Uno sguardo al passato: Rule of Rose – Una storia troppo affascinante per essere dimenticata

In “uno sguardo al passato” abbiamo parlato spesso di survival horror, dato che in fondo si tratta di uno dei generi che più ha segnato la storia del videogioco, affrontando su queste pagine virtuali alcuni dei titoli che sono rimasti impressi nelle menti dei giocatori come gemme nascoste.
Nessun videogioco, però, gode di una reputazione come quella di Rule of Rose, e chiunque sia un minimo informato sul retrogaming conosce il putiferio che questo videogame per PS2 generò, portando il prezzo delle copie fisiche a cifre astronomiche.

Tuttavia, oggi non ci soffermeremo esclusivamente sulle polemiche puerili che affossarono le vendite del titolo ai tempi, ma ci concentreremo invece su un’analisi di ciò che Rule of Rose può offrire come esperienza videoludica e proveremo a capire se nel 2025 vale la pena di viverla.


Favole e bambini

Tutto comincia nei lontani anni duemila, quando Sony affida allo studio Punchline, che al tempo aveva ben poca esperienza, lo sviluppo di un titolo che si concentrasse su di una storia horror prettamente psicologica.
Questo team di sviluppo però non si fece mancare le idee, e cominciò a proporre diverse storie accomunate sempre da un unico fattore: usare come antagonisti dei bambini.

Questa scelta, che può lasciare inizialmente perplessi, aveva due motivazioni: la prima era che l’ispirazione principale dietro le idee di Punchline, per questo titolo in sviluppo, erano le fiabe ottocentesche, che come ben sappiamo si concentrano spesso sulle peripezie dei ragazzini; il secondo motivo però era ben più singolare.
Volevano infatti raccontare cosa succede ai bambini privi di una guida, di come da piccoli tutti noi manchiamo quell’autocontrollo e maturità mentale che ci permettono di distinguere tra bene e male, portandoci a subire e a perpetuare atti che agli occhi degli adulti appaiono tra i più crudeli immaginabili.

Col tempo, tutto prese forma e diede vita al titolo di cui stiamo parlando oggi. Rule of Rose infatti non è un gioco per i deboli di cuore, e affronta alcuni dei temi più pesanti mai portati sul medium ma con una classe che è solo da rispettare.
Gli autori sapevano perfettamente che non c’era bisogno di mostrare le orrende azioni che infestano il mondo di gioco, ma bastava renderle implicite e la fantasia dei giocatori avrebbe riempito quei buchi con le scene più orrende possibili.


Una storia crudele

Il gioco si apre con Jennifer, la nostra protagonista, addormentata su un autobus che segue una strada circondata da un fitto bosco.
La giovane donna viene presto svegliata da un bambino che le chiede di leggerle una storia, ma, prima che possiamo accontentarlo, quest’ultimo scappa tra gli alberi verso una grossa magione. Nonostante Jennifer faccia di tutto per raggiungerlo in tempo, una volta arrivata si trova davanti solo delle ragazzine mascherate che celebrano un funerale.

Prima di poter capire cosa succede, la protagonista viene spinta all’interno della bara, dando inizio ad una vera e propria marcia funebre durante la quale la donna perde i sensi per via della situazione traumatica.
Al suo risveglio le cose non fanno che peggiorare e, aperti gli occhi, Jennifer si ritrova in una buia stanza legata ad un palo di metallo con una voce sinistra che l’avverte che da ora in poi, ogni mese, dovrà donare un oggetto diverso al club degli aristocratici.
Quale sarebbe la pena se dovesse fallire questa caccia al tesoro? La morte.

Da questo momento in poi, il gioco si svilupperà in maniera più o meno ciclica, in quanto ogni mese dovremmo effettivamente trovare un dono diverso per questo fantomatico club, che presto scopriremo essere formato solo da perfide fanciulle che si sono auto-investite di titoli nobiliari.
Partendo come una stracciona, il nostro obbiettivo sarà prestarci a questo gioco e scalare i ranghi grazie ai nostri omaggi, entrando a far parte di una fitta rete di intrighi e dispetti senza però mai abbassarci a diventare aguzzini.

Il focus della narrativa sono quindi ovviamente i rapporti che intercorrono tra i diversi membri del club degli aristocratici, che non perdono occasione di tormentare la protagonista con punizioni che rasentano la tortura.
Nessuno è però mai davvero al sicuro, e persino i membri più rispettati del club si pugnalano alle spalle costantemente in modo del tutto gratuito, con esempi di bullismo tanto realistici e ben scritti che riescono genuinamente a incutere disagio nel giocatore.

È palese la cura che c’è stata nello studiare le dinamiche sociali dei personaggi, con ogni bambino che infatti ha i propri motivi per agire nel modo in cui si comporta, e tutto è presentato in maniera chiara ma sottile, senza mai tediare il giocatore con inutili dialoghi di esposizione.
La storia è inoltre carica di colpi di scena che lasciano davvero a bocca aperta e, nonostante all’inzio non sia tutto chiaro, ogni mistero alla fine trova la propria risposta in un crescendo mozzafiato.

Stiamo parlando di una narrativa che non ha niente da invidiare a titoli del calibro di Silent Hill2, ed è incredibile come uno studio alle prime armi sia riuscito a sviluppare delle idee così coraggiose e complesse in un titolo tanto vecchio.
Tuttavia, se il lato narrativo non è invecchiato per niente, lo stesso non si può dire del gameplay.


Gameplay

Parliamo subito dell’elefante nella stanza: il combat system di Rule of Rose è pessimo.
Non stiamo parlando solo dei classici controlli scomodi a cui siamo abituati nei survival horror, e non intendiamo nemmeno limitarci a dire che il sistema di combattimento sia invecchiato male in quanto, persino paragondolo ai titoli del tempo, gli scontri in Rule of Rose sono tra i più lenti e scomodi di sempre.

Jennifer si muove davvero a fatica, i suoi attacchi sono imprecisi e tutto nelle animazioni, indubbiamente ben curate, lascia intendere quanto poco avvezza sia la protagonista al confronto. Tuttavia, mettendo da parte le spiegazioni ludonarrative, tutto ciò si traduce in pessime hitbox e in comandi poco intuitivi.
Capiterà spesso di venir colpiti da attacchi che avrebbero dovuto chiaramente mancarci, che ci spediranno immancabilmente a terra, dove la povera Jennifer può venir colpita ripetutamente in quanto non esistono frame di invincibilità.

In realtà, questi brevi attimi di invulnerabilità esistono, ma esclusivamente per i nostri nemici che, durante alcuni attacchi, diventeranno praticamente intoccabili. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che alcuni scontri del titolo sono a tutti gli effetti difficili per via del numero di avversari presenti a schermo, abbiamo una ricetta per il disastro.
Fortunatamente, però, molti dei combattimenti sono interamente evitabili e le volte in cui saremo costretti a lottare si possono contare sulle dita di una mano, inoltre i pochi incontri obbligatori riescono a diversificarsi grazie a piccole variazioni dello stesso nemico.

Affronteremo infatti, quasi per tutto il gioco, solo Imp (piccole creature umanoidi ripugnanti) con solo a volte teste di animali diverse, che si traducono in un moveset leggermente differente di attacchi ma comunque ripetitivo.
La situazione è meno problematica durante le bossfight, che risultano gli scontri più studiati del titolo: ce ne sono solo quattro, ma ognuna di esse è particolarmente memorabile sia per la presentazione con cui viene introdotta e sia per le piccole meccaniche che aggiunge.

Brown, il cucciolo più bravo di sempre

Ovviamente, il combat system non è il punto focale del videogioco e, infatti, per avanzare nella storia dovremmo principalmente risolvere qualche enigma ambientale abbastanza semplice e trovare oggetti nelle diverse ambientazioni.
È qui che entra in gioco la meccanica più interessante e riuscita del titolo: il dolcissimo Brown.

Durante l’avventura, Jennifer verrà accompagnata da questo stupendo labrador che non solo è uno dei personaggi principali del gioco ma anche il nostro unico sistema per andare avanti nella trama, in quanto potremmo chiedere al cucciolo di interagire con alcuni strumenti dal nostro inventario per seguirne l’odore.
Questo non solo ci aiuterà a trovare praticamente tutti gli oggetti chiave del gioco, ma potremmo anche chiedergli di fiutare munizioni e dolci, questi ultimi particolarmente preziosi dato che servono a ripristinare gli HP di Jennifer.

Rule of Rose riesce facilmente a farci affezionare ad un cucciolo virtuale non solo grazie alla sua indubbia utilità, ma anche per le stupende animazioni che lo caratterizzano. Diciamo solo che vederlo zoppicare in maniera realistica per via dei danni subiti è abbastanza per convincere ogni giocatore a tenerlo al sicuro a qualsiasi prezzo.
In conclusione, il gameplay non offre niente di eccezionale a parte le interazioni con il cane; molte delle meccaniche presentate sono già viste in diversi titoli ed è ovvio che il fascino dell’opera sia quasi esclusivamente nel mistero della trama e nella cura posta nelle ambientazioni e nei personaggi.


Comparto artistico e tecnico

Rule of Rose è visivamente uno dei titoli più accattivanti della PS2, portando l’hardware del tempo a venir spinto al limite non solo durante le cutscene animate dallo studio Shirogumi (che adesso si occupa di lungometraggi in CGI), ma persino nei momenti di gameplay, in cui troviamo modelli tridimensionali estremamente curati e ricchi di dettagli.
I design di nemici, personaggi e ambientazioni sono carichi di significati che scavano nella psiche umana e nascondono segreti in ogni angolo, mentre nella presentazione invece tutto è studiato nei minimi dettagli per riportare alla mente le antiche favole che hanno terrorizzato generazioni intere, dai font utilizzati alle OST composte.

Rule of Rose infatti presenta una colonna sonora esclusivamente di musica classica, con diverse canzoni che trasudano personalità e sono immediatamente riconoscibili anche dopo pochi ascolti, e che inoltre si legano perfettamente al periodo storico in cui tutto viene ambientato, ovvero gli anni trenta.
Per quanto riguarda il lato più tecnico, invece, avendolo giocato su PS2 possiamo affermare che il titolo non presenta bug pesanti, ma l’intelligenza artificiale dei nemici lascia comunque a desiderare sotto diversi punti di vista.


Quando la stampa toppa

Solo adesso, dopo aver tessuto le lodi e le critiche di un titolo che merita tanto di entrambe, ci prendiamo la libertà di parlare del putiferio generato dalla sua uscita: si tratta di una storia che non approfondiremo più di tanto perché meriterebbe un articolo a sé stante, ma vi daremo comunque un infarinatura generale.
Nei primi anni duemila, il videogioco veniva ancora visto come una sorta di media inferiore dai più, anche a causa della narrativa che demonizzava i videogame violenti che non era mai stata più infervorata e. proprio mentre si discuteva di come queste avventure avvelenassero le menti dei giovani, arrivò Rule of Rose.

L’incidente scatenante fu una figuraccia tutta nostrana, in quanto sulla prima pagina di Panorama a caratteri cubitali svettava un titolone chiaramente provocante che recitava “I nuovi videogiochi, Vince chi seppellisce viva la bambina”.
L’articolo che seguiva era chiaramente scritto da chi il gioco non lo aveva visto nemmeno con un binocolo, figuriamoci averlo provato, in quanto si parlava di bambine malmenate e di inquadrature ammiccanti che possiamo assicurarvi, non sono assolutamente presenti nel gioco.

Aggiungiamoci pure il fatto che alcuni personaggi del titolo sono omosessuali e possiamo capire come ad un giornalista del tempo sia scappato un diavolo per capello.
In ogni caso, vista la già pessima nomea dei giochi di quegli anni, da bravi italiani decidemmo di farne letteralmente un affare di stato, portando la questione dritta in parlamento con l’assurda discussione se vietarne o meno la distribuzione.

Tutti i dibattiti del tempo si basarono sull’articolo di Panorama e, paradossalmente, nemmeno una delle persone coinvolte si prese la briga di provare il gioco, prendendo per buone le informazioni contenute nella rivista.
Il tutto sfociò in un dibattito che investì gran parte dell’EU e si trasformò in uno dei casi mediatici più studiati di mal informazione, ma alla fine Rule of Rose venne ugualmente distribuito, anche se il danno era stato già fatto e se n’era già parlato come se il gioco fosse il diavolo in persona, persino più di titoli che fecero scalpore come GTA o Mortal Kombat.


Conclusioni

Alla fine dei conti, Rule of Rose è una storia matura uscita nel periodo sbagliato, un gioco che a ragione si è scavato un posto nel cuore di molti giocatori e che, nonostante alcune incertezze di gameplay, riesce a raccontare una storia struggente e dolce con una grazia seconda a nessuno.
Vi consigliamo di viverla senza nessuno spoiler e di stringere i denti durante le sezioni di gameplay più frustranti, perché si tratta di una favola troppo crudele e troppo tenera per essere dimenticata.


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