Quando sentite il classico videogiocatore davvero old school (A.K.A. ossessionato dalla retromuffa) lamentarsi del mercato odierno dei videogiochi con la classica hit ”I videogiochi di oggi sono tutti uguali, prima c’era molta più varietà e i titoli erano fatti con la passione” sappiate che sta dicendo una gigantesca cavolata.
Questo simpatico esempio del fatto che la guerra generazionale a caso va sempre di moda viene smentito dalle tonnellate di cloni di infima qualità che, sin dagli albori della storia videoludica, hanno accompagnato qualsiasi grosso successo commerciale.
Senza andare eccessivamente indietro nel tempo, possiamo citare le centinaia di picchiaduro in 2D che hanno accompagnato il trionfo in sala giochi di Street Fighter II, tutti i platform ugualmente terribili che hanno salutato le vendite di Super Mario e, tornando all’argomento odierno, i tantissimi cloni di Doom.
L’enorme rivoluzione scatenata dal titolo di ID Software portò infatti a una corsa all’emulazione sfrenata da parte degli sviluppatori. Quest’invasione incise talmente tanto sul mercato videoludico che l’intero genere dei first person shooter, fino all’uscita di quell’innovatore incredibile che fu Half Life, vennero anche chiamati Doom Clones.
Nel mare magnum di questo filone troviamo tonnellate titoli orridi, ma fortunatamente possiamo selezionare anche decine di sparatutto di qualità, come il western Outlaws, l’irriverente Redneck Rampage, il primo fps di Guerre Stellari (ossia Dark Forces) e l’horror militare Chasm: The Rift.
Oltre a una carrellata di buoni videogiochi, troviamo anche tanti capolavori, a volte celebrati tutt’oggi, come i tantissimi prodotti successivi a DOOM II della ID Software, ma anche la ”Holy Trinity” dello studio 3D Realms, ossia Duke Nukem 3D, Shadow Warrior, e il videogame di cui parleremo in quest’articolo: Blood.
” I LIVE… AGAIN!”
LO SVILUPPO DI BLOOD
Lo sviluppo di BLOOD, per quanto non sia particolarmente travagliato, fu decisamente lungo per gli standard del tempo. L’idea iniziale venne sviluppata nel 1993 da Nick Newhard e Jason Hall, intenzionati a sviluppare un first person shooter multiplayer giocabile anche nei cabinati arcade.
Anche se l’idea base iniziale venne accantonata, i lavori proseguirono molto lentamente dopo il passaggio ad Apogee Software (vecchio nome legale della 3D Realms), anche a causa del fatto che Hall abbandonò l’azienda danese, contribuendo alla fondazione della Monolith Software.
Lo sviluppo subì un’accelerata e la versione alpha di Blood cominciò a venire aggiornata a cadenza settimanale dopo l’uscita di Duke Nukem 3D, che portò la 3D Realms a tentare di replicarne il successo con altri sparatutto basati sul loro motore grafico proprietario, il Build Engine.
Oltre a questo importantissimo fattore, la 3D Realms iniziò una fusione aziendale con la Monolith (riunendo di fatto le figure professionali coinvolte nello sviluppo di Blood) e vennero completati diversi tool importantissimi per il futuro del gioco, come l’editor MapEdit e le prime aggiunte di elementi grafici, elaborati tramite la nascente tecnologia per integrare elementi in Voxel all’interno dei videogiochi.
Gli oggetti creati con grafica volumetrica contribuivano a dare alle texture in 2D un aspetto meno ”piatto” e divennero uno standard nella produzione di quelli che oggi definiamo come boomer shooter.
La versione commerciale di Blood uscì nel Febbraio del 1997, ottenendo un discreto successo commerciale e un fedelissimo culto (in tono col mood ”macelliamo cultisti” del gioco) di aficionados, che portò a diversi Expansion Pack – che oggi chiameremmo DLC – e ad un seguito non molto fortunato, Blood 2: The Chosen.
GOOD, BAD, I’M THE ONE WITH THE GUN
LA TRAMA DI BLOOD
L’idea alla base di Blood, che contribuì enormemente al suo successo, è che a differenza di tantissimi altri videogiochi non ha come protagonista un eroe, e nemmeno un antieroe ambiguo e scorretto, come per l’appunto l’iconico Duca.
Caleb, cioè il personaggio di cui prenderemo il comando, è un sadico e psicopatico assassino texano dal grilletto molto facile, sboccato, privo di qualsiasi morale e di capacità di empatizzare con il prossimo.
Unica eccezione all’ultima caratteristica, Caleb è legatissimo ai suoi due amici (Ishmael e Gabriel) e alla sua compagna, Ophelia.
Il gioco è ambientato nel 1928, i quattro personaggi sopraccitati vengono chiamati i The Chosen e compongono i gradi più alti della cerchia interna di una gigantesca setta chiamata La Cabala, dedita al servizio del dio oscuro Tchernobog. Quest’entità, intuendo le potenzialità delle anime corrotte del quartetto, li fa uccidere nonostante la fedeltà indiscussa, resuscitando in seguito il nostro protagonista.
Scopo del piano della malevola divinità, far lanciare Caleb in un gigantesco massacro di vendetta e affrontarlo in un epico duello allo scopo di assorbire la sua anima per diventare ancora più forte. Infatti, come Tchernobog ci spiegherà alla fine del gioco, ogni nemico (o innocente) che abbiamo mietuto nel corso del gioco avrà rinforzato il nostro potere.
Questo dettaglio, rimasto solo nella lore dell’ambientazione, doveva concretizzarsi in una meccanica ideata ma alla fine mai inclusa nel titolo, chiamata Bloodlust.
La Bloodlust sarebbe stata una modalità in cui Caleb si sarebbe potuto tramutare, dopo un certo numero di uccisioni che avrebbero riempito una barra dell’HUD, in una bestia satanica più forte, più veloce e sostanzialmente invincibile, capace però di attaccare soltanto con degli artigli. La feature venne poi scartata dai piani di sviluppo perché costringere il giocatore al melee in uno sparatutto poteva rendere il titolo tedioso, a detta dei designer.
Altre interessanti core mechanics scartate durante la programmazione includevano la possibilità di resuscitare e giocare anche con gli altri tre Chosen, ognuno con delle capacità ben precise, come quella di trasformarsi in quattro creature differenti, una per ogni character. Trasformazioni già disegnate, scolpite e digitalizzate, che in seguito vennero riciclate come boss di fine capitolo e miniboss.
SCROTUM SEPARATION!
IL GAMEPLAY
Parlando a livello di meccaniche di gameplay, Blood non si discosta molto da qualsiasi altro boomer shooter dell’epoca.
In sostanza parliamo di un fps abbastanza tipico, che trova la sua raison d’être in un mood orrorifico incredibilmente splatter e in tanto humor nerissimo, che si riflette nel tono generale del gioco, ma anche negli easter egg incredibilmente dark e nelle macabre frecciatine che il nostro Caleb lancia tra una sparatoria e l’altra, ottimamente interpretate da uno dei pionieri del doppiaggio videoludico: Stephan Weyte.
Insomma, se Duke Nukem ha infranto i taboo videoludici mostrandoci dei pettoruti e discinti sprite, Blood lo fa settando nuove vette di violenza e sangue. Per esempio, oltre a poter fare letteralmente a pezzettini i nostri nemici in una serie di modi diversissimi ed esilaranti, con un dettaglio mai visto prima, potremo arrivare persino a usare le teste di alcuni di essi come se fossero dei palloni da calcio.
Esiste addirittura un minigioco all’interno del livello Dark Carnival (uno dei più riusciti e divertenti) in cui, all’interno di una giostra del tiro a segno decisamente atipica, dovremo centrare un bersaglio con tre teste, sbloccando in questo modo uno dei tantissimi segreti del gioco.
Per quanto riguardo il livello di difficoltà, Blood lo imposta in generale a un livello davvero alto. Il giocatore dovrà stare attentissimo alle decine di pareti segrete che faranno uscire orde di zombie, o a sbirciare da ogni angolo per evitare i colpi mortali dei tantissimi cultisti hitscanner, manco stessimo parlando di un fps tattico alla S.W.A.T.
I vari livelli di difficoltà, i cui nomi sono ispirati ai diversi gradi di cottura della carne, cambiano il numero di nemici presenti per livello, lasciando intatte invece le statistiche, a differenza di molti altri fps del periodo. Vi assicuriamo che già il secondo, Pink On The Inside, rappresenta una sfida più che adatta persino ai veterani dei boomer shooter.
Ma è anche vero che, nonostante il giocatore sia obbligato a usare abbondantemente le funzioni di Fast Save State e Fast Load State, è incredibilmente soddisfacente vedere le proprie abilità crescere livello dopo livello e affrontare in maniera sempre più efficiente (e furba) le orde di mostri e fanatici che Blood ci metterà contro.
LAMBS TO THE SLAUGHTER!
MAPPE, NEMICI, ARMI
Oltre al divertentissimo gameplay e alle atmosfere dark ricche di black humor, gli altri punti di forza che rendono ancora oggi Blood un titolo da giocare sono rappresentati dall’incredibile varietà e qualità di mappe, nemici ed armi.
Parlando dei livelli invece, possiamo trovare moltissimi esempi di ottimo level design.
Sebbene nell’ultimo capitolo le ambientazioni arrivano a perdere un pochino di brio, inventiva e varietà, negli altri tre sono presenti alcune delle migliori mappe mai viste in un Doom Clone, che ancora oggi dovrebbero essere (e probabilmente sono) prese ad esempio.
Un ennesimo e inaspettato cambio di ambientazione arriva poi coi primi livelli del terzo episodio del gioco, Farewell To Arms, che ci vede improvvisamente trasportati dall’artico in una imprecisata cittadina francese degli anni 20′. In quest’ambientazione, bombardata dall’aviazione della Cabala e messa sotto assedio dall’ormai dilagante (e a quanto pare estremamente ricco) esercito della setta, troveremo decine di cittadini inermi che vengono massacrati. Civili che spessissimo saranno vittime involontarie (ma anche volontarie) dei nostri scontri a fuoco con sgherri e mostri di ogni tipo.
La tensione dei primi tre livelli culminerà poi in un inquietante reparto psichiatrico dove i pazienti fanno da cavie per gli esperimenti di Tchernobog.
Ogni livello poi sarà pieno di segreti e di camei da trovare con estrema pazienza, e di ben quattro livelli segreti, uno per capitolo. L’accesso a queste aree bonus sarà dato al giocatore a volte esplorando a fondo ogni area, ma talvolta bisognerà soddisfare delle condizioni particolari in determinati punti del gioco, come collezionare dei tomi antichi per evocare un portale.
Il nostro armamentario invece è composto dal solito numero di armi tipico in questo genere, dieci, uno per ogni numero sulla tastiera, ma si rivela incredibilmente diverso da ogni inventario visto in un fps.
Aldilà della classica arma da melee da usare in extremis (un forcone), di tre tipi di candelotti di dinamite e di una potentissima doppietta, gli altri ordigni sono estremamente esotici per forma e funzionalità, e dotati di ben due modalità di fuoco.
FRESH SUPPLY: LA VERSIONE RIMASTERIZZATA DI BLOOD
Se non avete mai giocato Blood e dopo gli scorsi paragrafi siete corsi a cercare le inevitabili patch e mod per utilizzare il gioco su Windows 11, edite dalle mai lodate abbastanza community di utenti, siamo lieti di informarvi che non c’è bisogno di ulteriori smanettamenti. Esiste una remastered del gioco, chiamata Fresh Supply e disponibile su Steam e G.O.G., che rende giocabile Blood senza problemi persino sui dispositivi più moderni.
Se siete dei puristi sappiate inoltre che abbiamo delle buonissime notizie per voi, infatti Fresh Supply non modifica l’iconico aspetto grafico del gioco, pur presentando tantissime opzioni per personalizzare e modernizzare il gioco, sia a livello di gameplay che di opzioni grafiche, come le risoluzioni in HD, 4K e quelle in Ultrawide; importantissimi anche il V-Sync e l’FPS limiter.
Oltre a questi accorgimenti, la remastered aggiunge al gioco base i due add-on Plasma Pak e Cryptic Passage e una modalità di difficoltà chiamata Made to Order, dove potremo personalizzare i danni inflitti dai nemici, i loro livelli di aggressività e tanti altri fattori, utilissima per chi ha già dominato i livelli di difficoltà più bassi ma non si sente ancora pronto per la vera sfida.
Seguiteci sul nostro sito per altre recensioni e articoli in arrivo nei prossimi giorni.