Se siete fan Nintendo e avete seguito gli ultimi aggiornamenti, sicuramente avrete sentito parlare di “Emio”, l’inquietante figura mascherata che ha scatenato la curiosità del fandom attraverso una serie di teaser trailer enigmatici, alimentando speculazioni e domande tra i giocatori di tutto il mondo.
Dopo settimane di rumor e dubbi, è stato finalmente svelato che questo misterioso personaggio apparirà nel prossimo capitolo della poco conosciuta serie “Famicom Detective Club”, attualmente composta da due capitoli e originariamente pubblicata solo in Giappone per, appunto, il Famicom.

Le reazioni non si sono fatte attendere, e sono state decisamente variegate: da una parte c’è chi sperava in un survival horror e si è sentito deluso, dall’altra chi ha accolto la notizia con entusiasmo, scegliendo di approfondire la serie e scoprire di più sui suoi due capitoli originali.
Questo articolo è dedicato proprio a quei giocatori che, come noi, sono stati incuriositi dall’annuncio di un terzo capitolo in arrivo, intitolato Emio – L’uomo che sorride e previsto per il 29 Agosto.

Abbiamo quindi deciso di provare l’intera saga per condividere con voi la nostra esperienza, con l’obiettivo di aiutarvi a scoprire se questa serie, che solo di recente ha visto una distribuzione internazionale e su cui la casa nipponica sembra fortemente puntare, possa incontrare anche i vostri gusti.
Senza ulteriori indugi, tuffiamoci in questa nuova avventura investigativa dalle tinte horror, per scoprire insieme cosa si cela davvero dietro Famicom Detective Club.


INCIPIT

– La storia di due casi inquietanti

Vestiremo i panni di un giovane assistente investigatore, il cui nome saremo noi a scegliere, coinvolto in due casi decisamente fuori dall’ordinario (uno per gioco), entrambi legati a misteriosi omicidi.
Le voci iniziano tuttavia presto a diffondersi, e con queste cresce tra la popolazione il timore che dietro questi crimini non ci sia una mano umana, ma forze paranormali legate a maledizioni e fantasmi, alimentando un’atmosfera di crescente inquietudine.

Nonostante le leggende popolari, il nostro compito in qualità di detective sarà quello di investigare a fondo ogni dettaglio che possa rivelarsi utile, raccogliendo testimonianze dai personaggi coinvolti e persino dall’opinione pubblica, per ottenere il maggior numero di informazioni possibile.
Ci troveremo così immersi in due gialli ricchi di sorprese e colpi di scena, talvolta più riusciti di altri, ma sempre avvolti da una splendida atmosfera che mescola elementi orrorifici e thriller in una duologia che non teme di mostrare anche scene crude e intense.

Infatti, pur non presentando elementi gore o un horror così intenso da togliere il sonno, il gioco non va assolutamente scambiato per un’avventura spensierata adatta ai più piccoli.
Le scene, curate nei minimi dettagli, rivelano un’atmosfera ben più cupa di quanto possa sembrare a prima vista e, nonostante lo stile visivo leggero per cui il gioco opta, non mancheranno crimini violenti con cadaveri e tracce di sangue che lasceranno sicuramente un’impronta nella memoria del giocatore.

In definitiva, abbiamo davvero apprezzato queste due storie ispirate al folklore giapponese e suddivise in 11 capitoli ciascuna, che vi richiederanno circa 5 ore per completarle.
Riteniamo che questo sia senza dubbio l’aspetto più coinvolgente della duologia, che è stato ulteriormente arricchito da questo remake del 2021 con delle splendide animazioni ed un doppiaggio eccellente, portando alla luce storie vecchie più di 30 anni con una freschezza tutta nuova.


GAMEPLAY

Si potrebbe considerare Famicom Detective Club come uno dei pionieri del genere oggi conosciuto come Visual Novel, introducendo elementi che hanno ispirato molti altri titoli nel corso degli anni.
L’avventura si concentra quindi principalmente sulla narrazione, con poche occasioni in cui dovremo intervenire direttamente alle domande dei vari personaggi con risposte che potranno essere selezionate da una lista o scritte direttamente.

Ciò non significa, però, che il nostro ruolo di giocatori si riduca semplicemente a premere un tasto per avanzare nei dialoghi e, al contrario, saremo noi a selezionare gli input per le azioni da compiere, che si tratti di parlare con un personaggio, cambiare località, o persino far pensare il protagonista.
Nonostante sia piacevole avere un minimo di interattività in un gioco che ricordiamo essere principalmente investigativo, alcune delle meccaniche di gameplay purtroppo non sono state adattate in modo perfetto nel passaggio dalla versione originale al remake.

O per meglio dire, mentre sul fronte tecnico, grafico, sonoro e anche narrativo sono state implementate piccole ma efficaci migliorie che esaltano gli aspetti già piacevoli dell’esperienza, le meccaniche di gioco sono rimaste pressoché invariate rispetto all’originale, risultando ormai datate e, in alcuni casi, persino frustranti.
Il problema principale che abbiamo riscontrato riguarda la rigidità con cui viene gestito il proseguimento dell’avventura, con il gioco che spesso richiede un ordine preciso di azioni per poter avanzare, senza fornire alcuna indicazione chiara se si stiano selezionando le giuste opzioni di dialogo o se lo si stia facendo nell’ordine corretto.

Inoltre, ci sono momenti in cui si dovranno ripetere determinate linee di dialogo più volte, anche se sembrano non avere alcun effetto immediato, rendendo ancora più difficile per il giocatore capire cosa fare e portando in alcuni casi alla necessità di ricorrere a guide online.
Ci si ritrova così in un approccio basato sul “trial and error” che si rivela presto ripetitivo e poco piacevole, dovendo compiere più volte le stesse scelte totalmente a caso finché non cambia qualcosa e rompendo così anche il ritmo della narrazione.


UNO SGUARDO RAVVICINATO – THE MISSING HEIR

The Missing Heir è il primo gioco della serie, rilasciato originariamente su Famicom, e presenta la formula base di ciò che sarebbe stato poi migliorato nel suo successore.
Il titolo inizia in medias res con il nostro giovane detective che, a seguito di un colpo alla testa, ha perso la memoria: questo espediente narrativo funziona perfettamente per introdurci ai personaggi della storia e per riepilogare gli eventi accaduti fino a quel momento, facilitando l’immersione del giocatore nel mistero che deve risolvere.

Schermata iniziale di Famicom Detective Club: The Missing Heir

Dovremo quindi ripercorrere i nostri stessi passi, cercando di recuperare i ricordi perduti mentre indaghiamo su un mistero che ci condurrà al villaggio Myoujin, per svelare la verità dietro la famiglia Ayashiro la cui fama è legata ad una presunta maledizione.
La storia ruota quindi attorno al maggiordomo, che è anche colui che ci ha assunto per svolgere l’indagine, e ai tre fratelli rimasti, ancora scossi dalla recente morte di Kiku Ayashiro, l’anziana capofamiglia scomparsa in circostanze misteriose.

Nel villaggio incontreremo numerose figure più o meno centrali al caso, scoprendo anche un’antica leggenda che recita: “I morti torneranno in vita per uccidere chiunque tenti di rubare il tesoro della famiglia Ayashiro”.
Che questa storia sia vera o meno, durante le nostre indagini accadranno eventi sempre più strani, che alzeranno la posta in gioco e porteranno la nostra investigazione su un livello sempre più alto, mentre cercheremo di svelare cosa si cela realmente dietro la storia oscura della famiglia.

La narrativa, in questo caso, si rivela piacevole ma non davvero straordinaria o imprevedibile dato che, già dopo i primi capitoli, è abbastanza facile intuire come si evolverà la trama o quale sarà il finale.
Tuttavia, non mancano alcuni colpi di scena inaspettati, specialmente verso la fine del gioco, che sono riusciti a sorprenderci nonostante il gameplay fin troppo rigido, di cui abbiamo parlato in precedenza, che rischia di creare diversi momenti di stallo e di compromettere sensibilmente il ritmo della storia.

In ogni caso, non possiamo negare di aver apprezzato ampiamente questo primo capitolo, soprattutto grazie ad un cast di personaggi, principali e secondari, davvero ben realizzato, che è riuscito ad intrattenerci anche nei momenti in cui la trama offriva meno soddisfazioni.
The Missing Heir si rivela dunque una solida storia investigativa, che mescola sapientemente elementi paranormali senza però distogliere troppo l’attenzione dal cuore dell’indagine, portandoci ad esaminare cadaveri e scene del crimine oppure a raccogliere e confrontare le dichiarazioni della polizia scientifica e dei testimoni.


UNO SGUARDO RAVVICINATO – THE GIRL WHO STANDS BEHIND

The Girl Who Stands Behind è il secondo capitolo della saga ma il primo se consideriamo l’ordine cronologico, mostrandoci come il nostro protagonista sia diventato un assistente detective e l’incontro iniziale con i personaggi principali che hanno avuto un ruolo anche nel caso precedente.
Questo secondo gioco rappresenta senza dubbio un miglioramento sotto ogni punto di vista, e abbiamo trovato l’esperienza notevolmente più coinvolgente e soddisfacente rispetto a quella offerta da The Missing Heir.

Questa volta, l’inizio sarà più diretto e tradizionale di un qualsiasi giallo classico: verremo chiamati ad investigare una scena del crimine in cui è stata trovata una povera ragazza senza vita, lasciata a galleggiare in un fiume.
L’indagine si concentrerà quindi principalmente attorno ad una scuola liceale, dove scopriremo presto che anche in questo caso il delitto sembra essere collegato ad una vecchia leggenda metropolitana, che fungerà da filo conduttore per svelare la verità.

In questo modo, The Girl Who Stands Behind riesce a combinare ancora meglio del suo predecessore elementi paranormali e horror con la trama investigativa che propone, la quale ci ha catturato anche molto di più.
Gli eventi narrati sono ancora più avvincenti e variegati, riuscendo a stabilire una connessione emotiva più profonda con alcuni personaggi grazie anche ai colpi di scena che stavolta risultano veramente imprevedibili e sorprendenti, rendendo questa esperienza probabilmente una delle nostre storie investigative preferite.

Anche per quanto riguarda il gameplay, sebbene rimanga complessivamente molto simile al precedente capitolo, abbiamo riscontrato molti meno problemi di rigidità e numerose sessioni interattive in più, rendendolo decisamente meno frustrante e ripetitivo.
Inoltre, The Girl Who Stands Behind presenta molte più animazioni e inquadrature splendidamente strutturate, che arricchiscono e rendono più piacevoli alcuni momenti del gioco, grazie anche ad una colonna sonora che tutto sommato abbiamo apprezzato maggiormente.

Ovviamente, questi miglioramenti non eliminano del tutto i problemi di gameplay che abbiamo discusso nella sezione dedicata, ma senza dubbio hanno reso per noi l’intera esperienza molto più piacevole.
L’unico aspetto in cui sentiamo di aver preferito il primo capitolo riguarda il cast di personaggi secondari, che nel prequel li abbiamo trovati meno simpatici e coinvolgenti, se non per qualche rara eccezione.


COMPARTO GRAFICO E SONORO

Per il remake della duologia, Nintendo ha deciso di rinnovare la serie con un’estetica anime completamente modernizzata, che li rende visivamente appaganti pur mantenendo uno stile chiaramente ispirato all’anime classico, e quindi senza troppi dettagli.
I design dei personaggi variano in qualità: alcuni sono appariscenti e accattivanti, mentre altri risultano più banali e anonimi, ma riescono sempre a funzionare bene all’interno delle storie e degli ambienti proposti, mantenendo costantemente una coerenza visiva con il resto del gioco.

L’aspetto che però più di ogni altro riesce a rendere quasi innovative queste visual novel, sono le continue animazioni già menzionate più volte nel corso della recensione, che danno vita ai personaggi mentre dialoghiamo con loro, oltre ad introdurre piccole e inaspettate scene d’azione dinamiche.
Questi elementi contribuiscono a rendere il mondo di gioco più realistico, donando vitalità non solo ai personaggi principali ma anche a quelli sullo sfondo, e rendendo l’esperienza di gioco più immersiva con ogni figura sullo schermo che sembra avere una propria vita e personalità.

Anche la colonna sonora proposta è decisamente ottima, con una buona varietà di temi musicali che si adattano perfettamente ad ogni situazione e ci accompagnano costantemente durante le nostre investigazioni, alternando momenti comici, intensi o riflessivi a seconda delle necessità della scena.
Per i più nostalgici, o per chi desidera vivere l’esperienza il più vicino possibile a com’è stata pensata 30 anni fa, è disponibile anche l’opzione di tornare alla colonna sonora classica dei titoli originali che, sebbene riescano ancora a mantenere il loro fascino, ci fanno anche notare quanto bene sia stato eseguito il riarrangiamento delle musiche.

Ad arricchire ulteriormente l’esperienza contribuiscono anche un eccellente sound design, che ci aiuta a riconoscere quando ci troviamo di fronte a informazioni cruciali, e un doppiaggio in lingua giapponese di altissimo livello, capace di far emergere tutta la personalità dei personaggi.
L’unico vero peccato è da ricercarsi nella mancata localizzazione del gioco in lingua nostrana, costringendo i giocatori italiani a leggere numerosi dialoghi in inglese che, pur non essendo scritti in un linguaggio particolarmente complesso, potrebbero rappresentare un ostacolo per alcuni.


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FAMICOM DETECTIVE CLUB: THE MISSING HEIR & THE GIRL WHO STANDS BEHIND (SWITCH)
IN CONCLUSIONE
Famicom Detective Club: The Missing Heir & The Girl Who Stands Behind rappresentano due esperienze investigative spettacolari, capaci di offrire una storia intrigante e ricca di colpi di scena che vi terranno incollati allo schermo, spingendovi a proseguire solo per scoprire cosa accadrà dopo. Nonostante il gameplay risulti a volte macchinoso e rigido, l'altissimo livello qualitativo del resto dell'opera rende questa duologia un acquisto praticamente indispensabile per tutti gli appassionati di paranormale, thriller e visual novel.
Pregi
Scrittura di altissimo livello
Cast di personaggi secondari indimenticabile
Visivamente straordinario
Colonna sonora memorabile
Difetti
Il gameplay risulta troppo datato e rigido
Assenza della lingua italiana
8
Voto