Nella recensione di oggi parlaremo di Ghost of Tsushima in occasione della sua uscita sulla piattaforma PC, analizzando dapprima l’opera nella sua interezza per poi scendere nei particolari del porting e delle performance tecniche.

Ormai già maturo ed ampiamente riconosciuto dalla community per le sue qualità, il titolo di Sucker Punch si è rivelato un’esperienza tradizionale ma pur sempre unica del suo genere, merito di una regia spettacolare e di una cura estetica che lo inserisce di diritto fra le esperienze artisticamente più elevate della storia del medium.
Accompagnando il protagonista in una storia di ribellione nei confronti dell’invasore ma anche dei propri ideali, non abbiamo potuto fare a meno di venire stregati da un’ambientazione che cattura e toglie il fiato ad ogni occasione utile.

Siete pronti a diventare la leggenda di Tsushima?
Scopritelo in questa recensione!


Incipit e trama

L’incipit narrativo di Ghost of Tsushima trova le sue importanti radici storiche nella prima invasione mongola del Giappone, concentrando il suo focus in particolare sulla confinante isola di Tsushima.

Lanciati nei panni di lord Sakai, un nobile samurai al servizio del jito Shimura nonchè nostro zio, prenderemo parte ad una struggente battaglia contro il minaccioso esercito mongolo che terminerà nella nostra inevitabile sconfitta e alla cattura del condottiero.
Decisi a soccorrerlo, tenteremo un disperato attacco al castello occupato dal generale Khotun Khan, fallendo nuovamente e venendo respinti giù da un ponte.

In fin di vita, verremo a conoscenza dei primi personaggi secondari che si prenderanno cura di noi mentre pianifichiamo il salvataggio di nostro zio e la scacciata dei mongoli dal paese ormai messo in ginocchio dall’invasione.
Decisi a farci carico delle speranze dell’intera Tsushima, dovremo presto far fronte ai limiti imposti dal nostro codice d’onore, rinnegando i nostri ideali per diventare finalmente lo spettro.

Sin dai primi istanti, la trama di Ghost of Tsushima non si dimostra particolarmente unica per l’evoluzione effettiva degli eventi, bensì per il suo format estremamente cinematografico e carico di emotività, che eredita sia per mezzo delle sue evidenti ispirazioni registiche che in qualità di prodotto targato Playstation Studios.
Gli intrecci e i personaggi vengono introdotti con grandi abilità in delle porzioni relativamente brevi ma intense di storia principale, per poi venire espansi in maniera opzionale (ma fortemente consigliata) attraverso le numerosissime missioni secondarie dall’impianto sicuramente meno filmico e più videoludico.

Cionondimeno, la narrazione si lascia seguire con grande coinvolgimento, non annoiando mai quantomeno nelle fasi principali e anzi fomentando e manipolando le emozioni del giocatore con estrema facilità grazie ad una scrittura sapiente e curata nei minimi dettagli.

L’unica, inevitabile, critica in tal senso è da ritrovarsi nella tanto discussa “illusione della scelta” che un titolo dall’identità totalmente lineare ci porta a sperimentare attraverso dialoghi a scelta multipla e numerosi bivi morali di fondamentale importanza per l’evoluzione della trama.
La triste verità è da ricercarsi in una narrazione che non prevede alcun tipo di strada alternativa che non sia riscontrabile nel finale e che comunque porterà a poche differenze nel concreto.
Ciononostante, queste piccole variazione di dialogo ci avvicinano ad un grande e sfaccettato personaggio la cui morale è ormai stata piegata, a prescindere dalle nostre vere intenzioni e dal nostro agire nelle fasi di gameplay.

I personaggi

Pur essendo Jin Sakai il volto indimenticabile ed indiscusso dell’avventura targata Sucker Punch, sono tanti i personaggi che ci rimarranno nel cuore al termine della nostra avventura.
Ciò che probabilmente li rende così riusciti è una regola fondamentale che più o meno tutte le introduzioni sembrano seguire, ovverosia ognuno di queste sembra star combattendo una propria battaglia personale a cui non sono disposti a rinunciare neppure di fronte ad un male comune, donandogli quel tocco di peccaminosa umanità che manca alle rimpatriate di tipo supereroistico.

Tsushima è allo sbaraglio, la speranza si spegne e sopravvivere diventa una priorità, non di meno in ogni carattere che incontreremo lungo la nostra avventura permane un sopito spirito di ribalta e di vendetta personale.
Parliamo di personaggi la cui varietà rimane piuttosto enciclopedica, raccogliendo a destra e manca topoi letterari antichissimi che comunque funzionano perfettamente nel contesto dell’avventura.

Jin, fra tutti, è un personaggio che nasce in un certo senso completamente maturo, volgendo gradualmente verso un disimparamento dei propri ideali per il bene delle persone che ama e di conseguenza trasformandosi sotto i nostri occhi.

In sostanza, il comparto narrativo di Ghost of Tsushima ci ha convinto quasi pienamente, riuscendo ad emozionarci e rendendo i suoi personaggi memorabili nonostante la linea narrativa già solcata ed a tratti frustrante.


Gameplay

Il gameplay di Ghost of Tsushima è un insieme di elementi ludici che necessitano di essere analizzati nella loro individualità, partendo dal contenitore fino alle varie numerose meccaniche che ne rappresentano il contenuto.

L’open world

Per quanto sia difficile parlare dell’open world di Ghost of Tsushima senza accennare ai suoi aspetti più tecnici, bisogna dire che non ci troviamo di fronte ad una delle iterazioni più dense del suo genere.
Il viaggio da un punto di interesse all’altro diventa spesso un’esperienza contemplativa, spezzata qui e lì dagli incontri con carovane di nemici sempre pronti a duellare e a premiarci con qualche provvista e munizione.

La navigazione a cavallo delle lunghe distanze, che può piacere o meno a seconda della percezione della telecamera, viene spesso messa in secondo piano in favore del viaggio rapido verso qualsiasi luogo già esplorato nella mappa, rendendo l’esperienza molto più fluida nel complesso.
In particolare, a guidarci verso gli obiettivi segnati sulla mappa in maniera quasi poetica, il vento che avvolgerà la vegetazione creando spettacoli di dinamismo scenico difficilmente ritrovabili in un altro videogioco.

A prescindere dall’apparente scarsità di punti d’interesse (molto più a Tsushima che sull’isola di Ikki per forza di cose), l’esplorazione ripaga e non sarà così difficile incappare in accampamenti mongoli, tane di volpi, santuari, luoghi di ristoro, per comporre haiku e pilastri dell’onore in cui sbloccare nuove skin per la katana e il tanto.

Il combattimento

L’elemento con cui alterneremo le nostre lunghe cavalcate in giro per Tsushima è il combattimento, senza dubbio uno dei più riusciti e cinematografici fra quelli all’arma bianca in un videogioco.
Nella sua apparente essenzialità si tratta di alternare una serie di stili di combattimento, combo e parate contro nemici di varie classi, più o meno resistenti ad un particolare approccio.

Sfruttando al momento giusto le aperture dei nostri nemici e contrattaccando al momento giusto i loro assalti, non sarà difficile tenere a bada grossi gruppi di avversari per quanto agguerriti e minacciosi.
Ciascuno stile di combattimento (forma) che sbloccheremo nel corso del gioco potrà poi essere potenziato tramite punti abilità, rendendolo progressivamente più efficace e pericoloso.
Efficacia che viene influenzata da numerosi fattori fra cui la stessa armatura equipaggiata, capace di fornirci una maggiore difesa oppure di modificare il ritmo del gameplay con potenziamenti unici.
La stessa armatura i cui effetti potranno essere potenziati tramite i mercanti, introducendo il conseguente looting di risorse e valute di scambio che sarà una costante durante l’intero titolo.

Un esempio rilevante, incontrando un gruppo di nemici sarà possibile sfidarli a duello singolarmente, facendo partire un breve scontro one-hit che potrà poi essere concatenato a seconda dei modificatori attivi e delle abilità selezionate.
Abbiamo anche la possibilità di sfruttare l’arco corto e quello lungo, uno strumento fedele ed assolutamente necessario che ci permetterà di affrontare gli scontri in maniera silenziosa e veloce.

Se infatti in un primo momento il gioco ci ricorderà più e più volte che è necessario combattere i nostri avversari con l’onore di un samurai, pian piano il focus inizierà a spostarsi verso un’esperienza più stealth e senza esclusione di colpi, coinvolgendo una vasta gamma di armamenti “spettrali” fra cui i kunai, le bombe fumogene, quelle adesive e le classiche distrazioni per allontanare il nemico dagli occhi indiscreti.

In sintesi, se inizialmente combattere da samurai sarà coinvolgente ed adrenalinico, durante le fasi finali non potremo fare a meno di sentirci delle macchine da guerra inarrestabili, temuti e rispettati anche dal più volgare e potente degli avversari.

Non c’è molto da dire su questi ultimi, la cui varietà rimane comunque apprezzabile fra banditi, ronin e mongoli di ogni taglio e specialità. Certo non passerà molto prima di ritrovarsi ad affrontare gli stessi identici soldati ancora ed ancora, ma è sfortunatamente qualcosa con cui bisogna fare a patti in un’avventura che punta ad avere una durata così elevata.

Le missioni principali e secondarie

Avanzando nelle varie missioni ed eventi secondari, un indicatore ci notificherà della crescita progressiva della nostra leggenda nelle terre di Tsushima, da un disgraziato samurai caduto in battaglia ad un fantasma vendicativo simbolo di ribellione.

Il ritmo di progressione che guiderà la nostra esperienza in Ghost of Tsushima è al contempo rapido e lento, fra lunghe cutscenes non saltabili e dialoghi obbligatori che non sempre si sono rivelati così interessanti o vari nelle fasi endgame del titolo.

Pur avendo goduto ampiamente dei contenuti del gioco nel corso delle nostre 50 ore di playthrough e fremendo alla possibilità di un seguito, non nascondiamo che non persiste in noi la volontà di completare le missioni secondarie che sono sfuggite al nostro completamento.
Questo principalmente per un problema di varietà e composizione di quest’ultime, che implica spesso la necessità di ripetere più e più volte la stessa cavalcata alternata da rapide sezioni di combattimento.
Ancora peggio, quelle missioni in cui siamo costretti a seguire con attenzione delle tracce solo per girare in tondo in uno spiazzo limitato di mappa ed uccidere i fuggiaschi di turno.

Questo non significa che le missioni secondarie di GOT non possano vantare di alcune trame genuinamente interessanti o di ottimi spunti di espansione caratteriale per i personaggi del cast, tuttavia la loro struttura di gameplay immutabile ed insistente rischia di stancare presto anche i giocatori più affezzionati.

Il contorno

Un discorso analogo può essere applicato a tutti quei contenuti secondari a cui abbiamo accennato in precedenza e che si accompagnano agli eventi centrali durante le fasi esplorative.
L’esempio perfetto sono le tane delle volpi che, numerosissime e sparse per tutto il territorio di Tsushima, permettono di sbloccare degli spazi extra per gli amuleti che raccoglieremo come ricompensa dalle quest oppure nei santuari.
Seppure sia divertente seguire le volpi in cerca degli altari le prime volte, la magia fa presto a spezzarsi lasciando spazio ad un’operazione da ripetere circa 50 volte per ottenere il completamento totale del gioco.


Quantomeno le fasi platform rappresentate dalla scalata dei santuari montuosi offrono un simpatico staccato dal normale ritmo del gioco, che può essere facilmente bilanciato alternando le fasi esplorative a quelle principali.

Ultimo ma non ultimo, il multigiocatore è forse l’aspetto del gioco che abbiamo esplorato di meno durante la nostra esperienza con il titolo.
Partendo dall’interessantissima idea di esplorare la cultura giapponese dal punto di vista mitologico anzichè storico, la modalità “Legends” ci affianca ad altri giocatori in un susseguirsi di missioni di stampo più diretto.

Una volta completato il tutorial è possibile scegliere fra quattro classi:
Samurai, Cacciatore, Ronin e Assassino.
Ognuna di questa rappresenta un vantaggio situazionale, incoraggiando il gioco di squadra e all’alternanza di stili di gioco attraverso un sistema di XP abbastanza classico.

Per quanto ci piaccia l’idea, abbiamo trovato molto meno interessante questa modalità rispetto al resto del gioco, e ci è persa sprecata l’idea di limitare l’esplorazione di queste tematiche alla sola modalità multigiocatore.



IL DLC:
L’isola di Iki

Volendo spezzare la recensione prima di concludere con il comparto artistico ed estetico vorremmo fare delle considerazioni in merito all’espansione inclusa nella release su PC, Iki Island.

Inserendosi nel bel mezzo della narrazione principale senza variare in nessun modo il suo svolgimento, il DLC ci porta ad esplorare l’isoletta di Iki dopo essere venuti a conoscenza dell’incombente minaccia degli sciamani mongoli, particolari nemici in grado di piegare la mente con le loro droghe ed incantesimi.


Venendo messi al confronto con la pesante eredità della nostra famiglia in un territorio ostile e pieno di banditi, il DLC propone un viaggio molto più personale ed esplorativo dei nostri demoni interiori.
Il tutto esplorando una mappa meravigliosa e densissima di punti di interesse, che pur essendo molto più ristretta riesce a concrentrare tutto ciò che di bello e stupefancente aveva trasmesso l’isola di Tsushima.

Non mancando di inserire novità di gameplay come la carica a cavallo, la bardatura corazzata e i santuari degli animali, questa rappresenta forse la parte migliore dell’intero gioco, provando che il team di Sucker Punch ha imparato dalle critiche poste al rilascio del titolo originale.

Infine, introduzioni come la Kurosawa Mode presente nella Director’s Cut non fanno che aumentare il valore artistico già fuori scala della produzione di casa Sony.


Comparto artistico e tecnico

Inutile girarci intorno, il comparto artistico di Ghost of Tsushima è senza dubbio ciò che maggiormente rimarrà alla storia del medium negli anni a venire.
Ci troviamo infatti ad analizzare una delle esperienze esteticamente più stupefacenti e ricercate che abbiano mai solcato i nostri schermi, fra paesaggi da pelle d’oca e cinematiche fuori scala.

Tsushima non è semplicemente un contesto spettacolare per una tragedia struggente, è anche un’eccellente scenario in cui perdersi in esplorazioni per il semplice gusto di farlo, lasciandosi coinvolgere dal dinamismo della vegetazione portata dal vento e dai colori pittoreschi che macchiano il cielo ed inebriano la foschia delle foreste.

Non ci sono parole per descrivere l’attitudine del gioco nel riempire gli occhi del giocatore con scenari mozzafiato durante frangenti di gameplay sostanzialmente irrilevanti, ricordando costantemente al giocatore quanto bella sia Tsushima e quanto valga la pena difenderla dalla distruzione.
Il team di Sucker Punch sa benissimo di aver realizzato qualcosa di incantevole, e si assicura di dargli tutto lo spazio necessario costruendo una UI elegante e perlopiù inesistente durante le fasi di gioco, lasciando a schermo solo il minimo indispensabile e solo per qualche secondo.

Aspetto che non colpirebbe con lo stesso impatto se non fosse per il comparto sonoro, fra le melodie della natura incontaminata ed un accompagnamento musicale di altissimo livello e sensibilità artistica.
Come dimenticare il motivetto ricorrente nelle scene emozionalmente più struggenti, una lamentela disperata e struggente che sa velarsi di epicità nei momenti in cui è richiesto per gonfiare il giocatore di coraggio e determinazione.
Vi lasciamo all’ascolto della soundtrack realizzata da Ilan Eshkeri sulla piattaforma Spotify:

Ultimo ma non per importanza, il comparto tecnico nel suo duplice ruolo di porting e canto del cigno della ottava generazione di console.
Costruito su un engine proprietario neppure troppo aggiornato, Ghost of Tsushima eccelle tantissimo nell’impatto d’insieme e decisamente meno nei dettagli più macroscopici e in alcune iterazioni di motion capture non proprio convincenti specialmente durante i dialoghi secondari.
Nulla di eccessivo, ovviamente, ma non è difficile arrivare alla conclusione che le cutscenes sono forse l’aspetto meno brillante a livello tecnico dell’intera produzione.

Totalmente positive sono invece le nostre impressioni sul porting PC del titolo, davvero il migliore e il più stabile fra quelli portati da Sony su PC fino ad adesso.
Sin dal day one non abbiamo riscontrato alcun problema nel girare il titolo a dettagli massimi a più di 60FPS su un PC di fascia medio-alta di scorsa generazione.

Facendo un uso eccellente di tecnologie all’avanguardia come il DLSS di Nvidia e l’FSR3 open source di AMD, Nixxes ha reso la versione PC la migliore fra quelle disponibili sul mercato, ottimizzando il prodotto da modo che possa essere facilmente apprezzato anche su configurazioni datate e su console handheld come Steam Deck.


Ringraziamo Sony Playstation per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro curatore e sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Ghost of Tsushima (PC)
In conclusione...
Ghost of Tsushima è un titolo eccezionale, un'esperienza che vale la pena vivere anche solo per il fortissimo impatto emotivo di un ambientanzione fuori dal tempo. Non di meno, la trama ben scritta ed il gameplay di qualità lo rendono uno dei migliori titoli Playstation della scorsa generazione. La mancanza di varietà nelle attività secondarie e l'eccessiva rigidità di alcuni espedienti narrativi rischiano di invalidare una parte dei contenuti offerti dal gioco, che pur rappresentano delle opportunità di approfondimento.
Pregi
Buona scrittura della trama e dei personaggi
Gameplay divertente e cinematografico
Comparto artistico nel complesso fuori scala
Ottimo porting
Difetti
L'illusione della scelta
Le secondarie annoiano in fretta a causa della loro ripetitività
9.5
voto

Di Mario Ricerni

Appassionato di videogiochi, cinema e musica, ha creato STWGames per condividere il sogno di entrare in diretto contatto con l'industria che ha ammirato sin dall'infanzia.