Il western, un genere artistico transmediale diffusissimo, dai fumetti al cinema, dalla musica ai videogiochi, la nostalgia per la leggendaria epopea della frontiera, iniziata nel XIX secolo con il Buffalo Bill Wild West Show, pare inesauribile.
E che dire delle tantissime contaminazioni all’interno di uno stesso medium, come quello cinematografico, per l’appunto.

Il Western al cinema si è miscelato con tantissime altre influenze, rimanendo comunque coerente a una sua estetica e alla narrazione di precisi valori e stilemi, forse semplicistici, ma codificati nel tempo.
Abbiamo il mix con l’horror (The Burrowers, Brimstone e The Wind) e con il suo sottogenere del vampire e monster movie (il pulp di Dal Tramonto All’Alba, Tremors, Vampires di Carpenter), quello con la Fantascienza (Ritorno al Futuro Parte III, Westworld, Serenity) o con l’action/cinema di arti marziali (il primo Roadhouse ma anche il suo reboot, di cui abbiamo parlato qui.)


Innumerevoli sono inoltre gli influssi portati dai tanti protagonisti e professionisti che hanno contribuito a forgiare la sua eredità cinematografica (sia dietro che davanti alla macchina da presa). Altrettanto importanti sono le sensibilità di epoche e culture diverse, culture, come quella italiana, che magari non avevano avuto storicamente a che fare se non di sfuggita con la frontiera americana e che hanno reinterpretato questo genere artistico in maniera peculiare, arrivando a sovrapporsi con la realtà storica, come è avvenuto per gli Spaghetti Western.

Ed è così che arriviamo a parlare dell’ottimo Old Henry, opera prima da regista di Potsy Ponciroli.

Una pellicola notevole, sapiente mix di diversi sottogeneri western e influenzata dal punto di vista tecnico, estetico e filosofico da tutto quello avvenuto negli anni in cui è stato girato, il 2020 e il 2021, quindi in piena epoca COVID.


INCIPIT NARRATIVO

UNA VITA SOLITARIA

Henry (un magistrale Tim Blake Nelson) é un agricoltore segnato dal tempo e dalle fatiche che vive nel suo ranch, un piccolo e arido terreno sperduto in qualche zona non ben precisata dell’Oklahoma.

Qui, dopo la morte della moglie, condivide una routine monotona composta unicamente di lavoro pesante e silenzi sconfinati con suo figlio Wyatt (Gavin Lewis), insofferente, bellissima, energica e vitale giovane antitesi del protagonista.
Unico intruso nella solitaria esistenza del duo è lo zio di Wyatt, nonché cognato di Henry, il bonario Al (Trace Adkins).

Al rappresenta per il giovane Wyatt l’unica figura familiare che esprime un minimo di affetto e capisce le esigenze dell’esuberanza giovanile.


La quotidianità della famiglia viene sconvolta quando Henry trova, vicino alle sue proprietà, uno straniero ferito da un colpo di arma da fuoco, Curry (Scott Haze), in possesso di una sacca piena di soldi.
Messo in allerta dagli eventi ma incapace di lasciare un bisognoso al suo destino, Henry accoglie l’estraneo in casa per prestargli le prime cure e idealmente metterlo su un cavallo non appena quest’ultimo sia in grado di reggersi in piedi, mentre nasconde il denaro in una stanza segreta nella sua proprietà, in attesa che si calmino le acque.


I TRE DELL’AVE MARIA

Come in piena tradizione western, a scombinare i piani del protagonista arriveranno tre presunti uomini di legge, messi sulla giusta via dal socio di Curry, che viene brutalmente assassinato dallo spietato capo del terzetto, Ketchum (Stephen Dorff), una volta ottenute da lui le informazioni che cerca.

Il cattivo si presenta al ranch, una scena classicissima in tutti i Western d’Assedio.

Il trio si presenta così nella fattoria del protagonista e tra velate minacce, promesse e moine cerca di convincere Henry a consegnare Curry, identificandolo come un pericoloso bandito.
Quest’ultimo, di tutta risposta, affermerà di essere lui stesso uno sceriffo, inseguito da delinquenti sotto mentite spoglie.
Arrivati a questo punto, Henry non sa di chi potersi fidare, e a complicare ulteriormente le cose c’è la presenza dell’estraneo in casa, il cui spiccato carisma lo rende molto più ammirabile del padre agli occhi di Wyatt.

Il figlio, vista la situazione, vorrebbe imparare a sparare come si deve, ma il padre, ponendosi come un vero e proprio despota, evita fino all’ultimo secondo possibile che lui tenga in mano un’arma da fuoco.
Un assalto notturno e il rapimento di Al da parte del trio di villain farà degenerare le cose sino a una epica e intensissima sparatoria che culminerà in una carneficina.

Topos di tutto il cinema d’azione che ricorre anche in Old Henry, il buono e mite protagonista in realtà non è così buono e così mite.

Il massacro porterà alla scoperta della vera identità di ciascuno, compresa quella di Henry, vera leggenda del west che ha scelto di vivere in incognito per scappare ai fantasmi del suo passato…


PISTOLE E COVID

CINEMA DI GENERE, DECOSTRUZIONE DEL MITO AMERICANO E DISTANZIAMENTO SOCIALE

Potendo usare una sola parola per definire un film come Old Henry, questa sarebbe “solido”.
Ponciroli dirige un western moderno che manifesta il suo evidente amore per i classici senza la pretesa di rivoluzionare il genere, riuscendo, appunto, a realizzare un film solidissimo, privo di vere imperfezioni e ricco di omaggi a John Ford e Leone che, fortunatamente, non sfociano in una ricalcatura 1:1.

Old Henry è uno di quei western di vecchia scuola che si ama o si odia: un film minimale che alterna sequenze lente, dialoghi compassati e lunghe inquadrature sui paesaggi ed in cui solo verso la fine si comincerà a vedere una vera e ben realizzata azione.

È una pellicola apparentemente pacata, ma che nasconde sotto la parvenza di quiete una ferocia e una brutalità incredibili, con Ponciroli che sfrutta abbondantemente gli spettacolari panorami della prateria americana, alternandoli a inquadrature statiche dei personaggi, spesso isolati e preda di impenetrabili pensieri, o intenti in gesti lenti e misurati ma decisi, come a mostrare il vecchio principio del “Ogni uomo è un’isola”.

C’è pochissimo contatto umano in Old Henry, e quando avviene, è sempre violento.

Gli sconfinati spazi della prateria americana vengo innalzati a protagonisti del film.

In realtà, queste scelte, come detto in apertura dell’articolo, sono state dettate dai protocolli di distanziamento sociale che hanno (doverosamente) colpito anche le produzioni cinematografiche. Tuttavia, utilizzarle per dare a Old Henry una caratterizzazione estetica particolare e veicolare diversi messaggi (parlando dal punto di vista storico della solitudine del pioniere e dei rapporti intergenerazionali difficili) è stata davvero una scelta azzeccata.

Persino quando ci avviciniamo al sanguinoso epilogo del film e Old Henry vira decisamente verso il sottogenere del western d’assedio (come Un dollaro d’onore o la bellissima miniserie Godless), si distacca dal pulp tarantiniano per rimanere comunque un’opera fortemente drammatica, mostrando una violenza senza fronzoli e abbellimenti, con conseguenze e morti tutt’altro che gloriose.

Chiariamoci: le poche scene d’azione sono davvero belle e ben realizzate, ma la volontà di renderle “veraci” fa parte dell’enorme lavoro di decostruzione del mito del Far West operato dal regista e autore del film.
Nonostante il suo evidente amore per cowboy e pistole, Ponciroli non ci mostra una visione nostalgica dei bei vecchi tempi. Seppur dipinta tramite i topoi e gli stilemi classici del genere, la frontiera di Old Henry è un luogo selvaggio e indomabile, che non perdona nessun errore e nessuna scelta, anche se dettata da virtù e onore, e non distorta dal filtro del mito e della nostalgia.

Persino l’anno in cui è ambientato il film, il 1906 (e quindi l’inizio della fine per il Far West), è emblematico. La nuova generazione, rappresentata da Wyatt, è pronta e decisa ad abbandonare uno stile di vita che, sebbene poi glorificato e reso parte integrante del mito americano, era in realtà duro, sporco e brutale.


LA RECITAZIONE

La recitazione e la caratterizzazione dei personaggi sono uno dei punti di forza di Old Henry. Sebbene ogni attore svolga un lavoro magistrale, il primo podio non può che andare a Tim Blake Nelson, che, dopo una carriera da caratterista, trova finalmente il ruolo da protagonista che gli consente di esprimere tutto il suo potenziale. Il suo Henry è il risultato di un grandioso lavoro di gestione del corpo e della voce, che rende la sua messa in scena davvero spettacolare.

Abbiamo di fronte un uomo curvo, stanco e piegato dal passare del tempo, con un occhio mezzo chiuso e pochi denti malmessi. Nonostante l’aspetto meschino, si intuisce che sotto l’apparenza di un uomo vinto da uno stile di vita rigido e frugale si cela una persona davvero diversa, un duro d’altri tempi. I movimenti decisi e precisi e le (poche) parole accuratamente pesate di Henry ci instillano il dubbio sin dai primi minuti della pellicola: Chi si nasconde dietro questo mite agricoltore?

L’epica scena di preparazione all’assedio.

Lo scoprirà a sue spese la gang di Ketchum, quando Tim Blake Nelson trasforma il suo Henry, togliendogli la metaforica maschera e i limiti che lo stesso Henry si era autoimposto cercando di dimenticare la prima parte della sua vita.

È così che quei movimenti appena accennati, tenuti sotto controllo, assumono tutta un’altra carica e un’altra caratura. E così, Henry perde tutti i suoi difetti e si trasforma in un pistolero alla Clint Eastwood: veloce, preciso e implacabile nella sua sete di sangue, confrontandosi con un passato che non può più negare di aver vissuto.


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Old Henry
In Conclusione
Old Henry è un western moderno che guarda ai grandi classici ripercorrendo i loro passi senza essere troppo pedissequo e operando un lavoro di decostruzione del mito della frontiera americana. Un film intenso, ma minimale e lento, cosa che potrebbe essere un problema per chi cerca a tutti i costi l'azione adrenalinica. Per tutti gli altri abbiamo una pellicola visivamente spettacolare, con un grandioso Tim Blake Nelson nei panni del protagonista che ci regala una performance superlativa.
Pregi
Una performance di Tim Blake Nelson davvero magistrale.
Cupo, violento, ma senza glorificare la violenza stessa.
Le lunghe inquadrature della ruralità dell'Oklahoma rendono il film visivamente spettacolare.
Parte da tutti i cliché di questo genere per arrivare a una decostruzione molto intelligente dello stesso mito del Far West.
Paradossalmente le regole sul distanziamento sociale che hanno influito sul modo in cui è stato girato hanno portato a un registro estetico che dà al film un tocco di unicità molto interessante.
Difetti
È un western decisamente lento, bisogna amare il genere per apprezzarlo appieno.
9
Voto

Di Nicola Lecis

Classe 1988.Nerd sin dalla più tenera età, cresce con un'infinita passione (ossessione?) per videogiochi, musica, fumetti, arte, letteratura, strumenti musicali a corda, hardware, cinema, arti marziali e fitness.