Nella recensione di oggi tratteremo un titolo che fa della risoluzione di enigmi il cuore dell’esperienza, inserendo il tutto in un contesto cooperativo obbligatorio che lo rende più unico che raro nel genere di riferimento.
We Were Here Forever, sviluppato e prodotto da Total Mahyem Games, è il quarto capitolo di una saga che riuscì a conquistare una discreta fetta di utenti grazie alle sue peculiarità e alla natura gratuita dell’esperienza.
Questo ennesimo capitolo, stavolta a pagamento, sembra voler elevare la saga ad un nuovo livello, potendo vantare di una durata molto più generosa e di feature molto richieste come il cross-play fra PC e console.
Sarà riuscito We Were Here Forever ad evolvere la formula senza crollare sotto il peso delle sue stesse ambizioni?
Scopriamolo in questa recensione!
Incipit e trama
Il comparto narrativo di We Were Here non si è mai dimostrato particolarmente brillante e questo seguito, nonostante le premesse e l’impegno degli sviluppatori, non si è dimostrato affatto differente.
In un caso non diverso dagli eventi che fanno da incipit a ciascun titolo della serie, ci ritroveremo intrappolati in un castello assieme al nostro compagno di avventura, costretti a separarci e collaborare per il superamento dei reciproci ostacoli.
Proseguendo lungo una strada tortuosa ed intrisa di tranelli, verremo a conoscenza di alcune figure che abitano le oscure rovine di Rockbury, pronte a far di tutto per contrastare la nostra fuga.
Di tanto in tanto il gioco tenterà di inserire alcuni elementi narrativi utili al world building, abbiamo ad esempio la figura del re corrotto, del diabolico Jester e la traccia di una stregua resistenza alla malvagità del regno che ci tiene prigionieri.
Nonostante questi inserimenti, la narrazione nella sua totalità risulterà poco coesa e di difficile comprensione, fin troppo scollegata dal resto del gioco e talvolta quasi definibile un inframmezzo fastidioso fra un enigma e il successivo.
La stessa critica può essere trasportata ai personaggi che avremo modo di incontrare, anch’essi molto appariscenti ma totalmente bidimensionali e privi di qualsivoglia profondità.
In sostanza per quanto abbiamo apprezzato alcuni elementi della narrazione come la presentazione e la coreografia dei personaggi, non possiamo ritenerci altrettanto soddisfatti della trama nel suo insieme, davvero confusionaria e poco coinvolgente.
Gameplay
La serie di We Were Here si è proposta nel 2017 facendosi forza di una struttura di gameplay semplice quanto efficace:
Una serie di puzzle della più disparata tipologia da risolvere in modalità cooperativa.
Per risolvere gli enigmi proposti ciascun giocatore sarà costretto a ragionare assieme al suo compagno, il più delle volte in stanze diverse e senza la possibilità di vedere la posizione dell’altro.
Per progredire nella risoluzione degli enigmi, i due giocatori sono dotati unicamente di un walkie-talkie.
We Were Here Forever non apporta alcun cambiamento allo scheletro di gameplay della serie, limitandosi invece a proporre un avventura molto più lunga (circa 6/7 ore per il completamento) e rinforzata da una maggior cura e complessità nella realizzazione di ciascuno dei puzzle.
Questi ultimi si proporranno vari e numerosi nel corso dell’avventura e sono senza dubbio la dimostrazione più evidente della maestria acquisita dal team di sviluppo con la release dei titoli precedenti.
Le soluzioni appariranno infatti complesse, intricate e talvolta non troppo intuitive, richiedendo ad entrambi i giocatori la massima concentrazione nell’analizzare gli ostacoli approfonditamente e senza lesinare sui dettagli.
Condizione resa ancor più necessaria dalla costante necessità di comunicare con il nostro compagno, il quale possederà spesso un punto di vista privilegiato sulle sfide che dovremo superare e potrà quindi guidarci alla soluzione.
Allo scopo di aiutare i giocatori in difficoltà, un sistema di hint su base temporale si occuperà di fornire alcune informazioni generiche (e non sempre utili) sullo svolgimento dei vari enigmi.
Pur mantenendo un livello generalmente elevato di qualità, si denota un alternarsi di alti e bassi nel corso dell’avventura, riuscendo nonostante tutto a regalare ai giocatori appassionati un’esperienza cervellotica da ricordare con molto piacere.
Comparto artistico
Da un punto di vista artistico, We Were Here Forever non è meno brillante dei suoi predecessori, forte di un’estetica cartoon sfruttata meravigliosamente nella costruzione delle ambientazioni e dei personaggi che la abitano.
Ciò che separa questo titolo dalle altre iterazioni risiede soprattutto nella quantità di dettagli e nella qualità delle texture e dell’illuminazione, talvolta chiave nel perfezionamento dello stile artistico, stavolta ancora più raffinato e apprezzabile anche dai giocatori più esigenti.
La realizzazione efficace di queste premesse va attribuita ad un buon sfruttamento dell’engine Unity, da sempre un punto fisso per la saga di Mayhem Games.
Di buon livello anche il comparto sonoro, arricchito da un accompagnamento musicale che spazia fra tracce ambient e orchestrali di grande pregio, a tratti sorprendentemente emozionanti.
Potete recuperare la soundtrack composta da Tom Wolkers per questo titolo su Spotify:
Se da un lato abbiamo lodato la maestria del team tedesco nell’aver sfruttato al meglio delle sue possibilità l’engine Unity da un punto di vista grafico, non possiamo fare a meno di criticare l’instabilità generale del prodotto per quanto concerne le performance e la presenza di glitch grafici.
Non a caso durante il corso dell’avventura abbiamo subito alcuni rallentamenti nel framerate e, ancor più grave, alcuni glitch game-breaking che ci hanno costretto a ricominciare da capo alcuni enigmi particolarmente complessi e frustranti.
Si tratta pur sempre di problematiche poco frequenti che non hanno colpito incisivamente la nostra esperienza con il titolo, tuttavia, considerando l’uscita ormai matura del titolo, ci saremmo aspettati una migliore stabilità.
Ringraziamo Keymailer per averci fornito una chiave del gioco per realizzare questa recensione.
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