Gli Indie hanno da sempre la libertà di provare approcci particolari a tematiche profonde senza preoccuparsi per forza di raggiungere il pubblico più ampio possibile, non che ci sia qualcosa di male ad essere accessibili ma spesso questo voler appagare tutti si traduce in una mancanza di originalità.
Negli ultimi tempi, tra i titoli horror, è nato un nuovo filone che si ispira al folklore popolare come base dei propri mondi e dei propri spaventi, credenze di culture che spesso ci aprono nuovi orizzonti e dal fascino unico.

Esempi lampanti e di cui si è parlato spesso sono Bramble: The mountain king (che abbiamo affrontato qui) e Mundaun, titoli che abbracciano in pieno le loro radici di racconti e che offrono uno scorcio in credenze vecchie di centinaia di anni.

Tuttavia, sarà riuscito Selfloss a reggere il confronto o si tratta dell’ennesimo indie con ottime idee ma scarsi risultati?
Scopriamolo assieme in questa recensione.


Incipit narrativo

Il gioco ci mette nei panni di un protagonista non convenzionale, un vecchio stanco di nome Kasimir, che una volta arrivato nell’aldilà scopre di dover portare a termine diversi compiti per una divinità del mare prima di poter trovare la pace o forse ritornare in vita.
Il nostro obbiettivo principale è quindi riparare l’anima dell’anziano signore attraverso un rituale di Selfloss, un rito che di solito coinvolge un oggetto appartenuto al defunto ed un pesce omonimo.
Tuttavia, il nostro adorabile vecchietto ha subito troppo dolore in vita, e ha quindi bisogno di rintracciare un’immensa orca per portare a termine la propria celebrazione.

Questa è la trama a grandi linee, una semplice premessa che fa da sfondo ad un mondo estremamente ricco di dettagli e con una cura per i particolari non indifferente.
La narrativa prende a piene mani dal folklore slavo e ci mette davanti a sirene, divinità morenti e tartarughe marine grandi come montagne: insomma, un’ambientazione che difficilmente stanca e anzi spesso lascia letteralmente a bocca aperta.

Il tutto poi viene affrontato rispettando l’intelligenza del giocatore, e infatti non verremo interrotti da continue cinematiche prolisse ma invece gettati nel mondo di gioco senza alcuna spiegazione, lasciandoci di certo spaesati ma con un’irrefrenabile voglia di mettere assieme i pezzi di una storia tutta da scoprire.
La maggior parte delle informazioni sul mondo di Selfloss ci verranno fornite da dialoghi con gli NPC e stracci di pergamene che potremo trovare in giro per i livelli, che ci faranno scoprire intere linee narrative che ai meno attenti passerebbero sotto al naso (come la guerra che ha infuriato tra umani e giganti e che ha portato alla quasi estinzione entrambe le razze).

Selfloss offre così un mondo che non si forza sul giocatore e che non ha paura di risultare misterioso nel modo giusto, infatti se si vuole semplicemente avanzare nel nostro obbiettivo di aiutare Kasimir e le anime che incontriamo durante la partita, si è liberi di farlo e l’esperienza non ne verrà inficiata quasi per niente.
Tuttavia per i giocatori che invece avranno voglia di perdersi nella storia di questo titolo, e in quella delle creature che lo abitano, preparatevi ad un viaggio pieno di segreti da scoprire e racconti da ascoltare.


Gameplay

Selfloss è un’avventura dinamica in cui esplorazione e soluzione di puzzle ambientali la fanno da padrone, anche se non manca di meccaniche secondarie ben approfondite, che si incentrano sull’uso di una barca per esplorare il mondo di gioco e su un bastone che emette luce aiutandoci durante le sezioni più action del titolo.

Le acque incerte di Selfloss

Il mondo di gioco si presenta principalmente come un gruppo di misteriose isole e fitti boschi, in cui comunque il nostro principale mezzo di trasporto sarà appunto una piccola barca a remi, che però non andrà sottovalutata dato che a cavallo di questa imbarcazione saremo in grado di affrontare anche i mari più burrascosi.
Con l’avanzare dell’avventura sbloccheremo degli interessanti potenziamenti, dal semplice aumento di velocità a meccaniche più complesse, come la possibilità di teletrasportarci a brevi distanze, implementate con discreto successo in alcune sfide ambientali che metteranno alla prova i riflessi del giocatore.

Tuttavia, ci sono anche alcuni punti dolenti, come per esempio i controlli non sono sempre responsivi come dovrebbero e in alcuni casi un po’ incerti, mentre le collisioni ambientali non sono sempre chiarissime e ci si può ritrovare facilmente incastrati in steli d’erba o alghe.

La luce è la chiave

Il bastone da passeggio che il vecchio Kasimir si porta dietro è in realta la meccanica più approfondita e riuscita del titolo, trattandosi di una staffa magica che proietta una fonte luminosa nella direzione in cui muoviamo lo stick sinistro.
La luce del bastone viene sfruttata sia per i puzzle del gioco, per esempio illuminando interruttori per attivare ponti dorati, sia per il combattimento.

Infatti, durante il nostro viaggio verremmo spesso a contatto con una melma violacea che è a tutti gli effetti, il principale ostacolo e antagonista dell’avventura, creando ostacoli statici come cancelli e protuberanze che ci danneggeranno ma anche dei veri e propri nemici.
Anche se non molto approfondito. Selfloss offre un vero e proprio sistema di combattimento che si basa sulla nostra capacità di congelare queste creature con la nostra luce, rendendoli vulnerabili per poi attaccarli con un falcetto in modo da sgretolarli definitivamente.

Purtroppo anche in questo caso l’incertezza di essere uno studio indipendente si fa sentire, e infatti anche se le meccaniche legate al bastone funzionano discretamente durante gli enigmi ed introducono spesso nuovi modi di approcciarsi al mondo, non si può dire lo stesso del combattimento che invece rimarrà pressoché lo stesso per tutto il corso dell’avventura.
Sono presenti inoltre dei veri e propri errori, come quando il fascio di luce o gli attacchi del falcetto non verranno sempre registrati nel modo corretto e non sarà raro mancare anche nemici che stiamo praticamente abbracciando.


Comparto artistico e tecnico

Il comparto artistico è dove Selfloss splende come una perla, e l’amore per le storie raccontate e gli ambienti utilizzati si avverte chiaramente, con tutto chiaramente ispirato agli ambienti dell’Islanda unite a zone del tutto fantasy, come nel caso dei deserti di ghiaccio tanto splendidi da togliere il fiato.
Per quanto possa essere limitato dal non avere un budget immenso, il comparto artistico colpisce nei punti giusti e riesce a dare un discreto colpo d’occhio anche grazie ad un solido character e monster design.

Le OST inoltre sono parecchio particolari e toccanti, riuscendo ad emozionare nei momenti più dolci dell’avventura ma anche a dare un buon senso di pericolo durante le parti più concitate e spaventose.
A livello tecnico tutto fila nel modo giusto, senza cali di frame o crash, segno di una buona ottimizzazione che fa sempre piacere.


Ringraziamo 1UPPR per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.

Selfloss (Switch)
In Conclusione...
Selfloss è un diamante grezzo, ma molte delle lacune che ha se le fa perdonare grazie alla sua personalità e alla particolarità della sua ambientazione, anche se non offre niente di sostanzialmente unico a livello di gameplay ed anzi alcuni scivoloni si fanno sentire per tutto il corso del gioco. Rimane comunque un titolo che consigliamo principalmente a chi vuole perdersi con calma in un universo ben scritto e interessante, senza troppe pretese su una parte action purtroppo un po’ trascurata.
Pregi
Ottimo comparto artistico
OST ispirate ed orecchiabili
Mondo di gioco interessante e ben scritto
Difetti
Controlli saponosi
Combat system poco profondo e responsivo
7
Voto

Di Emanuele Annunziata

Cresciuto a pane e videogames, amante dei Survival horror e anime anni ottanta. Particolarmente interessato a tutti i vecchi giochi che oramai sono finiti nel dimenticatoio.