampi, versatili e diversificati dell’intero panorama videoludico: da ritmi di gioco più ragionati e strategici come quelli dei soulslike a quelli più tecnici come gli stylish, vi sono un sacco di visioni ed accezioni differenti che possono esser dati a quelle tipologie di gameplay. In particolare, quello dei musou non è mai stato visto come di particolare valore, in quanto ritenuto meccanicamente superficiale e ripetitivo da una grossa fetta di pubblico.

Ebbene, proprio di recente ha fatto il suo ritorno sul mercato una delle saghe più rilevanti di questo sottogenere: stiamo parlando di quella di Dynasty Warrior, che con la sua ultima interazione sottotitolata “Origins”, sviluppata da Omega Force, avrebbe promesso grandi passi avanti.

Sarà riuscito a mantenere la parola data? Lo stiamo per scoprire.


TRAMA E NARRAZIONE

Il tutto ha inizio nelle più remote terre della Cina nel bel mezzo del cosiddetto “periodo dei Tre Regni”, quando, a causa di siccità, carestie ed intemperie varie la popolazione si trova sull’orlo della sopravvivenza più disperata, dovendo combattere la fame e la sete e vivendo nella povertà più assoluta.

Invece di cercare una soluzione per risolvere la situazione però, il governo iniziò a mandare truppe armate nei villaggi più malfamati a riscattare con le maniere forti tasse e contributi.
Proprio durante uno di questi episodi, farà la sua comparsa il protagonista, un Vagabondo privo di memoria e di un nome, che interverrà in difesa dei più deboli per opporsi a questo marcio sistema.

Così, si ritroverà da un momento all’altro invischiato in quelle che sono le vicende socio-politiche di quel periodo storico, che si rivelerà ben presto esser particolarmente movimentato, tra conflitti, alleanze, conquiste, ribellioni e chi più ne ha più ne metta.

Ma ovviamente il nostro protagonista non sarà affatto un’autorità politica bensì un prode guerriero, intenzionato a schierarsi in prima linea per le incombenti battaglie contro i Turbanti Gialli, ovvero quella che sarà, almeno per l’inizio, la principale fazione nemica.
Così farà presto la conoscenza di alcune personalità militari che si occupano delle operazioni sul campo ed inizierà la sua missione, un lungo e tortuoso percorso per riportare la pace in una terra ormai martoriata dalla guerra.

Durante il viaggio però, si ritroverà anche a dover fare i conti con alcune misteriose visioni, che lo porteranno ad indagare sul suo passato e sul suo destino, arrivando a filosofeggiare sulla propria esistenza e sul proprio ruolo nel mondo, alla ricerca di una celata e dimenticata verità.
Purtroppo, nessuna di queste due linee narrative riesce a convincere quasi per nulla.

Per quanto riguarda la componente storica, il tutto si limiterà ad essere un racconto abbastanza vago e blando della storia dei tre regni dal punto di vista prettamente pratico e territoriale, senza che vi siano approfondimenti sulle ragioni politico – sociali che hanno mosso quegli eventi, se non qualche timida e tutt’altro che coinvolgente scritta in bianco su sfondo nero che fa intermezzo per certi passaggi di trama.

Proseguendo nell’avventura si arriva in più di un’occasione a dimenticarsi che si tratta di vicende realmente accadute, dando la sensazione che l’intero contesto storico sia stato preso in carico solo ed esclusivamente per dare una bozza alla collocazione temporale degli eventi, senza che ci fossero delle idee per un’effettiva reinterpretazione.
Tutto ciò verrà esposto al giocatore come un’infinita sequenza di dialoghi campo e controcampo che crea un calderone di informazioni confuso e pasticciato, che viene continuamente riempito di nomi di personaggi, contee, prefetture e province che vi passerà immediatamente la voglia di ricordare.

L’unica eccezione riguarda uno specifico colpo di scena, che rappresenta uno snodo narrativo inaspettato ed effettivamente interessante, ma che non riesce ad avere l’impatto che avrebbe meritato, in quanto si giunge in quelle fasi di gioco “stanchi” e scarichi di curiosità.
Stesso discorso per quanto riguarda le vicende “personali” del protagonista, che cadono più volte nella banalità più totale e non riescono a suscitare il minimo interesse, anche e soprattutto perchè questo sarà sempre silente, e, per estensione, totalmente privo di personalità o caratterizzazione.

Di conseguenza, si ritroverà sempre in balia degli eventi, come un burattino senz’anima che si limita ad eseguire gli ordini e le volontà degli altri personaggi, seppur vi sia la pretesa di impostare la sua figura come di fondamentale importanza per la trama.


STRUTTURA DI GIOCO

Parlando di gameplay, Dynasty Warrior Origins segue in tutto e per tutto le orme dei suoi predecessori, ponendosi al giocatore come un hack’n slash in terza persona di natura musou, e che di conseguenza andrà a basare la sua azione su combattimenti su larga scala, che ci porteranno ad affrontare una numerosissima quantità di nemici alla volta.

All’inizio della missione dovremo eseguire i preparativi per la battaglia, che, oltre a permetterci di impostare il nostro equipaggiamento, rappresenta come suggerisce il nome il piano tattico da attuare, nonché i movimenti dei comandanti e dei plotoni alleati, con i relativi approcci strategici.

Quindi, una una volta scesi sul campo di battaglia avremo delle direzioni da seguire già stabilite, che ci porteranno a combattere eserciti, conquistare basi secondarie e sconfiggere i generali nemici, in una mappa “a più corsie” che ricorda da vicino quelle dei MOBA.

Ovviamente, non tutto potrebbe andare come previsto, in quanto anche i nemici attueranno a loro volta imboscate, attacchi a sorpresa e altri tipi di tattiche inaspettate, il che ci porterà a dover cambiare i nostri piani, valutando dove può servire di più il nostro aiuto in base all’andamento degli scontri.

Anche all’interno di singola battaglia non ci ritroveremo solo ed unicamente ad avere a che fare contro una grande quantità di nemici base, ma dovremo anche vedercela con altri tipi di pericoli, come torrette di arcieri, piccoli gruppi di soldati che eseguiranno cariche inarrestabili e persino una sorta di anfora magica in grado di creare illusioni.

Ma ciò che rappresenta il più grande pericolo sono senza dubbio i comandanti nemici: questi saranno a tutti gli effetti dei miniboss che, oltre ad essere decisamente resistenti, avranno armi ben specifiche ed un moveset elaborato. Sconfiggendoli, abbasseremo il morale delle truppe avversarie, portandole nella maggior parte dei casi ad arrendersi e fuggire.


Riuscendo a compiere tutti questi obiettivi e occupando man mano i vari snodi principali della mappa conquisteremo il terreno di guerra e completeremo la missione. Una volta concluso lo scontro, faremo ritorno alla mappa principale, una rappresentazione stilizzata dell’intera regione: con la nostra pedina potremo muoverci tra i territori per parlare con i personaggi, fermarci nei negozi e nelle locande per comprare/vendere oggetti e per gestire il nostro equipaggiamento, raccogliere risorse nascoste ed effettuare incarichi opzionali.

In questi termini, Dynasty Warrior Origins se la cava tutto sommato bene, riuscendo a dare agli scontri quel tocco di profondità strategica che funziona il giusto, in quanto invoglia il giocatore a fare effettivamente caso a ciò che sta succedendo nella battaglia ma senza essere troppo esigente e puntigliosa. Cambi di piani, fughe inaspettate, imboscate ed una serie di altri eventi fortuiti portano a non sapere mai precisamente cosa aspettarsi, e a rendere di conseguenza le missioni piacevolmente imprevedibili.

Per quanto a nostro avviso avrebbe potuto osare un pochino di più con i vari elementi di gioco, non si può non ammettere che questo rappresenti un passo avanti per il sottogenere di appartenenza, e che, almeno sotto questo punto di vista, rende l’opera di Omega Force il nuovo punto di riferimento per i musou.

Nonostante questo sia un indiscutibile pregio, è inutile girarci attorno: il fulcro di questo genere di giochi è e rimarrà sempre il combat system, e Dynasty Warrior Origins sicuramente non è un’eccezione.

Nei panni di questo misterioso eroe senza nome avremo a disposizione una serie di manovre di combattimento, tutte abbastanza tipiche per il genere.

In termini offensivi, potremmo eseguire attacchi leggeri, pesanti, in corsa ed in aria, che, se messi in sequenza con la giusta combinazione di tasti, permetteranno di effettuare coreografie di colpi devastanti, tra lunghi affondi, potenti spazzate e rapidi fendenti.

A ciò si andranno ad aggiungere delle abilità speciali, che potremmo assegnare alla relativa ruota di comandi: attivarle consumerà una sottospecie di barra del mana, che potremo ricaricare e riempire colpendo gli avversari con gli attacchi normali. Ovviamente, non mancheranno le schivate e le parate, che andranno eseguite contestualmente per contrastare le varie tipologie di attacchi nemici, talvolta pure dovendo ricorrere ad abilità speciali difensive.

Proseguendo nelle missioni sbloccheremo una buona quantità di armi, ognuna delle quali avrà un moveset unico, che, una volta compreso a fondo, vi trasformerà in macchine da guerra inarrestabili.
Infatti, per quanto il button smashing sia contemplato, il gioco farà di tutto per incentivarvi a ciclare il più possibile le mosse e le combinazioni, proponendo un costante ricambio di nemici e situazioni che, se affrontati sempre allo stesso modo, diluirà e rallenterà il flusso delle battaglie rischiando di porvi in situazioni di svantaggio, specialmente considerando l’importanza che ha il tempismo nell’andamento degli scontri.

Ebbene, il risultato finale è qualcosa di semplicemente spettacolare, e rappresenta a conti fatti una medaglia dalle due facce: se da un lato falciare orde di nemici risulta un’azione liberatoria e a tratti disimpegnata, dall’altro gestire quell’insieme di minacce ben diversificate (in particolare, ovviamente, i nemici speciali ed i boss) rappresenta una sfida impegnativa e per questo motivo indubitabilmente soddisfacente.

Non appena ci si approccia ad una battaglia si verrà risucchiati in un vortice d’azione ad alta intensità, dove tutto è rapido e dinamico: le spettacolari coreografie di combattimento fanno fronte ad una rappresentazione delle battaglie su larga scala che rinnega il realismo in favore di un epicità spiccata, che, specialmente in alcune missioni avanzate raggiunge picchi di esaltazione notevoli.

Assolutamente da elogiare anche il sistema di progressione, che segue di pari passo l’avanzamento dell’avventura aggiungendo nuovi elementi sempre al momento giusto, come lo sblocco di combinazioni, abilità, accessori e potenziamenti vari ma anche l’aggiunta di nuove meccaniche gestionali e una serie di altre interazioni inaspettate. Quindi, seppur la struttura generale delle missioni rimanga la medesima, si giunge alle fasi finali della campagna con davvero tante possibilità d’approccio in una numerosa quantità di situazioni differenti, il che denota inoltre un ottimo equilibrio generale in quelle che sono le curve di difficoltà.

L’unica nota leggermente dolente relativa al combat system riguarda il sistema di aggancio, che non sempre riesce a stare al passo con le azioni del protagonista e porta la telecamera a slittare in maniera repentina e tutt’altro che elegante, talvolta facendo andare a vuoto alcune tecniche, specialmente quelle che richiedono di “mirare” il bersaglio.


COMPONENTE TECNICA E SONORA

Dal punto di vista visivo purtroppo Dynasty Warrior Origins non se la cava proprio nel migliore dei modi: oltre ad essere abbastanza anonimo in termini estetici, non si può non notare una certa piattezza nella resa delle ambientazioni, tendenzialmente vuote e prive di dettaglio grafico, oltre che ad una generale mancanza di ispirazione artistica nell’impostazione visiva dei colori, delle luci e dell’illuminazione in generale.

Al contempo, va detto che ciò ha permesso agli sviluppatori di alleggerire il carico computazionale del software, proponendo in praticamente ogni occasione una fluidità visiva davvero notevole, specialmente data l’impressionante quantità di elementi a schermo che si arriva a raggiungere in determinate situazioni. Al contrario, l’insieme delle animazioni legate alle mosse, alle abilità e alla relativa effettistica sul campo riescono ad essere abbastanza scenografiche e spettacolari da proporre un feedback degli impatti soddisfacente.

Assolutamente dignitosa invece la colonna sonora, dove temi dalle soavi e delicate musicalità orientaleggianti incontrano bizzarre strimpellate di chitarra elettrica: se ad un primo impatto queste ultime possano sembrare fuori luogo, una volta nella foga della battaglia contribuiranno a dare una carica d’epicità non indifferente.


Ringraziamo Plaion per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Dynasty Warrior: Origins (PC)
In conclusione...
Dynasty Warrior Origins si pone in prima fila per riportare in auge il nome dei musou, proponendo una struttura ben più elaborata del previsto ed un combat system semplicemente esaltante, che riesce ad essere scenico e spettacolare ma anche impegnativo e soddisfacente. La difficoltà e i sistemi di progressione vanno di pari passo con l’aggiunta di elementi di gioco sempre nuovi ed uno sviluppo delle missioni ben variegato, che rende evidente l’attenzione e la cura da parte di Omega Force in quello che è il bilanciamento delle varie componenti. Purtroppo, la componente tecnica e quella narrativa non riescono a stare al passo con quella ludica, aspetto che però grava sul risultato finale solo in parte, in quanto giustificato da alcune scelte di sviluppo assolutamente comprensibili.
Pregi
Epico e spettacolare
Struttura di gioco stratificata e ben bilanciata
Longevo e variegato
Ben ottimizzato
Difetti
Narrativamente superficiale
Non esattamente splendido da vedere
8.7
Voto