Il gioco di cui tratteremo oggi è l’ultima iterazione dell’ormai leggendaria serie di videogiochi horror, Outlast.
Si tratta di una diversa interpretazione del gameplay dei suoi predecessori, impuntata alla cooperativa e molto più complessa nelle sue meccaniche.
Fondamentale è premettere che si tratta di un titolo ad accesso anticipato, ed in quanto tale presenta un minor numero di contenuti disponibili ed una serie di evidenti problematiche che con tutta probabilità non rimarranno presenti in occasione del lancio definitivo previsto nei prossimi mesi.
Con queste premesse, riuscirà il titolo horror a reinventarsi e a mantenere la sua efficacia anche in un contesto cooperativo? Scopriamolo in questa recensione!
TRAMA
È importante precisare che, per una precisa scelta degli sviluppatori volta a giustificare la nuova entità del gioco, The Outlast Trials non pone i giocatori davanti ad un susseguirsi di eventi lineari che abbiano una reale rilevanza a livello di trama.
Di conseguenza, gli elementi che compongono quest’ultima si limiteranno a formare un contesto per l’ambientazione, che possa essere trattato modularmente in futuro con l’introduzione di nuovi contenuti.
Infatti, interpreteremo il ruolo di cavie della Murkoff Corporation, una misteriosa organizzazione dedicata agli esperimenti psicologici presente anche nei precedenti capitoli nel ruolo di villain.
Si tratta a tutti gli effetti di un prequel, con collegamenti al primo capitolo trattati in maniera suggestiva ed intelligente.
Il nostro compito in quanto cavie sarà quello di superare una serie di terribili test opportunamente organizzati in programmi, per ora solo quattro, ciascuno composto da più livelli ed articolati in mansioni da svolgere per poter conquistare “la libertà”.
Essendo a tutti gli effetti un esperimento laboratoriale, ogni programma ci costringerà a ripetere il primo dei test ben tre volte prima di poterlo effettivamente considerare concluso, a livello di difficoltà sempre più alto attraverso l’introduzione di modificatori sul numero di nemici, trappole e sulla scarsità di risorse disponibili.
Terminate tutte le sfide avremo accesso ad un programma conclusivo che già è presente nel gioco, seppur con il tempo il team dovrebbe aggiungere altri test e contenuti per i giocatori.
La totalità delle ambientazioni è un deciso passo avanti rispetto alle già ottime creazioni dei titoli precedenti, avendo sfruttato a pieno le potenzialità di un contesto laboratoriale che permette la libera simulazione di qualsiasi scenario orrorifico e misterioso.
Allo stesso tempo siam stati felici di constatare che il gioco non manca di quella solennità ed austicità che caratterizzavano la lore e le vicende della Murkoff nei primi Outlast, dimostrandosi più che mai ricche di mistero in questo capitolo cooperativo.
GAMEPLAY
Come già menzionato nei paragrafi precedenti, il gameplay di The Outlast Trials si compone di prove da affrontare sia in singolo giocatore che in modalità multigiocatore.
Il loop di gioco si presenterà significativamente diverso rispetto ai capitoli originali, divenendo più complesso pur mantenendo intatta l’anima del primo capitolo, piuttosto che del secondo, a causa della natura estremamente labirintica delle mappe.
Con queste fondamenta, ciascun programma si comporrà di una fase di svolgimento della mansione affidataci al termine della quale ci verrà chiesto di scappare.
Ovviamente, come ci aspetteremmo da un Outlast, durante l’interezza del programma verremo costantemente braccati dai nemici.
Questi ultimi saranno divisi, implicitamente, in delle classi dalle diverse capacità:
Grunt e Big Grunt - in grado di rappresentare una seria minaccia rispettivamente per la loro rapidità e forza fisica; Pusher - un tipo particolare di nemici che tenteranno di spruzzarci con un gas che causa la psicosi istantanea, rendendoci vulnerabili allo Skinner Man; Alter ego - una versione contorta dei nostri protagonisti che avranno il compito di ingannarci e pugnalarci alla prima occasione utile; Nemici speciali/Ex-Pops – dei veri e propri miniboss, rapidi e mortali quanto ostinati negli inseguimenti; Altri nemici includono i Pouncer e gli Screamer, neutrali se non vi si interagisce direttamente.
Per contrastarli permangono le meccaniche dei nascondigli come anche la raccolta di cariche per il visore notturno e cure mediche.
La componente di raccolta è estesa all’adrenalina, grimaldelli, esche, alla cura per la psicosi e alle ricariche dei perk.
Per quanto riguarda i perk, si tratta di abilità estremamente potenti che consentono di curare sia se stessi che gli alleati, oltre che di stordire i nemici e prevedere i loro movimenti, a seconda delle nostre scelta.
È possibile potenziare ulteriormente queste abilità per aumentarne l’efficacia.
La psicosi è un elemento di gameplay ampiamente sfruttato per incoraggiare la ricerca di oggetti curativi nascosti nell’ambientazione. I suoi effetti portano il nostro protagonista a delirare e, una volta esaurita la barra di sanità, provoca lo spawn di un nemico unico che viene percepito unicamente da noi e che è in grado di consumare rapidamente la vitalità.
Al fine di amplificare ulteriormente la sfida, ogni mappa è fittamente ricoperta di trappole non solo mortali ma anche sonore, volte al catturare l’attenzione dei nemici nel caso stessimo cercando di agire di soppiatto o semplicemente tentando di fuggire dagli inseguitori.
Al termine di ogni partita ci vengono date delle valutazioni, il più delle volte molto severe in base alle morti, danni subiti e trappole che avremo fatto scattare.
Insieme a quest’ultime, l’aumento di rank e il portare al termine la missione selezionata ci permetterà di guadagnare esperienza e sbloccare personalizzazioni e potenziamenti per il personaggio.
Questi potenziamenti, più generici ed importanti rispetto a quelli dei perk, rappresentano la salvezza laddove il gioco propone un livello di sfida davvero elevato.
Le missioni per loro natura sono abbastanza ripetitive nei compiti da svolgere e richiederanno una discreta ma non necessaria capacità di coordinazione da parte della squadra nel caso si scegliesse di giocare in cooperativa.
È una scelta che viene considerata opzionale seppur il gioco sia molto chiaramente indirizzato alla collaborazione di più giocatori e questo appaia chiaro già dalla presenza di un HUB principale in cui sfidarsi in minigiochi e trovare un compagno di squadra.
Ciascun giocatore possiede una propria stanza che è possibile personalizzare in più parti, dando quel tocco di unicità all’hub che sinceramente abbiamo molto apprezzato.
La possibilità di raccogliere note durante le missioni è un’eredità diretta dall’Outlast originale, anche se in questo caso il team sembra avergli dato molta meno importanza.
La problematica del bilanciamento
Purtroppo nonostante le buonissime impressioni iniziali, c’è ancora molto su cui lavorare prima dell’uscita dall’Early Access ed uno di questi aspetti deve essere il bilanciamento.
Il gioco risulterà infatti molto frustrante, che siate soli o in quattro persone, la superiorità numerica e l’incapacità di difendervi efficacemente vi costringerà ad una fuga costante e disorganizzata che non può che trovare la sua rapida conclusione nella scarsità della stamina.
Scarsità che può essere mitigata tramite i potenziamenti più avanzati ma che rimarrà sempre e comunque un problema per una buona parte del gioco.
Infatti, una volta terminata quest’ultima, non potrete che ritrovarvi a saltare da parte a parte sperando che il nemico venga distratto da uno dei vostri compagni o semplicemente si blocchi e smetta di seguirvi.
A peggiorare la situazione, i nemici saranno generalmente più forti e veloci di voi durante le fasi di inseguimento dal momento che questi ultimi non possiedono una stamina, limitandosi a corrervi dietro urlando nel facile tentativo di fare presa sul personaggio.
Se un ritmo di gioco così frenetico e spietato fosse una semplice scelta degli sviluppatori, ciò non giustificherebbe l’enorme difficoltà nell’ottenere quella breve finestra necessaria a svolgere le mansioni che ci vengono proposte durante i livelli.
Anche ottenere l’attenzione di tutti i nemici per dare il tempo al compagno di svolgere un enigma piuttosto che spostare un oggetto da un punto A ad un punto B sarà un’impresa davvero difficile a causa del funzionamento dell’AI.
È un susseguirsi di difficoltà eccessive che risulta già evidente alla prima ripetizione del test e non può che peggiorare nello svolgimento di questi ultimi nelle successive fasi del programma.
COMPONENTE TECNICA ED ARTISTICA
Come già accennato, l’identità laboratoriale dell’ambientazione ha permesso al team di Red Barrels di sbizzarrirsi nella creazione di una serie di ambientazioni varie e spaventose.
Queste ultime pur essendo ancora in numero abbastanza esiguo, sono estremamente curate in ogni piccolo dettaglio e risultano molto varie ed ampie nella loro natura open map.
Open Map che si estende in una costruzione inaspettatamente labirintica degli spazi, seguendo un level design complesso ed a tratti estremamente contorto fra shortcut e passaggi nascosti.
Proprio come ci aspetteremmo da un test psicologico, ogni oggetto nello scenario è impostato in modo da trasmettere inquietudine e pericolo e la sensazione che si prova è quella di essere in trappola per il divertimento di qualche sadico osservatore.
Ciononostante la sensazione di paura rischia di venir meno laddove avremmo a che fare con la fuga da determinate situazioni, elemento che ci impedirà il più delle volte di godere a pieno dell’atmosfera ben curata delle ambientazioni.
Nel plasmare l’aspetto orrorifico dell’opera, la OST e il sound design sono una componente obbligatoria e fondamentale ed il team di Red Barrels sembra averne tenuto conto.
I suoni sono ben realizzati, permettendo anche una certa previsione dei movimenti del nemico grazie all’audio spaziale.
La soundtrack accompagna alla perfezione le varie fasi del gameplay, esplodendo in dei climax inaspettati laddove verremo investiti da crescendo di cori strazianti durante le fasi finali dei test.
Grafica e Performance
Un aspetto sicuramente rilevante nella realizzazione di un’opera così grafica e brutalmente dettagliata è quello tecnico e quello di The Outlast Trials, pur non brillando particolarmente, regala buone soddisfazioni.
Trattandosi ancora una volta dell’Unreal Engine 4, Red Barrels ha potuto lavorare su una piattaforma che aveva già ampiamente esplorato nelle passate iterazioni ed il risultato è ritrovabile soprattutto nella stabilità del sistema.
Infatti, nonostante l’utilizzo intensivo del Ray Tracing, il gioco è riuscito a mantenere stabile la soglia dei 60fps in 2k con la nostra configurazione dotata di RTX 3080 ed i9 di decima generazione.
Si tratta di un ottimo traguardo considerando i risultati prestazionali degli ultimi porting PC, e lo è ancor di più considerando la natura ad accesso anticipato del titolo che porterà, con tutta probabilità, a futuri miglioramenti sotto ogni aspetto.
Per quanto concerne invece la qualità delle texture, degli effetti e degli ambienti, il titolo risulta curato ed abbondante nell’insieme ma comunque non spettacolare.
Segnaliamo anche il supporto al DLSS, tecnologia proprietaria di Nvidia che potrebbe aiutarvi a guadagnare una buona quantità di fps senza particolari costi in termini di dettaglio.
Ringraziamo Redbarrels e GameTomb per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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