Il genere dei Grand Strategy (o, in italiano, strategia su vasta scala) è notoriamente uno dei più complessi e ricchi di meccaniche, richiedendo spesso dai giocatori un’ottima capacità di micro e macro gestione, specialmente qualora gli aspetti più ampi come il mantenimento del proprio impero si mescolino a combattimenti in cui bisogna controllare le proprie unità con rapidità e precisione.

A riproporre la formula in chiave più semplificata vi è Songs of Silence che, sviluppato e pubblicato da Chimera Entertainment, introduce alcune meccaniche più intuitive ed immediate in un contesto generalmente etichettato come l’esatto opposto. In questa recensione andremo infatti ad analizzare i principali aspetti del titolo e raccontare la nostra esperienza nelle diverse ore di gioco che costituiscono la campagna in giocatore singolo.


TRAMA

Il creato ebbe origine grazie al Canto, una melodia divina in grado di dare vita a tutte le diverse specie che per milioni di anni popolarono il mondo, dalle comuni bestie fino agli umani. Tuttavia, l’Avvento della Luce e l’arrivo dei Celestiali provocò una frattura irrimediabile tra gli umani: alcuni accolsero il dono della vista, schierandosi con i nuovi dèi luminosi, mentre altri scelsero di rimanere fedeli alle divinità primordiali, opponendosi al cambiamento.

Le guerre che ebbero luogo furono tanto lunghe quanto spietate, giungendo ad una conclusione solo quando, dopo una sconfitta decisiva, Ezra ed il suo popolo di Primordiali divisero il mondo in due copie, separando le rispettive fazioni isolandole l’una dall’altra.

La pace e la prosperità che seguirono questo evento furono senza precedenti, ma di breve durata. All’orizzonte dei due mondi apparvero presto dei “Purgatori”, reami oscuri capaci di contrastare lo stesso Canto divino, portando il Silenzio (un potere capace di annientare l’essenza stessa dell’universo) e il caos nei regni.

Come se l’arrivo di queste terrificanti entità non fosse abbastanza, il tumulto causato da un evento catastrofico di tale magnitudine è stato da molti colto come opportunità per raggiungere nuove vette di potere, soverchiando e tradendo i propri compagni e sovrani nel momento in cui erano più vulnerabili.

Silenzio Songs of Silence

Partendo da questa intrigante premessa, ci ritroveremo al comando di numerosi eserciti nel corso della nostra campagna, combattendo contro l’inarrestabile avanzata dei purgatori e vivendo questa crisi mondiale dal punto di vista di diversi regni, ciascuno alla ricerca della propria sopravvivenza.

Sebbene la storia sia piuttosto lineare e le condizioni di vittoria siano definite da parametri precisi, la narrazione ci è sembrata essere solida e ben strutturata, presentando colpi di scena e sequenze di eventi che raramente sono risultate fuori luogo o eccessivamente prevedibili.


GAMEPLAY

Fin dalle prime ore passate tra menu, tutorial e missioni iniziali della campagna, abbiamo colto l’essenza e i limiti di Songs of Silence. Molti dei pilastri fondamentali del genere strategico sembrano essere stati rimossi o drasticamente semplificati, trasformando l’esperienza in un gestionale con forti elementi arcade.

Uno degli esempi più evidenti risiede nel sistema di gestione delle battaglie e del proprio regno, che si riduce al minimo indispensabile: il nostro intervento è limitato al mero spostamento degli eserciti e all’utilizzo di alcune “carte strategia”, capaci di influenzare marginalmente gli equilibri strategici.

È importante precisare che questo titolo si distingue per una personalità propria, senza volere emulare altri titoli simili più celebri. Essere meccanicamente più semplice non è infatti un difetto intrinseco, tuttavia potrebbero presentarsi alcuni problemi capaci di andare a minare l’esperienza di gioco, visti i limiti di gameplay che ci sono stati imposti.

Banalmente, l’impossibilità di unire gli eserciti nella stessa località o di tracciare percorsi che non siano esclusivamente linee rette ha reso i momenti di navigazione dei nostri generali un’esperienza che ci è risultata piuttosto macchinosa e frustrante.

Un’altra considerazione sulle carte strategia, già menzionate in precedenza, che ha suscitato in noi qualche perplessità è la totale assenza di un mazzo o o qualsiasi altro elemento che giustifichi questa scelta di design (in sostituzione a dei semplici pulsanti), al di là di una semplice preferenza stilistica.

Nella mappa del regno avremo sempre a disposizione tutte le carte sbloccate contemporaneamente e, nel caso dei combattimenti, potremo usare queste ultime senza nessun costo o limite, dovendo aspettare solamente il tempo di ricarica prima di poterle usare nuovamente.

Sebbene alcune carte strategia presentino meccaniche interessanti e richiedano attenzione alle diverse condizioni di battaglia, esse rappresentano l’unico strumento a nostra disposizione sul campo, visto come gli scontri si svolgano in maniera completamente automatica.

Poiché i movimenti di tutte le truppe sono gestiti da un’IA non troppo raffinata, ci siamo trovati molte più volte di quante avremmo voluto ad assistere a unità che si ostacolavano a vicenda o calcolavano erroneamente i percorsi, portando i nostri eserciti a subire perdite numerose e completamente evitabili.

Le unità da mischia tendono a schiantarsi contro la prima linea nemica, accumulandosi senza nessun tipo di organizzazione o formazione e creando situazioni in cui la maggior parte delle forze alleate risulta totalmente incapace di raggiungere o colpire gli avversari a distanza ravvicinata.

Una semplice soluzione che abbiamo scoperto essere anche il “meta universale” in Songs of Silence è quella di disporre poche truppe estremamente resistenti in prima linea, favorendo l’impiego di unità a distanza dotate di danni ad area. Questo approccio generale, combinato a piccole modifiche per eventuali situazioni specifiche, ci ha permesso di uscire vittoriosi dalla stragrande maggioranza degli scontri, anche alla difficoltà più elevata, bypassando quei pochi elementi strategici presenti.


COMPARTO ARTISTICO E TECNICO

Visivamente, Songs of Silence ci è sembrato elevarsi ad un livello superiore rispetto a ciò che offre nel gameplay, presentando uno stile grafico elaborato e ricco di dettagli, accompagnando tutti i diversi luoghi, personaggi ed eventi con magnifiche illustrazioni. Le palette di colori, linee morbide e contorni marcati in pieno stile liberty (art nouveau) sono infatti il mezzo perfetto per rappresentare il mondo fantasy di questo titolo.

L’estetica unica e ricca di personalità non si limita alle semplici raffigurazioni, bensì permea anche l’ambiente circostante, rendendo la mappa dei regni simile a un paesaggio omogeneo e dettagliato (piuttosto che a una stilizzazione simile a una cartina geografica), favorendo proporzioni coerenti che non vadano ad intaccare il senso di naturalezza che Songs of Silence vuole mantenere.

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, non abbiamo trovato nessun tipo di bug che ci impedisse di proseguire correttamente nelle nostre missioni, rendendo lo stutter che precede l’inizio di ogni battaglia l’unico piccolo difetto degno di nota correlato alle prestazioni.


Ringraziamo Chimera Entertainment per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.

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IN CONCLUSIONE:
Songs of Silence riesce a distinguersi per un’estetica straordinaria e una semplificazione del genere strategico che ne favorisce l’accessibilità, ma le sue limitazioni meccaniche e tattiche rischiano di deludere i giocatori più esperti, lasciando una sensazione di potenziale inespresso.
Pregi
Trama interessante e ben sviluppata
Adatto ai neofiti del genere
Stile artistico davvero ammirevole
Difetti
Elementi gestionali minimi rendono la parte strategica piatta e banale
Percorsi rigidi e limiti tattici rendono frustrante la navigazione degli eserciti
Le unità controllate automaticamente presentano diversi problemi durante i combattimenti
7.5
Voto