Nella recensione di oggi parleremo finalmente di Enotria, attesissimo titolo soulslike di matrice italiana che vede il suo rilascio dopo numerosi anni di sviluppo e qualche cauto rinvio da parte del team di Jyamma Games.
Avendo avuto modo di testare la build finale del gioco in occasione della Gamescom di Colonia tenutasi il mese scorso, ci eravamo già fatti un’idea concreta su quelli che sono stati i maggiori cambiamenti rispetto alla demo rilasciata su Steam questo maggio.
Negli ultimi tempi infatti il gioco è cambiato moltissimo, plasmandosi sotto il martellante ritmo delle critiche e feedback della comunità di giocatori ed appassionati.
Sul progetto, opera prima del team, sembra gravare il pesante fardello di un’industria videoludica nostrana che ha smesso di brillare molti anni fa, offrendo solo sporadici e perlopiù flebili lumi di riconoscibilità internazionale.
Riuscirà Enotria a portare alto il nome del nostro paese nel difficile genere dei soulslike?
Scopriamolo in questa recensione!
NB: Avendo avuto l’opportunità di giocare il titolo con un certo anticipo rispetto al rilascio, ci sono stati segnalati una varietà di bug che non saranno presenti nella versione finale del gioco ma che potrebbero aver influenzato la nostra esperienza.
Atto I
Incipit e trama
Gli eventi narrati in Enotria: The Last Song si ambientano in una terra omonima, un tempo rigogliosa e prospera, ormai decaduta a causa della misteriosa maledizione nota come Canovaccio.
Questo particolare sortilegio ha trasformato tutti gli abitanti in attori di uno spettacolo destinato a continuare in eterno, privandoli di volontà e intrappolandoli in un ciclo costante e imperituro. Gli Autori del Canovaccio, le cui origini possono essere ricercate con facilità nel folklore italiano e nella tradizione del teatro, saranno i principali responsabili della creazione di questa messinscena.
In questo contesto, il giocatore verrà catapultato nel ruolo di un senzamaschera adatto ad ergersi come maschera del cambiamento, pronto a spezzare la maledizione e riportare Enotria alla sua vecchia gloria.
Per quanto l’incipit possa definirsi originale, il gioco concretizza la sua trama in un sapiente e intrigante mix fra il folklore dell’intera penisola italica e la Commedia dell’arte, riportando a schermo personaggi ricorrenti e contesti riconoscibili tra gli appassionati.
Il ruolo centrale sarà infatti quello di Pulcinella, una sorta di mentore e accompagnatore che reggerà con astuzia e severità le fila del nostro destino. Il percorso del nostro protagonista non è totalmente chiaro, venendo raccontato attraverso quella narrazione aulica tipica dei titoli soulslike, accentuata ancor di più dalla natura teatrale e recitata delle scene chiave e dei dialoghi.
Se gli eventi principali fluiranno senza difficoltà, infatti, la lore di Enotria si è dimostrata complessa e ricca di interessanti approfondimenti, perlopiù collezionabili attraverso l’attenta esplorazione degli ambienti.
Degni di menzione anche gli NPC, presenti in numero discreto nel corso di tutta l’avventura ma mai sviluppati abbastanza da offrire particolari spunti di riflessione.
Se da un lato abbiamo gradito alcune trovate interessanti come le interazioni uniche al cambio della maschera, siamo rimasti spiacevolmente sorpresi dall’appurare che quasi nessuno dei nostri incontri ci avrebbe seguito nel magnifico HUB principale.
In sostanza, il comparto narrativo di Enotria risulta piacevole ed efficace nel creare un contesto ricco di dettagli e approfondimenti, consolidandosi come un suggestivo viaggio tra la tradizione e il folklore del nostro Bel Paese.
Alla luce di queste considerazioni, avremmo gradito un maggior focus sugli NPC, così come una conclusione (pur sapendo che ve ne sono molteplici) più soddisfacente. In generale, il gioco avrebbe beneficiato di un miglior senso di direzione, che tende invece a mancare nelle fasi di transizione tra un evento chiave e il successivo.
Atto II
Il Gameplay
Il gameplay di Enotria si ispira alle esperienze soulslike più blasonate, costruendovi sopra una vasta gamma di meccaniche uniche che lo differenziano fortemente dalle altre offerte sul mercato.
Tuttavia, nel suo tentativo di espandersi e diventare sempre più grande e complesso, il titolo sembra incorrere in un paradosso, presentando un core gameplay estremamente accessibile, ma risultando al contempo eccessivamente complesso quando si considera la mole di strumenti e funzionalità che lo arricchiscono.
Il combat system
Il sistema di combattimento di Enotria ha subito numerosi cambiamenti nel corso dello sviluppo, molti dei quali si sono concretizzati nel periodo successivo al rilascio della demo.
Del resto, la costruzione di un flow che risulti bilanciato e soddisfacente è la chiave per la realizzazione di un buon soulslike, ed è proprio questo aspetto che molti titoli del genere falliscono inevitabilmente.
Non si può negare che, nonostante i numerosi ed evidenti progressi, il sistema di combattimento di Enotria abbia ancora qualche tipo di “macchia“, in particolare per quanto riguarda le animazioni, non sempre all’altezza.
Si tratta, ad ogni modo, di una limitazione del tutto accettabile per un titolo indie, specialmente se la consideriamo un’opera prima dal budget contenuto.
Non di meno, l’esperienza del combattimento ci è parsa davvero molto soddisfacente, grazie al discreto feeling di impatto dei colpi e al flow fluido e ritmato dei moveset.
Fatte queste considerazioni, è imperativo parlare dell’uso dei parry e di come questi abbiano inevitabilmente reso il titolo uno dei più facili del suo genere, almeno per noi assidui giocatori di soulslike. La parata perfetta è infatti la chiave per vincere qualsiasi scontro, relegando la schivata a una meccanica presente ma decisamente meno efficace.
Questo perché, dopo aver effettuato abbastanza parate, il nemico verrà stordito e ci offrirà la possibilità di eseguire un devastante colpo finale.
Una volta apprese le generosissime finestre di reflect e constatata la possibilità di effettuarlo anche durante gli attacchi, qualsiasi avversario non potrà far altro che cadere ai nostri piedi a prescindere dal suo livello. È importante sottolineare che tutti gli attacchi possono essere parati, perfino i più improbabili, come calci o proiettili.
Quanto discusso non è che l’essenza del sistema di combattimento di Enotria, che ci mette a disposizione tantissimi, forse anche troppi, strumenti.
Level up, maschere, armi e abilità
Nel caso di Enotria, l’equivalente delle anime saranno le Memorie, valuta necessaria non solo per il level up ma anche per i potenziamenti ed eventuali acquisti dal mercante.
Le caratteristiche classiche del personaggio sono invece state sostituite da una serie di varianti insolite che agiscono direttamente sulle tipologie di danno, sulla resistenza fisica ed elementale ai danni e su una manciata di altre statistiche. Per quanto questa scelta possa inizialmente risultare spaesante, abbiamo trovato questa disposizione piuttosto comoda nelle fasi più avanzate, specialmente quando rapportata al sistema di scaling dei danni delle armi.
Parallelamente al level up del personaggio tramite memoria, guadagneremo dei punti spendibili nel Cammino degli innovatori, sbloccando delle abilità che dovremo equipaggiare negli appositi slot. Alcune di queste skill, quelle più dispendiose, si sono rivelate veramente molto potenti e potrebbero completamente stravolgere il ritmo delle vostre partite.
Un ulteriore aspetto fondamentale del gameplay sono le maschere e le armi equipaggiabili:
Le maschere offrono una varietà di bonus passivi specifici, mentre le armi dipendono dal classico sistema di scaling in base alle caratteristiche del personaggio e al potenziamento alla forgia.
Inaspettatamente, abbiamo trovato piuttosto eccessivo il numero di armi presenti nel gioco, specialmente se consideriamo che sarà sufficiente utilizzare alcune fra le prime che troveremo per arrivare indisturbati alle sezioni più avanzate.
Per quanto sia apprezzabile lo sforzo creativo nel donare un’estetica unica a ciascuna di queste, la maggior parte farà uso del medesimo moveset dell’intera categoria.
Categorie che comunque offrono una buona varietà di approccio e velocità, fra sciabole, spade, spadoni, martelli e tanto altro.
Ciascuna arma può essere infusa e provoca un certo tipo di danno elementale, garantendo dei vantaggi e svantaggi situazionali in base al nemico affrontato.
Assieme al nostro regolare equipaggiamento, sono presenti anche delle abilità attive, fra attacchi devastanti e buff che dovremo ricaricare attraverso il combattimento.
L’unico vero limite in tal senso saranno i requisiti per il loro utilizzo, più o meno alti a seconda della potenza e dell’eventuale maschera a cui questa è legata.
Infine, per mitigare queste limitazioni esiste anche la possibilità di applicare una forma al nostro personaggio, permettendoci di usufruire dei bonus (e malus) di caratteristiche in base all’identità del particolare boss equipaggiato.
Level design ed esplorazione
Un aspetto senz’altro sorprendente di questa produzione è sicuramente il design delle mappe e il modo in cui questo riflette l’importanza dell’esplorazione.
Le mappe, tre se consideriamo le macroaree nel loro insieme, sono enormi ed interconnesse, a tratti anche molto verticali nella loro struttura. Le strade alternative sono comuni ed esplorare il cunicolo meno invitante potrebbe portare a ricompense inaspettate.
Enotria può infatti vantare di un numero elevatissimo di drop sparsi in ogni angolo della mappa, fra armi, abilità, consumabili e risorse per il potenziamento del personaggio e dell’equipaggiamento.
Il backtracking, fortunatamente, viene incoraggiato soltanto dalla necessità di uccidere più volte i nemici per collezionare i pezzi delle rispettive maschere.
Le corde (l’equivalente dei falò) sono posizionate non troppo lontane l’una dall’altra, rendendo l’esperienza di navigazione della mappa piacevole e rapida.
In conclusione, siamo davvero soddisfatti del modo in cui il team di Jyamma Games ha realizzato la mappa e ne ha valorizzato l’esplorazione, rendendo ancora più giustizia al lavoro ineccepibile svolto dagli artisti.
I nemici, i boss ed i miniboss
Nel corso delle oltre 20 ore di gioco, avremo modo di confrontarci con una quantità davvero importante di scontri con boss e miniboss opzionali.
Mentre i boss potranno vantare di moveset unici e una cura generalmente superiore, i miniboss saranno perlopiù ripetuti sotto forma di varianti, fra buff elementali e ritmi di combattimento leggermente alterati. Come ci si potrebbe aspettare da una produzione indipendente, la qualità degli scontri tende a fluttuare vertiginosamente, alternando esperienze soddisfacenti ed adrenaliniche ed esempi davvero pessimi di game design.
Nel bene o nel male, ogni combattimento è abbastanza gestibile e, nonostante la frustrazione non abbia tardato a farsi sentire in alcune occasioni, siamo soddisfatti del lavoro svolto nella realizzazione complessiva dei boss. Se infatti esplorare si rivelerà un’attività perlopiù facilmente gestibile, le bossfights incarnano quell’immancabile momento di sfida in cui i nostri riflessi e tempistiche vengono messi alla prova in una rapida danza di parry e fulminee finestre d’attacco.
Sfida che, sfortunatamente, viene meno nell’affrontare alcuni specifici scontri, spesso rovinati dall’inserimento incauto di elementi di disturbo davvero di pessimo gusto (la Papessa di Veltha ne è l’esempio più lampante).
Volendo completare ulteriormente la nostra riesamina, abbiamo trovato abbastanza inutile l’inserimento delle variazioni di stato che, sebbene offrano alcuni interessanti spunti dal punto di vista strategico, si sono dimostrate facilmente ignorabili nel corso dell’intera avventura.
I Qol
Un aspetto su cui il team ha avuto certamente modo di lavorare è l’introduzione di Qol (Quality of Life) che permeano ogni aspetto della produzione. Tra questi, la possibilità di recuperare gli oggetti utilizzati durante il potenziamento, consentendo di cambiare build senza doversi dedicare a noiose fasi di grinding. La stessa filosofia è stata applicata allo switch tra un loadout e l’altro, includendo maschere, forme, abilità e armi equipaggiate, tutte a portata di un singolo tasto.
La navigazione dei menu, sebbene inizialmente disorientante, è ben organizzata e dotata dei giusti filtri e scorciatoie. Persino il compendio dedicato alla lore è posizionato con eleganza e coerenza all’interno della UI di gioco, assumendo la forma di uno scaffale di libri.
Considerazioni finali
Tirando le somme sulla nostra esperienza, non c’è dubbio che il core di gameplay di Enotria funzioni, dimostrandosi quasi sempre all’altezza dei suoi competitor dell’industria indipendente e AA.
L’aggiunta di un numero così elevato di meccaniche di contorno può essere considerata piacevole, ma al contempo esagerata, specie se consideriamo la possibilità di concentrare maggiori sforzi nella realizzazione degli aspetti chiave del gameplay.
Contenutisticamente, il titolo ci ha genuinamente sorpreso, offrendo nel corso delle 25-30 ore di gioco una miriade di segreti e diramazioni suggestive.
Da un punto di vista pratico, il gioco potrebbe beneficiare ancora di una fase di bilanciamento post-lancio, e siamo fiduciosi al riguardo, considerando i cambiamenti apportati dopo la demo.
Enotria, nella sua apparente semplicità, non sarà mai un prodotto adatto a tutti i palati e difficilmente convincerà chi, nella propria esperienza con i soulslike, si è sempre rifiutato di sfruttare la meccanica del parry.
In definitiva, siamo di fronte a un prodotto piuttosto grezzo per sua natura, ma scolpito dal feedback di una community che è riuscita a dimostrarsi entusiasta e brutale allo stesso tempo, mettendo il team sulla giusta strada in tempo per il rilascio.
Atto III
Comparto artistico
Pur essendo stati generalmente positivi nella nostra valutazione del gameplay, non c’è alcuna esitazione nel definire il comparto artistico di Enotria come il suo più grande punto di forza. Non c’è patriottismo che tenga, il titolo di Jyamma Games vanta un’estetica unica nell’intero panorama soulslike e, a prescindere dal gusto personale, il lavoro svolto dagli artisti è di altissima qualità sia creativa che realizzativa.
Quinta, così come Falesia e Litumnia, si fanno specchio della varietà paesaggistica e monumentale dell’Italia, dalla Magna Grecia e le sue coste fino alla misteriosa città lagunare di Venezia. Le ambientazioni, curate sia nei vibes malinconici e decadenti che nei più piccoli e minuziosi dettagli, lasciano intravedere una dedizione quasi teatrale alla costruzione della scenografia, perfettamente in linea con il contesto del gioco.
La stessa cura si riscontra nella realizzazione delle armature, o meglio dei “costumi”, indossati dagli NPC, dai boss e dai nemici che incontreremo nel corso dell’avventura. Per quanto derivativo si possa definire un design ispirato alle tradizioni della nostra penisola, è davvero difficile immaginare uno scenario migliore in cui valorizzare con tale dignità le profonde origini della nostra cultura popolare. Assolutamente degne di menzione sono anche le illustrazioni dei vari oggetti, tra cui consumabili, armi, maschere e altro, tutte realizzate con minuzia e uno spiccato gusto artistico (e culinario).
La soundtrack realizzata da Aram Shabazians è l’esatto specchio di quanto discusso finora in merito al comparto artistico, trovando ampia ispirazione nelle musiche popolari, come la Taranta e le ballate. Il risultato è evidente in un album che definisce efficacemente i ritmi adrenalinici del gameplay, senza rinunciare a coinvolgerlo ancora più profondamente nelle sue tematiche teatrali e culturali.
Infine, ma non per importanza, abbiamo trovato di buona qualità anche il doppiaggio in italiano, seppur alcuni dialoghi sembrassero mancare senza un particolare motivo.
Dietro le quinte
Comparto tecnico e stabilità
Non nascondiamo che, dopo aver trovato la demo quasi ingiocabile sulla nostra configurazione, alcuni dei nostri maggiori dubbi riguardavano la stabilità tecnica del titolo. Fortunatamente, abbiamo dovuto ricrederci, potendo godere di un’esperienza stabile e fluida senza dover ricorrere a compromessi grafici.
Con una RTX 3080 e un i9 di decima generazione, il titolo ha mantenuto un framerate costantemente superiore ai 60 fps, a dettagli massimi e in 1440p, senza necessità di utilizzare il DLSS. Per chi non fosse in possesso di una GPU Nvidia ma volesse comunque usufruire di una tecnica di upscaling, l’Intel XeSS e l’FSR di AMD sono entrambi supportati.
Un risultato eccellente per un titolo che utilizza l’Unreal Engine 5, uno strumento sicuramente potente ma ben noto per la sua gravosità sull’hardware. La build da noi testata manteneva alcuni dei problemi osservati durante la nostra prova a Colonia, in particolare per quanto riguarda il LOD e la resa degli scenari più distanti. Pur non avendo testato il gioco su ulteriori configurazioni, siamo abbastanza positivi nel ritenere che il titolo si sia rivelato abbastanza scalabile, in particolare grazie alla buona varietà di opzioni grafiche disponibili.
Del resto, non si può dire che il titolo sia particolarmente brillante da un punto di vista puramente tecnico, offrendo una buona resa generale senza puntare a scenari fotorealistici o minuzie esagerate.
Per quanto riguarda i bug, mentiremmo se dicessimo di non averne incontrati diversi, specialmente per quanto riguarda l’AI di alcuni boss, che smetteva di funzionare temporaneamente dopo aver subito un certo numero di parry. Da segnalare anche alcune imprecisioni nel mixing dell’audio durante le cutscene, a volte talmente sbilanciato da compromettere la nostra comprensione della scena.
Ringraziamo Jyamma Games per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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