Nella recensione di oggi parleremo di Into the Pit, l’ultimo videogioco appartenente alla legacy del famosissimo Five Nights at Freddy’s, nonché un importante punto di svolta per tutti i prodotti legati al brand.
Sviluppato dal team di Mega Cat Studios, il titolo non è un’opera diretta di Scott Cawthon e mira invece ad adattare l’omonimo romanzo di successo dell’antologia Gli incubi del Fazbear.

Gli aspetti per cui Into the Pit si distingue dai progetti precedenti sono molteplici, dalla narrativa alla struttura di gameplay, fino all’ottima pixel art che ne definisce la personalità.

Sarà questo il nuovo punto di riferimento per il futuro della saga?
Scopriamolo in questa recensione!


La narrazione

In Into the Pit, verremo catapultati nel ruolo di Oswald, un bambino residente in una decadente cittadina americana. A causa delle condizioni economiche precarie della sua famiglia, il protagonista si vede costretto a frequentare quotidianamente la pizzeria, soffrendo la solitudine e la noia.
Un giorno, origliando le conversazioni di alcuni clienti, Oswald scopre l’esistenza di una stanza ormai in disuso, destinata a ospitare la vasca delle palline. Frustrato e deciso a fare uno scherzo di cattivo gusto al padre, si getta nella vasca, trovandosi improvvisamente trasportato nel Freddy Fazbear’s Pizza del 1985.

In un mix di paura ed eccitazione, il protagonista fa la conoscenza di alcuni ragazzini con cui decide di giocare a nascondino. La situazione degenera terribilmente con l’avvenimento di un tragico incidente che porta al massacro di diversi bambini presenti alla festa.
Oswald, terrorizzato, decide allora di scappare e ritornare al presente, dove incontra suo padre, pronto a rimproverarlo. Prima che possa succedere, però, un misterioso coniglio giallo rapisce il genitore e lo trascina nella vasca delle palline.

Da questo momento, il coniglio assume le sembianze e il comportamento del padre, sostituendolo e tormentando il povero Oswald, che si vedrà costretto a elaborare un piano per salvare il genitore scomparso.

L’incipit narrativo imposta già le prime importanti differenze tra la classica esperienza di FNaF e il lavoro di Mega Cat, affrontando gli avvenimenti in maniera piuttosto lineare e approfondendo la personalità del protagonista attraverso dialoghi e scene di vita quotidiana.
Nei vari momenti della giornata, avremo infatti modo di frequentare la scuola, esplorare gli ambienti cittadini e interagire con i suoi abitanti, per delineare al meglio i nostri piani per affrontare la notte successiva.

In definitiva, la trama di Into the Pit non è nulla di trascendentale, ma rappresenta comunque un passo coraggioso verso una direzione estranea alla serie, ma non per questo meno interessante.


Il gameplay

Il gameplay di Into the Pit è quello di un’avventura 2D, con elementi tipici delle avventure grafiche di un tempo e degli horror ad inseguimento più recenti. Nei panni del piccolo Oswald, ci ritroveremo a fuggire dalla terribile presenza di Yellow Rabbit, nascondendoci quando necessario per raggiungere l’oggetto utile all’avanzamento della trama.
Ogni volta che verremo avvistati e saremo costretti a infilarci in un armadio, in un condotto o magari sotto al letto, alcuni minigiochi unici ci richiederanno di premere tasti a tempo per mantenere segreta la nostra posizione.

Se inizialmente questo elemento contribuisce a creare tensione, non possiamo negare che dopo un po’ la sensazione iniziale lasci spazio alla ripetitività e frustrazione. Fortunatamente, gli sviluppatori hanno saggiamente aggiunto un’opzione per automatizzare questi minigiochi nel caso risultino eccessivamente complessi o, perché no, ripetitivi.

Un altro aspetto piuttosto critico di questo sistema risiede nell’IA dei nostri avversari, talvolta capace di tracciarci nei luoghi più remoti e altre volte così ingenua da poter essere ingannata con il nascondiglio più banale.
Tutto questo si concretizza in una struttura di gioco che si diverte a inserire piccole attività secondarie inaspettate, come i vari arcade giocabili, nei quali traspare un impegno ben più importante di quanto ci si potrebbe aspettare.

La navigazione da una parte all’altra della piccola cittadina, insieme alla meccanica che ci permette di andare avanti e indietro nel tempo attraverso la vasca delle palline, garantiscono al titolo una varietà di cui si sentiva un deciso bisogno, specialmente nella fasi centrali dell’avventura.

Varietà che viene ulteriormente sottolineata dalla presenza di diversi finali, tra principali, true ending e minori, che dipenderanno dalle scelte intraprese nel corso della risoluzione delle situazioni in cui si caccerà il povero protagonista.

Infine, la durata di gioco di appena 7 ore non necessita di giustificazioni, trattandosi per sua natura di un’esperienza da vivere in una manciata di sessioni, lasciandosi trasportare dal fluire sempre più concitato degli avvenimenti.


Comparto artistico e tecnico

Artisticamente parlando, Into the Pit è un lavoro di assoluto pregio, grazie a una pixel art minuziosa e ricca di personalità.
La stessa cura è riscontrabile nelle animazioni delle cutscene e dei minigiochi, che si distinguono per la loro tensione e per l’ottima qualità produttiva.
Le ambientazioni sono dettagliate e immersive, la UI dei menu è curata e ricca di riferimenti, e le animazioni dei personaggi sono realizzate con attenzione e professionalità.

È proprio attraverso questi strumenti visivi di alta qualità che il gioco riesce a spaventare il giocatore e a mantenere alta la tensione, trovando inoltre un modo per dare una tinta inedita a una saga ormai esplorata in lungo e in largo dai vari media.

L’accompagnamento musicale non stupisce particolarmente, preferendo lasciare spazio alla resa dei rumori ambientali, tanto cari al genere horror.

Per quanto riguarda la stabilità del gioco, siamo purtroppo costretti a segnalare alcune problematiche piuttosto importanti che hanno compromesso la nostra esperienza di gioco.
In particolare, si sono verificati numerosi episodi di stuttering e cali di frame rate, progressivamente più gravi qualora si decidesse di utilizzare un controller su PC.
Fortunatamente, il problema ha catturato immediatamente l’attenzione degli sviluppatori, che hanno promesso di risolverlo nelle prossime patch.


Ringraziamo Keymailer per averci fornito una chiave per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Recensione Five Nights at Freddy's: Into the Pit -
In conclusione...
FNAF: Into the Pit è un titolo tutt'altro che perfetto, con minigiochi frustranti, un'IA imprevedibile e varie problematiche tecniche, ma non per questo incapace di indirizzare una serie ormai stagnante verso una nuova, eccitante direzione. Facendosi forza di una narrativa piacevole, di una pixel art di ottimo livello e di un gameplay evoluto, il titolo rappresenta un'ottima novità per gli appassionati di vecchia data ed un modo interessante per approcciarsi al brand con rinnovato interesse.
Pregi
Narrativa di buon livello
Tanti minigiochi, easter egg e riferimenti
Artisticamente di pregio
Difetti
A tratti frustrante e limitato a causa dell'AI e dei minigiochi ripetuti
Tecnicamente instabile al lancio
8
Voto

Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.