Recensione The Stone of Madness – Alla fine siamo impazziti noi

Esistono solo due certezze nella vita: che l’universo sia infinito e che lo studio The Game Kitchen sia affascinato dall’arte spagnola risalente a qualche secolo fa. D’altronde, l’amore per l’estetica barocca e gotica non ce l’hanno mai tenuto nascosto, nemmeno durante lo sviluppo dei due capitoli di Blasphemous.

Stesse ispirazioni post-rinascimentali che, unite ai classici dei Real Time Strategy come Desperados e Commandos, sono servite per dare forma al nuovo progetto del team, The Stone of Madness, un RTS stealth completamente ambientato nel XVIII secolo all’interno di un monastero spagnolo alquanto tetro. Il nostro compito sarà quello di usare il nostro ingegno e le skill dei personaggi per fuggire ma, come vedremo, sarà un compito tutt’altro che facile e che, purtroppo, non è riuscito a convincerci pienamente nella formula proposta. Il perché? Lo vediamo insieme, nella nostra analisi!


Prison Break

Lungo la catena dei Pirenei si erge un monastero gesuita logorato dal tempo, all’interno del quale si trova un manicomio. Le sue mura, un tempo luogo di preghiera e contemplazione, ora celano oscuri segreti apparentemente collegati ad una misteriosa pietra. Vestiremo i panni di non una, ma ben cinque anime tormentate, le quali dovranno colmare i propri punti deboli cooperando per riuscire nella fuga e nel contempo portare alla luce i malvagi piani dell’inquisitore corrotto. Oltretutto, al giocatore viene posta la scelta tra due macro-trame, una più lunga e l’altra decisamente più contenuta, che offrono all’utente un ottimo grado di rigiocabilità.

L’avanzamento della narrazione avviene perlopiù tramite dialoghi testuali, che ci aiuteranno ad inquadrare il contesto relativo alla storia e ai personaggi, lasciandoci sempre desiderosi di sapere di più sugli intrecci narrativi e sugli avvenimenti passati. Nonostante le fitte linee di testo, ad accompagnare i momenti più significativi della storia ritroviamo delle curate (quanto squisite) cutscene animate, come d’altronde siamo già stati abituati dagli sviluppatori.

Mentiremmo se vi dicessimo che il comparto narrativo ci ha annoiati, in quanto merita sicuramente una lode da parte nostra, sia per la profondità della trama che per la curiosità che è in grado di suscitare nel giocatore.


Un quintetto fuori di testa

Non si può oltretutto fare a meno di citare l’importanza che ricoprono i cinque personaggi all’interno della storia, ma soprattutto all’interno delle sezioni di gameplay. Parliamo di individui estremamente differenti nella caratterizzazione e nei loro tratti fisici e mentali, ma accomunati (oltre dalla follia, naturalmente) dalla loro voglia di fuggire dal monastero, chi per un motivo e chi per un altro. 

Ciascuno può vantare diverse caratteristiche e abilità, ma anche dei punti deboli che vanno a modificare strutturalmente il nostro approccio alla risoluzione di puzzle ed enigmi.
Alfredo, ad esempio, è un frate gesuita capace di illuminare gli angoli più bui grazie alla sua lampada e di predicare sermoni per distrarre le guardie, ma la sua incrollabile fede lo porta a temere la vista di un cadavere o di atti violenti, che costituiscono una vera e propria minaccia per la sua sanità mentale.

“E dove sta il problema?” penserete voi. Beh, immaginate che Leonora, una scaltra donna facente parte del cast, è capace di mettere KO le guardie e persino di ucciderle col suo pugnale, per cui dovremmo tenere sempre a mente di non esporre Alfredo a tali scene violente. Eduardo invece ha paura del buio, perciò per esplorare le zone buie sarà di fondamentale aiuto la lampada di Alfredo, mentre il fragile prete non è in grado di spostare oggetti pesanti come il suo compagno forzuto, o nemmeno in grado di attraversare le sbarre come la giovane Amelia, la quale tuttavia è terrorizzata delle statue di Gargoyle sparse per il convento. 

Insomma, i punti di forza di un prigioniero compensano le vulnerabilità di un altro, richiedendoci continuamente di pensare non a una sola, ma a più strategie efficaci per l’ottenimento di uno stesso obiettivo. Fin dal primo istante ci siamo innamorati della profondità dei personaggi, tutti estremamente coerenti anche nei loro dettagli: pensate solo che, seppure Leonora è in grado di uccidere, a lungo andare sarà la sua salute mentale a risentirne dato che dopo il delitto lei proverà rimorso, a conferma della grande scrittura dei personaggi e di quanto sia verosimile il tratto psicologico pensato dal team di sviluppo.


A due spanne dalla follia

Tra la narrazione avvincente e i personaggi intriganti, ci avviciniamo ora alla sezione più caotica, controversa e discussa di The Stone of Madness, ossia il gameplay, che si articola in due elementi fondamentali: lo stealth e la strategia in tempo reale. Controllando un personaggio per volta, dovremo muoverci nell’ombra, sfruttando ogni anfratto e ogni distrazione per evitare le guardie e le altre minacce che vagano per il chiostro. 

Ogni passo, ogni azione e interazione dovranno essere ponderati con cura, perché un errore potrebbe costare caro, ma occhio a non fermarsi troppo per pensare, perché mentre lo facciamo il tempo continua a scorrere e la notte si avvicina, obbligandoci a ritornare nelle proprie celle.

Sì, perché in The Stone of Madness esiste il ciclo giorno/notte, e se di giorno potremo vagare (quasi) liberamente per le varie aree del monastero, la fase notturna servirà per pianificare le mosse dell’indomani, curarci, craftare nuovi oggetti e persino studiare per imparare nuove abilità.
Alla fine della notte, dovremo scegliere il trio da schierare durante la giornata successiva, ed è qui che entra in gioco la componente strategica, perché è fondamentale programmare minuziosamente le mosse del giorno dopo, prima di partire allo sbaraglio.

Ricordare la presenza di ostacoli, quale abilità può servire per procedere e quali combinazioni è possibile usare sono tutti elementi da tenere a mente quando formiamo il gruppo d’esplorazione, onde evitare di sprecare tempo. Sarà perciò di vitale importanza riuscire a trovare il modo migliore per combinare i punti di forza dei nostri personaggi e sfruttarli a nostro vantaggio, cercando di perdere meno tempo possibile, in quanto ogni volta che caleranno le tenebre a pagarne il prezzo sarà proprio la salute dei nostri prigionieri. 

Esatto, oltre a badare alle guardie, dovremo fare i conti con un nemico ancora più insidioso: la follia. I nostri personaggi sono tormentati da paure e fobie, e la loro sanità mentale è un fragile equilibrio che dovremo costantemente monitorare. L’ambiente claustrofobico e opprimente del monastero, unito agli orrori che vi si celano, metterà a dura prova la loro psiche, e dovremo fare di tutto per evitare che cadano preda della disperazione.

La sanità mentale è indicata da una barra vicino alla vita del prigioniero, e qualora il valore raggiunga lo zero verrà resettata, ma verrà aggiunta una nuova fobia che si andrà a sommare alle altre, rendendo la progressione sempre più difficile. Ad esempio, Eduardo oltre ad avere paura del buio diventerà pure claustrofobico, mentre Alfredo soffrirà di forti emicranie quando sentirà dei forti rumori (e che puntualmente arriveranno nei momenti meno opportuni). Purtroppo però, la gestione della salute finisce inevitabilmente per diventare frustrante, viste le numerose condizioni da rispettare.

Sbagliando si impara, o si perde

Per quanto siano interessanti le meccaniche che riguardano la cooperazione e le fobie dei prigionieri, c’è un grosso problema quando si parla di difficoltà, soprattutto considerando che a lungo andare il titolo diventa troppo punitivo, fino a farci percepire una sorta di accanimento verso l’utente.

Sbagliare è un lusso che in pochi si possono permettere, in quanto ogni minimo errore può costringere il giocatore ad aspettare che cali nuovamente la notte, in modo da tentare di aggiustare gli errori commessi in precedenza. Naturalmente non senza le conseguenze, dal momento in cui tornare alla cella abbasserà il livello di sanità dei personaggi, e venire scoperti ne diminuirà la salute e ne aumenterà il sospetto.
Ma non sempre vi si può porre rimedio, come con il livello di sospetto che, mentre è possibile diminuire nel caso di uno o più personaggi, non sarà altrettanto semplice in quello delle aree. Sì, perché più volte ci coglieranno con le mani nel sacco, più diventerà difficile l’avanzamento in una data zona, dato che aumenterà il numero di guardie, che si ricorderanno più facilmente di noi, e di trappole.

Ora, immaginate che l’unica strada da prendere per entrare in una stanza richieda l’aiuto dell’unico membro del party capace di infilarsi in un cunicolo, che tuttavia ha l’indicatore del sospetto alle stelle a causa dei tentativi precedenti. Magari sarebbe possibile aprire la porta con un grimaldello o con un piede di porco, ma il prigioniero in grado di farlo è un altro che non avete inserito nel party, e oltretutto avete finito gli strumenti del mestiere necessari. Sbagliare con quell’unico personaggio significa quindi letteralmente sprecare la giornata (in game, s’intende), in quanto l’unica cosa che l’utente potrà fare sarà quella di girovagare senza meta o ricaricare il salvataggio.

Sono state innumerevoli le volte che ci siamo imbattuti in situazioni simili a causa di un solo sbaglio, trovandoci costretti ad attendere l’arrivo delle tenebre per cercare di riprogettare le mosse. E così ripartivamo, sperando di fare tesoro dei nostri errori e ripetendoci “questa sarà la volta buona”.
Ma in The Stone of Madness sbagliando non s’impara, bensì si diventa matti e, purtroppo, dopo aver finito una sezione è più facile provare sollievo che un senso di soddisfazione.


Comparto artistico e tecnico

L’avevamo già detto per Blasphemous, ma in questo caso è ancora più che doveroso ripeterlo: la direzione artistica è sicuramente uno dei pregi di questo titolo, grazie allo stile ispirato all’arte romanica spagnola. Il monastero è riprodotto in maniera verosimile e accurata, seppur qualche volta ci è sembrato piuttosto banale nella sua costruzione ai fini di gioco.
Il design dei personaggi è unico e riesce a convincere fin da subito, e le animazioni, pur essendo costituite da pochi frame, riescono a essere efficaci nella loro semplicità.

Per quanto riguarda il lato tecnico, possiamo certamente affermare che c’è ancora tanto lavoro da fare, a iniziare dai comandi che si sono rivelati l’ostacolo più grande che si interpone tra le intenzioni del giocatore e l’effettivo svolgimento. La scelta dei tasti è talvolta sconveniente e scomoda, causando confusione all’utente oltre che l’ennesima dose di frustrazione, dal momento in cui l’impostazione dei comandi può causare più di un errore nel mentre che il tempo scorre.

Abbiamo pensato che fosse un problema dovuto all’utilizzo del controller, ma la situazione non è stata molto diversa utilizzando mouse e tastiera.
Inoltre, nonostante il team di sviluppo abbia già rilasciato una patch a riguardo, il gioco è ancora afflitto da numerosi bug e glitch, uno dei quali ci ha impedito di tornare alla nostra cella perché il gioco pensava che fossimo ancora inseguiti da una guardia, costringendoci infine a ricaricare il salvataggio e facendoci perdere i progressi ottenuti. 

Dal punto di vista delle performance non c’è molto da segnalare: non essendo un titolo esigente, la Steam Deck OLED ci ha permesso di giocare The Stone of Madness ad un framerate costante di 60FPS, garantendoci una durata della batteria tra le 5 e 6 ore.


The Stone of Madness è disponibile su Steam e per Nintendo Switch.

Ringraziamo Pressengine per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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The Stone of Madness (PC)
In conclusione...
The Stone of Madness è un'esperienza ambivalente, che si rivolge prevalentemente a un pubblico di nicchia. La trama intrigante e i personaggi ben caratterizzati creano un'atmosfera cupa e coinvolgente, tipica dei lavori di The Game Kitchen. Tuttavia il gameplay, macchinoso e talvolta frustrante, rovina parzialmente l'immersione. Se sei un fan del genere stealth e sei disposto a scendere a compromessi con i controlli, potresti apprezzare l'atmosfera unica di questo gioco, altrimenti, con qualche aggiornamento e un po' di pazienza, potrebbe trasformarsi in un titolo di culto anche per i non amanti del genere.
Pregi
Personaggi ben caratterizzati e unici
Trama intrigante
Buona rigiocabilità
Direzione artistica impeccabile
Difetti
Qualche bug di troppo
Controlli scomodi
Un po' troppo frustrante
7
Voto