A distanza di qualche mese dalla sua uscita, abbiamo avuto l’occasione di mettere le mani su Flintlock: The Siege of Dawn, l’action adventure di A44Games che si ispira a nomi già acclamati sul mercato, come God of War, The Witcher e persino Dark Souls. Ormai si sa, l’uscita del titolo di From Software rappresentò un punto di svolta per i videogiochi, che da quel momento in poi iniziarono a ispirarsi sempre di più non solo superficialmente alle meccaniche, ma proprio alla totalità di elementi che nell’insieme compongono la serie dei Souls: un worldbuilding impeccabile, un combattimento soddisfacente e una narrazione piuttosto implicita. Fu così che nacquero i soulslike.
Uno zoom sul sottogenere
Prima di addentrarci ulteriormente nell’analisi, è obbligatorio aprire una breve parentesi per inquadrare il titolo in un genere – o meglio, sottogenere – più preciso. Infatti, è doveroso specificare che Flintlock: The Siege of Dawn non è propriamente un soulslike e viene definito dallo stesso team di produzione un souls-lite, in altre parole una versione più “leggera” e meno punitiva, che vede alcune meccaniche proprie del genere ma diluite in un contesto più accessibile al pubblico e meno “di nicchia”.
Inoltre, è necessario chiarire cosa sia il Flintlock Fantasy come genere: quest’ultimo non è che un sottogenere del fantasy stesso, nel quale elementi dell’immaginario fantasy-medievale si mischiano con l’estetica e la tecnologia dell’era Napoleonica, ispirazione che possiamo notare manifestarsi nel design dei personaggi, nella tecnologia delle armi da fuoco, nelle ambientazioni e persino nella struttura sociale.
Il mix di questi due elementi sarebbe più che sufficiente per garantire al titolo un enorme successo. Tuttavia, nonostante un grandissimo potenziale, abbiamo potuto constatare che la formula presenta dei difetti, soprattutto nel voler dare una direzione precisa a un prodotto che, in fin dei conti, non sa da che parte guardare.
La riconquista di Alba
Circa dieci anni fa, il mondo di Kian viveva un’epoca di pace e prosperità. Tuttavia, un evento catastrofico sconvolse questo equilibrio: l’apertura della Porta del Grande Abisso e la conseguente invasione dei Morti. La città di Alba, costruita attorno alla porta, fu la prima a subire le conseguenze dell’invasione, a causa delle creature infernali che fuoriuscirono dal portale che hanno assaltato la città e massacrato gli abitanti.
Questo è ciò che vediamo nel prologo, che funge da tutorial e ci introduce gli eventi relativi all’entrata in scena di Nor Vanek, la nostra protagonista, desiderosa di sigillare la Porta per tornare alla normalità. Come vedremo, le sue sole forze non saranno sufficienti a sconfiggere una divinità, ed è proprio dopo essere stata sconfitta che il suo destino si intreccia con quello di Enki, un’entità spirituale che le offre il suo potere in cambio della sua fedeltà. Sarà proprio grazie al suo aiuto che impareremo a usare la magia, rendendo la lotta contro i morti e gli Dei molto più accessibile anche per un semplice essere umano.
Di base, la trama di Flintlock non porta con sé nessun elemento inedito, trattandosi di una già vista lotta tra l’umanità e gli Dei. Nonostante ciò, un pregio della narrazione è la presenza di una costante dicotomia tra vita e morte: la nostra eroina continua imperterrita a lottare per vivere, in contrapposizione all’infinito flusso di morte che continua a varcare il portale ogni istante che passa. Dualismo che viene ancora più accentuato quando scopriremo che in realtà il nostro famiglio Enki non è altro che il Dio dei Morti (tranquilli, non è uno spoiler e lo scoprirete relativamente presto), che vede nella nostra speranza di vita un prezioso alleato capace di aiutarlo nella risoluzione di vecchi conti in sospeso.
Abbiamo apprezzato tantissimo lo spessore che la narrazione offre da questo punto di vista, ma purtroppo c’è da dire che la stessa profondità non viene offerta per quanto riguarda gli altri personaggi del cast, che consideriamo piatti e meramente un contorno, se paragonati a Enki. Persino la protagonista pecca di caratterizzazione, cercando di coprire le sue lacune tramite un’esagerata arroganza verso tutto e tutti in una trama che già da sé non offre grandi svolte, limitandosi a sviluppare in modo lineare il prologo iniziale. Un vero peccato, perché avremmo gradito quantomeno degli sviluppi narrativi più profondi, sia per i personaggi che per la trama.
Tuttavia, nonostante la trama piuttosto semplice, non possiamo fare a meno di lodare il team per la scelta di ispirazione sulla lore, interamente basata sui miti e leggende della Mesopotamia. Gli sviluppatori di Flintlock sono stati attratti dalla mitologia mesopotamica perché, secondo loro, non era “abbastanza rappresentata in un medium che prende liberamente in prestito da molti altri” e che poteva servire come una nuova fonte di ispirazione per Flintlock.
Il risultato è un gruppo di Dei che assomigliano alle divinità del mito, sia per temi che per design visivo, ma che sono resi anche come personaggi completamente unici e originali. Ad esempio, Enki prende il nome da un Dio considerato il benefattore dell’umanità, caratterizzato da un forte potere magico e dall’infinita saggezza, tutti tratti che rivediamo anche nella rispettiva versione digitale.
Soulslite non deve significare “minestrone”
Già dai primi trailer, si poteva benissimo notare quanto il team di sviluppo volesse puntare su una formula di gameplay efficace, ispirata perlopiù dai soulsborne, con tre elementi principali che andranno a caratterizzare il combat system: la magia, la polvere da sparo e l’acciaio. Grazie alla prima, saremo in grado di infliggere danni magici ai nemici, grazie all’aiuto del nostro companion spirituale; con la seconda potremo utilizzare delle pistole, sia per interrompere gli attacchi nemici, sia per riuscire a essere efficaci anche dalla distanza; infine, grazie all’ultima componente, saremo in grado di sferrare poderosi fendenti con la nostra arma primaria.
Eppure, i problemi sorgono quando si inizia a parlare del sistema di combattimento. A causa delle sue numerose influenze, Flintlock: The Siege of Dawn non riesce a dare una direzione precisa alle proprie intenzioni, offrendo come risultato un prodotto finale molto ripetitivo e poco originale. Nonostante le diverse opzioni a disposizione nel nostro arsenale, abbiamo notato che in realtà l’approccio utilizzato contro ogni nemico era sempre lo stesso, dall’inizio del gioco fino alla fine. A partire dai mob fino ad arrivare ai pochi boss, i modi in cui inizierete uno scontro saranno sempre gli stessi e non tarderanno a diventare noiosi, facendo perdere presto interesse nelle fasi combattive del titolo anche a causa di un continuo ripetersi degli stessi cinque nemici lungo tutta l’avventura.
Il sistema di Reputazione
Fortunatamente, è stata inserita una meccanica che incentiva gli utenti a continuare a combattere nonostante tutti i problemi citati: la Reputazione. Inizialmente presentata come un sostituto delle più classiche “anime”, è in realtà molto di più, in quanto non ci permetterà solamente di potenziare il nostro equipaggiamento ma anche di migliorare le nostre skill nel più classico albero delle abilità. Proprio come un soulslike, la Reputazione viene persa alla morte e per recuperarla ci si dovrà recare nuovamente al luogo del game over. Essa incrementa quando porti a termine determinate azioni, come ad esempio attaccare i nemici o completare missioni, facendo comparire un moltiplicatore bonus sulla sinistra dello schermo in base alle azioni compiute, che si resetta automaticamente quando si subiscono dei danni.
Ciò significa che più rischiamo, più verremo ricompensati, e di conseguenza il nostro stile di gioco potrebbe diventare meno conservativo e più temerario. Perché diciamo potrebbe? Perché, se non per prendere l’obiettivo “Ottieni 50mila Reputazione in una volta sola”, non abbiamo avuto mai motivo di cambiare il nostro approccio in modo da ottenere un bonus sempre più alto, e siamo comunque riusciti a sbloccare quasi tutte le abilità di Nor senza soffermarci a farmare. Di certo rappresenta una bella componente, che però non è stata sfruttata a dovere per dare la profondità desiderata.
Sistemi di potenziamento
Tra i vari modi per rendere la nostra protagonista sempre più performante, ce n’è uno basato su un elemento estremamente già visto e rivisto: il famigerato albero delle abilità. Con i suoi tre diversi rami, lo skill tree presente in questo titolo riveste il ruolo più importante tra tutti i metodi di potenziamento, grazie al quale potremo sbloccare nuove mosse e attacchi, che andranno ad arricchire il nostro arsenale.
Tuttavia, un difetto che abbiamo potuto notare è che gli altri power up vengono sovrastati dal power level che possiamo raggiungere grazie all’albero, divenendo quasi inutili a confronto. Per rendere più chiara l’idea, una volta che abbiamo sbloccato alcuni buff e sinergie, non abbiamo più avuto motivo di migliorare il nostro equipaggiamento, portando a termine la nostra avventura con l’accetta e la pistole potenziate solamente due volte, e con dei pezzi di armatura che addirittura non hanno mai ricevuto un upgrade.
In giro per Kian
Nonostante inizialmente il titolo possa sembrare un open world, Flintlock presenta tutte le caratteristiche di un open map, con diverse mappe aperte e liberamente esplorabili in qualsiasi momento. Muoversi nel mondo di gioco è veloce, divertente ed efficace, grazie a un viaggio rapido disponibile fin da subito, ma soprattutto grazie al sistema di Fratture, funzionalmente simili a una zipline. Tramite l’ausilio di alcuni teschi sparsi in giro per la regione di gioco, potremo attivare tali spaccature dimensionali che ci consentiranno di viaggiarci attraverso, agevolando enormemente l’efficacia e la velocità dei nostri spostamenti e aprendo scorciatoie o persino passaggi segreti tramite i quali possiamo raggiungere dei tesori nascosti (che purtroppo, va detto, non sono mai stati all’altezza delle nostre aspettative).
A dispetto del fatto che abbiamo lodato quanto fosse piacevole spostarsi nella mappa di gioco, lo stesso non si può dire per quanto lo sia l’esplorazione stessa. La regione di Kian è caratterizzata da ambientazioni mozzafiato, che purtroppo soffrono tantissimo l’essere completamente spoglie se non per qualche manciata di oggetti sparsa qua e là o per qualche nemico che troveremo sporadicamente. Abbiamo trovato la costruzione del mondo di gioco estremamente acerba, che contribuisce ad alimentare il senso di ripetizione e noia generato dal sistema di combattimento.
Per cercare di ovviare al problema appena menzionato, i ragazzi di A44 Games hanno provato a disseminare delle attività per tutta la regione. Infatti, oltre agli incarichi primari che avanzano la trama, possiamo ricevere delle missioni secondarie con delle task abbastanza varie, ma comunque riassumibili nel ritrovamento di un oggetto o nell’uccisione di un bersaglio, o persino delle specifiche missioni da geniere, che solitamente ricompensano con dei pezzi di equipaggiamento o armi.
Inoltre, è presente un’attività in pieno stile Far Cry, la quale ci viene presentata fin dai primi momenti di gioco: la liberazione dei borghi, solitamente occupati da armate di morti che andranno sconfitte affinché possano farvi ritorno gli abitanti. Una volta sconfitto il capo, sbloccheremo una caffetteria che svolge il ruolo di checkpoint, nella quale potremo fare acquisti (perlopiù cosmetici), sbloccare missioni secondarie relative alla zona e persino giocare a Rivalsa, un minigioco strategico nel quale dovremo utilizzare delle monete per creare una “frattura” triangolare.
Non mancano all’appello dei collezionabili, i quali non fungono da mero elemento da collezione ma garantiscono dei buff sia al nostro personaggio che al nostro famiglio. Nel primo caso possiamo menzionare i Santuari di Inaya, antichi monumenti eretti in onore della Dea della Vita che aumentano la barra della salute, mentre il livello del nostro companion può essere aumentato tramite l’acquisizione delle Piume di Enki, smarrite dal nostro spiritello in diverse occasioni che ci racconterà lui stesso con dei curiosi aneddoti.
Ma allora perché abbiamo iniziato il discorso dicendo “per cercare di ovviare al problema”? Perché, in fin dei conti, il parco giochi delle attività offerte è davvero ristretto: abbiamo potuto contare solamente nove missioni secondarie e cinque borghi liberati, prima di ricevere i relativi trofei di completamento. Davvero troppo poche per dare al giocatore una vera e propria alternativa alla piatta campagna principale.
Comparto Artistico e Tecnico
Abbiamo già menzionato la presenza di ambientazioni mozzafiato, e non possiamo che ribadirlo in questa sezione. Nonostante il mondo di Flintlock sia composto da solamente tre aree, ciascuna di esse riesce a emergere e distinguersi dalle altre: la regione di Kian offre al giocatore accurate riproduzioni di ambientazioni naturali quali ghiacciai, monti, spiagge e grotte, senza però dimenticarsi di rappresentare anche scenari più artificiali, come la città in rovina di Alba o la fortezza di Dorma. Un enorme pregio che abbiamo apprezzato per tutta la durata della nostra avventura.
A peccare è stato invece il lato tecnico, soprattutto per quanto riguarda alcune animazioni che risultano grezze e sotto lo standard di altre, come per esempio la sequenza di frame che vediamo tutte le volte che faremo un headshot con la nostra arma da fuoco (potete vedere qui un esempio). Nessun problema evidente per quanto riguarda il framerate, avendo provato il gioco sia su Steam Deck OLED che su Xbox Series S. Sulla prima, grazie a dei setting video medio-bassi, siamo riusciti a ottenere un framerate stabile tra i 40 e i 45FPS, che talvolta subiva cali sotto i 40 in zone più ampie e dettagliate, con degli stutter che si sono risolti in modo automatico non appena veniva generata la cache degli shader. Un po’ delusi invece sul lato Xbox, dove purtroppo sulla Series S non troviamo alcuna impostazione per raggiungere i 60FPS, limitando la nostra esperienza a “solamente” 30FPS in 1080p, seppur stabili.
Flintlock: The Siege of Dawn è disponibile su Steam, PS5 e Xbox Serie X/S.
Ringraziamo Cosmocover per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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