È difficile, se non addirittura impossibile, non essere a conoscenza di One Piece al giorno d’oggi, uno dei manga di maggior successo nella storia del Giappone creato dalla brillante mente di Eiichirō Oda. Nonostante la sua pubblicazione abbia avuto inizio nel lontano 1997 e abbia ricevuto un adattamento animato nel 1999, l’opera è ancora incredibilmente viva grazie ad una narrazione geniale che riesce costantemente a rinnovarsi attraverso colpi di scena imprevedibili, continuando anche in tempi recenti a catturare l’attenzione di tutti.
Con un successo così straordinario non sorprende che Netflix abbia mostrato interesse per la serie, annunciando nel 2017 l’arrivo di un adattamento live action prodotto da Tomorrow Studios e Shūeisha, con Matt Owens come showrunner. Questa notizia ha suscitato non poca preoccupazione in molti dati gli insuccessi passati nel trasporre serie animate in un formato televisivo, situazione che è stata ulteriormente aggravata dai recenti fallimenti nell’adattare fedelmente le storie, come accaduto nel caso di Cowboy Bebop.
Una paura che Netflix è riuscita in parte a mitigare grazie alla partecipazione di Eiichirō Oda nel ruolo di supervisore, che ha rassicurato più volte i fan che la serie non sarebbe stata rilasciata fino a quando lui stesso non ne fosse stato pienamente soddisfatto.
La partecipazione del creatore originale, unita alla selezione di un cast impeccabile che ha svolto un lavoro straordinario nel conferire vita ai personaggi del manga, ha rinnovato le speranze soprattutto tra gli appassionati, rendendo il live action di One Piece una delle serie più attese di tutto il 2023.
Abbiamo avuto il piacere e l’onore di vedere in anteprima questa serie, ed ora condivideremo con voi le nostre opinioni, esplorando insieme se ci troviamo di fronte ad un altro fallimento oppure se questa volta hanno saputo preservare l’essenza originale che ha reso One Piece il manga di successo che conosciamo oggi.
TRAMA E STRUTTURA NARRATIVA
Sotto un’ottica strutturale, il live action attinge direttamente dall’opera di origine, raccontando gli avvenimenti della saga del Mare Orientale che coinvolge i primi 12 volumi del manga e i primi 61 episodi dell’anime. Ci troveremo quindi ad accompagnare Monkey D. Luffy, un giovane e ambizioso pirata con un bizzarro corpo interamente di gomma, nel suo stravagante percorso alla ricerca del One Piece, un tesoro lasciato chissà dove dal precedente Re dei Pirati “Gold Roger”(Michael Dorman).
Affinché possa anche solo sperare di coronare il suo sogno e di diventare in questo modo il prossimo Re dei Pirati, Luffy si troverà di fronte alla necessità di reclutare una sua ciurma e di navigare verso la Rotta Maggiore, un tratto di mare intriso di isole di dimensioni maestose e pirati di temibile fama. Così, saremo spettatori della genesi del nostro eroe e della sua ciurma di pirati, in una prima stagione che sgorga affetto da ogni poro attraverso riferimenti e omaggi, pur nel costante tentativo di forgiare una propria identità senza mai sradicarsi dalle fondamenta della storia originale.
Sin dall’inizio emerge chiaramente la sfida di condensare ben 100 capitoli all’interno di soli 8 episodi, ognuno della durata di un’ora, il che comporta purtroppo una serie di difficoltà evidenti che affliggono il prodotto finale in modo significativo. Nonostante l’eliminazione di numerosi contenuti e talvolta l’intera presenza di alcuni personaggi, la trama risulta comunque affrettata e, soprattutto nei primi episodi, manca il tempo di sviluppare un attaccamento nei confronti dei vari personaggi, rendendo scene di impatto prive di peso o del tutto insensate e incoerenti.
Inoltre, nel corso della visione si noterà che i diversi flashback dei vari personaggi sono stati mantenuti completamente immutati, scelta motivata dalle numerose dichiarazioni di Oda stesso, il quale ha espresso l’importanza di preservarne la fedeltà poiché fondamentali per delineare le diverse personalità.
Tuttavia, a causa della natura intrinseca dell’adattamento in live action, i flashback si verificano in modo eccessivamente frequente all’interno del limitato tempo a disposizione della serie, portando ad interrompere continuamente il ritmo narrativo al fine di inserire con la massima precisione possibile le storie pregresse di ciascun membro della ciurma.
Questa questione non si limita solamente alla trama, ma si riflette anche nello sviluppo dei personaggi che, nel tentativo di mantenere una progressione congruente con gli avvenimenti del manga, prendono decisioni che appaiono improvvise e assurde, quasi come se lo spettatore avesse saltato delle scene cruciali per l’evoluzione degli stessi.
Sebbene riconosciamo e apprezziamo il valore di preservare la fedeltà all’opera originale, specialmente in momenti chiave, e comprendiamo che tali imperfezioni siano quasi inevitabili in un adattamento di tale portata, non possiamo fare a meno di constatare come tutte queste sfide abbiano un impatto sull’esperienza nel suo insieme. Ciò si riflette in un comparto narrativo che emerge come uno degli aspetti meno solidi della produzione, contribuendo ad una qualità non sempre ottimale del prodotto complessivo.
CAMBIAMENTI e AGGIUNTE
Pur cercando di rimanere fedele al manga originale, realizzare un adattamento 1:1 è inevitabilmente un’impresa estremamente difficile, e sperare di ritrovare dinamiche identiche anche nel contesto del live action è impossibile. Nonostante ciò va detto che la serie dimostra un grande rispetto costante per il lavoro di Oda, cercando di restare il più possibile fedele al prodotto originario e apportando solo alcune modifiche agli eventi al fine di adattarli al meglio al formato di 8 episodi.
Questo non implica affatto che ci troviamo di fronte ad un ennesimo contesto in cui ci si allontana completamente dalla trama originale, e infatti gli elementi chiave e lo sviluppo degli eventi restano sostanzialmente gli stessi, soprattutto nel primo episodio e negli ultimi due. Le modifiche riguardano principalmente il percorso che porta a quegli eventi che non sempre coincide perfettamente con il manga, considerando che a volte è necessario tagliare parti significative della trama per rispettare il limite di tempo dell’episodio.
Quindi, la domanda su cui dovremmo concentrarci non è tanto quanti cambiamenti sono stati fatti, ma piuttosto come questi sono stati gestiti. La buona notizia è che apportare modifiche non sempre si traduce in un peggioramento, e infatti abbiamo trovato molto interessante l’adattamento dell’arco di Buggy il clown, un personaggio che gli appassionati conoscono ormai piuttosto bene.
Nonostante i cambiamenti siano stati significativi, non sembrano influenzare negativamente la qualità dell’episodio e anzi, quest’ultimo svolge un lavoro eccellente riuscendo ancora a mantenere un’atmosfera e dei temi fedeli all’opera originale, concentrandosi sul fantastico pirata clown che è diventato uno dei nostri preferiti in breve tempo.
Tuttavia, l’arco di Syrup non ha avuto altrettanta fortuna e, pur subendo cambiamenti meno drastici, ha perso alcune scene iconiche del manga, mentre alcune modifiche hanno reso certi momenti meno coinvolgenti.
Nella storia, però, non sono presenti solo modifiche passive, ma viene arricchita anche da numerose aggiunte assenti nell’opera originale. Tra le più rilevanti ed apprezzate emergono intere scene – che siano combattimenti o incontri – che nel manga si svolgono offscreen o vengono solamente accennate, passando di conseguenza spesso in secondo piano.
Attraverso l’adattamento live action siamo stati in grado di apprezzare scontri e sequenze che, fino ad oggi, rimanevano in gran parte inesplorate, come il fatale incontro tra Mr. 7 e Zoro avvenuto ancora prima che il famoso spadaccino entrasse a far parte della ciurma.
In aggiunta Netflix ha adottato l’audace posizione di apportare modifiche alla successione temporale di alcune sequenze di eventi, introducendo in anticipo rispetto alla storia originale personaggi destinati a fare la loro comparsa molto più avanti, come per la presenza del vice ammiraglio Garp. Inoltre ha anche trasformato figure che nell’originale avevano ruoli limitati a singoli archi narrativi in membri ricorrenti, conferendo loro un’importanza costante nell’intera trama.
Questa scelta, che potrebbe infastidire i fan più fedeli al fumetto giapponese, è stata intrapresa dalla piattaforma con l’intento di creare una storia maggiormente coesa e adeguata al tipo di media con cui viene narrata. In questa prospettiva, gli episodi si intrecciano organicamente per diventare tessere di un mosaico narrativo più ampio, come nel caso di Arlong che assume il ruolo di antagonista principale, senza essere confinato esclusivamente all’arco narrativo di Arlong Park.
ATMOSFERA e TEMATICHE
Coloro che hanno avuto l’opportunità di vedere anche solo un episodio dell’anime sanno con certezza quanto One Piece sia eccentrico e stravagante, adottando un approccio che è l’antitesi stessa del realismo e che rimane sempre leggero e intriso di intrattenimento.
Questo stile è indubbiamente difficile da riprodurre fedelmente al di fuori del medium animato, ponendo Netflix di fronte alla sfida di costruire una nuova identità che comunque non si discosti eccessivamente dall’atmosfera che conferisce all’opera la sua unicità.
In effetti, lungo tutta la fruizione si percepisce un clima decisamente più serio e denso rispetto a quello al quale gli appassionati sono abituati. In alcuni casi questa sensazione si spinge persino verso il drammatico, anche in scene che nel loro originale contesto rasentavano la pura comicità.
Mentre questa strategia potrebbe rivelarsi efficace per i cattivi e per alcuni personaggi specifici, elevandoli ad una presenza ancora più imponente ed inquietante di quanto siano mai stati, non si può dire lo stesso per i personaggi di solito più vivaci come il nostro Luffy, qui con un atteggiamento più sereno e controllato che si discosta nettamente dalla solita furia caotica.
Come vedremo più avanti, ciò non implica affatto un cambio di personalità né attenua la vitalità e la spensieratezza proprie del protagonista. Siamo piuttosto di fronte all’esigenza di ‘occidentalizzare‘ i personaggi e le situazioni al fine di renderli più accattivanti per il gusto del pubblico generale, il quale potrebbe non essere abituato a rappresentazioni troppo stravaganti.
Purtroppo questa ideologia entra in netto contrasto con la perseveranza nell’usare costumi più fedeli possibili al manga, il quale come già spiegato non pone limiti alla stravaganza. Di conseguenza ci troviamo di fronte a situazioni assurde in cui personaggi, spesso antagonisti, finiscono per essere ridicolizzati a causa di costumi che appaiono completamente artificiali e fuori luogo, come è avvenuto per esempio con i pirati Kuroneko.
Si potrebbero dedicare ore di discussione a questo punto, interrogandosi sulla necessità di creare una serie live action che inevitabilmente non cattura l’effervescenza che caratterizza l’opera del maestro Oda. Tuttavia, è rassicurante constatare che i temi che da sempre ci hanno affascinato in One Piece sono tutti presenti e pervadono l’intera esperienza visiva, creando un senso di familiarità costante durante tutti gli 8 episodi.
In effetti incontriamo spesso interi dialoghi che enfatizzano l’importanza dei sogni e della libertà, e la priorità di trovare gioia in ciò che si fa senza mai pentirsi delle proprie azioni. Da questa prospettiva l’esecuzione è impeccabile, e non possiamo negare di esserci emozionati come se fosse la prima volta.
CAST e PERSONAGGI
In una narrativa che non sempre raggiunge la perfezione, in suo aiuto emerge ciò che indubbiamente ha contribuito notevolmente a promuovere la serie, ovvero il cast attoriale. La brillantezza e l’impeccabile competenza dei membri del cast si ergono come il pilastro portante su cui poggia l’intera esperienza, e la loro performance trasforma il semplice atto di guardare la serie in un’immersione totale nell’universo creato.
PIRATI DI CAPPELLO DI PAGLIA
Monkey D. Luffy – Iñaki Godoy
Monkey D. Luffy rappresenta il classico protagonista che potrebbe sembrare eccessivamente vivace a prima vista, quasi al punto da sfiorare la semplicità, ma che in realtà è caratterizzato da molteplici sfaccettature che lo rendono estremamente affascinante.
Tuttavia, ciò che ha reso la sua presenza il cuore palpitante dell’opera è indubbiamente la straordinaria performance di Iñaki Godoy che, catturando in modo impeccabile ciò che rende Luffy uno dei protagonisti più memorabili ed amati, riesce con la sua interpretazione a portare in vita il nostro eroe, quasi come se questa fosse stata da sempre la sua vocazione.
Roronoa Zoro – Mackenyu Maeda
Roronoa Zoro è un abile spadaccino che utilizza una rara e praticamente unica tecnica a tre spade, con la peculiarità nell’utilizzare una delle sue katane con la bocca. Sin dall’inizio Zoro cattura l’attenzione di Luffy, diventando il primo membro reclutato ed il primo ufficiale della ciurma, sviluppando una dinamica eccezionale tra i due.
Il merito va sicuramente attribuito a Mackenyu Maeda, un veterano degli adattamenti in live action di manga e anime, che in questa occasione ha brillantemente dimostrato le sue eccezionali capacità attoriali. Ha saputo ricreare in modo perfetto il personaggio di Zoro, catturandone la fredda espressività e l’ottima agilità che sembrano essere uscite direttamente dall’anime.
Nami – Emily Rudd
Non possiamo non parlare di Nami, un personaggio che, insieme ai due sopracitati, regala alcune delle scene più memorabili dell’intera serie. La sua natura da gatta ladra si fonde magnificamente con l’interpretazione di Emily Rudd, che riesce a catturare anche il suo lato più complesso e profondo.
In particolare, è impossibile non rimanere colpiti dalla sua recitazione in quella scena tanto attesa, che abbiamo trovato splendidamente realizzata grazie soprattutto alla sua eccezionale performance attoriale.
Usopp – Jacob Romero
Usopp è l’abile cecchino della ciurma dei Cappello di Paglia, noto per essere la fonte comica del gruppo, che porta sempre allegria e spensieratezza con sé.
Ad essere onesti, all’inizio la performance di Jacob Romero non ci aveva completamente convinto, apparendoci fin troppo esuberante e poco in linea con il carattere del personaggio.
Tuttavia, con l’avanzare degli episodi siamo stati piacevolmente sorpresi! La sua capacità innata di mentire e la codardia del personaggio sono state trasportate in modo impeccabile nel live action, regalandoci scene divertenti ma anche scontri che si basano più sull’ingegno che sulla forza, proprio come ci può aspettare da Usopp.
Sanji – Taz Skylar
Inizialmente, il Sanji interpretato da Taz Skylar non ci aveva completamente convinto nei trailer, in parte a causa di alcuni aspetti estetici e dell’imperdonabile assenza delle sue iconiche sopracciglia.
Tuttavia, nonostante sia l’ultimo membro della ciurma ad apparire e quindi abbia meno tempo per svilupparsi e brillare, la sua interpretazione ci ha letteralmente conquistato.
Ogni interazione con gli altri personaggi è esilarante e coinvolgente, e ogni volta che compare sullo schermo rappresenta un autentico piacere da guardare, facendo di Sanji uno dei nostri personaggi preferiti in brevissimo tempo.
VILLAIN e PERSONAGGI SECONDARI
Esattamente come nel manga, in One Piece sono presenti numerosi antagonisti che si suddividono in diverse categorie. Tuttavia, non tutti hanno avuto la stessa opportunità di brillare nella serie live action e, in alcuni casi, è stato necessario ridurre il tempo dedicato a certi personaggi per mettere in risalto quelli considerati più cruciali per la trama.
Uno dei cambiamenti più significativi riguarda sicuramente la Marina, una potente forza militare le cui storie inedite vengono raccontate attraverso gli occhi di Kobi (Morgan Davies), un giovane con il sogno di diventare un grande marine e di salvare il maggior numero possibile di persone.
In questa versione, seguiremo il suo viaggio in modo più costante all’interno della storia, esplorando da vicino il suo allenamento sotto il già citato vice ammiraglio Garp (Vincent Regan), una figura di enorme importanza nella Marina.
Garp è il personaggio che più si discosta dalla sua controparte fumettistica, sebbene a volte cerchi di ritornarvi creando un comportamento ambiguo, a tratti bipolare (che in un certo senso possiamo considerare tipico del personaggio). Anche se non può essere rappresentato con la stessa imponenza fisica della versione animata, Vincent Regan svolge un lavoro eccellente nel compensare con il suo notevole carisma, che trasmette immediatamente la potenza del vice ammiraglio.
Per quanto abbiamo apprezzato l’opportunità di esplorare dinamiche che ci hanno offerto una prospettiva più neutrale sulla Marina, è tuttavia difficile ignorare che la maggior parte di queste scene risulta essere superflua per la trama, aggiungendo poco o nulla alla storia oppure anticipando forse di troppo alcuni eventi e incontri.
Gli altri antagonisti meritano invece un discorso opposto, poiché rimasti estremamente fedeli al manga sia per quanto riguarda i costumi che la personalità, reso possibile grazie ad un intelligente utilizzo del trucco e delle protesi per rendere in modo accurato i personaggi che presentano una fisionomia non realistica.
È particolarmente notevole come il tono serio della serie si integri perfettamente con i villain, rendendoli significativamente più inquietanti, minacciosi e talvolta raggiungendo persino sfumature quasi horror.
Abbiamo già parlato di Buggy (Jeff Ward) e di quanto abbiamo adorato questa nuova versione, trasformando quello che era stato precedentemente relegato ad essere un comic relief in un cattivo incredibilmente carismatico e caotico, di cui ci siamo letteralmente innamorati.
Lo stesso vale per Arlong che, nonostante i nostri dubbi iniziali, è stato rappresentato in modo straordinario. L’interpretazione di McKinley Belcher, unita ad un costume fantastico, ha portato sullo schermo un Arlong perfettamente fedele ai fumetti, con tutta l’aggressività che lo ha reso una figura tanto apprezzata nella community.
Naturalmente, una storia enorme quale One Piece, oltre dai protagonisti e dagli antagonisti, è composta anche da numerosi personaggi di supporto che nella maggior parte dei casi non brillano come il cast principale. Come era prevedibile, le performance attoriali di questi personaggi raramente raggiungono la stessa qualità di quelle del cast principale e, con alcune rare eccezioni (come Kaya e Jeff), è improbabile che questi lascino un’impressione duratura negli spettatori.
DIREZIONE ARTISTICA
Non dobbiamo dimenticare che l’adattamento di cui stiamo parlando proviene da un’opera appartenente al genere battle shounen, ovvero incentrata principalmente sui combattimenti. Pertanto, è naturale dedicare un paragrafo agli aspetti legati alle battaglie, come la coreografia delle azioni e gli effetti speciali utilizzati.
Per quanto riguarda le coreografie, possiamo dire che sono state sorprendentemente impeccabili. Ci hanno regalato combattimenti mozzafiato nella maggior parte dei casi, soprattutto quelli di Zoro, dove lo vediamo muoversi agilmente da un punto all’altro con le sue tre spade, e quelli di Sanji, il quale utilizza le gambe per infliggere devastanti colpi ai suoi nemici in una lotta che sembra quasi una danza.
Inoltre, i combattimenti catturano l’attenzione degli spettatori anche grazie ad una straordinaria direzione artistica ed un’ottima regia. Le scene sfoggiano colori vividi e inquadrature che richiamano direttamente i primi piani spesso utilizzati dal maestro Oda nel manga, creando così un effetto visivo straordinario che si fonde perfettamente con l’azione.
In linea con quanto detto fin’ora, non solo le scene ed i combattimenti sembrano essere usciti direttamente dalle pagine del manga, ma se analizziamo attentamente i set in cui si svolgono gli eventi scopriremo che anche questi sono stati realizzati perfettamente, presentando costanti riferimenti e omaggi e dimostrando così un amore immenso per la storia originale.
Un argomento più ampio riguarda gli effetti speciali e la computer grafica che, come molti temevano, non riescono ad essere all’altezza delle scene d’azione, restando ad un livello di qualità discreto che spesso ci si aspetta di trovare in altre serie televisive simili.
Il problema principale è che, in molte occasioni, i colpi sembrano non avere alcun peso su alcuni personaggi, come se mancasse completamente l’elemento dell’attrito. Questo compromette l’impatto complessivo delle scene, rendendole meno coinvolgenti di quanto dovrebbero essere, aggravate ulteriormente da alcuni effetti speciali che sembrano persino amatoriali.
Dobbiamo fare tuttavia una menzione speciale agli effetti del Frutto Gom Gom che conferisce a Luffy poteri elastici, permettendogli di allungare ogni parte del suo corpo. Questa abilità è stata piacevolmente implementata ed è sorprendente da vedere nella versione live action e, anche se può sembrare strana in alcune occasioni, non possiamo negare che sia una delle migliori CGI realizzate nella serie e che avremmo voluto vederla utilizzata ancora di più.
COLONNA SONORA e DOPPIAGGIO
Ciò che più di ogni altro aspetto ha catturato fin da subito la nostra attenzione in modo positivo è stata la straordinaria colonna sonora della serie, frutto del genio musicale di Sonya Belousova e Giona Ostinelli, già acclamate criticamente per aver composto la splendida colonna sonora della prima stagione di The Witcher.
Le diverse tracce musicali non solo sono avvincenti ed un vero piacere per le orecchie, ma riescono in modo impeccabile a catturare l’essenza avventurosa e spensierata di One Piece, contribuendo a dare ad ogni scena un tono positivo capace di far dimenticare qualsiasi altro difetto.
Con brani adatti sia ai combattimenti che ai momenti emotivi, la colonna sonora di One Piece è indubbiamente il suo punto di forza, rendendo l’esperienza visiva estremamente gratificante.
Di seguito vi lasciamo il tema principale della serie, disponibile su Spotify e Youtube.
Un altro aspetto legato al comparto sonoro che abbiamo ritenuto di altissima qualità è senza dubbio il doppiaggio italiano, con la straordinaria partecipazione di talenti di rilievo quali: un fantastico Alessandro Campaiola (voce di Eren Jeager e Joe Keery) nei panni di Sanji, un bizzarro ma azzeccato Alex Polidori (voce di Tom Holland e Timothée Chalamet) nel ruolo di Usopp, una brillante Veronica Puccio (voce di Dakota Johnson) come Nami, ed un impeccabile Manuel Meli (Voce di Josh Hutcherson e Ken Kaneki) a prestare la voce a Zoro.
L’unico aspetto che non abbiamo particolarmente apprezzato è stata l’interpretazione vocale di Luffy, doppiato dall’emergente Leonardo della Bianca. Nonostante il suo lavoro sia stato complessivamente decente, purtroppo quando confrontato con il resto del cast principale non sempre è riuscito a tenere il passo con gli altri grandi nomi, risultando talvolta non soddisfacente nel ruolo di protagonista.
In ogni caso, desideriamo ricordare che chiunque cerchi un’atmosfera più fedele all’anime può sempre optare per la lingua giapponese e così godere delle voci originali della serie animata.
Ringraziamo Netflix per averci consentito di guardare questa serie in anteprima per realizzare questa recensione.
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