Nella recensione di oggi parleremo finalmente di Warhammer 40K: Space Marine 2, un’opera appartenente al celebratissimo universo Grimdark di Games Workshop, destinata senza dubbio a stabilire un nuovo importante standard per la serie.
Poco meno di un mese fa, il nostro team ha avuto la fantastica opportunità di provare in anteprima il titolo durante la Gamescom di Colonia, un’occasione che ci ha permesso di ottenere le certezze che cercavamo per una produzione su cui non abbiamo mai nascosto una certa eccitazione.
L’originale capitolo per console di settima generazione, per quanto non rientri fra i capostipiti del suo tempo, è infatti un titolo piacevole, un’esperienza contenuta e limitata che avrebbe certamente goduto di un budget più alto ed di maggiori ambizioni.
Ed è proprio con questo seguito che Saber Interactive sembra aver centrato il suo obiettivo, proponendo agli appassionati una vera avventura AAA che non lesina in dettagli, varietà o contenuti.
Siete pronti a dedicare la vostra vita all’Imperatore?
Scopritelo in questa recensione!
Incipit e narrativa
Warhammer 40k: Space Marine 2 riprende direttamente gli eventi del capitolo precedente, mettendoci nuovamente nei panni dell’ex-comandante degli Ultramarines, Titus, mentre sconta la sua penitenza nella Deathwatch a seguito delle accuse di corruzione.
Incaricato di intervenire con la sua squadra contro l’implacabile minaccia dei Tiranidi, Titus combatterà fino alla morte prima di essere salvato dall’Astra Militarum e trasformato in un Primaris, una versione più potente degli originali Space Marine.
Reintegrato nell’esercito come tenente, si troverà a guidare una squadra diffidente e piena di dubbi sul suo misterioso passato, fra episodi di insubordinazione e conti in sospeso.
Ben presto, Titus sarà coinvolto in una rete di complotti e intrighi che vedono coinvolte le terribili forze del Chaos.
Con questo incipit, il seguito si separa nettamente dagli eventi del primo capitolo che vedevano coinvolti gli orki, concentrando l’attenzione su un duo di avversari a nostro avviso decisamente più unici ed interessanti.
Lo stesso Titus, dopo aver servito per oltre 100 anni nella Deathwatch, appare come un personaggio radicalmente differente, duro e diffidente ma al contempo leale e di sani principi.
Il contrasto di cui vive la narrazione del gioco è questo, inserendoci in un contesto che per sua natura appare brutale e profondamente irrigidito dalla dottrina pseudoreligiosa dell’Imperium, senza però lesinare sulla costruzione di rapporti personali più o meno complessi in cui sarà semplice farci coinvolgere.
È quindi piacevole osservare come Titus, Gadriel e Chairon interagiscono fra di loro nel corso dell’avventura, avvicinandosi a una risoluzione di conflitti che all’inizio sembravano insormontabili.
Un notevole passo avanti è evidente anche nella “grandiosità” degli eventi narrati, un elemento su cui il gioco fa costantemente leva per raggiungere livelli di epicità sempre più elevati, superando di gran lunga le vette toccate dal primo titolo della saga.
Volendo concludere la nostra riesamina narrativa del gioco, crediamo che sia importante sottolineare come Space Marine 2 sia riuscito a catturare alla perfezione l’amatissimo vibe dell’universo tetro e inospitale di Warhammer 40k, immergendoci da capo a piede in un’esperienza che farà la gioia degli appassionati e la gola di chi intende avvicinarsi per la prima volta al genere.
Il gameplay
Un aspetto fondamentale di questo seguito è senza dubbio il gameplay in tutte le sue caratteristiche e diramazioni, anche in questo caso un grosso passo avanti per la produzione ma non privo di difetti e limitazioni del caso.
Diventare un Ultramarine
Non è difficile immaginare gli Ultramarines, un corpo di battaglia composto da soldati geneticamente modificati per portare morte e distruzione ai nemici dell’Imperium, come protagonisti perfetti per un videogioco sparatutto, sia in prima che in terza persona.
È per questo motivo che negli ultimi anni hanno visto il loro rilascio titoli come Boltgun e Space Marine.
Mentre nel primo ci troviamo a massacrare la feccia del Chaos dalla prospettiva claustrofobica del nostro casco, in Space Marine la visuale si espande, offrendoci una visione più ampia e spettacolare del conflitto, senza tuttavia limitare la nostra capacità di agire come vere e proprie macchine da guerra alimentate dall’odio.
Coperti dalla nostra gigantesca armatura e dotati di una varietà di armi da mischia e a lunga gittata, ci lanceremo in degli scontri sanguinolenti con l’invasore, squarciando la carne dei più piccoli e sconfiggendo i più grandi in boriose e violentissime esecuzioni corpo a corpo.
Si rende quindi fondamentale la costruzione di un sistema di combattimento che dia giustizia alle meccaniche di shooting e non solo, che sia anche in grado di dare l’illusione di un peso ai movimenti del nostro personaggio e alle sue azioni sul campo di battaglia.
Fortunatamente, il team di Saber Interactive ha saputo evolversi anche in questo senso, perfezionando il già ottimo lavoro svolto sul primo capitolo per dare al giocatore le giuste sensazioni durante l’intera esperienza.
Lo shooting è gratificante, il combattimento corpo a corpo è crudo e d’impatto, e persino i movimenti del personaggio offrono quel “feeling” pesante e potente che ci si aspettavamo dai primi gameplay mostrati.
Proseguendo in modo più o meno lineare all’interno delle mappe della campagna, potremo raccogliere nuove armi ed equipaggiamenti, inclusi pistole, fucili a media e lunga distanza, lanciafiamme, esplosivi, nonché martelli, spade e coltelli per devastanti scontri ravvicinati.
La possibilità di accedere a questa varietà di equipaggiamenti tramite l’esplorazione ambientale contribuirà alla creazione di un’esperienza simile ad un parco giochi virtuale, nel quale affrontare con violenza e spettacolarità ciascuno scontro, annientando orde di nemici senza fare una piega.
Le missioni, l’esplorazione e i nemici
Durante le sei missioni che costituiscono le circa 10-11 ore della campagna principale di Warhammer: Space Marine 2, avremo tutto il tempo necessario, e anche di più, per imparare a conoscere i nostri nemici e il loro comportamento sul campo di battaglia, combattendoli ancora ed ancora in delle sequenze adrenaliniche spettacolari che mantengono un ritmo costante.
Questa ripetitività, mitigata dall’introduzione della minaccia del Chaos e delle sue forze più avanti nel gioco, non diventa un vero problema grazie alla durata relativamente breve della campagna, che riteniamo perfettamente bilanciata nei suoi ritmi.
La suddivisione dei nemici in minions e varianti più resistenti fa indubbiamente parte di una struttura di gioco curata con attenzione dagli sviluppatori di Saber, che non hanno lasciato nulla al caso, a costo di limitare leggermente l’approccio del giocatore agli scontri.
Stessa limitazione che si denota nella costruzione delle mappe, fra zone aperte che non sono che piccole arene più spettacolari e vaste per i nostri scontri, e corridoi stretti e contorti che porteranno inevitabilmente alla medesima direzione.
Il gioco si interroga costantemente su nuovi modi per immergere il giocatore in scenari immensi e devastanti, popolati da orde di nemici apparentemente infinite, che tuttavia finiscono per fungere da semplice sfondo per i nostri combattimenti.
Non si tratta necessariamente di un lato negativo per la produzione, che comunque si fa forza di scripting e ritmi accuratamente studiati per dare al giocatore la migliore e più memorabile delle esperienze.
Ciononostante, è inevitabile che la componente esplorativa finisca per rimetterci, laddove allontanarsi dalla strada principale ci porterà al solo ritrovamento di munizioni e consumabili, oltre a qualche sporadico collezionabile/audio-log.
L’intera avventura viaggia su dei binari talmente saldi e preimpostati che sono davvero poche le occasioni in cui ci verrà dato modo di sfruttare il jetpack incluso nella nostra dotazione, e soltanto per delle traversate verticali che non lasciano una grande libertà di movimento.
Fra una missione e l’altra avremo modo di fare ritorno all’HUB principale, una struttura nella quale si svolgeranno alcune fra le sequenze più interessanti della trama, oltre ad un pretesto per inserire l’armaiolo e l’archivio dei collezionabili. Il primo ci permetterà di cambiare equipaggiamento con cui iniziare ciascuna sessione, aprendo gradualmente spazio a dotazioni precedentemente bloccate, mentre il secondo si limiterà a fungere da contenitore per gli audio-log recuperati.
Essendo il nostro protagonista una terribile macchina da guerra ricoperta da un’armatura pesantissima ed in costante ricarica, non è difficile immaginare come tutte le armi presenti del gioco riescano in un modo o in un altro ad imporsi come lo strumento capace di sbaragliare il nemico, a prescindere dalla selezione.
Abbiamo infatti trovato il titolo abbastanza semplice, quantomeno nella modalità standard di difficoltà, non morendo neppure una volta ed essendo ugualmente a conoscenza della possibilità di venire curati dal team se abbattuti durante il combattimento.
Non aiuta troppo nemmeno l’AI, sicuramente sufficiente ma non particolarmente avvezza a tattiche che non siano la carica cieca contro la nostra squadra o il mantenimento della distanza per i nemici a lunga gittata.
Consideriamo anche le capacità rigenerative dello scudo di Titus e la possibilità di usare l’abilità l’abilità Furia per recuperare vita con le esecuzioni, ed è facile figurarsi un titolo che rappresenterà una vera sfida soltanto alle selezioni più alte di difficoltà.
Il PvE
Un’occasione persa per il titolo originale e sfruttata in tutte le sue potenzialità in questo seguito è la componente cooperativa che si affianca all’intera esperienza.
Se infatti esiste una modalità specifica dedicata al PvE, di cui parleremo di seguito, il gioco non toglie la possibilità di affrontare l’intera campagna principale in compagnia di altri due giocatori che assumeranno i ruoli del resto del cast principale.
Questa introduzione è inserita con particolare cura ed attenzione all’interno del contesto del gioco, rendendo l’avventura egualmente valida per tutti i partecipanti.
Un discorso leggermente diverso va applicato alle operazioni, missioni cooperative a 3 giocatori, parallele agli eventi della campagna e pensate appositamente per favorire la ripetibilità e il gioco di squadra.
La prima differenza, oltre nella attuale necessità di essere online per poter partecipare, sta nella scelta iniziale della classe specifica di Space Marine che desidereremo occupare nel team.
A differenza dei protagonisti della campagna, infatti, il nostro alter-ego Pve (e PvP) potrà fare uso di un solo tipo di equipaggiamenti e abilità che gli permetteranno di essere efficace in casistiche più specifiche.
Fra le selezioni attualmente disponibili appaiono il tattico, l’assalto, l’avanguardia, il baluardo, il cecchino e il pesante, ciascuno dotato di una propria progressione che dovremo curare attraverso l’esperienza e l’ottenimento di specifici crediti in game.
Le operazioni rappresentano un buon modo per tenere il titolo attivo anche dopo la fine della campagna, soprattutto se consideriamo l’intenzione degli sviluppatori di aggiungerne di nuove nel corso dei prossimi mesi, pur trattandosi di un’aggiunta destinata a soddisfare principalmente gli appassionati.
Completare le operazioni per la prima volta non toglierà al giocatore più di 3/4 ore gioco, al termine delle quali si dovrà ricominciare, in un grinding che lo avvicina particolarmente al già ben piazzato Warhammer 40k: Darktide.
Il PvP
Affiancata alla modalità PvE, Warhammer 40k SM2 non si fa mancare una modalità PvP essenziale quanto potenzialmente divertente.
Avendo la possibilità di scegliere fra le classiche opzioni di dominio, postazione e deathmatch a cui siamo stati da sempre abituati, ci verrà posta la medesima scelta di classe in uno scontro fra Adeptus Astartes e Astartes Eretici.
Nella modalità Guerra Eterna, lo sblocco delle armi sarà progressivo e dipenderà dall’esperienza accumulata in ogni partita, mentre solo le vittorie ci permetteranno di ottenere pezzi estetici di equipaggiamento, utili per la personalizzazione del nostro Space Marine.
Questa particolare limitazione si rivelerà frustrante per diversi motivi, sia per il potenziale spreco di tempo che potrebbe derivare da una serie sfortunata di partite, sia per l’impossibilità di utilizzare le personalizzazioni sbloccate, che saranno disponibili esclusivamente per la fazione degli Adeptus Astartes.
Se poi analizziamo l’effettiva realizzazione del comparto multigiocatore, non possiamo non fare i conti con alcuni aspetti discutibili, a partire dallo scontatissimo TTK molto alto fino all’importanza assoluta del gioco di squadra, che sarà a tratti la nostra salvezza ed altre volte l’ancora verso il totale insuccesso delle nostre partite.
Il comparto PvP di W40K:SM2 appare dunque come un contorno sfizioso per un’opera che punta a offrire il massimo, senza togliere agli appassionati l’opportunità di personalizzare il proprio Space Marine, come si farebbe con una miniatura.
Non a caso, nell’apposito menu sarà possibile modificare non solo l’aspetto estetico di ciascuna parte dell’armatura, ma anche i colori, lo schema e gli emblemi di ogni singolo componente, seguendo i veri chapter degli Astartes presenti nella lore del gioco da tavolo.
Comparto tecnico e artistico
Un aspetto estremamente sorprendente dell’ultima produzione di Saber Interactive è senza dubbio il comparto tecnico, accompagnato in maniera eccellente dal lavoro artistico svolto per trasportare nel modo più vivido e drammatico possibile l’inconfondibile estetica dell’universo Grimdark di Games Workshop.
Il cosiddetto Swarm Engine, motore proprietario dell’azienda statunitense, si è dimostrato impeccabile e spettacolare sotto ogni aspetto, garantendo al titolo una buona stabilità, senza lesinare su una grafica mozzafiato e su un’altissima densità di dettagli.
Il piglio tecnico e artistico del gioco si può apprezzare da molteplici punti di vista, dalla monumentalità e regia dello scenario nel suo insieme, fino al più piccolo dettaglio catturato dalla modalità foto.
Le texture sono di altissima definizione, degne di un titolo veramente next-gen, così come gli effetti particellari, il sangue e il fango che ricopriranno il nostro protagonista alla prima occasione utile.
La densità di elementi a schermo è a tratti talmente elevata da lasciare senza fiato, creando alcuni degli scenari di conflitto più suggestivi ed epici mai offerti nel medium videoludico.
Ottimo lavoro anche sull’illuminazione e la resa delle ombre, scollegate a qualsivoglia forma di Ray-Tracing ma utilizzate con riguardo ed attenzione per creare ambientazioni dalle atmosfere cupe e minacciose.
Il difficile compito di riportare in chiave digitale un lavoro di minuzia e perfezionismo come il modellismo e la pittura è stato svolto con cura dal team di sviluppo, che si è dimostrato appassionato quanto i suoi più vivaci sostenitori.
Una gioia per gli occhi che si fa complimentare all’ottimo accompagnamento musicale a cura di Nima Fakhrara e Steve Molitz, epico e pomposo come ci saremmo aspettati ma forse non all’altezza dei lavori di Jesper Kyd e Guillaume David su altri titoli appartenenti al medesimo universo.
Delle considerazioni positive ma non senza riserve vanno applicate invece alle performance, più che sufficienti per mantenere un frame rate superiore ai 60 in 1440p e dettagli massimi su una RTX 3080 ed un i9 di decima generazione. Il risultato si deve in parte all’utilizzo della tecnologia DLSS, compromesso sempre più necessario negli ultimi tempi, che non è supportato da tutte le GPU e che potrebbe non soddisfare gli amanti della risoluzione a tutti i costi.
Per quanto la nostra esperienza sia stata quasi costantemente stabile e priva di picchi negativi, non è raro incappare in lamentele riguardanti le performance ballerine di alcuni frangenti e ci auguriamo che il team continui a fare del suo meglio con le patch successive al rilascio.
Ringraziamo Focus Entertainment per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.