Resident Evil è senza dubbio una delle serie di videogiochi più rinomate dell’intera industria, risultato di un lungo percorso iniziato nel 1996 e tutt’ora nel pieno della sua evoluzione.
Con il settimo capitolo Capcom ha saputo osare, trasformando nuovamente il gioco in un horror in prima persona dalla narrazione più contenuta, riuscendo nel difficile impegno di convincere i fan ad accettare un cambiamento così radicale.
Con Resident Evil Village ci siamo trovati di fronte ad un miglioramento del suo predecessore sotto ogni punto di vista, proponendo di fatto un’opera di perfezionamento che non ha risparmiato né la grafica né le meccaniche di gioco, senza rinunciare ad una trama di gran lunga più ambiziosa e che collega i nuovi capitoli con gli eventi delle precedenti iterazioni del brand.
La volontà di un padre
Nel gioco vestiremo nuovamente i panni di Ethan Winters, protagonista degli spiacevoli eventi dello scorso capitolo, che sembra finalmente aver trovato la tranquillità trascorrendo le sue giornate accompagnato dalla moglie Mia e dalla piccola Rose.
La situazione è destinata a cambiare radicalmente già nei primi minuti, infatti a seguito di un blitz guidato da Chris Redfield, Mia, Ethan e la loro bambina vengono rapiti.
Come prevedibile, il furgone destinato al loro trasporto subisce un “incidente” ed Ethan si ritrova nei pressi di un misterioso villaggio, deciso a dedicarsi alla ricerca della figlia scomparsa.
Impresa molto più complicata del previsto, dal momento che il capo villaggio Miranda, accompagnata da 4 temibili sottoposti, sembra essere interessata ad utilizzare il potere latente della bambina per i suoi scopi personali.
Ciononostante Ethan, spinto da un forte amore paterno ed intenzionato a non perdere più nessuno, si vedrà disposto a qualsiasi sacrificio pur di sconfiggere i terribili lord e tornare alla sua vita tranquilla.
Fade to action
Provenendo dal precedente capitolo sarà facile intuire un sostanziale cambiamento nel gameplay proposto in questo Resident Evil, si tratta infatti di un gioco molto più votato all’azione che con il susseguirsi degli eventi non farà che aumentare di intensità.
Il risultato è quello che sembrerebbe un ibrido fra Resident Evil 7 e Resident Evil 4, in cui l’horror e la freneticità di un classico sparatutto si fondono per creare una formula più semplificata e intuitiva nelle meccaniche.
Semplificazione evidente nella gestione dell’inventario, che difficilmente risulterà un problema grazie alle numerose espansioni acquistabili dal Duca (NPC vendor) e al fatto che gli oggetti chiave non occupano più alcuno spazio.
Lo shooting è stato migliorato, offrendo al giocatore una buon feeling generale per l’utilizzo di una vasta gamma di armi da fuoco e consumabili.
Lo shop del Duca rappresenta un opportunità per salvare, acquistare munizioni, armi, modifiche, vendere i tesori che raccoglieremo durante l’avventura e persino potenziare le capacità fisiche di Ethan attraverso del cibo di cui noi dovremo fornire gli ingredienti (eh si… si “caccia” in questo Re ).
Un’altra piccola meccanica che non abbiamo particolarmente gradito è parte integrante della caccia al tesoro menzionata in precedenza, in ogni zona principale troveremo infatti una sorta di castello giocattolo con cui dilettarci in un minigioco abbastanza simile ad un flipper… che una volta completato ci permetterà di guadagnare una buona somma di denaro attraverso la vendita della ricompensa.
Nonostante l’inevitabile deriva action, ci ha fatto piacere notare delle sequenze horror particolarmente ispirate in una specifica parte del gioco, forse tra le migliori che il brand abbia avuto da offrire fin ora.
A causa della sua discreta linearità, Resident Evil Village non risulta particolarmente generoso in quanto a durata, la quale si è attestata su circa 13/14 ore nella nostra esperienza.
A dare un’ulteriore spinta alla longevità del gioco è la modalità mercenari (già presente in alcuni capitoli del brand), la quale ci permetterà di affrontare una serie di scenari a tempo accumulando crediti per acquistare armi e collezionare punti utili allo sblocco di numerosi contenuti extra fra cui armi e modificatori per la campagna.
Seppur non ci abbia entusiasmato più di tanto, la modalità diventa costantemente più divertente e farebbe la gioia di qualsiasi giocatore alla ricerca di una sfida basata su punteggi e valutazioni.
Le molteplici facce del terrore
Resident Evil Village, come intuibile da titolo, è ambientato in un piccolo villaggio innevato dall’estetica est-europea.
L’incredibile ricchezza di dettagli negli ambienti interni, così come l’ottima resa dei paesaggi ci permette di immergerci fin da subito nelle tradizioni folkloristiche degli abitanti, non troppo lontane da quello di un tipico villaggio feudale incrollabilmente devoto alla casata dominante.
All’arrivo di Ethan, la relativa tranquillità della zona era già stata improvvisamente compromessa a causa dell’attacco di creature mostruose, che avevano portato all’inevitabile strage della popolazione e alla necessità di nascondersi per gli unici superstiti.
Il villaggio ,tuttavia , rappresenta solo una sorta di collegamento fra quelle che sono considerabili le effettive zone principali del gioco, 4 in totale, una per ciascun lord al seguito di Lady Miranda.
La varietà di ambienti offerta da questo ottavo capitolo è sbalorditiva considerando che il precedente era quasi completamente ambientato in una casa in rovina.
E’ attraverso questo aspetto che possiamo rivelare l’entità estremamente mutevole del gioco, che oltre a protendere gradualmente verso il genere action si propone come un vero e proprio glossario del genere horror.
Avremo infatti modo di esplorare castelli gotici, grotte, gallerie sommerse, enormi giardini e persino una gigantesca industria in perfetto stile steampunk.
Un’elemento di assoluto pregio in questo nuovo Resident Evil è la presenza di un cast di ben 5 villain, quasi tutti carismatici e memorabili, pronti a sbarrarci la strada in modi sempre differenti.
E’ un peccato realizzare che alcuni dei personaggi più attesi come Alcina Dimitrescu occupino in realtà una porzione così piccola del gioco, sperando che la lore di quest’ultima venga ulteriormente approfondita in futuro magari tramite un DLC.
Ma i villain non sono l’unico elemento del cast di questo nuovo capitolo a rendere l’esperienza più ricca e intrigante, avremo infatti modo di fare la conoscenza con il misterioso Duca (la cui presenza sarà di costante supporto in qualità di mercante) e di scoprire un nuovo lato umano del caro vecchio Chris Redfield la cui presenza ci accompagna sin dalle primi capitoli del brand.
Ethan.
Il protagonista di questo Resident Evil è sin da subito risultato una figura controversa nella community di giocatori, sia per il suo essere un po’ tonto che per gli eventi che lo coinvolgono di cui è costante vittima. Ebbene nel corso di questa avventura pur continuando a notare una certa veridicità nelle critiche poste al personaggio, non abbiamo potuto fare a meno di prenderlo a cuore, arrivando persino ad emozionarci per lui nelle parti finali del gioco.
Ethan è un individuo sciocco e fin troppo “bonaccione” per realizzare ciò che sta avvenendo intorno a se, allontanandosi quanto più possibile dalla impenetrabilità dei precedenti protagonisti dei Resident Evil pur mantenendo oggettivamente il ruolo di eroe, meritato attraverso la sopportazione di dolori e sacrifici del tutto inediti per un personaggio della saga.
Ethan in un certo senso rappresenta il giocatore più di quanto lo abbia fatto qualsiasi altro personaggio del brand, anche grazie alla scelta dell’adozione della prima persona che amplifica l’immersività e favorisce una visione più che mai personale degli eventi.
Un crossgen sbalorditivo
Come il capitolo precedente, questo nuovo Resident Evil fa un ottimo uso del RE Engine, espanso per supportare il ray tracing e per offrire un’ottima resa anche sulla Next Gen di console.
La versione da noi testata è quella PC, e avendo la fortuna di possedere un sistema dotato di una RTX 3080 e un i9 di decima gen, ci siamo permessi di giocare in 4k ed alzare tutti i dettagli al massimo possibile. Il risultato è stato uno spettacolo per gli occhi ad un framerate stabile di 60fps, con qualche raro segno di stuttering probabilmente dovuto alla insufficienza della memoria VRAM.
Unica vera nota negativa per quanto riguarda il porting è l’assenza di una slide per aggiustare manualmente il FOV, impossibile da modificare se non tramite mod.
Il fattore limitante del dover uscire anche su old gen è sicuramente la causa della scarsa interagibilità di tutti gli scenari, escluse le casse di munizioni… un vero peccato per un titolo che altrimenti avrebbe potuto settare nuovi standard grafici.
Se devo sottolineare un dettaglio che mi ha fatto urlare al miracolo tecnico senza ombra di dubbio sarebbero le mani di Ethan, una delle cose più assurdamente dettagliate che abbia visto nei videogiochi fino ad ora.
Per quanto riguarda il comparto sonoro, risulta ben realizzato come ci si aspetterebbe da un titolo tripla A appartenente a questo genere, seppur nessuna traccia musicale abbia lasciato un forte impatto nella nostra esperienza se non quella dei titoli di coda.
Vorremmo ringraziare Capcom e Koch Media per averci fornito una key del gioco per questa recensione
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