Nell’articolo di oggi parleremo di Ratchet & Clank: Rift Apart, titolo di grande importanza che s olo in questi giorni ha avuto la fortuna di espandere il suo pubblico fin ora limitato agli utenti Playstation 5 grazie alla sua uscita su PC.
Negli scorsi anni Sony si è dimostrata sempre più disposta a portare i suoi titoli esclusivi su Windows e questa tendenza non sembra essere destinata a fermarsi nonostante le numerose problematiche di tipo tecnico che hanno costellato gli ultimi porting.
In particolare, Playstation pare essersi finalmente decisa a portare anche i titoli Playstation 5, di cui abbiamo avuto un abbondante assaggio nella nostra recensione di The Last of Us Part I pubblicata negli scorsi mesi.
Sarà riuscita Sony a garantire un’esperienza di buona qualità anche per gli utenti PC? Scopriamolo in questa recensione!
Incipit
L’elemento portante della narrazione di questo Ratchet & Clank è senza dubbio il multiverso, strumento di utilizzo sempre più comune nei videogiochi e nei film dell’ultimo decennio e che proprio per questo motivo potrebbe risultare stagnante per alcuni giocatori.
Interpreteremo, come da copione, i panni di Ratchet e Clank durante i festeggiamenti dedicati alle eroiche imprese compiute negli scorsi capitoli quando verremo interrotti dal Dr. Nefarious, pronto a minare per l’ennesima volta la nostra tranquillità rubando un pericoloso strumento in grado di aprire portali per altri universi.
Tramite questo dispositivo verremo presto a conoscenza dell’esistenza di una realtà parallela, in cui il Dr. Nefarius è divenuto da tempo l’imperatore della galassia mentre una disperata resistenza viene guidata da Rivet e Kit, controparte femminili di Ratchet e Clank.
A questo punto la trama inizia ad intrecciarsi con grande frequenza fra i quattro personaggi, seguendo le vicende dei nostri eroi impegnati nell’ostacolare le pretese dei due Nefarius nei confronti del dominio dell’intero multiverso.
Trama ed elementi narrativi
La trama di Ratchet & Clank Rift Apart ricorda da vicino ciò che vedremmo in un’opera che si prefigge l’ambizioso compito di realizzarsi in un blackbuster adatto a chiunque.
Analizzando la narrativa nelle sue parti compositive è possibile delinearne con facilità lo scheletro articolato di personaggi ed intrecci che si alternano senza sosta, permettendo al gioco di mantenersi sempre fresco ed interessante nel susseguirsi degli eventi.
In quanto titolo destinato a giocatori di tutte le età, la scrittura dei dialoghi non è eccezionale ma senza dubbio contribuisce a delineare la personalità frizzantina dei personaggi, fra nuove e vecchissime entry.
Allo stesso modo le tante tematiche trattate fra un’avventura e l’altra risultano non molto approfondite se non appena accennate, toccando argomenti quali il perdono (centrale nel rapporto fra Rivet e Kit) e persino quello della cattività come causa di violenza.
Se c’è qualcosa in cui il team addetto alla narrazione ad Insomniac non ha affatto fallito è riscontrabile nella capacità di coinvolgere il giocatore in un’epopea che si configura e si vive come una grande avventura ricca di eventi memorabili.
La trama risulta in tal senso estremamente coinvolgente e non mancherà di interessare anche i giocatori più distratti ed amanti dell’azione.
Del resto, volendo riferirsi ad un pubblico più specifico, non ci sono dubbi sul fatto che Ratchet & Clank: Rift Apart sia una grande celebrazione di tutto ciò che la serie ha rappresentato per i suoi estimatori e non mancherà di soddisfarli con citazioni, personaggi ricorrenti ed elementi di fan service ben piazzati.
In conclusione il comparto narrativo si è rivelato capace di accompagnare con una certa efficacia le fasi di gameplay, tessendo una rete di personaggi ben caratterizzati e backstories abbastanza interessanti non riuscendo tuttavia a brillare o ad emozionarci.
Gameplay
Nonostante Insomniac si sia prodigata nella creazione di una buon intreccio narrativo fra i quattro protagonisti, il cuore pulsante di questa produzione è senza dubbio da ritrovare nel gameplay action che da sempre caratterizza la serie.
Lo shooting, diretta evoluzione del modello adottato nel capitolo per PS4, è estremamente divertente e, grazie ad un ottimo lavoro di animazioni, non manca affatto di stile ed eleganza.
La varietà di quest’ultimo viene garantita dalla tradizionale valanga di armi acquistabili, questa volta ben 18 fra pistole, mitragliatori, lanciarazzi e tante altre follie fra pezzi nuovi e ricorrenti nella serie.
Varietà su cui il gioco sembra puntare particolarmente, portando il giocatore a switchare arma spesso e volentieri qualora quest’ultimo si ritrovasse a corto di munizioni.
Alle fondamenta di questa evoluzione abbiamo un sistema di movimento estremamente reattivo e soddisfacente, adatto sia alle fasi “bullet hell” delle sezioni d’azione più concitate che al platform e all’esplorazione che caratterizza la quasi totalità dell’avventura.
Esplorazione che il gioco non smette di incoraggiare neppure nelle fasi finali, grazie all’introduzione di collezionabili, costumi, bolt ma soprattutto oggetti adatti al potenziamento e alla compera dell’arsenale.
Parliamo a tutti gli effetti di una struttura “collectaton”, tipica dei videogiochi d’avventura del passato, che in questo nuovo capitolo di Ratchet torna in auge incoraggiando alla ricerca di rottami attraverso la distruzione di elementi dello scenario come casse, bauli e simili.
I potenziamenti in particolare saranno fondamentali per sbloccare il vero potenziale del nostro equipaggiamento e tante volte verremo messi di fronte alla scelta di favorire un’arma piuttosto che un’altra in base alle nostre abitudini e preferenze.
Nonostante la quasi totalità del gioco sia composta dai due elementi sopracitati, una certa varietà viene consentita dalle sequenze su binari e dai minigiochi di hacking.
Nel primo caso avremo a che fare con delle adrenaliniche sezioni di gameplay di stampo fortemente cinematografico, in cui avremo soltanto la necessità di saltare da una rotaia all’altra per evitare di cadere.
Per quanto concerne invece le fasi dedicate all’hacking ve ne sono sostanzialmente due tipi:
- Una in cui interpreteremo un piccolo robot di nome “Glitch”, impegnato nell’aiutare Ratchet distruggendo i nidi di Virus Zeta che ci impediscono di sfruttare i terminali elettronici.
- L’altra in cui interpreteremo Clank o la controparte femminile Kit nel tentativo di accedere a delle informazioni attraverso la risoluzione di alcuni cervellotici puzzle.
Se da un lato ci siamo ritenuti soddisfatti dalla varietà introdotta dalla presenza di queste sequenze, è innegabile che queste spezzino in maniera abbastanza fastidiosa il ritmo di gameplay delle fasi action.
In particolare, alcune iterazioni dei puzzle di Clank e Kit ci sono parse fuori luogo occupandoci più tempo del dovuto a causa della loro cervellotica linearità.
Le boss fight e la difficoltà
Se l’eccessiva invadenza di alcuni puzzle può o non può rivelarsi un difetto in base alla mentalità del giocatore, è innegabile che questo titolo debba far i conti con alcuni particolari difetti strettamente legati al suo gameplay.
Se la varietà dei nemici si è rivelata tutto sommato più che accettabile, con un bel contrasto fra pirati, mercenari, bestie e soldati dell’impero, lo stesso non si può assolutamente dire per i numerosi boss che avremo modo di affrontare nel corso dell’intera avventura.
Infatti, ad eccezione di alcuni specifici boss chiave, tutti gli scontri contro i boss saranno identici, mettendoci di fronte allo stesso medesimo nemico con nessuna variazione di pattern d’attacco, limitandosi ad un nome differente quanto piuttosto una variazione del tono di colore del precedente.
Un tale inciampo nella direzione creativa del gioco è assolutamente inaspettato ed è difficile comprendere perché il team non abbia dedicato più tempo alla creazione di un ecosistema di nemici più variegato.
Un’ulteriore critica potrebbe essere posta al bilanciamento di gioco dal momento che (pur essendoci la possibilità di selezionare difficoltà più alte prima di iniziare la partita) la difficoltà standard offre una sfida quasi inesistente, rendendo le ordate di nemici un ostacolo da sconfiggere senza particolare impegno o attenzione.
Comparto grafico e artistico
Fin dalle primissime fasi di gioco appare estremamente evidente come Insomniac sia riuscita nell’intento di sfruttare il potente hardware di Playstation 5 per realizzare un titolo graficamente strepitoso e lo stile cartoon, nella sua immortalità, si presta perfettamente a questo scopo.
Le texture appaiono nitide e dettagliate, l’illuminazione in Ray tracing stupisce per la qualità delle ombre e dei riflessi ed ancora più impressionante, la densità poligonale di modelli ed eventi renderizzati a schermo si presenta come un precedente mai raggiunto prima d’ora nell’industria videoludica.
Il tutto si compone in un gioco che non lesina mai sui più piccoli dettagli pur donando al giocatore scenari ed ambientazioni mozzafiato, frutto di un lavoro tecnico che deve per forza di cose essersi fuso con la maestria degli artisti e creativi del team di Insomniac.
E’ un plauso che ci sentiamo di voler estendere anche ai disegnatori degli scenari e a chi nel team si è impegnato nella realizzazione della UI, mai invasiva e consapevole nella sua essenzialità.
In conclusione il porting PC riesce a dimostrarsi, almeno tecnicamente, equivalente alla versione Playstation 5, introducendo tra l’altro nuove tecnologie di occlusione ambientale come lo XeGTAO di Intel e l’RTAO ormai ben diffuso nei giochi di ultima generazione.
La musica e il doppiaggio
Elemento di enorme pregio è senza dubbio la soundtrack composta da Mark Mothersbaugh e Wataru Hokoyama, sorprendentemente complessa e dettagliata all’ascolto grazie all’utilizzo di una vera orchestra durante la fase di registrazione.
Vi lasciamo all’ascolto di questa traccia dall’album disponibile su Spotify:
Lavoro altrettanto eccezionale è stato svolto sulla realizzazione del doppiaggio italiano, buona usanza di Sony nella realizzazione di giochi in esclusiva per la propria console.
La diversità dei timbri vocali e l’abilità dei talenti scelti dallo studio hanno permesso di far funzionare ancora meglio la caratterizzazione dei personaggi.
Il porting
Come abbiamo accennato già nei paragrafi introduttivi di questa recensione, non è una novità che i porting PC, specialmente negli ultimi tempi, vengano rilasciati con enormi problemi tecnici che non solo rovinano l’esperienza dei giocatori ma intralciano il nostro lavoro di valutazione.
Ratchet & Clank, sfortunatamente, non si è dimostrato meno problematico, fra crash e violentissimi drop di framerate causati (con molta probabilità) da un memory leak.
Quest’ultimo in particolare ci ha costretto a riavviare il gioco in continuazione sicché nel continuare regolarmente il nostro playthrough il framerate continuava a deteriorarsi fino alla più totale instabilità.
Instabilità che si è dimostrata ancora più evidente ogni qual volta ci siamo dimostrati intenzionati a cambiare una qualsiasi impostazione grafica, costringendoci a riavviare ogni volta per poter godere degli effetti delle nostre scelte a più di 10FPS.
Tutti ricorderete il modo in cui questo titolo intendeva sottolineare la grande novità di Playstation 5 in termini di tempi di caricamento grazie all’introduzione degli SSD NVME nelle nuove console, ebbene su un PC dotato del medesimo sistema di archiviazione il risultato è stato a dir poco terribile.
Una soluzione a questo particolare problema, seppur parziale, ci è stata data dalla comunità attraverso la disattivazione forzata del direct storage (una nuovissima funzione che dovrebbe velocizzare i caricamenti semplificando la comunicazione fra SSD e GPU) tramite la rimozione di alcuni file nella cartella di gioco.
E’ bene far notare che gli sviluppatori si sono impegnati sin da subito nella risoluzione dei problemi riscontrati dai giocatori e la versione da noi recensita tiene conto dei cambiamenti apportati con il rilascio della prima patch correttiva nelle giornate subito successive al day one.
Un ulteriore problema di instabilità che abbiamo incontrato è stato un particolare crash con errore “DXGI_device_hung” che sembra essersi legato ad un nostro salvataggio, costringendoci a caricarne uno precedente per evitare che si ripetesse all’infinito.
In sostanza ci troviamo di fronte ad un porting abbastanza disastroso, che dimostra le potenzialità di un lavoro di ottimizzazione davvero ben studiato ma che viene tuttavia osteggiato da errori troppo pesanti che ne annullano totalmente la validità.
Segnaliamo anche il supporto al DLSS 3, FSR 2.1 e XeSS per chi avesse intenzione di sfruttare pienamente le funzioni di scalabilità.
Ringraziamo Playstation per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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