Era il lontano 2016 quando una giovanissima Bloober Team pubblicò uno dei titoli horror più significativi di quell’epoca, che nella sua totale linearità riuscì a gonfiarci di tensione con la sua imprevedibilità e a farla poi scoppiare in un picco di adrenalina grazie a jumpscare ben assestati.

Sto parlando ovviamente di Layers of Fear: da quel momento, molti altri sviluppatori cercarono di riproporre quella stessa formula, ma senza riuscire a replicarne gli effetti: persino Bloober stessa ci riprovò con un secondo capitolo e con il recente reboot, riuscendoci solo in parte.


Seguendo quelle stesse tracce, ha visto la sua recente uscita Reveil, sviluppato Pixelsplit e pubblicato da Daedalic Entertainment: Come se la sarà cavata?
Scopriamolo in questa recensione!


INCIPIT

Il protagonista è un giovane uomo di nome Walter Thompson, che, dopo essersi svegliato nel letto della sua camera, si rende conto che qualcosa di inquietante è appena successo, dato che la moglie Martha e la figlia Dorie non sono risultano presenti in casa.

Cercando di capire dove possano essere finite, inizierà ad avere visioni e sensazioni anomale, che lo porteranno a tu per tu con il proprio passato lavorativo: infatti, Walter aveva un’attività circense a conduzione familiare, a causa del quale aveva subito anni prima un misterioso ed apparente trauma che aveva spaccato in due proprio la sua famiglia.
I pensieri ed i ricordi di tale evento risultano però stranamente confusi e sfocati, come se la sua memoria fosse danneggiata: nel tentativo di recuperarla, verrà inesorabilmente catturato dal vortice di un incubo ad occhi aperti, nel quale realtà ed immaginazione sembrano confondersi e mischiarsi.


STRUTTURA DI GIOCO

La prima grande somiglianza con l’opera di Bloober Team risiede proprio nella la struttura di gioco: una volta entrati nei panni di Walter, ci ritroveremo ad affrontare una serie di sequenze lineari fatte di illusioni e distorsioni della realtà ma anche di suoni e voci che, come echi del passato, si intrufolano nel suo cervello in flussi di coscienza quasi nostalgici.

Qui entra in gioco la componente ludica, alla stregua di un walking simulator: nonostante il gameplay vada a proporre qualche interazione basilare (come la raccolta di oggetti e collezionabili nello scenario) abbiamo apprezzato la varietà di situazioni, che alterna sezioni di pura tensione scenica ad altre relative alla risoluzione di enigmi/fughe e corse contro il tempo, dove tutto rimane sempre e comunque intuitivo e comprensibile.

Il fatto che si tratti di un grande trip mentale ha permesso agli sviluppatori di giocare con la fantasia, integrando ed elaborando tematiche ricorrenti all’interno di ambientazioni e contesti sempre diversi ed inaspettati.

Su questa base concettuale si appoggia interamente quella che è la componente orrorifica ed immersiva del titolo, dato che proprio come in Layers of Fear l’atmosfera di Reveil vive di una estetica di natura spiccatamente artistoide, grazie ad un art design fatto di contrasti di luce, giochi di illuminazione e di saturazione dei colori ma anche di prospettiva e cambi di punti di vista.

Il risultato riesce a convincere solo in parte, dato che per quanto tutto ciò riesca a regalare un coinvolgimento sensoriale indubbiamente di impatto, vi sono numerose incertezze sulla gestione del fattore paura, a causa di una mancanza di mordente in tutti quegli elementi che dovrebbero realmente incutere timore nel giocatore, come jumpscare ed effetti sonori vari, a mio avviso prevedibili e poco efficaci.


TRAMA E NARRAZIONE

Ma ciò che più ci ha stupito dell’opera di Pixelsplit riguarda senza dubbio la gestione di un particolare colpo di scena narrativo, che rappresenta non solo una rivelazione fortemente inaspettata in termini di trama anche un vero e proprio stravolgimento di concetti ed atmosfere, che proprio nelle fasi finali assumono un valore proprio, decisamente più interessante ed angosciante rispetto quelle iniziali.

In poche parole, l’acuta impostazione della trama ha permesso agli sviluppatori di “invertire la rotta” persino della struttura stessa del racconto, e quindi dell’intera esperienza: laddove titoli simili propongono incipit e prologhi narrativi ben comprensibili che poi tendono a degenerare con risvolti sempre più assurdi, nel caso di Reveil succede l’esatto opposto.

Quello che all’inizio non sembra altro che un insieme di divagazioni orrorifiche abbastanza gratuite, verrà nel corso dell’avventura contestualizzato e giustificato all’atto pratico in maniera così elegante da rendere tale insieme soltanto un elemento di pura facciata per qualcosa di ben più losco ed inquietante.

Tale aspetto però nasconde al contempo quello che è probabilmente il più grande problema della produzione, la longevità: per quanto l’intera esperienza scorra in maniera piacevole dall’inizio alla fine, si giunge ai titoli di coda nell’arco di 3 o 4 ore di gioco, pur includendo qualche game over e altre lungaggini dovute alla risoluzione degli enigmi o all’esplorazione degli ambienti.

Tale durata non rappresenta di per sé un grosso difetto (in quanto in linea con le altre opere del genere), ma proprio data l’eccezionale piega che prende il tutto nella seconda fase di gioco avremmo desiderato qualche sequenza, approfondimento o spiegazione aggiuntiva che potesse soddisfare la nostra voglia di “saperne di più”, giusto per avere una maggiore completezza loristica e di contesto.


COMPARTO TECNICO

Dal punto di vista tecnico, Reveil riesce a difendersi tutto sommato bene: l’assoluta linearità dell’avventura e una certa limitatezza nelle interazioni ha permesso a Pixelsplit di curare il mondo di gioco con dovizia di particolari, con una quantità non indifferente di modelli e texture dettagliate ed una resa delle ambientazioni che si avvicina al fotorealismo.

Per quanto non si tratti di nulla di trascendentale, abbiamo assolutamente apprezzato le intenzioni creative degli sviluppatori nel rendere il comparto tecnico al servizio di quello artistico, il che pone dinanzi al giocatore una serie di quadri in movimento dove luci e colori riescono a valere di più rispetto alla mera modellazione poligonale, che rimane comunque di buon livello.


Ringraziamo PressEngine per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro curatore e sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Reveil (PC)
In conclusione...
Reveil rappresenta un lungo e lineare viaggio mentale fatto di visioni, allucinazioni e sensazioni anomale, poste al giocatore come un insieme di stravaganze artistiche che ne compongono la messinscena.Oltre a proporre quindi una buona varietà di situazioni ed un comparto grafico/estetico di livello, il vero punto forte dell'opera risiede in un'impostazione narrativa tanto particolare quanto riuscita, che contestualizza e giustifica le stramberie sopracitate con un'eleganza sopraffina, grazie a colpi di scena e rivelazioni che trasformano la seconda metà del gioco in un crescendo di tensione semplicemente da brividi.Purtroppo, la mancanza di consistenza della componente orrorifica ed una scarsa longevità gli impediscono di raggiungere l'eccellenza, seppur rimanga a mio avviso un'esperienza da consigliare a tutti gli amanti del genere.
Pregi
Ottima gestione della narrazione
Struttura di gioco semplice ma funzionale
Visivamente e registicamente d’impatto
Difetti
Fattore paura troppo poco incisivo
Scarsa longevità
7.5
voto